La Sicilia: itinerari e folclore

Pubblicazione: 01/01/2018

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La Sicilia, la cui bandiera mostra trionfalmente la triscele detta anche Trinacria (da cui l’antico nome della Sicilia), ovvero un essere a tre gambe contornato da tre spighe, è quella splendida isola a tre punte posta nel cuore del Mediterraneo. La sua posizione geografica l’ha resa, nel corso dei secoli, luogo di scambi commerciali e oggetto di conquista sia da parte delle popolazioni europee sia di quelle mediorientali, ognuna delle quali ha lasciato la propria impronta indelebile nelle tradizioni locali, a partire dalla cucina.

Tra i primi a sbarcare in Sicilia ci furono i Greci, ai quali si deve la diffusione dell’olio e del vino, ma, senza dubbio, l’eredità culturale più importante è quella lasciata dagli Arabi. A loro si deve infatti il larghissimo utilizzo della frutta secca e del miele nei dolci: basti pensare al torrone o al buccellato, che assumono forme e gusti diversi in ogni paese dell’isola. Più che di cucina siciliana, infatti, è meglio parlare di cucine siciliane al plurale, legate sì da una tradizione comune, ma allo stesso tempo differenti, con ricette diverse tramandate oralmente di generazione in generazione e di famiglia in famiglia. Sempre agli Arabi si deve la coltivazione e l’utilizzo in cucina del riso, che diventa protagonista di alcune delle punte di diamante dello street food locale, come le crispelle catanesi o gli arancini, il cui “sesso” è da sempre oggetto di dibattito: per i catanesi sono masculi (gli arancini); per i palermitani sono fimmine (le arancine).

Anche i Normanni hanno lasciato il loro segno nella cucina siciliana, diffondendo la tecnica di alcuni impasti come la pasta frolla,in abbinamento al miele e alla frutta secca e l’utilizzo dell’aglio e della cipolla nei sughi più elaborati.

Ma è ai Francesi che si deve un’altra importante caratteristica della cucina locale, ovvero il felice matrimonio fra cucina “alta” e cucina “popolana”. Ai tempi della dominazione francese, infatti, i signori locali erano soliti far venire da Oltralpe i cosiddetti monsù (da monsieur francese), ovvero cuochi specializzati in cucina raffinata. Questi però si trovavano spesso a collaborare con le cuoche di casa, che si occupavano dei piatti più semplici. Col tempo le due cucine si contaminarono, creando un unico grande filone gastronomico, che caratterizza la cucina siciliana anche ai giorni nostri.

Oltre alle molte culture diverse che si sono susseguite (e ancora si susseguono) affievolendosi senza mai sparire, la Sicilia vanta anche una ricchissima biodiversità. L’isola è infatti bagnata da tre mari,lo Ionio, il Tirreno e lo Stretto di Sicilia, ricchi di moltissime varietà di pesce, specialmente azzurro; ma offre, nelle zone interne, colline e catene montuose come i Nebrodi, che rendono il territorio adatto alle coltivazioni più varie, alla viticoltura, all’olivicoltura; all’allevamento di bovini, ovini e caprini. Importantissima è la produzione di olio, basti pensare a quello dei Monti Iblei Dop, e del formaggio: la Sicilia vanta infatti ben sedici tipi di formaggio classificati di recente come Formaggi storici siciliani di cui tre sono tutelati da una Dop.

La Sicilia occidentale e quella orientale sono molto diverse tra loro, e spesso i piatti tipici di una zona sono praticamente sconosciuti nell’altra. Partiamo ora per un giro virtuale, basato sulla cucina, tra le principali città dell’isola.

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Palermo è la capitale della Sicilia, nonché la città più grande e popolata dell’isola. È rinomata per la sua pasticceria, tutta a base di ricotta di pecora finemente lavorata, con cui si realizzano deliziose cassate e cannoli. Ma è anche la città del cibo da strada: le viuzze del centro, che richiamano quasi la struttura di un suq arabo, brulicano infatti di bancarelle e venditori ambulanti che preparano stigghiole (spiedini di interiora di agnello alla brace), pane e panelle (frittelle a base di farina di ceci), pani ca’ meusa (pane con la milza) e sfincione (un pane pizza lievitato condito con pomodoro, cipolla, acciughe, origano e caciocavallo).

Spostandosi verso Trapani il panorama cambia. Trapani è infatti la zona delle saline, delle tonnare e del cibo di mare, ma anche la provincia per eccellenza della cucina araba, che nel tempo è diventata il baluardo della gastronomia locale: impossibile per un turista non assaggiare il cous cous alla trapanese o non fare un giro a Mazara del Vallo per gustare il pregiatissimo gambero rosso. A San Vito lo Capo si organizza ogni anno la Cous cous fest, dieci giorni di festa, cibo e musica all’insegna del cous cous, definito “piatto dell’integrazione e della pace”.

Agrigento è invece più legata al suo entroterra, dove, nella zona montana, viene allevata la Capra girgentana, una razza rara e pregiata diventata oggi Presidio Slow Food. La gastronomia agrigentina è per molti versi legata a quella palermitana, con dolci a base di ricotta e frutta secca e largo utilizzo dell’agrodolce in cucina, con abbondanza di uvetta e pinoli in ricette a base di carne e di pesce.

La provincia di Caltanissetta è storicamente quella che ha dato origine ai celeberrimi cannoli. Ai tempi della dominazione araba la città, chiamata allora Kalt el Nissa, il castello delle donne, era il luogo degli harem. Sembra che per compiacere il loro padrone le donne avessero creato dei dolci dalla forma fallica in elogio alle sue doti. Con la caduta dell’impero arabo molte di queste donne, ritrovatesi improvvisamente libere, scelsero la via monacale e diffusero la tradizione dei cannoli.

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La cucina di Enna è una cucina montana, a base di legumi (immancabile u maccu di fave), salsicce e formaggi, fra cui il più famoso è il Piacentino ennese, un formaggio di latte di pecora arricchito con zafferano e pepe nero. Specialità del posto sono le guastedde, focacce lievitate di origine medievale farcite e cotte al forno o fritte.

Messina è invece rivolta verso il mare, ma buona parte del territorio della provincia è montano; quindi la cucina è caratterizzata da un’enorme varietà di sapori. Molto usati sono il pesce e i frutti di mare, spesso in abbinamento all’agrodolce; ma altrettanto ricchi sono i prodotti della terra, basti pensare alla pregiata varietà di maiale Nero dei Nebrodi, chiamato anche suino Nero Siciliano, e a eccellenze casearie come la Provola dei Nebrodi, una provola stagionata di grande pezzatura che rientra nell’elenco dei Prodotti agroalimentari tradizionali (Pat).

Anche Siracusa è una zona ricca di specialità: la Pizzuta di Avola è una delle varietà di mandorle più richieste e pregiate per la preparazione di dolci tradizionali. Lentini, Carlentini e Francofonte sono la patria dell’arancia rossa e infine non si possono non menzionare il rinomato vino Nero d’Avola e il Pomodoro di Pachino Igp, apprezzati in tutta Italia.

Catania è la città più importante della Sicilia orientale. Per la sua posizione geografica essa offre una ricca cucina di mare con pesce sempre freschissimo. Anche a Catania è diffusissimo e apprezzato il cibo da strada: dai classici prodotti da rosticceria come arancini e cipollini (rustici di pasta sfoglia dal ricco ripieno, in cui è presente anche la cipolla), fino alla carne equina: chi passa da qua non può non assaggiare le deliziose polpette di cavallo! In onore della santa protettrice della città, molto amata dalla popolazione, si preparano le Minne di Sant’Agata, deliziose cassatine a forma di seno di donna.

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Ragusa, ormai conosciuta dai più come la “città di Montalbano”, dal celebre personaggio protagonista dei romanzi dello scrittore siciliano Andrea Camilleri, è la punta di diamante della Sicilia orientale. Vanta, tra le altre cose, la produzione dell’unico vino Docg siciliano, il Cerasuolo di Vittoria, il cui nome deriva da ciràsa, ciliegia, per il colore e il profumo; dell’Olio Extravergine di Oliva di Chiaramonte Gulfi; del miele ibleo, celeberrimo e prodotto da diverse varietà di fiori e del Cioccolato di Modica, protetto e promosso dal Consorzio di Tutela del Cioccolato di Modica che mira a ottenere il riconoscimento Igp. Una vera concentrazione di eccellenze.

Il cibo è per i siciliani al centro di ogni rito e di ogni festività, quando il sacro si mischia al profano, come i festeggiamenti per i santi che sono spesso legati a riti propiziatori in onore delle divinità pagane della terra, dell’amore e della fertilità. Mille sono i colori e mille le sfumature di questa terra variegata, dove il cibo rappresenta spesso il simbolo della propria identità. Mai come in Sicilia si accendono diatribe sull’origine dei piatti tradizionali, come il cannolo o l’arancina, e mai come in Sicilia si può dibattere all’infinito su quale sia la “versione originale” delle scacce ragusane o della pasta con le sarde alla palermitana.

Nel bene e nel male, la Sicilia è l’Italia al superlativo
(Edmonde Charles Roux)
Bibliografia e sitografia:
Riuorditi, Raffaele Antoci, 2010, Ed. Genius Loci
Profumi di Sicilia. Il libro della cucina siciliana, 1981, Ed. Vito Cavallotto
Storie sensuose dei dolci siciliani, Loredana Elmo, 2014, Ed. Ugo Mursia
www.corfilac.it
www.slowfood.it
Foto d’apertura, Panelle, Minne, Cannoli

Autrice Stephanie Cabibbo del blog Mastercheffa

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