La pasta tipica pugliese

Pubblicazione: 09/01/2019

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Ogni paese racconta una storia, ogni paese ha la sua tradizione, i suoi usi e costumi e se ognuno di noi andasse a scavare rimarrebbe sorpreso da tanta varietà. La Puglia è una delle regioni che più stupisce, incanta e resta nel cuore. Basta calpestarla una sola volta per capire che quello che si è fatto è solo uno dei primi passi verso la scoperta di una terra meravigliosa. Il viaggio è lungo, ma ne vale la pena.
Percorrendo il territorio pugliese non si può non rimanere affascinati dai suoi molteplici aspetti. Ciò è dovuto anche dal fatto che la Puglia è una regione dalla storia millenaria: essa è avvolta da una magica atmosfera dove il passato sposa la contemporaneità e dove si conservano intatte antiche tradizioni popolari e religiose. Ma non solo: la Puglia autentica si gusta anche a tavola!
ll segreto sta negli ingredienti: genuini e locali come l’ottimo olio extravergine d’oliva (da molti definito come “L’oro della Puglia”) e i vini pregiati. Importanti sono poi le verdure, i legumi e il pesce, ma una grande importanza è racchiusa anche nella pasta.
La pasta è da sempre un alimento simbolo della tradizione culinaria pugliese, con ricette e tecniche tramandate di generazione in generazione; una tradizione antica, il cui fascino artigianale non è eguagliabile dalla moderna meccanizzazione.
In passato, la produzione della pasta era la quotidianità in ogni abitazione: le donne si dedicavano all’arte di impastare e creare i formati tradizionali. Fare la pasta era così un occasione d’incontro fra nonne e nipoti, madri e figlie, che si ritrovavano nello spazio intimo della cucina e condividevano storie, ricordi e insegnamenti.

FORMATI DI PASTE TIPICHE

Quando si parla di pasta tipica pugliese si parla di un vero e proprio mondo, perché le tipologie e gli impasti sono davvero i più svariati e risentono della cultura regionale, delle tradizioni locali e della storia dei luoghi da cui hanno origine.

LE ORECCHIETTE

Formato pugliese per antonomasia, le orecchiette rappresentano il simbolo gastronomico della regione Puglia. Si diffusero in Puglia tra il XII e il XIII secolo a partire dal capoluogo, Bari, dove tutt’oggi restano uno dei piatti più prelibati della città. Seppur tipiche della zona di Bari, ogni provincia ha le proprie orecchiette, cucinate in modo diverso e chiamate con nomi dialettali (recchijeted, hiancarelle, fiaffioli, faciletti, recchietelle, pociacche ecc.). La forma è caratteristica e ricorda quella di piccole orecchie, cioè concava da un lato e convessa dall’altro; il centro è appiattito mentre i bordi sono leggermente più spessi.
Le dimensioni sono variabili ma le orecchiette più diffuse hanno un diametro di circa due centimetri. La superficie è tipicamente ruvida. La loro specialità è nella tecnica: si preparano trascinando i piccoli dischi di pasta con un movimento rapido che aiuta così a formare delle piccole cupole bianche e ruvide, grandi circa tre quarti di un dito pollice. Proprio questa forma particolare permette alle orecchiette di raccogliere in modo ottimale i condimenti e il sugo.

Orecchiette – Credits: https://pixabay.com/it/pasta-di-orecchiette-puglia-italia-1043396/

CENNI STORICI

Le origini delle orecchiette sono certamente molto antiche, ma non altrettanto chiare. Alcuni sostengono che non si tratti di una ricetta originaria della nostra penisola e le riconducono ai territori provenzali della Francia.
Qui, fin dal Medioevo, veniva infatti prodotto un tipo di pasta spessa, a forma di piccoli dischi incavati al centro con un movimento del pollice.
Questo tipo di forma ne facilitava l’essiccazione e, di conseguenza, ne favoriva la conservazione, costituendo un alimento ideale nei momenti di carestia.
Si racconta che ne venissero imbarcate in grandi quantità soprattutto sulle navi che si accingevano ad affrontare viaggi molto lunghi. Furono poi gli Angioini, famiglia nobile di origine francese che regnò su gran parte dell’Italia meridionale, a portare questo metodo di preparazione della pasta in Basilicata e in Puglia. Ciò accadde attorno all’XII secolo dopo che Carlo d’Angiò, capostipite della famiglia, scese in aiuto al papa contro gli Hohenstaufen, liberando il sud della penisola italiana che gli venne concesso in cambio.
Questa è però solo una delle ipotesi sulla nascita delle orecchiette. Altri studi affermano infatti che questa pasta sarebbe nata a Sannicandro di Bari tra l’XII e il XIII secolo, nel periodo della dominazione svevo-normanna. In questo caso non deriverebbe da una ricetta francese ma da paste simili tipiche della cucina ebraica e della comunità israelitica locale.

COME SI GUSTANO

La ricetta tipica regionale è quella che le vede insieme alle cime di rapa, ma nella Capitanata (zona che corrisponde all’odierna provincia di Foggia) o nel Salento è frequente anche la variante che le vede insieme al sugo di pomodoro (con o senza spezzatino di carne, polpette o braciole) e ricotta forte di pecora. La loro lunga tradizione ne ha decretato l’inserimento nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (Pat).

STRASCINATE

Le strascinate, chiamate in dialetto “le strascnat”, sono un formato di pasta fresca tipica della tradizione culinaria lucana e pugliese; sono simili alle orecchiette ma da queste si distinguono perché più grandi e aperte.
Il loro nome deriva dal movimento delle dita che appunto “trascinano” e modellano la pasta. La tradizione vuole che si usino le prime tre dita della mano ma esistono varianti locali in cui si usano quattro dita, in alcune addirittura otto. Chiaramente più sono le dita utilizzate più il formato della pasta risulterà grande.
Con questa particolare tecnica manuale si ottiene un lato liscio (quello a contatto con la tavola di legno) e uno rugoso e irregolare (quello a contatto con le dita), così da raccogliere meglio il sugo. La preparazione è a base di acqua e farina di semola di grano duro; sono un primo piatto ideale e dal sapore inconfondibile se condito con sugo di carne e selvaggina o abbinato a un condimento di verdure, come ad esempio rape e broccoli.

CAVATELLI

I cavatelli, chiamati in dialetto pugliese anche “cavatiell, cavateddhi”, sono un’altra grande specialità della cucina tipica pugliese ma non solo: sono diffusi anche in Molise, Campania, Calabria, Sicilia e Basilicata. Sono un formato di pasta fresca ottenuta da un impasto molto semplice fatto di farina di semola di grano duro, acqua e a volte olio. La particolarità risiede nella forma che, secondo una teoria, fu inventata sotto il regno di Federico II (grande appassionato dell’arte culinaria pugliese e siciliana), anche per soddisfare le esigenze gastronomiche del re: forma allungata, leggermente arrotolata e con una cavità all’interno, che si ottiene con una leggera pressione delle dita da esercitare su di un piccolo pezzo di pasta.
Proprio dalla classica forma incavata essi prendono il nome. Questa cavità permette ai condimenti di aderire bene alla pasta. I cavatelli possono essere utilizzati come pasta fresca per numerose ricette: si sposano benissimo con condimenti a base di verdure o di carne, accompagnati da formaggi tipici pugliesi come cacioricotta o pecorino.

CAPUNTI

I capunti appartengono all’antica tradizione culinaria pugliese. Hanno una forma allungata e incavata, anche qui dovuta alla leggera pressione delle dita, che ricorda una barca, simile a quella dei cavatelli ma leggermente più allungata. Presentano all’interno una superficie ruvida fatta in modo tale da trattenere il sugo che li condisce, esaltandone il sapore.

MACCHERONI

Chiamati in dialetto “minchiareddhi” o “maccaruni”, sono una tipologia di pasta fresca tipica del Salento e preparata con un impasto a base di semola di grano duro e acqua. Imbandiscono da tempo immemore le tavole domenicali dei pugliesi; la particolarità risiede soprattutto nella loro classica preparazione eseguita con il “ferretto“ (in dialetto chiamato “lu fierru te la pasta”), ovvero un fil di ferro quadrato di pochi millimetri di diamentro e lungo circa 30 centrimenti, utilizzato per creare un solco nella pasta lunga per accogliere meglio il sugo.
È un formato di pasta nato per simboleggiare la sessualità maschile. Viene spesso affiancato alle orecchiette, collegate invece alla sessualità femminile, formando così i maritati (sposati), un’accoppiata di pasta protagonista dei pranzi nuziali salentini del passato, ben augurante per un matrimonio fecondo e sereno.
I maccheroni possono essere gustati in vari modi: con pesto di basilico o ortaggi, al pomodoro fresco, con sughi di carne e pesce. Ma l’abbinamento tradizionale li vuole insieme alle orecchiette, conditi con pomodoro e ricotta “schianta”, ossia stagionata e grattugiata prima di servire. Anche i maccheroni sono un prodotto agroalimentare tradizionale della regione Puglia (Pat).

FUSILLI PUGLIESI

I fusilli pugliesi, detti anche fusilli ai ferri, sono un formato di pasta molto diffuso in Puglia. Fatti con un semplice impasto di farina di grano duro, acqua e un pizzico di sale, hanno di speciale proprio il ferretto che viene utilizzato per “arricciare” l’impasto.

FOGLIE DI ULIVO

Le foglie di ulivo sono una particolare pasta pugliese chiamata così proprio per la forma somigliante a una foglia d’ulivo in onore alla tradizione olivicola regionale. Questo tipo di pasta è fatto a mano secondo la ricetta tradizionale delle paste della regione, ossia con semola di grano duro e acqua ma, oltre al suo formato “bianco”, è possibile trovarlo anche “verde”, quando all’impasto vengono aggiunti gli spinaci. Grazie a questa aggiunta, la pasta diventa anche più nutriente in quanto gli spinaci sono un ortaggio ricco di ferro e sali minerali.
Questo formato di pasta fresca è ideale da abbinare con qualsiasi tipo di condimento: verdure, sugo di carne, paté, funghi e così via, sebbene la tradizione pugliese lo sposa con pomodoro fresco, burrata e un pizzico di peperoncino.

TROCCOLI

I troccoli sono un particolare formato di pasta tipica della provincia di Foggia.
Sono simili agli spaghetti ma più spessi e ruvidi, con una forma che è una via di mezzo tra il tondo e il quadrato. La loro realizzazione è dovuta all’uso di un antico strumento da cucina: il “troccolaturo” o troccolo (dal latino “torculum”), una sorta di mattarello munito di lame circolari impiegato per lavorare la pasta fatta in casa. L’esistenza di questo strumento sarebbe stata già documentata dalle celebri tavole di Bartolomeo Scappi con il termine “ferro da maccaroni”. Inizialmente era di ferro, pesante da utilizzare ma più preciso nel taglio dell’impasto. Successivamente si è trasformato nell’oggetto di legno conosciuto oggi, meno tagliente, ma certamente più economico. La freschezza e l’umidità dei troccoli rendono questo formato ideale per un condimento corposo con sughi importanti che si amalgamano perfettamente: sughi robusti a base di carne ma anche di pesce.

SAGNE ‘NCANNULATE

Le sagne ‘ncannulate, presenti nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari redatto dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, sono la pasta per eccellenza della cucina tradizionale salentina. Dette anche “sagne torte” o “ritorte”, vale a dire attorcigliate, nella tradizione salentina, erano preparate a mano dalle massaie e costituivano l’immancabile primo piatto consumato durante il pranzo della domenica.
Esse sono una sorta di tagliatelle di farina di grano duro, dalla forma arricciata, ottenuta mediante una delicata lavorazione con le dita. Proprio per la loro forma, si dice che questa pasta ricordi i trucioli della pialla di San Giuseppe. Generalmente vengono condite con del sugo di pomodori freschi in estate e con la passata in inverno, sughi che possono essere arricchiti con carne (spezzatino, polpette, costine) o con l’aggiunta di ricotta forte, un formaggio tipico pugliese leggermente piccante. Oggi la ricotta forte viene prodotta da caseifici, ma un tempo era realizzata in casa con gli avanzi di ricotta che, lasciati fermentare, producevano una particolare crema piccante, ottima per condire i primi piatti come le sagne ‘ncannulate.

LAGANE

Le Lagane sono un tipo di pasta fresca dalla forma simile alle tagliatelle ma più larghe (circa quattro centimetri), più corte e anche un po’ più spesse.
Anche queste sono preparate con farina di grano duro e acqua.
Il nome sembra risalire all’antica Grecia, dove questa parola indicava un disco di pasta fresca cotto su una pietra rovente, che veniva successivamente tagliato a pezzetti. Tuttavia esse passarono dalla Magna Grecia alla Roma Imperiale: anche il poeta Orazio nelle sue Satire metteva in versi la sua cena a base di lagani, ceci e porri.
Il celebre gastronomo Apicio, nel suo “De re coquinaria”, descrive i lagani come sfoglie di pasta condite con il garum o con la carne, sovrapposte a strati: sembrano proprio gli antenati delle odierne lasagne.
In Salento, le strisce di pasta vengono prima lessate e poi aggiunte alle minestre, talvolta accompagnate da altre strisce dello stesso impasto ma fritte in olio bollente fino a diventare gonfie e croccanti: è la ricetta tipica salentina dei ciceri e tria, cioè pasta fritta e ceci. L
e lagane si sposano con i legumi, come appunto i ceci, o con condimenti semplici come quello a base di pangrattato rosolato nell’olio extravergine di oliva, pecorino grattugiato e prezzemolo. Ottime anche con condimenti a base di frutti di mare.

Articolo di Rita Caputo del blog La cucina pugliese

FONTI:

Le orecchiette pugliesi

https://www.my-personaltrainer.it/alimentazione/orecchiette.html

http://www.ilsecoloxix.it/p/magazine/2017/12/25/ASeBpt2L-natale_maccarruni_puglia.shtml

https://www.saporie.com/it-it/troccoli-pugliesi.aspx

www.ricettedicultura.com/2011/11/lagani-e-ceci-tra-puglia-e-cilento.html

IMMAGINE DI TESTATA: https://pixabay.com/it/pasta-cuoco-ricetta-italiano-943245/

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