Le Marche: una regione al plurale

Pubblicazione: 01/07/2017

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“Le Marche sono un plurale. Il nord ha tinta romagnola; l’influenza toscana e umbra è manifesta lungo la dorsale appenninica; la provincia di Ascoli Piceno è un’anticamera dell’Abruzzo e della Sabina. Ma per quanto ne accolgano i riverberi, le Marche non somigliano né alla Toscana, né alla Romagna e neppure all’Abruzzo, o all’Umbria”.

Così scrive Guido Piovene nel suo Viaggio in Italia, reportage radiofonico realizzato a metà degli anni Cinquanta: un pensiero che ben presenta questa terra, il cui nome risulta essere il plurale di marca, dal tedesco antico mark, territorio di confine. Le Marche divennero zona di confine con il Sacro Romano Impero, quando i feudi che gli imperatori davano da condurre ai nobili si chiamavano marchesati. Da qui presero il nome la Marca di Fano, la Marca di Camerino, la Marca di Ancona. Ecco spiegata la ragione per cui oggi una singola regione ha un nome al plurale.

Le Marche sono la Porta d’Oriente, che si affaccia sul mare al centro della costa adriatica. Oggi sono cinque le sue province: Pesaro Urbino, Macerata, Fermo, Ascoli Piceno e il capoluogo Ancona.

Il paesaggio marchigiano è fatto di contrasti: dolci colline che si alternano ad aspre montagne, piccoli borghi con castelli arroccati su costoni rocciosi e l’azzurro mare contro vallate verdeggianti.

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È una delle poche regioni d’Italia dove è possibile, con un tragitto di poco più di un’ora, passare dalle alte vette del Parco dei Monti Sibillini, dove il Monte Vettore sfiora i duemilacinquecento metri, alle più belle località di mare, come la Baia di Portonovo in provincia di Ancona.

Durante il viaggio dai monti al mare si percorrono strade che attraversano la ricca vegetazione boschiva e le colline, con gli ordinati vigneti. I frutti di questa “terra di mezzo” sono prodotti d’eccellenza molto apprezzati: tra i più noti, vini come il Verdicchio, di Matelica o dei Castelli di Jesi, ma anche il tartufo di Acqualagna.

Spettacolari sono anche gli uliveti: nelle Marche si contano oltre trenta varietà di ulivi (le cultivar), molte delle quali sono presenti esclusivamente nel territorio marchigiano.

Il paesaggio attraversa anche ampie coltivazioni, principalmente di grano, di girasole e di mais, con le sue varietà specifiche, come il mais Ottofile che solo qualche decennio fa era in via d’estinzione.

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Dopo anni di grande assenza dalle coltivazioni italiane, qui nelle Marche ci si può trovare davanti a un campo coltivato a canapa. La Regione infatti, in tempi molto recenti ha rilanciato la filiera industriale della canapa, un mercato che sta tornando a ritagliarsi una piccola nicchia sulla scia delle recenti tendenze verso i tessuti naturali.

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Giunti al mare, troviamo importanti realtà portuali, come quella di Senigallia e di Fano, ma soprattutto di San Benedetto del Tronto, un porto strategico per il mercato ittico del pescato dell’Adriatico.

Un viaggio a chilometro-zero che ritroviamo nella radice gastronomica di queste terre, caratterizzate dalla cucina povera di montagna, così come da quelle di terra e di mare.

Le Marche non sono solo questo. Terre di Papi, di fede e pellegrinaggi, si distinguono per aver dato i natali a numerosi personaggi illustri e noti a livello internazionale. Nel 1194 nasce nella piazza di Jesi (Ancona) lo Stupor mundi, l’Imperatore Federico II, mentre a Pesaro nel 1792 nasce il musicista gastronomo Gioacchino Rossini, probabilmente il maggior esperto in culinaria tra tutti i musicisti: non solo un buongustaio, ma anche un eccellente cuoco. Famosi sono i suoi maccheroni, il tournedos alla Rossini e tanti altri piatti.

Le Marche sono anche terra di personaggi importanti per la storia della gastronomia italiana. Tra i meno noti ricordiamo Antonio Latini da Colle Amato (1642-1696) Cavalier di Fabriano della Marca d’Ancona, di professione “scalco”; è l’autore di due volumi che rappresentano, citando le parole di Emilio Faccioli, “la summa di tutta la letteratura precedente, dagli esordi della gastronomia umanistica ai trattati maggiori dell’età rinascimentale“.
Quella dello scalco era una carica che veniva assegnata a soggetti di bassa nobiltà con scarse risorse economiche; le sue mansioni erano l’organizzazione della cucina, la preparazione dei banchetti, la scelta delle ricette, di come addobbare la tavola e così via. Antonio Latini fu molto di più: è noto soprattutto per essere stato il primo a introdurre il pomodoro come ingrediente di una ricetta, precisamente la “salsa di pomodoro alla spagnuola”. Prima di allora questo ortaggio giunto dal Nuovo Mondo era utilizzato come semplice elemento decorativo. Fu anche pioniere nell’uso del peperone per insaporire le salse, e ancora sarà lui che inizierà a sostituire le spezie con prezzemolo, timo e origano. Per finire, Latini scrive: “pare che a Napoli ognuno nasca col genio, e con l’istinto di fabbricar sorbette“; compare così il sorbetto in un testo di cucina.

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Citiamo poi Nazareno Strampelli, l’agronomo originario di Castelraimondo (Macerata) le cui ricerche hanno cambiato le sorti della coltivazione di grano a livello mondiale. Strampelli, attraverso approfondite sperimentazioni nel campo della genetica agraria, selezionò decine di cultivar differenti di frumento, incrociando tra loro diverse varietà con l’obiettivo di aumentarne la produttività. I grani da lui selezionati vengono ancora oggi seminati in America Latina, Canada, Stati Uniti, Spagna, Francia e persino in Cina.

La tradizione gastronomica delle Marche vede sulla sua tavola piatti che hanno saputo coniugare la cucina di terra con i prodotti del mare e della campagna. Tra i più noti, le immancabili, rappresentative olive all’ascolana, i vincisgrassi, lo stoccafisso all’anconetana, il brodetto di pesce, i maccheroncini di Campofilone, la crescia fogliata (dolce e salata), il coniglio in porchetta, e uno dei dolci più antichi d’Italia: il frustingo.

Una menzione speciale merita il ciauscolo, salume molto particolare, mentre tra i formaggi ricordiamo la caciotta di Urbino e il formaggio di Fossa.

Le terre marchigiane sono ricche anche di produzioni tutelate da presidio Slow Food. Tra esse ricordiamo la cicerchia di Serra de’ Conti, il carciofo di Montelupone, il lonzino di fichi, la mela rosa dei Monti Sibillini, il mosciolo selvatico di Portonovo, il pecorino dei Monti Sibillini, il Salame di Fabriano.

In questo viaggio attraverso le Marche, che durerà per tutto il mese di luglio, conosceremo meglio alcune tra le più interessanti realtà gastronomiche di questa magica regione, che sta faticosamente cercando di risollevarsi dopo i terremoti del 2016 e del 2017. Sono molte infatti le zone interessate dagli eventi sismici che hanno messo a durissima prova il settore delle coltivazioni, così come quello delle produzioni casearie e dell’allevamento. Ci auguriamo, durante il nostro viaggio, di poter dare voce al coraggio e all’impegno di tutti loro.

Fonti
href=”http://www.italiapura.com/marche”>http://www.italiapura.com/marche per foto
href=”http://www.provincia.mc.it/”>http://www.provincia.mc.it
http://www.visitancona.com/”>http://www.visitancona.com/

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