La Lombardia: itinerari e folclore

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Pubblicazione: 01/04/2017

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Non c’è da meravigliarsi di ciò, poiché i lombardi devono il loro nome proprio ai barbari che, nel corso del IV sec. D.c., in ripetute riprese, scesero dal Nord dell’Europa invadendo questi territori e portandovi molto di sé, della loro grande forza e possenza fisica.

La Lombardia estende le sue provincie su una conformazione territoriale molto variabile, che racchiude idealmente tre fasce climatiche ben distinte. Il confine a nord tocca la Svizzera e l’Alto Adige, con un tratto della catena alpina che include cime di oltre 4000 mt. con ghiacciai perenni e strettissime vallate; ad ovest vede i territori piano-collinari del Piemonte, mentre a est, la prosecuzione della pedemontana arriva fino al lago di Garda, intravedendo il Trentino ed il Veneto. Fino alla grande e lenta Valle Padana a sud, attraversata dal Po sul confine con l’Emilia.
Le complesse vicende storiche della Lombardia, i contatti con varie culture Europee e gli influssi che ne sono seguiti, hanno “disegnato” l’attuale economia lombarda determinando l’importante sviluppo industriale e produttivo di questa regione, che si basa sul lavoro e sull’impresa privata, dalla piccola passando alla media, fino alla micro. Anche la varietà di climi e territori ha concorso a quella grande differenziazione che in nessun’altra regione italiana diversifica le sue città come in Lombardia. Aspetti, questi, che hanno influito su tutti gli usi e costumi dei suoi abitanti anche in cucina, determinando la diversità delle abitudini alimentari e gastronomiche fra le varie città, così come noi oggi le conosciamo.
Da un punto di vista strettamente economico la Lombardia conferma la sua tendenza alla tutela del proprio patrimonio produttivo: il comparto economico lombardo riferito alla produzione agroalimentare e del vino è infatti una realtà importante nell’economia italiana. Secondo il XIV rapporto ISMEA, la Lombardia è al secondo posto, dopo l’Emilia Romagna, nell’impatto economico con ben sei provincie. In lista nelle prime 20 di questa classifica troviamo: Brescia, Mantova, Sondrio, Cremona, Milano e Bergamo, presenti con 76 Indicazioni Geografiche (IG), su 78 complessive (36 DOP e 42 IGP). Da questo si può dedurre come quasi tutte le nostre eccellenze lavorino ampiamente, per contribuire al fatturato annuo delle IG nel comparto “Food e Wine” italiano.
Sempre secondo il XIV Rapporto ISMEA, nel 2016 sono state 13 le nuove denominazioni italiane registrate: per la Lombardia sono state riconosciute le certificazioni IGP all’Asparago di Cantello e ai Pizzoccheri della Valtellina. Nel nostro viaggio all’interno delle preziose produzioni lombarde toccheremo molte di queste realtà d’eccellenza che si sono guadagnate la DOP e l’IGP, spaziando tra formaggi antichi e produzioni ormai quasi perdute, tra formaggi come l’Agrì e il Fiurì della Valtorta, la Scarola di Bergamo, i meloni di Mantova e di Calvenzano, e molte altre piccole ma preziosissime colture, molte delle quali tutelate dalla Fondazione Slow Food.

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Varese, lago

Entrando nello specifico della tradizione gastronomica lombarda sono grandi le differenze che connotano i piatti della nostra tradizione. Al contrario che in altre zone d’Italia, dove la povertà dei territori ha portato ad una cucina che derivava da un’estrosa elaborazione dei pochissimi ingredienti insaporiti con erbe aromatiche e selvatiche, la cucina lombarda si basa invece sulla grande ricchezza di prodotti agricoli delle sue terre, oltre che sul benessere economico che in questa regione è sempre stato una caratteristica per molta della popolazione.
Le tradizioni gastronomiche lombarde si presentano dunque più simili al quadro di un grande mosaico, dove ciascuna delle nove provincie possiede una cultura distinta, talvolta soggetta a importanti influssi e contaminazioni con le regioni limitrofe.
Le zone di pianura sono nettamente distinte dalle fasce prealpina e alpina, con ingredienti comuni a fare da filo conduttore: l’uso diffuso del burro rispetto all’olio, la cultura del riso, che ha portato a dare forma ai paesaggi della bassa pianura del pavese e del lodigiano.
Proprio la presenza del riso nella cucina lombarda è attestata già in alcuni scritti di Bartolomeo Scappi, che nel cinquecento descrive la complessa e ricchissima ricetta di un risotto, completa anche di carni, zafferano e cannella. Lunga quindi è la strada percorsa da questo ingrediente, così radicato nella tradizione della pianura lombarda. Tra le ricette milanesi più conosciute, un’icona per Milano è il risotto allo zafferano, divenuto uno dei piatti più diffusi nelle cucine di tutto il Nord Italia insieme al panettone. Nella cucina milanese sono presenti specialità che troviamo anche in altre regioni, accanto a piatti locali caratteristici. Come nella migliore tradizione lombarda delle zone prealpine si includono anche piatti rustici e molto sostanziosi, come la cassoeula e la verza col cotechino. Più a nord, nelle fredde valli bergamasche e bresciane, ancora oggi si trovano piatti come lo stracotto d’asino, l’umido di cervo, la trippa -o busecca-, i casoncelli, il coniglio arrosto e gli uccellini, la gallina ripiena e bollita, la polenta taragna. E soprattutto, l’immancabile, onnipresente polenta.
Tra i piatti lombardi più antichi che d’inverno ancora si preparano in Valcamonica, forse il più antico è il “cuz” di origini celtiche. Si tratta di carne d’agnellone cotta nel suo grasso, insaporita con erbe e aromi, e poi lasciata refrigerare all’aperto in grandi mastelli di legno.
Il meglio del repertorio in tema di cucina di montagna si trova nella Valtellina, che presenta i suoi pizzoccheri come un emblema: si tratta di un piatto dove la pasta a base di grano saraceno è protagonista assoluta, ponendo questa pianta poligonacea tra le eccellenze lombarde senz’altro da tutelare.

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Valtellina

La Lombardia è anche terra di laghi, grandi laghi, dove troviamo un’antica cultura per la cucina d’acqua dolce. La pesca lacustre ha infatti radici molto lontane. Già apprezzata fin dai tempi di Virgilio e Catullo, ancora oggi ci regala piccole perle che riescono a sopravvivere, come l’antica arte delle reti di Montisola e la pesca della Sardina al lago d’Iseo. Ma ricordiamo anche la pesca del Missoltino del lago di Como, tutelato da presidio Slow Food. Ottime le anguille provenienti dall’Adda con le quali si preparano le anguille alla lombarda, dal tradizionale condimento di funghi secchi e filetti di acciughe. Non mancano anche in queste zone i piatti di tradizionale origine montana a base di polenta, con stufati, stracotti e selvaggina. Ricordiamo che Como è stata la città natale nel XV secolo di Maestro Martino, autore del “Libro de arte coquinaria”, che fra i suoi contemporanei non conobbe rivali nell’arte della cucina e della relativa trattatistica, dove mise in atto un’accurata suddivisione della materia, con meticolosa cura dei particolari.

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Montisola, sardine

Sempre sulla fascia dal clima temprato e dei dolci pendii pedemontani, la vitis vinifera sativa offre un’intensa produzione, essa è presente in Lombardia fin dall’epoca degli Etruschi e degli Atesini, dal VII sec. a.C. Da qui è discesa una significativa cultura della vinificazione fin dall’epoca dell’occupazione romana. I vini di Sirmione, ancora citati da Catullo, venivano richiesti e inviati a Roma, su specifica preferenza di Giulio Cesare. In seguito però, ebbero un’epoca di decadenza, fino al periodo medioevale vicino all’anno Mille, in cui tornò in auge la produzione della vite, con vini che però trovarono poco riscontro nel gusto, risultando caratterizzati da un certo grado di asprezza, insieme con la difficoltà di mettere a punto tecniche di conservazione adeguate. Si arriva dunque al XVI sec. Per trovare tracce documentate di una produzione apprezzata: Andrea Bacci nell’opera apparsa a Roma nel 1596, il “De naturali vinorum hostaria”, presenta un’interessante rassegna di vini italiani, fra i quali troviamo quelli del lago di Como, della Brianza, del Bergamasco e del Bresciano. Ancor oggi nel bresciano, soprattutto in Franciacorta, nascono forse i migliori vini spumanti italiani. L’Oltrepo è la culla del Pinot Nero italiano, mentre la Valtellina offre grandi rossi come il Sassella e lo Sfursat a base di uve Nebbiolo. Sul lago di Garda si producono, oggi, eccellenti bianchi fruttati, come il Lugana.

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Franciacorta, filari di viti

A Pavia, terra nebbiosa, umida e fredda d’inverno, calda e afosa in estate, trova la sua patria il riso, cereale importantissimo tanto per la nostra alimentazione quanto per l’economia di queste zone, dove il paesaggio è stato letteralmente “disegnato” dalla presenza delle risaie. La patria del riso non poteva che riservarci ricette dalle tradizioni molto lontane, come il risotto alla certosina, piatto creato dai monaci della Certosa di Pavia, e uscito dal cenobio voluto da Gian Galeazzo Visconti. Sempre a base di riso è un’altra delle ricette molto diffuse in città, il risotto al salto: si divide una scodella di risotto alla milanese in tortini di riso, questi si friggono poi in burro abbondante e si servono caldi e croccanti. Ma troviamo qui anche le rane e la zuppa con uova e crostini, denominata appunto, zuppa pavese.

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Vigevano, risaie

Mantova è famosa per la presenza dei Gonzaga, che tennero una signoria in questa città per ben quattro secoli ed ebbero al loro servizio cuochi famosi, come Bartolomeo Stefani. Quest’area costituisce una “marca di confine” dalle interessanti contaminazioni gastronomiche. A questa tradizione gastronomica possiamo ricondurre i “maccheroni alla Gonzaga”, ricetta di pasta corta ideata nel ‘600 dove il condimento è fatto con un trito di frutta secca, aromatizzato di spezie, e amalgamato con brodo, burro fuso, oppure ricotta vaccina. Mantova e Cremona, hanno sviluppato una serie di ricette che risentono della vicinanza dell’Emilia Romagna: il riso e trigoli, ovvero riso con castagne d’acqua; le mariconde, polpettine di formaggio, pangrattato e uovo servite in brodo; gli agnoli ripieni, o meglio ravioli ripieni di cappone, cannella, formaggio e chiodi di garofano. Da ricordare anche i fantasiosi ravioli mantovani ripieni di amaretti e zucca, l’anitra selvatica in umido e la lepre alla cacciatora.

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Mantova

Della città di Cremona è nota soprattutto la mostarda, la celebre salsa, preparata con pezzi di frutta candita, senape e spezie, da servire con bolliti e arrosti. Famosi anche gli insaccati di maiale, tra questi vi sono vere e proprie specialità, come il salame all’aglio. Rinomati anche i marubini, ravioli con il ripieno di pangrattato, grana padano e uova, serviti con burro e formaggio o in brodo. Secondo la tradizione, la provincia di Cremona è anche la patria del cotechino, l’insaccato di maiale servito abitualmente con le lenticchie. Sembra infatti che proprio nelle campagne tra Cremona e Lodi i contadini poveri avessero preso l’abitudine di preparare insaccati con le parti più grasse del maiale. Il cotechino quindi è nato in Lombardia come piatto “povero” ed è poi diventato una specialità d’élite, gradita anche al di fuori dei confini regionali. Tra le ricette più originali della provincia cremonese ricordiamo quella del cotechino alla vaniglia.

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Cremona, duomo

Termina qui, per oggi, il nostro primo incontro con la Lombardia e le sue preziose realtà, fatte non solo di ricette, ma anche di grandi prodotti, che incontreremo più da vicino nel corso dei mesi di aprile e maggio. Seguiteci!

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4 commenti

  1. complimenti! un articolo completo e molto interessante. Sono molto affezionata alla Lombardia, sarà che è qua vicino e che ci ho vissuto 5 anni della mia vita, mi ha fatto molto piacere leggere di tutti questi piatti della tradizione, aggiungerei il torrone di Cremona, una vera golosità! bravissima Cinzia!

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