Gnocco fritto tradizionale

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Il  “gnocco fritto” identifica un piatto tradizionale delle province di Modena, Reggio Emilia e Bologna, ed in generale di tutta la parte emiliana della regione. Nei territori modenesi e reggiani è semplicemente chiamato gnocco fritto (al gnòc frétt, in dialetto), mentre nel Bolognese prende il nome di crescentina, nella provincia di Ferrara pinzino, a Parma torta fritta e nel Piacentino è conosciuto col termine dialettale chisulén.

Ed è bene specificare “fritto“, dopo gnocco, perché con il semplice termine gnocco si intende, invece, una focaccia lievitata e arricchita da lardelli di maiale, ugualmente molto apprezzata.

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Origine del gnocco fritto tradizionale

Individuare l’origine di questa preparazione è complicato, dal momento che non esistono testimonianze scritte di quando il celebre pezzo di pasta sia stato buttato per la prima volta nello strutto bollente: proprio così, perché secondo la tradizione il gnocco fritto va cotto nello strutto, e non nell’olio. L’Emilia, infatti, non era terra di olio, in uso invece nella confinante Romagna. Si utilizzava, dunque, ciò che le famiglie (almeno le più fortunate) avevano sempre a disposizione, cioè il grasso ricavato dalla lavorazione delle carni del maiale.
“Il” gnocco fritto, come si usa dire in Emilia, è l’ospite preferito nei momenti conviviali più felici, quali le sagre e le feste paesane, le cene in famiglia o tra amici. Tutte le stagioni sono adatte per portarlo in tavola: anche quella estiva, perché le finestre sono sempre aperte e l’odore di fritto se ne vola via presto dalla casa.
In Emilia sono tanti i chioschi presso i quali, durante la bella stagione, ci si può fermare per gustare due pezzi di gnocco fritto ben farciti. Lo si accompagna con i prelibati salumi della nostra fortunata terra, a partire dal prosciutto crudo di Parma DOP, prosciutto crudo di Modena DOP, salame di Felino IGP, coppa piacentina DOP, spalla cotta di San Secondo, pancetta piacentina DOP e dal golosissimo Culatello di Zibello DOP.

Ricetta del gnocco fritto modenese

Ingredienti:
1 kg di farina 0
70 g di strutto
Un pizzico di sale
Acqua gassata q.b.
In alcune zone si utilizza il latte al posto dell’acqua

Preparazione:
Impastate tutti gli ingredienti formando un composto liscio e morbido; la quantità di acqua è variabile a seconda del tipo di farina che viene utilizzato.
Lasciate riposare l’impasto avvolto in un canovaccio pulito per circa mezz’ora.
Tirate la pasta fino a ridurla ad una sfoglia alta circa 5 millimetri e ricavate dei rombi o dei rettangoli di circa 10-15 cm di lato. Friggeteli in abbondante strutto bollente per circa 1 minuto per parte. Durante la cottura i rettangoli di gnocco si gonfieranno.
Servitelo immediatamente, caldissimo e accompagnato da affettati e formaggi.

N.B: nella tradizione modenese il gnocco fritto va tagliato in forma rotonda di 25 cm di diametro, praticando un foro al centro, e fritto in una padella appena più grande del pezzo.

Curiosità su “IL GNOCCO FRITTO”

“Gnocco fritto”, in italiano, dovrebbe essere preceduto dall’articolo “lo”: lo gnocco fritto, quindi. Tuttavia, la letteratura culinaria e la popolazione locale impongono senza ombra di dubbio l’uso dell’articolo “il”. Per quale motivo? La ragione, molto semplice, è che al gnòc frétt si traduce in italiano “il gnocco fritto”.

L’abbinamento perfetto: il culatello di Zibello DOP

Se scegliamo l’eccellente abbinamento col Culatello di Zibello DOP, allora gusteremo la torta fritta, termine con cui nella zona della provincia di Parma si definisce il gnocco fritto.
L’origine dell’insaccato è antica. Le prime tracce della sua esistenza le rinveniamo in alcuni racconti del Trecento; i pregiati Culatelli, si narra, vennero serviti in occasione delle nozze di Andrea dei Conti Rossi e Giovanna dei Conti di Sanvitale, ma sono appunto solo racconti.

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La prima testimonianza puntuale la troviamo soltanto nel 1735, in un documento del Comune di Parma.
La zona di produzione è la terra vicina al fiume Po (nei comuni di Busseto, Polesine Parmense, Zibello, Soragna, Roccabianca, San Secondo, Sissa e Colorno), avvolta nella nebbia in inverno e arroventata dal sole in estate. Si tratta di due condizioni indispensabili, che fanno del Culatello un prodotto unico.
Vedere come si preparano e stagionano i Culatelli è un’esperienza quasi mistica. Nelle cantine basse, durante i mesi freddi, viene lasciata entrare la nebbia. Sì, avete letto bene, si spalancano le finestre e le porte, così la nebbia avvolge gli insaccati appesi ai bassi soffitti e fa sì che si sviluppino le pregiate muffe, che poi doneranno alle carni il caratteristico sapore. Il caldo rovente dell’estate, invece, fa sì che i pregiati Culatelli si asciughino alla perfezione per poi poter essere gustati da tutti.

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La fama di questo prodotto è relativamente recente: la sua produzione è sempre stata artigianale e di nicchia, quasi segreta, e solo a pochi eletti era data facoltà di assaggiarlo. Un privilegio “circoscritto” geograficamente e socialmente. Il costo elevato, peraltro, non alimentava certo grandi commerci.
Il fatto che sia rimasto a lungo sconosciuto al grande pubblico ne ha garantito la tipicità. Allo stesso tempo, ne ha alimentato la leggenda.

A tutela del Culatello è sorto il Consorzio di tutela, unico ente che ne garantisce l’unicità e la Denominazione di Origine Protetta.

Ecco le ricette selezionate dalle socie per scoprire i modi più golosi per abbinare questi ingredienti della tradizione:

Cinzia Martellini Cortella, Al gnocc frètt, il gnocco fritto delle Simili
Susanna Canetti, La Torta fritta di Parma

Photo Credits:

Si ringrazia per le foto del gnocco fritto Edizioni CDL di Finale Emilia (Mo) e per la foto del culatello l’Antica corte Pallavicina, per la disponibilità e la gentilezza dimostrata.

2 commenti

  1. Bellissimo articolo, è stato un piacere dare il mio contributo per celebrare un prodotto che è parte integrante della tradizione culinaria più autentica e viscerale della mia regione, qualcosa che nasce veramente dal cuore e dalle mie origini.

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