
27 Settembre 2023
Favole in cucina: Cappuccetto Rosso e il Lupo
La nostra Signora delle favole ci racconta la sua rivisitazione di Cappuccetto Rosso e il Lupo, naturalmente in chiave golosa e gastronomica...
Pubblicazione: 10 Giugno 2016
Lista degli argomenti
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Ambasciatrice Candida De Amicis per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar
I grani antichi sono varietà di grano utilizzate in tempi passati, quando ancora le coltivazioni venivano effettuate con seme della già esistente biodiversità, senza essere stati sottoposti alle moderne tecniche di miglioramento genetico per l’incremento delle produzioni.
“Cara Fernanda, se lei ignora l’odore del grano, intendo del grano in pianta, maturo, dondolante, sotto le nuvole e la pioggia estive, è sventurata e La compiango. Pensi che io non avevo mai sentito il grano in pianta, perché venivo sempre in campagna alla metà di luglio quand’è mietuto, e questa volta è stato come quando un marito, separato dalla moglie da anni, ritorna a trovarla e gli pare un’amante – essa ha cioè delle parole, dei gesti, dei momenti a lui ignoti, a lui sfuggiti al tempo dell’amorosa passione, e che ora gli paiono rivelargli tutto il dolce del primo amore”. Cesare Pavese -Lettera a Fernanda Pivano 25 giugno 1942”
Una spiga di grano può dunque anche essere poetica, non è solo la pianta che tra quelle addomesticate rappresentò la principale fonte di sostentamento per l’uomo, alla base dell’alimentazione delle civiltà del Mediterraneo per diversi millenni.
La storia del mondo è fortemente legata alla cerealicoltura perché con la coltivazione del frumento, l’agricoltura inizialmente nomade si stabilizzò, coltivando le terre aratorie a grano per alimenti.
Per la nascita dell’agricoltura fondamentali furono le molte specie di graminacee spontanee, tra le quali orzo e farro, perché i semi erano adatti ad essere conservati, essiccati, abbrustoliti e macinati.
Il frumento duro e il frumento tenero che oggi coltiviamo derivano dal farro selvatico che si incrociò spontaneamente con graminacee selvatiche del genere Aegilops.
Il farro piccolo e medio, lo spelta, e frumenti a cariosside (chicco) nuda, tipo il grano tenero, arrivarono dalla regione della Mezzaluna fertile, sulle coste del Mar Egeo e nell’interno, per diffondersi in tutto il Mediterraneo proseguendo verso la penisola balcanica e verso le pianure più a nord, fino in attuale Germania. La coltivazione dei frumenti duro e tenero, inizialmente e per molti millenni, è stata minoritaria rispetto a quella del farro, perché quest’ultimo è più rustico e si adatta meglio alle diverse condizioni ambientali. Si è diffusa soprattutto partire dal XV secolo d.C. con il progredire della tecnica agricola, che consentì di agevolare la coltivazione, arrivando quindi a superare quella del farro.
Il “grano”, o “frumento”, è associabile a varie forme incluse in un unico gruppo (genere), a cui il naturalista svedese Carlo Linneo ha dato il nome latino Triticum, per assonanza al “tritare” della granella per ottenere farina.
Il genere Triticum è compreso nella famiglia delle Graminacee, della quale fanno parte altri cereali quali il mais, l’orzo, il riso e la segale. In Italia, del genere Triticum si coltivano il grano duro e tenero, limitate estensioni di farro piccolo Triticum monococcum, il farro medio Triticum turgidum e il farro grande Triticum aestivum, detto anche spelta.
Il grano monococco (Triticum monococcum L.), primo frumento coltivato dall’uomo, ha chicchi particolarmente ricchi di proteine, coperti da foglioline secche, le glume, che devono essere rimosse prima della macinazione, mentre nei frumenti “moderni” il chicco è nudo..
La sua coltivazione è stata ripresa in Germania, Austria, Svizzera, Francia e naturalmente Italia.
I “grani antichi” erano un tempo molto diffusi, in Sicilia se ne contavano una cinquantina di varietà, grazie allo straordinario patrimonio di biodiversità che contraddistingue l’isola e che dipende dalle sue caratteristiche fisiche. In tempi più recenti sono stati pian piano abbandonati, a favore di varietà di grano “moderne”, geneticamente migliorate e più produttive, che hanno però portato anche alla perdita delle tipicità locali.
Da qualche anno è in atto una forte tendenza al recupero dei grani di antichi. Pur avendo una minore resa in campo, hanno meno necessità di diserbanti poiché sono grani alti, che spodestano le piante infestanti, e necessitano inoltre di pochi fertilizzanti, perché grazie a radici molto profonde traggono dal terreno i micronutrienti.
Sono molte, oggi, le associazioni di contadini che stanno passando al biologico e al recupero delle sementi locali. Giuseppe Li Rosi, presidente dell’associazione Simenza, cumpagnia siciliana sementi contadine, convinto sostenitore del ritorno all’antico in agricoltura, racconta: «Ho convertito 100 ettari dell’azienda familiare a grano locale e sono il custode di tre varietà locali, Timilia, Maiorca e Strazzavisazz». I “custodi” di queste sementi vi dedicano almeno 10 ettari per ogni coltura, impegnandosi a mantenere la purezza del seme.
Il professor Pier Luigi Rossi, nutrizionista, spiega: “I grani che si utilizzano oggi sono per lo più varietà moderne con alta resa in campo: si producono 70 quintali per ettaro anziché i 35/38 per ettaro delle varietà antiche. Il grano è più basso di fusto, c’è meno paglia… per contro si perde molto in termini di nutrienti. E ci si ammala più spesso, perché determinate farine e prodotti farinacei avvelenano il nostro organismo anziché nutrirlo». «Abbiamo fatto ricerche, nelle università di Firenze e di Bologna, per dimostrare che il ritorno alle varietà antiche come i ‘grani alti’ porta nel piatto più nutrienti».
Coltivato un tempo in tutta la Sicilia, ora diffuso limitatamente in alcune aree circoscritte dell’isola. Il nome deriva dalla particolare forma acuminata del chicco che percia (buca) i sacchi che lo contengono.
A Castelvetrano, nell’azienda artigianale Molini del Ponte della famiglia Drago, il grano Perciasacchi viene molito a pietra, secondo l’antica tradizione, e utilizzato per la realizzazione di farine e semole di alta qualità con germe di grano.
Il grano Timilia era diffuso fino ai primi anni del XX secolo in tutte le aree del Meridione in quanto resiste a temperature molto alte. Viene oggi nuovamente coltivato in Sicilia, soprattutto nelle aree del trapanese e del palermitano. È un grano a semina tardiva, detto marzuolo proprio perché seminato a marzo, mietuto e raccolto a giugno; ha un ciclo breve di vegetazione.
La farina di Timilia è una farina integrale, presenta un alto valore proteico e un basso indice di glutine. Molto indicata per la panificazione, in aggiunta con altre semole siciliane, essa deve essere consumata in tempi relativamente brevi (circa 4 mesi) per non perdere le sue qualità organolettiche.
È legata soprattutto alla produzione del cosiddetto “pane nero” dall’inconfondibile colore scuro e dall’aroma dolce ed intenso. Il pane nero di Castelvetrano è un presidio Slow Food.
Negli anni ’30 la stazione di granicoltura per la Sicilia ha selezionato due varietà di Timilia denominate Timilia S.G.1, a reste nere e Timilia S.G.2, a reste bianche.
Questi grani venivano coltivati esclusivamente nell’area dei Monti Sicani, il primo come grano duro per pastificazione e panificazione; il secondo come grano tenero per pane, dolci e la preparazione della famosa “Cuccia“, piatto tipico della festa di Santa Lucia.
È una delle più antiche varietà di grano duro Siciliano, forse la migliore per quantità di glutine e attitudine alla panificazione. Ora diffuso limitatamente in alcune aree circoscritte dell’isola, era molto apprezzato dai contadini per la quantità di paglia prodotta.
Caratterizzato dal colore bianco, è un grano tenero, morbidissimo, ma robusto. Riesce a crescere in zone marginali e aride, producendo semi dalle spiccate proprietà nutritive. E’ particolarmente adatto per preparare i dolci, soprattutto i biscotti, ma è ottimo anche come materia prima per pane e grissini. Pare che il pane nero di Castelvetrano fosse ottenuto originariamente miscelando opportunamente la varietà Tumminia con la varietà Russello ma, vista la scarsa produzione di quest’ ultimo, è stato sostituito con altre varietà di grano Maiorca.
Si tratta di una varietà di frumento tenero molto antica coltivata in Abruzzo all’inizio del XVI secolo. È un grano caratteristico delle zone montane e marginali del Gran Sasso, dove il freddo e le quote elevate permettono di ottenere un risultato qualitativo eccellente. In grado di resistere a lungo sotto la neve e al freddo intenso, può essere coltivato dai 600 fino ai 1400 metri: l’altitudine ne migliora la qualità. Si semina in autunno e si adatta bene ai terreni poveri.
Dal grano di Solina si ricava una farina poco tenace e adatta alle lavorazioni manuali. Il suo impiego ideale è la preparazione del pane casereccio e della pasta fatta in casa.
La coltivazione è impegnativa perché i terreni montani sono difficili da raggiungere e da lavorare e i tempi di attesa del raccolto sono lunghi, specie alle altitudini più elevate. Una decina di agricoltori della zona montana, riuniti in cooperativa, porta avanti il recupero e la valorizzazione di questa varietà antica.
Si tratta di un cereale importato nel IV secolo da una tribù nomade Protobulgara proveniente dall’Egitto. Il suo nome deriva dal bulgaro ”sarga” (giallo) e “golyo” (seme). Si tratta di una varietà simile al Kamut, il «grano dei faraoni» brevettato negli USA: Kamut infatti, è un marchio commerciale, non individua la varietà del grano, che è il Triticum turgudum, più conosciuto con il nome di Khorasan.
Il grano saragolla è stato coltivato per oltre un millennio, dal Medioevo alla fine del ‘700 ed era tra i più pregiati d’Abruzzo. Fortunatamente i contadini dell’isolata Valle Castellana non hanno mai smesso di coltivarlo, anche solo per uso personale ed in piccoli appezzamenti.
Oggi è nuovamente prodotto grazie all’impegno di Giulio Fiore Amadio, mugnaio, agronomo ed esperto di alimentazione.
I grani antichi, frutto della selezione fatta dai contadini in 9.000 anni di storia, furono abbandonati nel passaggio dalla raccolta manuale al processo di meccanizzazione con l’uso della trebbiatrice, poiché le varietà alte determinavano un intasamento del tubo trebbiante. Iniziò così la ricerca di varietà più basse rispetto a quelle alte oltre un metro e ottanta, che subivano anche il fenomeno dell’allettamento.
Il lavoro di miglioramento genetico del frumento iniziò in Italia ai primi del Novecento, con le ricerche di Nazzareno Strampelli, che dedicò la sua vita al miglioramento delle produzioni agricole: attraverso la tecnica dell’incrocio tra piante geneticamente migliori, per creare un ibrido che avesse le caratteristiche di piante diverse, ottenne nuove varietà più produttive e più resistenti al clima e agli attacchi dei parassiti. Nel 1915 selezionò un’importante varietà dalla tunisina Jeanh Rhetifah: il grano Senatore Cappelli, così chiamato nel 1923 in onore di Raffaele Cappelli. Si tratta di un grano duro molto più produttivo dei grani duri allora utilizzati. Anche i grani teneri furono sostituiti dalle varietà realizzate da Strampelli.
Il grano duro Cappelli per decenni è stata la coltivazione più diffusa, fino al diffondersi delle varietà ancora più produttive.
Negli anni ’70 alcuni genetisti italiani misero a punto una nuova varietà, irradiando con raggi Gamma le piante di frumento duro Cappelli. Queste piante, incrociate poi con una varietà di frumento tenero di origine messicana, hanno dato luogo ad una nuova varietà che è stata chiamata Creso. Dal Creso, incrociato con altre varietà, è venuta fuori buona parte delle varietà di frumento duro che oggi si coltivano.
Vincent van Gogh, (1853-1890): Wheatfield with Crows, 1890. Amsterdam, Van Gogh Museum*** Permission for usage must be provided in writing from Scala. ***
per l’impasto
Procedimento
Prefermento
foto di testata: http://www.leggimionline.it/2015/10/09/17972/04-a-campo-di-grano-mietuto2/
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Ci sono con un’intervista a Filippo Drago dei Molini del Ponte http://www.cuocicucidici.com/2016/06/intervista-filippo-drago-molini-del_10.html
Ciao, anche oggi siamo lieti di partecipare a questa giornata con la ricetta che trovate qui:
https://lasalviadisilvia.wordpress.com/2016/06/10/neole-croccanti-ai-grani-antichi-abruzzesi/
Complimenti per il bellissimo articolo, curato e chiarissimo! 🙂
Candida complimenti hai scritto un trattato non un articolo, bellissimo, ricco di informazioni, curato nei dettagli, grazie anche per la bella ricetta
Grazie Candida per questo splendido e completo articolo! Felice di aver contribuito 🙂
Sono proprio contenta di questo gran parlare di antiche varietà di cereali, finalmente non è più argomento di nicchia e tutti possiamo documentarci. Complimenti per l’articolo, felicissima di aver contribuito a questa GN!
Scopro adesso questa pagina, e soprattutto la quantità di informazioni che ne posso trarre: davvero interessante! Mi piacerebbe provare ad allinearmi al calendario, chissà .. prima o poi … Leggo anche con piacere che conoscete, e non temete, i prodotti OGM, del tutto innocui e diffusi da sempre