Le tradizioni pasquali in Italia

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La Pasqua è la festa più importante per i cristiani e deriva, e per certi aspetti dipende, dalla Pasqua ebraica. La parola ebraica Pesach significa passare oltre, tralasciare; deriva dal racconto della Decima Piaga, quando l’Angelo della Morte vide il sangue dell’agnello del Pesach sulle porte delle case di Israele e “passò oltre”, senza uccidere il primogenito. Porta dietro di se infinite tradizioni pasquali fortemente radicate nella società, che sono diventate un’abitudine.

La festa della Pasqua cristiana è mobile, viene fissata di anno in anno nella domenica successiva al primo plenilunio successivo all’Equinozio di Primavera (il 21 marzo). Questo sistema venne fissato definitivamente nel IV secolo. Nei secoli precedenti potevano esistere diversi usi locali sulla data da seguire, tutti comunque legati al calcolo della Pasqua ebraica. In particolare alcune chiese dell’Asia seguivano la tradizione di celebrare la pasqua nello stesso giorno degli ebrei, senza tenere conto della domenica, e furono pertanto detti quartodecimani. Ciò diede luogo ad una disputa, detta controversia quartodecimana, fra la chiesa di Roma e le chiese asiatiche.

Le tradizioni pasquali: i riti della settimana Santa

La settimana Santa è la settimana nella quale il cristianesimo celebra gli eventi di fede correlati agli ultimi giorni di vita di Gesù, che comprende in particolare la sua passione, morte in croce e resurrezione il terzo giorno successivo. In tutto il mondo, la maggior parte dei cristiani chiama settimana Santa il periodo dalla Domenica delle Palme al Sabato Santo, che precede la Pasqua, cioè la domenica in cui si celebra solennemente la resurrezione di Gesù Cristo.

Domenica delle palme

La Settimana santa si apre con la Domenica delle palme, nella quale si celebra l’entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme, acclamato come messia e figlio di Davide. Nella liturgia cattolica viene letto il racconto della passione di Gesù secondo l’Evangelista corrispondente al ciclo liturgico che si sta vivendo o, nella Forma straordinaria, la Passione secondo Matteo. La tradizione risale a prima del IV secolo. Questa ricorrenza non segna la fine della quaresima che, nella forma ordinaria del rito romano, si conclude il giovedì santo esattamente prima della messa vespertina mentre nella Forma straordinaria si conclude la Prima domenica di Passione ovvero quella che precede la Domenica delle Palme.

Lunedì, martedì e mercoledì della Settimana Santa

Lunedì: è il giorno dell’amicizia. Gesù lo passa a Betania in compagnia dei suoi tre grandi amici: Marta, Maria e Lazzaro. Gesù ha goduto l’amicizia, ha sempre cercato di avere dei buoni amici. Per il cristiano, essere amici suoi è dono e missione.

Martedì: è il giorno dello sdegno. Gesù è sdegnato dal comportamento dei commercianti che hanno trasformato il tempio in un luogo di mercato. Rovescia i banchi dei venditori e dei cambiamonete che hanno posto al centro del tempio il “denaro” e, abusando del loro potere, opprimono gli altri per ricavarne un profitto personale.

Mercoledì: è il giorno del tradimento, il giorno della tristezza. Gesù è tradito da uno dei suoi Apostoli per 30 denari.

Il lunedì, martedì e mercoledì santo la Chiesa contempla in particolare il tradimento di Giuda per trenta denari. La prima lettura della messa presenta i primi tre canti del Servo del Signore che si trovano nel libro del profeta Isaia.

Giovedì santo

Messa del crisma

Nella Chiesa cattolica, durante la mattina del giovedì santo o il pomeriggio del mercoledì santo vengono consacrati gli oli santi e i presbiteri rinnovano le promesse fatte nel giorno della loro ordinazione sacerdotale.

Cena del Signore

Il solenne triduo pasquale della passione, morte e resurrezione di Cristo inizia nel pomeriggio del giovedì santo. La sera si celebra la messa in Cena Domini, nella quale si ricorda l’Ultima cena di Gesù, l’istituzione dell’eucaristia e del sacerdozio ministeriale, e si ripete la lavanda dei piedi effettuato da Cristo nell’Ultima cena. Alla fine della messa le croci restano velate, le campane silenti, e gli altari senza ornamenti, eccettuato l’altare della reposizione dove vengono conservate le ostie consacrate durante la messa per l’adorazione e per la comunione del giorno seguente.

Venerdì santo

Il Venerdì santo si ricorda il giorno della morte di Gesù sulla croce. La chiesa celebra la solenne celebrazione della Passione, divisa in tre parti:

La liturgia della parola, con la lettura del quarto canto del servo del Signore di Isaia (52,13-53,12), dell’Inno cristologico della lettera ai Filippesi (2,6-11) e della passione secondo Giovanni.

L’adorazione della croce, a cui viene tolto il velo.

La santa comunione con delle ostie consacrate la sera prima. Non si celebra alcuna messa in questa giornata, uno dei due giorni aliturgici del rito romano.

Il Venerdì santo è tradizione effettuare il pio esercizio della Via Crucis. La chiesa cattolica pratica il digiuno ecclesiastico e si astiene dalle carni come forma di partecipazione alla passione e morte del suo Signore. In questo giorno è anche usanza fare visita a più chiese per adorare l’Eucaristia presente negli altari della reposizione, detti “sepolcri”.

Sabato santo

Il Sabato santo è tradizionalmente giorno in cui non si celebra l’eucaristia (giorno aliturgico), e la comunione si porta solamente ai malati in punto di morte. Viene celebrata al solito la liturgia delle Ore. Con la veglia pasquale si inizia il tempo pasquale.

Nella notte fra sabato e domenica si celebra la solenne veglia pasquale, che, nella Chiesa cattolica, è la celebrazione più importante di tutto l’anno liturgico. In essa si celebra la resurrezione di Cristo attraverso la liturgia del fuoco: dal fuoco nuovo si accende il cero pasquale, che viene portato processionalmente in chiesa; durante la processione si proclama La luce di Cristo, e si accendono le candele dei fedeli. All’arrivo al presbiterio il cero è incensato e si proclama l’annuncio pasquale.

La liturgia della Parola ripercorre con sette letture dell’Antico Testamento gli eventi principali della storia della salvezza, dalla creazione del mondo attraverso la liberazione del popolo d’Israele dalla schiavitù d’Egitto, alla promessa della nuova alleanza. Dopo il canto solenne del Gloria (che non era mai stato recitato durante la quaresima), l’epistola proclama la vita nuova in Cristo risorto, e nel Vangelo si legge il racconto dell’apparizione degli angeli alle donne la mattina di Pasqua.

Segue la liturgia battesimale, nella quale tutti i fedeli rinnovano le promesse del proprio battesimo, e vengono battezzati, se ce ne sono, i catecumeni che si sono preparati al sacramento.

Le tenebre

L’Ufficio delle Tenebre (latino: Officium Tenebrarum o Tenebrae) è costituito dalla celebrazione solenne del Mattutino e delle Lodi del giovedì santo, venerdì santo e sabato santo, così come erano universalmente celebrate prima delle riforme del XX secolo. Si compone del canto dei salmi, delle lamentazioni, dei responsori, del Benedictus e del Miserere e si celebra le sere del mercoledì, del giovedì e del venerdì santo. Un rito particolare è lo spegnimento di quattordici candele, poste su una saettia, un candeliere triangolare con quindici candele, al canto di ciascun salmo. Al termine del Benedictus l’ultima candela non veniva spenta, ma celata dietro l’altare, ad indicare l’arresto di Gesù, la cui luce però non si spegneva mai, lasciando alla fine la chiesa nell’oscurità totale; a questo punto si faceva il “terremoto” o strepitus.

Domenica di Resurrezione

La settimana santa è seguita dalla domenica di Resurrezione, in cui torna a riecheggiare la gioia della veglia pasquale. Tale domenica è ampliata nell’Ottava di Pasqua: la Chiesa celebra la pienezza di questo evento fondamentale per la durata di otto giorni, che si concludono con la II domenica di Pasqua, chiamata fin dall’antichità domenica in albis, che Giovanni Paolo II ha voluto dedicare al ricordo della divina Misericordia.

Le tradizioni pasquali: le usanze popolari

Ai riti previsti dalla liturgia si accompagnano quelli che nel corso dei secoli la pietà del popolo cristiano ha adottato per rievocare i momenti più significativi della passione umana di Cristo, vero uomo e vero Dio. Per la sincerità di tali espressioni religiose la Chiesa cattolica approva e consente lo svolgimento di queste celebrazioni, in quanto contribuiscono a rinsaldare e tramandare la fede cristiana.

In tutto il mondo cattolico, la tradizione popolare della Settimana santa consta di numerosi canti, poemi, raffigurazioni e rievocazioni sceniche della Passione di Gesù, che spesso affondano le loro radici fin dai primi secoli del cristianesimo.

In Italia numerose e spesso suggestive sono le rappresentazioni della Settimana santa diffuse soprattutto nel Mezzogiorno, grazie ai notevoli influssi spagnoli; in esse si mescolano gli elementi più strettamente religiosi a componenti in varia misura folcloristiche.

Le tradizioni pasquali: i simboli

Uova e pulcini: entrambi i simboli rappresentano la nascita di una nuova vita. Infatti, per i Cristiani, la Pasqua è la festa di una vita nuova, una rinascita, la resurrezione appunto di Cristo.

I coniglietti: il coniglietto richiama la lepre che sin dai primi tempi del Cristianesimo simboleggiava Cristo. Inoltre, la lepre, con la caratteristica del suo manto che cambia colore secondo la stagione, venne indicata da sant’Ambrogio come simbolo della Risurrezione.

L’agnello: l’agnello simboleggia il sacrificio di Cristo sulla croce.

La colomba: la colomba rappresenta la Pace, simboleggia Gesù che con il suo sacrificio sulla Croce ci ha aiutato a costruire un regno di pace e d’amore. Anche il dolce tipico infatti ha la forma della colomba.

L’ulivo: oltre ad essere simbolo di pace, ricorda l’ingresso di Gesù a Gerusalemme quando a folla lo accolse festosamente con i rami d’ulivo rivolti al cielo.

L’uovo di Pasqua: l’uovo rappresenta la Pasqua nel mondo intero. Dipinto, intagliato, di cioccolato, di terracotta e di carta pesta. Quelle colorate o dorate hanno un’origine molto più antica rispetto a quelle di cioccolato. Le uova, infatti, forse per la loro forma e sostanza molto particolare, hanno sempre rivestito un ruolo unico, quello del simbolo della vita in sé, ma anche del mistero, quasi della sacralità. Nell’iconografia cristiana, l’uovo è il simbolo della Resurrezione: il guscio rappresenta la tomba dalla quale esce un essere vivente.

Per i pagani l’uovo è il simbolo della fertilità: l’eterno ritorno alla vita. I Greci, i Cinesi ed i Persiani se li scambiavano come dono per le feste Primaverili.

L’usanza di scambiarsi uova decorate nasce dalla leggenda secondo cui dopo che Maria Maddalena aveva trovato il sepolcro di Gesù vuoto, corse dai discepoli e annunciò la straordinaria notizia. Pietro, incredulo, disse: “Crederò a quello che dici solo se le uova contenute in quel cestello diverranno rosse.” E subito le uova si colorarono di un rosso intenso!

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ph Lisa Fregosi

Le tradizioni pasquali: i cibi

Il piatto che rappresenta indubbiamente di più la Pasqua è l’agnello cucinato al forno o in padella come simbolo della Resurrezione di Cristo. Ogni regione o provincia italiana ha i propri piatti tradizionali tipici pasquali, ma alcuni sono diffusi in tutta Italia. Per esempio la torta pasqualina, specialità genovese, una torta salata di sfoglia con spinaci e uova è un classico per tutti gli italiani. Le uova poi durante il periodo di Pasqua imperano sulle tavole in mille versioni da quelle sode con l’insalata a quelle di cioccolato, simbolo anch’esse del giorno di Pasqua. Per quanto riguarda il dolce indubbiamente la Colomba, per altro simbolo di pace, è il dolce che più rappresenta la Pasqua in Italia. A Napoli ad esempio si usa consumare la pastiera, in Sicilia la cassata, in Umbria la ciaramicola.

Le tradizioni pasquali nelle regioni italiane

Ogni regione della nostra bella Italia ha le sue tradizioni ed usanze che andremo a vedere insieme ai soci che racconteranno le usanze della loro zona di appartenenza o origine.

Le tradizioni della Valle d’Aosta

Immancabile sulle tavole nel periodo pasquale è la Crescia di Pasqua, una sorta di focaccia lievitata fatta con uova, olio d’olivo e pecorino grattugiato. Secondo l’usanza, si mangia accompagnata dal salame la sera del Sabato Santo. Altrettanto tipica di questa regione è la Torta verde di Pasqua, una torta con erbe aromatiche di primavera.

A Courmayeur, in Valle d’Aosta, ogni anno si svolge “La Paquerette”, appuntamento con l’artigianato valdostano che propone opere di scultura e intaglio su legno, lavorazione del ferro battuto e del cuoio, tessitura del drap, e ancora merletti, vimini, oggetti per la casa. Invece a San Leonardo, frazione del comune di Badia, nei giorni che precedono la Pasqua si tiene la cosiddetta noza da paur, manifestazione che rievoca il matrimonio contadino: i ragazzi vanno alla ricerca delle fanciulle per chiedere loro un uovo. Chi ne ottiene 12, si sposerà entro l’anno. Al contrario, le ragazze che avanzeranno le uova dovranno seppellirle sotto terra entro il martedì successivo alla Pasqua per non rimanere zitelle a vita. Infine a Bormio, in Valtellina, a Pasqua sfilano grandi carri allegorici portati in spalla per le vie del centro cittadino.

Le tradizioni in Piemonte

Numerose sono le rappresentazioni sacre legate soprattutto al Giovedì e Venerdì Santo, come la passione di Cristo a Belvedere Langhe, che risale addirittura nel ‘700 in forma orale e che venne tradotta per iscritto in un dramma di cinque atti alla fine del 1800. Negli ultimi anni la rappresentazione ha avuto un forte impulso, sviluppandosi in una forma teatrale molto suggestiva. L’intero paese si trasforma nell’antica Gerusalemme, attrezzato con diverse postazioni presso le quali i figuranti inscenano i passaggi più importanti dell’evento della Passione, immersi in magiche atmosfere create dai bagliori delle torce e dei falò.

La Processione del Giovedì Santo a Venaus: si tiene il tardo pomeriggio del Giovedì Santo, e vengono rappresentati la vai crucis di Cristo, con la confraternita maschile e femminile del Santo Rosario ed i 12 apostoli. Si svolge una processione, per le vie del paese e per la campagna, che segue il Cristo con la croce in spalla; nella sacrestia della Chiesa si svolge il rito della lavanda dei piedi e si leggono brani della Passione.

La Sacra rappresentazione della Passione di Gesù di Villarfocchiardo: si tiene la serata del Venerdì Santo e dura circa due ore. Pare che la rappresentazione sia stata effettuata già nel dal 1732, ma in forma diversa, solo recentemente è stata aggiunta la processione. La processione per le vie del paese viene fatta in silenzio ed è preceduta dal “processo” nella chiesa parrocchiale. I numerosi interpreti rappresentano, con grande effetto suggestivo, tutte le fasi dalla Via Crucis, sino alla crocifissione ed alla deposizione.

A Romagnano Sesia: la rievocazione della Passione di Cristo è ormai una tradizione di Romagnano e viene rappresentata, attraverso le vie del paese, con più di trecento personaggi. Per la sua forte valenza drammatica si ritiene che sia una delle più intense rievocazioni italiane. Ce la racconta la socia Raffaella Mucci nel suo articolo e ci fa scoprire la ricetta dei Ravioli al Castelmagno.

Nel sud del Piemonte c’è un’antica tradizione contadina legata al periodo pasquale: il cantè j’euv. Gruppi di giovani tra canti e musica trascorrono le ultime notti della Quaresima andando di cascina in cascina per fare la “questua delle uova” da usare nel pranzo di Pasquetta. La socia Gabriella Rizzo ce ne parla nel suo articolo.

Le tradizioni pasquali in Lombardia

I Pasquali di Bormio: i Pasquali rappresentano un’antica tradizione pasquale tipica di Bormio, risalente al XVII secolo. Si tratta di una sfilata di portantine a tema religioso realizzate, durante i mesi invernali, da giovani ed artigiani del paese. Fabbri, artigiani, ma anche semplici appassionati, infatti, si radunano nei loro quartieri per cercare di creare il “Pasquae” più rappresentativo. La domenica di Pasqua le portantine, che possono pesare anche alcune tonnellate, vengono portate in spalla dagli uomini, detti i “Pasqualisti”. Alla sfilata partecipano anche le donne, che completano il quadro portando fiori e prodotti artigianali. I “Pasquali” restano in esposizione in piazza del Kuerc fino al lunedì di Pasquetta. Una giuria decreterà il Pasquale più rappresentativo sulla somma di diversi fattori: il significato religioso, il valore artistico e artigianale dell’opera, il portamento e la vestizione dei partecipanti.

La fiera tradizionale di Como: Il centro storico di Como, nei giorni a cavallo di Pasqua, si trasforma in un mercato a cielo aperto. Per l’occasione, infatti, lungo la strada che costeggia la città murata, vengono allestite decine di bancarelle di prodotti alimentari, abbigliamento, artigianato, e articoli per la casa.

I Vasi Sacri di Mantova: nella Basilica di Sant’Andrea, a Mantova, sono custoditi i Sacri Vasi, due coppe nelle quali il legionario Longino, ai piedi della Croce, avrebbe raccolto la terra intrisa del sangue di Cristo. Questa è una delle più antiche tradizioni pasquali della Lombardia. Ogni anno, infatti, il pomeriggio del Venerdì Santo, si svolge la cerimonia di apertura dei forzieri, che custodiscono i due preziosi calici. Le reliquie vengono, quindi, poste ai piedi del Cristo crocifisso nell’abside della Cattedrale. I Sacri Vasi sono potetti da un complesso meccanismo di 12 serrature e altrettanti chiavistelli, custoditi dalle più alte cariche statali ed ecclesiastiche. La processione del venerdì santo di Vertova

Il Madonù di Dossena: quella legata al Madonù di Dossena è un’antichissima tradizione pasquale della Lombardia, che affonda le radici nei secoli. Nove giorni prima del venerdì santo, infatti, si svolge una processione in preparazione alla Pasqua, al cui centro vi è il Madonù, la statua lignea della Madonna Addolorata. Al termine della processione si festeggia con un concerto e con uno spettacolo di fuochi d’artificio.

La processione del Cristo morto di Gromo: tra le antiche tradizioni pasquali della Lombardia, vi è, poi, la processione del Cristo morto. A Gromo, un borgo medievale di circa 1200 abitanti, infatti, la sera del Venerdì Santo, va in scena questa particolare processione, nel corso della quale viene portata, lungo la via principale del paese, la statua di Cristo Morto. Sui prati e sui sassi del fiume Serio, inoltre, vengono accesi piccoli falò fatti di stracci imbevuti di olio cotto e tutte le finestre vengono illuminate con dei lumini. La tradizione vuole, poi, che, il venerdì Santo, a Gromo, si mangi soltanto “Maiasa”, una specie di torta a base di farina gialla, cipolle, fichi secchi e mele, condita con olio e cotta nel forno.

La Pasqua in Trentino Alto Adige

In Trentino la settimana Santa ha inizio con la Domenica delle Palme, la domenica che precede la Pasqua. In questo giorno, i bambini si recano in chiesa per benedire il “Palmbesen“, un mazzo di rami d’ulivo e salice ornato da nastri colorati. Questo viene poi conservato nelle case e all’avvicinarsi di un temporale, alcuni rami del mazzo vengono bruciati nella stufa per proteggere la casa dalle disgrazie. Un’antica consuetudine è il “Ratschen”, durante la Settimana Santa il suono delle campane viene sostituito da quello monotono delle raganelle. Poiché il loro rintocco allegro mal si adatta alla commemorazione della Passione di Cristo.

Il Giovedì Santo invece è dedicato alla decorazione delle uova, una delle tradizioni preferite dai bambini che si divertono a dipingerle e colorarle in mille modi. In origine per ottenere un colorante naturale venivano lessate le bucce della cipolla, si filtrava l’acqua e si utilizzava per colorare di violaceo il guscio delle uova. Il Sabato Santo termina la Quaresima e si torna in chiesa per la benedizione delle “ceste pasquali”. I cestini vengono riempiti con il pane pasquale, uova, prosciutto, rafano e salame con l’augurio di riassaporare queste delizie.

Le tradizioni pasquali nel Triveneto

Molto caratteristica è la tradizione del crocifisso del convento di San Francesco della Vigna a Venezia. Da secoli, durante la Settimana Santa, i fedeli rivivono l’urlo di agonia e disperazione del Cristo sulla croce che pronuncia le sue ultime parole, come narrato dal Vangelo di Matteo. Si tratta di un “trucco”, ovvero c’è un meccanismo che consente al Cristo dolente in croce di muovere la lingua e fingere di parlare.

Fra i piatti tipici pasquali in Veneto vi è l’insalata pasqualina, ovvero un’insalata mista che ha come base uova sode. Vi è poi fra i primi piatti il risotto con i bruscandoli che sono germogli di luppolo selvatico. Vi è poi il capretto con le patate e come dolci la ciambella con la grappa.

Durante il lungo periodo della Serenissima, Venezia ha avuto la possibilità di confrontarsi con culture e religioni di tutto il mondo, modificando e inserendo usi e costumi diversi dai propri come, ad esempio, l’utilizzo dell’uovo, derivante dalla cultura orientale. L’uovo, da sempre, è considerato il simbolo della vita e della rigenerazione e rispecchia quindi il messaggio pasquale della vittoria della vita sulla morte… In breve tempo divenne protagonista di moltissime ricette tipiche del pranzo di Pasqua, come la fragrante fugassa (focaccia) e le tagliatelle! Ed è proprio da questa tradizione culinaria ormai da secoli radicata che hanno origine i famosi detti No xè Pasqua sensa fugassa (Non è Pasqua senza focaccia) e Aleluia, aleluia le parpadele se desgarbuia! (Alleluia, alleluia le pappardelle si districano!).

Siccome il detto recita che non c’è Pasqua senza fugassa, approfittiamo della socia Lisa Fregosi e scopriamo come prepararla.

Le tradizioni pasquali liguri

Solo negli anni pari a Savona, nel giorno del Venerdì Santo, ha luogo una processione molto suggestiva che vede 15 casse, gruppi lignei di rara bellezza e grande valore artistico, portati a spalla per le vie della città e che rievocano il racconto della Passione di Cristo. La processione si conclude con l’arca della Santa Croce che conserva una reliquia della Vera Croce di Gesù Cristo. Nel borgo di Ceriana (Im), invece, viene messo in scena la Passione di Cristo in un sepolcro con antiche statue lignee a grandezza naturale e con il suono lugubre di corni di corteccia.

Dal punto di vista gastronomico, un prodotto tipico ligure del periodo pasquale è la Torta pasqualina.

Le tradizioni pasquali emiliano-romagnole

Il giorno della Domenica di Pasqua a Piacenza, e più precisamente a  Fiorenzuola D’Arda, si tiene il “Ponta e Cull”, una vecchia tradizione risalente agli inizi del ‘900. Si tratta di un gioco popolare che ha luogo in piazza subito dopo la Santa Messa. Gli avversari, ciascuno con un uovo sodo, si sfidano a colpi per rompere l’uovo dell’avversario (sia la punta che il fondo dell’uovo ossia “Ponta” e “Cull”) ed assicurarsi il premio. Molto interessante e pittoresca è la Via Crucis vivente di Frassinoro (Mo) che si tiene solo ogni tre anni e in cui gli abitanti della città compongono quadri viventi che rappresentano i diversi episodi della Passione di Cristo. Questa tradizione è secolare e risale all’epoca della Controriforma.

Sulle tavole emiliane il giorno di Pasqua immancabile è la lasagna verde alla bolognese, l’agnello con piselli e pancetta. Vi è poi la pagnotta pasquale servita come dolce e realizzata con pasta di pane o ancora la panina pasquale con cognac, anice, buccia d’arancia e limone. La lasagna alla bolognese e le tradizioni pasquali della dotta ce le racconta la socia Francesca Fughelli nel suo articolo.

Le tradizioni pasquali toscane

A Firenze possiamo assistere alla famosa cerimonia dello Scoppio del Carro risale all’epoca della Prima Crociata. Una gigantesca torre pirotecnica, il brindellone, viene collocata su un carro trainato da buoi per tutte le strade del centro storico di Firenze sino a Santa Maria del Fiore. Quando termina la cerimonia, il vescovo dall’altare del Duomo accende un razzo dalla forma di colomba che colpisce il carro e lo fa scoppiare, sotto agli occhi entusiasti dei presenti. La colomba rappresenta lo Spirito Santo. Nel 1622 fu celebrato per la prima volta il rito dello Scoppio del Carro. Altrettanto interessante è l’antica Giudeata che si tiene ogni anno il Venerdì Santo a Chianciano Terme con ben 150 figuranti in abiti d’epoca tra cui i soldati romani, il Gesù Cristo, le pie Donne, Ponzio Pilato e i dignitari. Anche questa tradizione risale al ‘600. A Pienza invece si tiene la Processione degli Scalzi, con 12 persone a piedi nudi con in mano una fiaccola che percorrevano le vie del centro sino alla Cattedrale.

Ad Arezzo c’è la tradizione di accendere i forni la notte del Giovedì Santo e preparare le panine, pani conditi, sia salati che dolci, che vengono poi consumati con tutta la famiglia durante la colazione di Pasqua. Ce ne raccontano la storia Marco e Francesca nel loro articolo.

Le tradizioni pasquali in Umbria

Usanza diffusa in Umbria, durante il periodo pasquale, è praticare il gioco della Tocciata (o Ciuccittu), durante il quale i partecipanti si affrontano con un uovo sodo in mano e a turno si cerca di rompere l’uovo dell’avversario. Vince chi alla fine della gara rimane con l’uovo integro. Molto suggestiva è la processione del Cristo morto a Gubbio.

Non manca poi la torta al formaggio chiamata anche Pizza di Pasqua, la coratella di agnello o l’agnello tartufato e come dessert la pizza di Pasqua dolce realizzata con pane dolce, uvetta, canditi e cannella. La socia Miria Onesta ci racconta la colazione di Pasqua umbra e la tradizione delle biccicuta

Le tradizioni pasquali marchigiane

Numerose anche le rievocazioni storiche legate alle tradizioni di Pasqua. A partire dalla Turba di Cantiano (PU), una processione con canti e preghiere che fa diventare tutta la cittadina un palcoscenico vero e proprio. Molto famosa anche la Morte del Giusto di Loreto, la rappresentazione delle ultime ore di vita di Gesù. Il corteo parte da Colle Lauretano e sale fino alla Basilica della Santa Casa di Loreto, ripercorrendo, ovviamente, tutte le tappe della Passione.

Molto celebre anche la Bara di Notte di Porto Recanati. Anche qui si tratta di una processione legata al Venerdì Santo: pescatori percorrono tutte le stazioni della Passione con una bara. A Polverigi si tiene la Rassegna Internazionale del Canto Rituale della Passione, mentre molto particolare è il Cavallo di Fuoco di Ripatransone (solitamente si tiene la prima domenica dopo Pasqua). Nel giorno di Pasqua in molti comuni delle Marche si gioca al tradizionale gioco della Scoccetta. Si tratta di uno dei classici giochi pasquali basati sulle uova sode. Si prendono delle uova sode colorate e le si picchiano delicatamente contro quelle dell’avversario. Il guscio che si romperà per primo stabilirà il vincitore (chi rompe il guscio dell’uovo perde). Il vincitore prenderà l’uovo rotto e sfiderà un uovo avversario.

Le tradizioni pasquali in Lazio

Il momento celebrativo più spettacolare delle celebrazioni pasquali a Roma è la sera del venerdì Santo, durante la famosa cerimonia della Via Crucis. Ogni anno il papa in persona guida una imponente processione estremamente emozionante che parte dal Colosseo ed arriva al Tempio di Venere, in memoria del percorso fatto da Gesù sul monte Calvario. Spesso è il papa stesso a portare la croce attraverso tutte le stazioni, e credetemi è sempre un momento di grande forza emotiva. Per l’occasione inoltre l‘anfiteatro Flavio viene magistralmente illuminato con candele e fiaccole, e tutto il percorso è segnato da suggestive tappe nella Roma dell’antico colle Palatino, uno spettacolo davvero unico ed una intensità emozionale che non ha pari.

A Tarquinia, in provincia di Viterbo si celebra la Pasqua con una processione: un’enorme statua settecentesca del Cristo Risorto viene portata per le vie della cittadina. Ce la racconta Vittoria Tassoni nel suo articolo insieme alla tradizionale ricetta della pizza di Pasqua. Sempre in provincia di Viterbo a Blera, a Pasquetta, si svolge il pellegrinaggio alla grotta di San Vincenzo. Da Blera, dopo 15 km di cammino, si giunge alla piccola chiesa e alla grotta di San Vincenzo, dove si dice che il Santo sia stato in eremitaggio. La festa termina con una colazione sui prati.

La colazione pasquale è veramente sentita e quasi tutti i laziali approfittano delle temperature miti di questo periodo per passare il tempo con i loro cari. Ci racconta di questa bella tradizione la socia Lydia Saluce.

Cristiana Curri, insieme alla figlia Beatrice ci racconta delle tradizioni laziali e ci propone un piatto tradizionale che viene preparato in queste occasioni, la coratella con i carciofi.

Le tradizioni pasquali in Abruzzo e Molise

Il giorno di Pasqua si celebra il rito della Madonna che scappa. L’evento consiste nella messa in scena delle statue di San Pietro e San Giovanni che bussano alla porta della Chiesa di San Filippo a Sulmona, dove c’è la statua della Madonna. Il rito ricorda la Resurrezione di Cristo, in particolare quando i due santi annunciarono alla Vergine la notizia che Gesù era risorto e lei corse per strada per abbracciare suo figlio. A Orsogna (Chieti) ogni anno si tiene la Sagra dei Talami, dove 7 carri sfilano ciascuno trasportando una rappresentazione di un episodio dell’Antico e del Nuovo Testamento.

In Abruzzo non può mancare il piatto della tradizione tramandato di generazione in generazione che è l’agnello cacio e ove, come dolci per i bambini vi sono le pupe e i cavalli. Un dolce realizzato dai nonni per i bambini, si tratta di pasta frolla che viene ricoperta di cioccolato, granella colorata e glassa di zucchero.

In Molise la più famosa rappresentazione pasquale avviene ad Isernia dove il giorno del Venerdì Santo, 100 fedeli incappucciati penitenti e con il capo cinto da una corona di spine trasportano pesanti croci in processione per le vie della città.

piatti tipici della Pasqua in Molise sono i casciatelli, l’agnello cacio e uova e la pigna pasquale.

Le tradizioni pasquali pugliesi

La Puglia è una terra ricca di tradizioni pasquali. In provincia di Brindisi, a Francavilla Fontana, la notte del Venerdì Santo è animata dai “pappamusci” ovvero i pellegrini che scalzi e incappucciati camminano per le vie della città portando pesanti croci o bastoni. A Foggia, invece, e più precisamente a San Marco in Lamis la notte del Venerdì Santo vede protagonista il fuoco. Il centro storico del paese si trasforma in un girone dell’Inferno Dantesco. Le vie buie della città, durante la processione delle Fracchie che accompagna la Madonna, vengono animate ed illuminate da coni di legna ardente: uno spettacolo davvero suggestivo. A Vico del Gargano, invece, è usanza per le confraternite sfidarsi a colpi di versetti del Miserere, dell’Agonia  e di Evviva la croce. A Taranto c’è una suggestiva processione dei perdoni, che dura tre giorni. E le famiglie con i bambini preparano le scarcelle, biscottone con un uovo sodo: si può fare a bambola , a cestino e a pulcino. E poi il giorno di Pasqua sulle tavole pugliesi non può mancare la spata reale a forma di pecorella o di pesce.

I piatti tipici pasquali in Puglia sono senz’altro il brodetto di Pasqua e l’agnello in pasta di mandorle. Preparare l’agnello di pasta di mandorle non è così difficile, la socia Maria De Candia ce lo spiega nel suo articolo.

Le tradizioni pasquali campane

In tutta la Campania i festeggiamenti per la Pasqua sono tradizionalmente associati all’arrivo della primavera: religione e folklore si fondono dando vita a quella che è un’autentica festa per la “resurrezione” intesa anche come rinascita della natura. Se da un lato l’aspetto prettamente religioso si concretizza in una serie di processioni, veglie, Via Crucis e Sepolcri, le tradizioni più pagane invece si ritrovano in una lunga lista di usi e credenze tramandate da generazioni ma con matrici prettamente nordiche. Ad esempio lo scambio delle uova, i falò con le famose feste del fuoco e riti che rimandano direttamente ai secoli bui del medioevo. Un intreccio insomma di sacralità e vivaci tradizioni popolari che da secoli scandiscono il dualismo simbolico della Pasqua che è morte-rinascita.

Durante la Domenica delle Palme un po’ in tutta la regione troviamo il rito dei battenti, in cui uomini a dorso nudo e incappucciati sfilano per le vie della città con le braccia legate a dei pali, come a simulare la croce di Cristo. Vengono colpito da altri incappucciati con bastoni e spugne chiodate rievocando le antichissime usanze penitenziali della tradizione cristiana del medioevo.

Non meno suggestiva è la processione ad Acerra illuminata da qualcosa come tremila fiaccole accese dalle donne della città vestite di nero in segno di lutto per la Madonna.

Altra processione antichissima e assai singolare è la Processione dei Misteri di Procida del Venerdì Santo, organizzata dalla cosiddetta Confraternita dei Turchini. I “Misteri” non sono altro che il Vecchio Testamento e il Vangelo realizzati con legno, cartapesta ed altre materie prime povere.

La pastiera è senz’ombra di dubbio il dolce che più rappresenta la Campania in questo periodo, ci raccontano la sua origine le socie Maria Rosaria De Luca nel suo articolo in cui parla anche del rito della visita dei Sacri Sepolcri e Anna Attanasio nel suo articolo sulla nascita della pastiera tradizionale.

Il piatto salato immancabile sulla tavola di Pasqua è invece il Casatiello, raccontato da Giovanna Pierucci, insieme all’usanza delle donne campane nel preparare tutti i piatti rituali per il pranzo di Pasqua.

Le tradizioni pasquali calabresi

La Calabria è una regione in cui sacro e profano sono legati in modo indiscusso. Le tradizioni popolari sono fortemente radicate nella popolazione che nascono addirittura in epoca pre-cristiana. Le rappresentazioni si svolgono prevalentemente la sera del Venerdì Santo o la mattina del Sabato. Il filo conduttore di queste cerimonie è il dolore per la morte del Signore e ciò si traduce in nenie struggenti che fanno da sottofondo musicale alle rappresentazioni. La maggior parte delle tradizioni calabresi legate alla Pasqua sono imperniate sulle statue processionali, che vengono portate in processione lungo le strade delle città.

Giusto per citare le più particolari: a Briatico (Vibo Valentia), così come in altri posti della Calabria, viene portata in solenne processione la Vara, una sorta di portantina che rappresenta la bara del Cristo Morto. La processione è preceduta da un compaesano in tunica che porta una pesante croce di legno sulle spalle. A Cerchiara di Calabria (Cosenza) ad essere portata in spalla dai fedeli è la statua di San Giovanni Evangelista, preceduta dall’esposizione di un gallo vivo, simbolo pagano di forza e rigogliosità. A Vazzano (VV) i protagonisti del corteo pasquale sono i frati membri della locale congregazione, che per l’occasione indossano una corona di spine e si incatenano le mani, mentre i fedeli disegnano il loro percorso tenendo in mano torce accese realizzate con fiori raccolti in montagna. Il rito della fiaccolata di Pasqua è presente anche nella tradizione di Pizzo Calabro, dove si porta in processione la statua della Madonna Addolorata che, simbolicamente, si reca al sepolcro del Figlio. La rappresentazione della vicenda evangelica attraverso le statue in Calabria trova l’espressione più caratteristica nella cosiddetta “Affruntata”, cerimonia tipica delle province di Vibo e Reggio Calabria. L’Affruntata (o Affrontata) consiste nel portare in solenne processione le statue di Gesù, di San Giovanni e della Madonna, quest’ultima coperta da un velo nero in segno di lutto. Le statue vengono avvicinate e riallontanate più volte al fine di riprodurre l’episodio dell’annuncio della Resurrezione di Cristo, comunicata dall’apostolo Giovanni a Maria che con lui si precipitò al sepolcro. Portare le statue, nell’Affruntata o nelle normali processioni di Pasqua, è un onore a cui i calabresi tengono molto: è facile immaginare come l’assegnazione dei pochi posti disponibili sia, nei paesi, motivo di forte competizione.

In altri casi, come a Dasà e a Sant’Onofrio, si svolge l’Incanto, una vera e propria asta per comprare tale onore. Originale, poi, quel che succede a Sambiase, presso Lamezia Terme, dove ogni statua è portata da rappresentati di una categoria sociale: Gesù nella vara dai religiosi, Gesù nell’orto dai contadini, Gesù alla colonna dai muratori, Gesù con la corona di spine dai barbieri, il Crocifisso dai falegnami e San Giovanni dagli impiegati.

A Cassano allo Ionio la Pasqua è celebrata al suono delle “Buccine”, sottili strumenti a fiato simili a trombe ricurve, e delle “Troccole”, strumenti popolari in legno, che accompagna la sfilata delle verginedde, bambine in tunica guidate da una donna vestita di bianco e incappucciata che trascina una pesante catena, e dei “Disciplini”, uomini in bianco incappucciati anch’essi che si percuotono con un flagello di metallo.

I piatti tipici della Pasqua che si preparano da sempre in Calabria sono i cuculi, detti anche cuzzupe o cuddhuraci, i crustuli, le nepitelle, i mostaccioli, i cici arbereshe ed i jaluni grecanici.

Le tradizioni pasquali della Basilicata

le Sacre Rappresentazioni Lucane della Passione di Cristo, le feste della Settimana Santa a Matera, Ripacandida e Montescaglioso, la Processione dei Misteri di Barile sono alcuni dei più suggestivi esempi di riti della Pasqua e della Settimana Santa in Basilicata.

Insieme ai personaggi della tradizione cristiana nelle Via Crucis di questa regione compaiono figure che provengono dal mondo pagano: la Zingara e la Zingarella che rappresentano il male e il peccato, il Moro e il Moretto emblemi di ciò che non è cristiano e ancora il Malvo che fustiga i presenti perché colpevoli di aver ucciso Gesù.

Sebbene tracce di tradizione profana siano presenti nelle feste cristiane, le tante processioni organizzate nei comuni lucani sono una fedele riproduzione delle descrizioni delle Sacre Scritture. I luoghi scelti per rappresentare la storia con le loro magnifiche scenografie rendendo gli ultimi momenti di vita di Gesù ancora più emozionanti e affascinanti.

La socia Lucia Antenori ci racconta le tradizioni della Pasqua lucana, con le sue processioni viventi, e il rito della pupa o la scarcedd.

Le tradizioni pasquali siciliane

I riti pasquali in Sicilia sono caratterizzati dalle tante influenze che questa regione ha avuto nei secoli passati, soprattutto alla cultura spagnola.

La processione della Domenica della Palme in tutta la Sicilia si svolge con particolare enfasi e solennità, con rievocazioni figurate, eredi di tradizioni di teatro religioso tardomedievali. Durante la processione, si utilizzano i ramoscelli di ulivo e anche foglie di palma, artisticamente intrecciate in forme tradizionali, che vengono portate in processione, generalmente da fanciulli.

In alcune processioni si rievoca l’ingresso di Gesù a Gerusalemme. Per esempio a Caltanissetta dove nel pomeriggio della Domenica delle Palme il centro della città è attraversato dalla processione di un simulacro di Cristo su una barca interamente ricoperta di fiori. Altrove, come a Enna, la processione prevede la presenza di figuranti appartenenti alle varie confraternite, che rappresentano l’arrivo del Messia nella città santa. Uno dei confratelli, rappresentante Gesù, monta su un asinello, preceduto da dodici compagni, rappresentanti gli apostoli, che reggono ramoscelli di ulivo.

A Caltanissetta “La Scinnenza è una rappresentazione sacra che inizia la sera del martedì santo nel centro storico con la recita del processo a Gesù seguito da altri momenti della Via Crucis. Accompagnati dalle bande musicali, gli attori in costume rievocano i vari momenti della Passione di Gesù, che culminano nella vera e propria Scinnenza (dalla lingua siciliana scinniri che significa scendere), ovvero la deposizione di Gesù dalla croce. Già nel Medioevo esistevano tali rappresentazioni a Caltanissetta, che si svolgevano nei quattro venerdì di marzo che precedevano la Settimana Santa. La prima vera rappresentazione con molti attori ebbe luogo nel 1840.

A Trapani da oltre 400 anni, alle 14 comincia la processione dei Misteri per concludersi oltre ventiquattro ore dopo. L’origine è spagnola e, infatti, ha analogie importanti con le celebrazioni andaluse. La processione, composta da ben venti Gruppi Sacri, viene considerata una delle più lunghe manifestazioni religiose italiane (sia per numero dei gruppi che per durata), e soprattutto una tra le più antiche. La processione che parte dalla Chiesa delle Anime del Purgatorio, percorre le principali vie cittadine. Essa rappresenta una ricostruzione della “Via Crucis”, e termina il Sabato Santo. Ce la racconta il socio Michelangelo Mascellaro nel suo articolo insieme alla tradizionale preparazione della Cassata siciliana, piatto immancabile sulle tavole di Pasqua.

Anche in Sicilia troviamo l’usanza di trasportare in processione le Vare, ce ne sono di veramente particolari e bellissime, preparate da maestri napoletani che risalgono a parecchi secoli fa.

Calogero Rifici, socio siciliano trasferitosi a Livorno da tanti anni ci racconta la Festa dei Giudei a San Fratello, in provincia di Messina. Ci regala anche il racconto degli “sbirrijan”, strati ceffi mascherati che in occasione della Festa dei Giudei girano per il paese e ci fa conoscere una ricetta molto particolare.

Le tradizioni pasquali in Sardegna

Chida Santa o Xida Santa, così è chiamata nella lingua sarda la Settimana Santa. Non c’è paese in Sardegna che non abbia i suoi riti, molti dei quali veramente spettacolari. L’elenco è lunghissimo e qui cercheremo di descriverne i più particolari e sentiti. Non ce ne vogliano gli amici sardi se non li descriviamo tutti, sono veramente tantissimi.

Particolare e diverso da tutti è il rito de Su Iscravamentu a Ottana. Il Venerdì Santo, nella cattedrale di San Nicola costruita fra il 1140 e il 1160, il Cristo viene deposto dalla croce, accompagnato dalle voci gutturali dei tenores che intonano i versi di una delle poesie “in limba” più care agli Ottanesi, “Sa Cantzone de sa Vida Santa”. È un opera di 226 ottave, scritta nella prima metà del 1800 dal poeta ottanese Giuseppe Soru (14/09/1814– 12/08/1872), contadino e figlio di contadini, analfabeta, ma dotato di tale memoria da comporre e dettare i versi della sua opera ad uno scrivano. Sa Cantzone de sa Vida Santa narra della creazione dell’universo fino alla resurrezione di Gesù.

La Settimana Santa a Iglesias è forse quella che più di tutte in Sardegna rievoca l’atmosfera dolorosa della tradizione pasquale spagnola: nella città che prende il nome dalla presenza di tante chiese fin dal medioevo (Iglesias viene dall’antico Villa di Chiesa), le processioni ricalcano fedelmente la liturgia seicentesca iberica. Lo testimoniano soprattutto i “baballottis”, impersonati da adulti e bambini, che anticamente rappresentavano i disciplinanti: spettrali, con i volti coperti e le lunghe vesti bianche, accompagnano la statua della Vergine per le strade del centro storico alla ricerca di Gesù nel Giovedì Santo. La Processione del Descenso è l’avvenimento clou del Venerdì Santo. Il corteo, accompagnato dal rumore dei tamburi e delle matraccas, recita il rosario e segue la statua della Madonna straziata dal dolore, lungo le strade, insieme alla statua del Gesù morto, San Giovanni, la Maddalena, Is Varonis( i nobili Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea) e  e Is Vexillas.

La Sardegna ha una grande tradizione culinaria regionale e la Pasqua non può non avere delle ricette tipiche.

Il Pane Coccoi

A partire dal pane, “Su Coccoi” è un prodotto molto famoso, apprezzato anche a livello nazionale. Prima era tipico ed esclusivo della Pasqua o di altri eventi importanti, come i matrimoni, ora c’è chi lo prepara e mangia anche in giorni normali. Si tratta di un pane a pasta dura (si usa semola di grano duro) con una crosta dorata e croccante, ha una mollica bianca molto compatta e delle forme che lo rendono caratteristico. Gli ingredienti sono semplici ma la lavorazione richiesta è particolarmente laboriosa, così come la fase di decorazione che richiede un coltello, una rotella, delle forbici, pinzette, aghi e forchetta. Inoltre la cottura deve avvenire nel tipico forno a legna. Spesso, una volta che il pane è pronto, viene inserito all’interno delle sue forme un uovo intero, come simbolo di rinascita.

Ci sono anche altri tipi di pane tipici della Pasqua, come il pane “Lazzaro” e “Sa Pippia”.

Le Pardule

Non hanno bisogno di presentazioni, sono forse il dolce più conosciuto e amato tra quelli sardi e sì, originariamente erano un dolce tipico della Pasqua. Si tratta di piccole tortine fatte con ricotta o altro formaggio (a ben vedere sulla base di questo bisognerebbe distinguere le “pardulas” dalle “casadine”). Normalmente vengono insaporite con scorza di arancia o di limone, ma è caratteristica anche la presenza dello zafferano.

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ph Lisa Fregosi

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