Pirandello e il cibo nelle sue opere

la cucina in Pirandello ph Gabriella Rizzo

Luigi Pirandello è stato uno scrittore, drammaturgo e regista, insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1934. Pirandello fu tra i primi intellettuali a rappresentare la crisi dell’uomo del Novecento.

Secondo lo scrittore l’uomo nonostante sia una parte indistinta nell’«universale ed eterno» fluire della vita, tende a cristallizzarsi in forme individuali.

Noi crediamo di essere «uno» per noi stessi e per gli altri, mentre siamo tanti individui diversi, a seconda di chi ci guarda.

Ci imponiamo in tal modo una maschera sotto la quale non c’è ​​«nessuno» e tale perdita di identità ci angoscia e genera un senso di solitudine.

Da questa visione scaturisce anche la concezione dell’arte e la poetica di Pirandello.

Egli sottolinea l’importanza dell’opera umoristica (da non confondere con la comicità) in cui parte fondamentale è la riflessione.

Attraverso il «sentimento del contrario» come Pirandello definisce l’atteggiamento umoristico, possiamo cogliere il carattere molteplice e contraddittorio della realtà, ci permette di vederla da diverse prospettive contemporaneamente.

Nella vasta produzione di romanzi, novelle e testi teatrali dello scrittore siciliano la dimensione alimentare assume un ruolo importante in quanto rappresenta una scelta consapevole dell’autore.

Esso può fornire usi e abitudini di un determinato territorio, può definire il carattere dei personaggi, può farsi carico di un significato allegorico.

 

Pirandello non ricerca la rappresentazione delle pietanze per dare verosimiglianza al racconto e renderlo più credibile. Infatti «il sentimento del contrario» si serve della funzione connotativa del cibo per delineare personalità, abitudini e sentimenti dei personaggi.

Nella novella “Scialle nero“, ad esempio, il servizio adoperato per il banchetto diviene elemento discriminante della diversa appartenenza sociale dei commensali.

Nella “Liberazione del re“, la zitella Tuzza Michis si serve di ciò che mangia per fare pubblico sfoggio del suo status sociale.

 

Rilevanti sono le espressioni metaforiche legate al cibo.

In “Lumìe di Sicilia“, le lumìe hanno un forte significato connotativo e metaforico rappresentando da un lato la provenienza di Micuccio Bonavino e dall’altro divenendo l’immagine della purezza e semplicità perdute da Sina Marnis, tanto che Micuccio non permetterà alla donna di toccare i frutti portati in dono.

Infine, in Pirandello il latte e il vino sono alimenti altamente allegorici.

Ne “Il fu Mattia Pascal” attraverso il vino viene presentato il rapporto conflittuale tra Batta Malagna e la prima moglie Guendalina.

Nella “Nuova colonia” il latte ha una funzione simbolica di nutrizione quando La Spera ricomincia per miracolo ad allattare il figlio che le era stato sottratto subito dopo il parto.

 

Un’altra funzione riscontrabile nei testi pirandelliani è quella strutturale: il cibo costituisce lo spunto per la formazione della fabula.

Nel romanzo “Suo marito”, il banchetto letterario in onore di Silvia Roncella rappresenta il primo di numerosi momenti in cui marito e moglie si umiliano a vicenda.

Ne “L’uomo, la bestia e la virtù”, il pasticcio di crema e cioccolato sarà fondamentale nell’intero intreccio della storia.

Le immagini conviviali nelle opere di Pirandello

Nelle opere di Pirandello numerosi sono i momenti di convivialità in cui spesso il cibo ha un significato metaforico.

Lo scrittore siciliano ritiene la vita stessa come un banchetto della fame, a cui il personaggio delle sue opere, che rappresenta l’uomo, si presenta affamato e in ritardo e non troverà più nulla sulla tavola.

Significato è il protagonista di “Enrico IV” quando si presenta affamato di fronte a Matilde, la donna che non ha corrisposto al suo amore.

Anche Marco Saverio Bobbio, personaggio de “L’avemaria di Bobbio“, non può mangiare e divertirsi nella festa da lui organizzata per il gran dolore dei denti.

Spesso nelle novelle di Pirandello le occasioni conviviali da momenti di festa si tramutano in momenti di profonda sofferenza.

Nella “Giara” la festa finale, momento di ilarità e divertimento tra cibo e vino, nasconde la sconfitta sia di don Lollò sia di Zi’ Dima.

In altre novelle, vengono allestite delle tavolate durante le veglie e i riti funebri e a volte diventano il pretesto per scambi di battute divertenti  e pettegolezzi.

Particolare è la novella “Un invito a tavola” in cui l’umorismo pirandelliano ha toni grotteschi.

Otto fratelli, cinque maschi e tre donne invitano a pranzo un personaggio che ha aiutato uno dei fratelli quando era ricercato per un presunto omicidio. I padroni di casa sono grandi e grossi, forchette formidabili. Invece l’invitato è mingherlino e debole. Egli è spaventato dalla quantità di cibo e dal vigore dei suoi ospiti. Alla fine si scatena una discussione fra i fratelli e terrorizzato il mingherlino fugge, lasciando mantello e scarpe.

Il guscio delle uova e il valore simbolico del cibo

Lina Grossi, nel libro “Il guscio delle uova“, esplora la poetica di Pirandello attraverso il valore simbolico del cibo.

Fa riflettere l’immagine dell’uovo presente sia nella commedia “Il giuoco delle parti” sia nel dramma “Sei personaggi in cerca di autore”.

Ne “Il giuoco delle parti” Leone Gala spiega il gioco della vita con la metafora dell’uovo e del guscio: l’uovo quando viene bevuto, facendo un piccolo foro sulla sua superficie, rimane sì un guscio intero, ma vuoto. Vuota è l’esistenza di Leone Gala, il quale per sfuggire a tale insoddisfazione si rifugia nel piacere della cucina e della lettura.

Nei “Sei personaggi in cerca di autore” il Capocomico usa la stessa immagine dell’uovo fresco di cui una volta bevuto il contenuto rimane vuoto: risulterà che il guscio è «la vuota forma della ragione», mentre il pieno è «l’istinto».

Continuando la lettura del libro di Lina Grossi possiamo analizzare le diverse dimensioni legate al cibo: dall’immagine dei banchetti all’importanza degli odori, dei sapori e dei luoghi nei quali sono ambientate le storie narrate.

Dagli studi delle opere pirandelliane l’autrice ha infine elaborato un menù legato alla tradizione culinaria siciliana.

Il libro è stato pubblicato da Il Leone Verde Edizioni, nella sua collana di letteratura gastronomica, in questa raccolta troviamo uno stretto legame tra il cibo e romanzi classici, pittori, musicisti, film d’autore, personaggi storici, filosofi: completi e chiari percorsi enogastronomici dove impariamo a capire che leggere è un gusto.

 

Sabina Martorana nel suo blog ha contribuito, omaggiando la memoria dello scrittore, preparando le paste di mandorle agli agrumi, usando il profumo appunto degli agrumi, le Lumie (antichi agrumi siciliani appartenenti alla famiglia dei citrus), e le mandorle tanto care a Pirandello, quelle delle sua terra della Valle dei Templi.

 

 

 

 

Bibliografia

Dora Marchese, Il gusto della letteratura. La dimensione gastronomico-alimentare negli scrittori italiani, Carocci Editore, Roma 2013

Franco Zangrilli, La tavola mascherata, Salvatore Sciascia Editore, Caltanisetta-Roma 2011

Lina Clerici, Il guscio delle uova. La tavola nelle pagine di Pirandello, Il Leone Verde Edizioni, Torino 2020

Luca Clerici, Guadagnarsi il pane. Scrittori italiani e civiltà della tavola, Luni Editrice, Milano 2021

Un commento

  1. Bellissimo articolo e bellissimo il contributo di Sabrina, quelle paste di mandorla fanno venir fame.

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