Non sono quelli delle stelle. Quando trattoria fa rima con felicità

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Se cucinare è un atto d’amore la trattoria è il vero amore

Nel 2022 ha visto la luce la seconda edizione del Non sono quelli delle stelle (Antiga Edizioni), guida enogastronomica del Nord-Est che fin dall’inizio ha voluto raccontare la ristorazione attraverso “il decalogodi Arrigo Cipriani, patron dell’Harry’s Bar, il ristoratore veneziano più conosciuto al mondo. Il suo decalogo è una sorta di regola fissa che vede il “turismo” come “servizio” di un essere umano ad un altro essere umano.

“Il servizio è accoglienza/ L’accoglienza è stile/ Lo stile è cultura/ La cultura è conoscenza/ La conoscenza è diversità/ La diversità è genuinità e semplicità/ La genuinità è mancanza d’imposizioni/ La mancanza di imposizioni è libertà/ Il turismo è libertà”.

E’ un’edizione alla quale sono molto legata in quanto curata in prima persona, assieme a due giornalisti prestigiosi, come Edoardo Pittalis – giornalista e scrittore, editorialista del “Il Gazzettino”, autore di libri sul Nord-Est diventati anche spettacoli – e Maurizio Drago – giornalista enogastroturista, che collabora con testate nazionali ed ha curato la Guida al Turismo Enogastronomico Italiano (Rete System Editore, 2016). Il titolo è una provocazione di Arrigo, nata da una sua battuta durante una lectio magistralis tenuta al Palazzo della Ragione a Padova: “Ma se tutti gli chef sono in televisione, nei ristoranti chi cucina? Ed allora noi andiamo in trattoria!”

 

L’affermazione decisamente arguta, “da il La” ad un approfondimento importante legato al cibo. Avete notato come negli ultimi vent’anni la parola “food” ha sostituito “cibo”? Non sono la stessa cosa, ovvero la traduzione non ci racconta lo stesso mondo, la medesima emozione. Mettiamoci alla testiera e digitiamo “food”: l’algoritmo ci restituirà oltre 8 miliardi di risultati in 0,66 secondi. Con la parola “cibo” i risultati saranno diversi: 85 milioni di voci in 1,24 secondi. Ma se scendiamo con il mouse di poche righe l’algoritmo, gentilmente, ci offrirà la traduzione e, in sintesi, uno spunto importante di riflessione.

Perché la traduzione di food proposta sarà “sostantivo, nella grande distribuzione, il settore alimentare” mentre la parola cibo sarà così spiegata: “sostantivo, alimento”.Alimento è una sostanza indispensabile al sostentamento: in senso generico è nutrimento, in senso figurato è “ciò che mantiene viva una passione”. Personalmente il cibo è anche linguaggio, comunicazione. Provate a pensare: Gesù si presentò al mondo con le Nozze di Cana e si congedò dai suoi cari con l’Ultima Cena. Insegnò la bellezza della condivisione con il miracolo dei pani e dei pesci e divise il pane con chi poi l’avrebbe tradito. Per gli ebrei precetto religioso fa rima con consuetudine gastronomica, come avviene per gli arabi, mentre nel Seicento si discusse, anche vivacemente, se la cioccolata fosse cibo o bevanda e quindi concessa durante i giorni di magro.

 

Mangiare è un atto naturale, indispensabile, diventa rito che sottolinea l’appartenenza di un individuo ad un gruppo. Cibo che manda messaggi. Provate a pensare ai menù del terzo millennio: le composizioni si fanno più sofisticate, i titoli dei piatti sono più lunghi della lista degli ingredienti, azoto liquido ed addensanti trasformano le cucine dei ristoranti in laboratori di fisica e di chimica, mutando il classico pranzo delle festività (dall’antipasto al dessert passando per lo sgroppino e i biscottini da credenza) in maratone di 35 portate dalla forma sferica. Bello, alle volte assolutamente unico. Ma abbiamo davvero noi tutti conseguito quegli strumenti culturali che ci consentono di comprendere questi nuovi linguaggi gastronomici?

Ecco allora che il faro si sposta sulle trattorie dove il cibo non è solo materia da trasformare bensì rito conviviale, di condivisione in quanto, ne sono sempre più convinta, cucinare è un atto di amore. Un bravo cuoco è prima di tutto un abile artigiano, che riesce a trarre dalla materia grezza e dalla combinazione di prodotti diversi, che non ha inventato e neppure necessariamente prodotto lui, il miglior risultato possibile. O, almeno, un risultato plausibile, certamente comprensibile.

L’autore del progetto, Fontego delle Farine, ci ha consentito di condividere i contenuti della guida ed ogni mese vi racconteremo i luoghi, le persone ed i personaggi, i menu, così da poter condividere un viaggio tra sapori e storie del Nord-Est.

Un’occasione, come si legge nella quarta di copertina, “di scoprire nella trattoria il luogo ideale “dove si sta e si mangia come a casa. La cucina e la ristorazione in Italia sono un’arte e un’industria, sono il made in Italy riconoscibile in ogni angolo del mondo. Sono una chiave per capire la nostra storia. Una ricetta della nonna contiene spesso molta più cultura di un cappello da chef, anzi di un cappello da cuoco, quello che Pellegrino Artusi chiamava “cazzaruola”.

Trattoria da Palmerino

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La ricerca del gusto della Famiglia Chemello parte da lontano, esattamente dal 1947, quando Luigia ed il figlio Palmerino iniziarono la loro attività culinaria in un dopoguerra duro e la Trattoria da Palmerino divenne un goloso punto di riferimento a Sandrigo.

La cucina ed i piatti della festa diventarono consuetudine quotidiana: la pasta fresca tirata a mano, gli gnocchi di patate, il carrello delle carni ed i deliziosi dolci da credenza. In tutto questo, ora come allora, trionfa il Bacalà (orgogliosamente con una sola c) alla Vicentina, come sarebbe piaciuto al mercante Piero Querini. Non a caso a Sandrigo è nata, negli anni ’80, la Confraternita del Bacalà, della quale Antonio è tra i principali animatori.

Marco, la quarta generazione, continua nel racconto di una cultura gastronomica che viene da lontano e che guarda oltre. All’ingresso, come anche nelle calde ed eleganti sale interne, si possono osservare immagini fotografiche, ricordi di viaggi, medaglie e attestati che riguardano sua maestà lo stoccafisso.

Dalla cucina impera il baccalà, in tutte le sue varianti: nella degustazione, nel ripieno dei ravioli (con la ricotta), come crema nei bigoli al nero di seppia, in rosso e altro. Imperdibile quello alla vicentina di Palmerino. Non mancano comunque valide e originali alternative.
La cantina racconta in prevalenza del territorio, con un occhio di riguardo ai vini che possono accompagnare il “piatto forte”.

Punti di forza: appartenenza alla Confraternita del Bacalà alla Vicentina, la tipicità del locale, il piatto forte della casa.

Trattoria da Doro

La Trattoria da Doro, sorge sulle rive del Brenta, in un casolare del Settecento, a Solagna, piccolo paesino in provincia di Vicenza.

Dal 1948 nelle sue cucine vengono preparati piatti che raccontano il territorio.
Ingredienti semplici che con studio e passione vengono trasformati in portate moderne ma fortemente ancorate alla tradizione.

I gargati al ragù bianco e gli spaghetti con trota e bieta risaltano tra i primi piatti, lo stinco di maiale al forno e il capretto agli aromi spiccano tra le portate di carne.

Il menù, che varia al variare delle stagioni, caratterizzato da un sapiente mix tra prodotti del territorio, è valorizzato da una carta dei vini molto variegata.

La Trattoria da Doro è stata recentemente premiata da Slow food e da 50 Top Italy.

 

 

 

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