Il Civet

Pubblicazione: 04/05/2016

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Giornata Nazionale del Civet

Ambasciatrice Maria Pia Bruscia per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

Il Civet (detto anche Civè o Sivè) è una pietanza tipica piemontese, il cui nome suggerisce la chiara derivazione francese. Conosciuto e apprezzato fin dal Medio Evo – il civé de lièvre è, infatti, menzionato nel “Le ménagier de Paris, traité de morale et d’économie domestique” del 1393 – ha un gusto estremamente marcato, a cui purtroppo i palati moderni si sono disabituati. La selvaggina da pelo, dopo la frollatura, viene prima marinata, poi cotta in umido, infine irrorata col suo fondo di cottura, previamente legato con il sangue e il fegato dell’animale.
Spesso confuso con il Salmì, il Civet se ne differenzia per la legatura finale con il sangue e il fegato dell’animale; spesso il Salmì prevede la presenza di cioccolato fondente nella salsa, proprio per imitare il colore scuro del Civet, dato dal sangue.

Il nome Civet deriva dal termine occitano cive, che a sua volta deriva dal latino cepa, cipolla: prima di essere cotte infatti, le carni venivano marinate in agresto (una sorta di antenato dell’aceto, ottenuto dal mosto fermentato di uva acerba) con cipolla abbondante e spezie, e la salsa era legata con mollica di pane tostato ai limiti della bruciatura (il sangue era infatti soggetto a proibizioni alimentari); nel corso dei secoli le spezie sono state sostituite dalle erbe aromatiche, l’agresto dal vino e il pane tostato dal sangue.
La carne più comunemente cucinata in Civet è quella di lepre, ma esistono anche ricette di Civet di capriolo, cervo, daino e cinghiale.

In tempi più remoti era diffusa la convinzione che le proprietà dell’animale o del taglio di carne che si mangiava si trasmettessero a chi se ne nutriva. Per questo motivo lepre e coniglio sono stati inizialmente vietati dalla Chiesa: San Zaccaria, che fu eletto al Soglio Pontificio nel 741, li definiva “lubrichi, affetti da ignobili vizi trasmissibili all’uomo” per i loro prolungati accoppiamenti e perché mangiano le proprie feci molli, i ciecotrofi, ricchissimi di vitamine e nutrienti che non sono stati assimilati nella prima digestione e che l’animale preleva per poterle assimilare. Con il passare dei secoli, però, il veto su lepri e conigli fu sollevato e il Civet divenne popolare: un celebre predicatore svizzero, Jean Geiler de Kaysersberg, scrisse nel 1502 una raccolta di sermoni intitolata La lepre in Civet, dove paragonava la laboriosa preparazione della squisita pietanza al faticoso percorso che ogni buon cristiano deve compiere per meritare il Paradiso.
La ricetta è quindi antica e la sua presenza è documentata nelle tavole dei ricchi signori, che potevano dedicarsi alla caccia; tuttavia solo nell’Ottocento la ricetta viene codificata, assurgendo a classico dell’alta cucina.

Civet 2

La marinatura, in origine, era utilizzata per conservare e ammorbidire la carne, oltre che per insaporirla: i frigoriferi non esistevano, spesso gli esemplari catturati erano vecchi e nel caso di animali grossi, come il cervo, la cui carne non poteva essere consumata tutta subito, la marinatura, che durava fino a 10 giorni, aveva la funzione di far maturare la carne e conservarla.
Ai giorni nostri non dura più di 24-36 ore e va effettuata al fresco, sia perché gli animali che consumiamo sono giovani e dalle carni tenere, sia perché la marinatura prolungata altera il sapore della carne, coprendolo. Prima di essere marinata la carne va privata dei tendini e della guaina che ricopre i muscoli, che ostacola il passaggio dei sapori e, contraendosi in cottura, la rende dura. Il grasso, se presente, va tolto, perché irrancidisce e ha un sapore di selvatico molto forte.
Le verdure della marinata vanno buttate e il liquido può essere usato per la cottura solo in quantità moderate, perché per effetto dell’osmosi ha assunto proprio quel sapore di selvatico che si voleva mitigare.
La marinata, inoltre, non prevede sale, le cui qualità igroscopiche favoriscono la fuoriuscita di acqua della carne, rendendola coriacea dopo la cottura.
Poiché la selvaggina è in genere molto magra, è bene abbondare con i grassi animali durante la cottura.

Passiamo adesso alla ricetta del Civet di Lepre e a una serie di indicazioni preliminari che, se oggi suonano strane visto che acquistiamo la lepre dal macellaio, fino a 60 anni fa erano prassi comune.

LEPRE AL SIVE’ (o IN CIVET)

Da: Anna Gosetti Della Salda – Le ricette regionali italiane – Solares

La lepre si può cucinare appena uccisa e ancora calda; se la si è lasciata raffreddare, bisogna farla frollare al fresco e al buio due o tre giorni nella sua pelle, tenendola appesa per le zampe. Farne scolare il sangue e tenerlo da parte. Talvolta, invece di far scolare il sangue, lo si lascia espandere nel vino della marinata; in tal caso vi si aggiunge qualche cucchiaiata di buon aceto, per prevenirne la coagulazione in cottura.

1 lepre completa del suo sangue
50 g di lardo
50 g di burro
2 cipolle
1 carota
3 coste di sedano
1 ciuffo di prezzemolo
2 o 3 rametti di salvia
2 o 3 rametti di rosmarino
1 rametto di maggiorana
2 foglie di alloro
4 o 5 chiodi di garofano
5 bacche di ginepro
1 spicchio d’aglio
1 pizzico di cannella
2 bottiglie di buon vino rosso vecchio
Sale
Pepe

Pulire la lepre esternamente ed internamente, lavarla accuratamente e tagliare la carne in pezzi. Metterli in un capace recipiente e versarvi sopra il vino fino a ricoprire interamente tutta la carne. Unire una cipolla affettata, le coste di sedano tagliate a piccoli pezzi e tutte le erbe aromatiche. Lasciarla marinare in frigo almeno 12 ore.
Il giorno dopo, mezz’ora prima di cuocerla, scolare la carne dalla marinata e tamponarla con carta da cucina.

Preparare un battuto con il lardo e metterlo in una casseruola larga, unire il burro e rosolare in essi la seconda cipolla tagliata sottile. Quando avrà preso un bel colore accomodare nel recipiente i pezzi di carne, salare, pepare e cuocere per circa 20 minuti a fiamma viva, girandoli a metà cottura. Unire, quindi, un paio di mestoli di vino della marinata, filtrato; lasciar cuocere a fiamma moderata, versando ogni tanto un mestolo di vino. Mezz’ora prima di levare la lepre dal fuoco aggiungere il fegato, privato della vescica del fiele, cuocerlo due o tre minuti, poi tritarlo finemente e passarlo al setaccio, stemperandolo nel sangue messo da parte insieme a uno spicchio d’aglio finemente tritato. Versare il tutto sulla carne, mescolare e ultimare la cottura. Accompagnare la preparazione con polenta o con crostini fritti.

Per gustare e apprezzare maggiormente il piatto, occorre accompagnarlo con il medesimo vino adoperato per la marinatura.

Fonti:
Daniele Maestri in Bibenda http://www.bibenda.it/bibenda7/singolo-articolo.php?id=1266
Edoardo Mori in Earmi.it http://www.earmi.it/ricette/selvaggina.html
In Alta Valle http://www.inaltavalledisusa.it/Enogastronomia_in_alta_valle_susa/Dettaglio.asp?Pos=57
Mondocibo.it http://www.mondocibo.it/lepre-al-siv-o-in-civet
Le Ménagier de Paris in Gallica.fr http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k831118/f2.item.zoom
Paul Bocuse, La cucina del mercato, Guido Tommasi Editore
Anna Gosetti Della Salda – Le ricette regionali italiane – Solares
Partecipano come contributors:
Vittoria Traversa, Civet della Lepre Fuggita

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