I fagioli Gialét della Val Belluna

Durante l’ultimo Salone del Gusto a Torino ho intervistato Laura Solinas, Presidente dell’Associazione per la tutela del fagiolo Gialét  e coltivatrice. Mi ha raccontato di questo prodotto tipico della Val Belluna.
Il Fagiolo Gialét è un’antica varietà bellunese. Caratteristica distintiva di questo ecotipo è la colorazione giallo-verde intensa e lucida dei semi. La colorazione scompare quasi del tutto durante la cottura. Il seme presenta un ilo bianco e convesso, pesa circa 4,5 g/seme ed è di forma sferico-subovoidale. Il baccello è dritto o leggermente arcuato con sezione a pera, contiene mediamente dai 4 ai 6 semi e a maturazione tende a sbaccellarsi spontaneamente.  I fiori costituiscono una infiorescenza racemosa, ascellare e di colore bianco. Il portamento è rampicante ad accrescimento indeterminato con baccelli uniformemente distribuiti sulla pianta. E’ una varietà locale molto ben adattata al territorio bellunese e le produzioni si attestano sulle 2,2 tonn/Ha.
Cristoforo Colombo li aveva portati dai sui viaggi. Così come Vasco da Gama, questi fagioli colpivano per la loro bellezza.  Diversi da quella grezza del fagiolo dall’occhio, disprezzata dai Greci e gli stessi Ateniesi  la consideravano cibo per i muscoli, da Spartani e non cibo raffinato. I fagioli che venivano dal nuovo mondo invece erano un’altra cosa. Forme bellissime.

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Piero Valeriano, gloria Bellunese  era docente di latino all’Università pontificia quando era papa Clemente VII, il papa che diffuse il fagiolo in Italia, portandoli alla Corte dei Medici. Li diede anche a Valeriano  in segno di riconoscenza perché aveva salvato Alessandro de Medici da una congiura.
Piero Valeriano appassionato di botanica  scrisse  Hieroglyphica, sive de sacris Aegyptiorum aliarumque gentium litteris commentariorum libri LVIII, composto da ben 60 libri ognuno dei quali si occupa della descrizione di un animale di una pianta o di una parte del corpo. Tra le piante troviamo un trattato in 756 versi, che racconta  tutto sulla coltivazione del fagiolo.
Le bucce del Gialét sono molto sottili e quando lo si digerisce nell’intestino si trasforma in una mucillagine e ha il pregio  di non formare il fenomeno tipico dei fagioli,  il meteorismo, pur avendo gli stessi pregi nutrizionali.  Dal punto di vista gastronomico questo fagiolo, permette ricette dove la buccia non si sente. Il gusto è delicato ma non insipido. Si presta bene ad essere ridotto in crema e ad accompagnare pesci.
E’ presente nell’immaginario della tradizione, nelle abitudini delle famiglie locali. La sua coltivazione inizia a fine 800, inizio secolo scorso, come coltivazione familiare.  Economia agricola di sussistenza mista, modello che si cerca adesso di riproporre come agricoltura familiare che sfama il mondo.
Il fagiolo era destinato alle feste importanti: il capodanno, battesimi, le cerimonie. Inoltre si teneva in casa come “cash prop”. Se si era in difficoltà c’erano sicuramente dei compratori che ritiravano tutto il prodotto per portarlo a Città del Vaticano.  E’ per questo che viene anche chiamato Il fagiolo dei papi.
La diffusione  in maniera amatoriale ha permesso di continuarne la produzione, ma la sua varietà genetica può essere compromessa se non si mantiene un controllo sulla varietà genetica, se non si re-impara a coltivare e conservare in purezza. Sono dei saperi che rischiano di essere persi se non vengono rivitalizzati,  riesaminati alla luce anche delle attuali conoscenze scientifiche.

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E’ per questo che tre anni fa, in seguito ad un’enorme crisi comune a tutte le produzioni di fagioli in Val Belluna, un gruppo di produttori locali sono riusciti a trovare un approccio sostenibile a queste minacce virali. Invece di investite tantissimi soldi, di fare il seme in serra, con il rischio di erodere la qualità genetica perché spinge verso una produzione tra consanguinei, hanno lavorato insieme ad una virologa della Regione e ad un genetista, per capire se ci fossero dei parametri  facili da  testare in campo. Parametri visivi, tattili. Sono riusciti produrre quattro campi, di tre diversi produttori tutti virus esenti.
La differenza non è soltanto spendere meno soldi, ma tutelare la biodiversità. Vuol dire portare avanti non solo il fagiolo Gialét, ma altre varietà meno conosciute. Lavorando con l’agricoltura familiare ossia con produttori appassionati , sono state riscoperte una quarantina di varietà diverse di fagiolo coltivate negli ultimi due secoli in Valbelluna.
Laura Solinas, con la sua Associazione  sta lavorando affinché il Fagiolo Gialét sia capofila  di un progetto che cerchi metodi di coltivazione sostenibile, che si possano adattare alle diverse produzioni in modo tale da avere una popolazione di orticoltori anche amatoriali che mantengono il territorio, le sue eccellenze e hanno il piacere di mangiare quello che producono. Anche dal punto di vista turistico  è un asset fondamentale.

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