La Canapa Sativa

Cari amici, siamo lieti di ripartire con una delle rubriche più amate dai nostri lettori: il Food Trotter! Questa è la rubrica che ci ha portati in giro per l’Italia alla scoperta di piccoli produttori, eccezionali materie prime, curiosità del territorio e molto altro. Quest’anno il Food Trotter potrà essere legato a doppio filo anche al Calendario del Cibo Italiano, il nostro progetto di punta del 2016: intanto godiamoci l’articolo di riapertura con il contributo di una nostra socia lucana, che ci presenta una giovane azienda impegnata nella riscoperta della coltivazione della canapa proprio in Basilicata.

La Canapa Sativa: il buono e il meglio per la vita

Sembra di fare un tuffo nel passato. Sono nel 1941 a cavallo della prima macchina più ecologica del mondo, la vecchia Hemp Body Car della Ford Motor Company alimentata a etanolo di canapa. E invece no: sono nel presente della Lucania Basilicata e corro verso il futuro. Abbracciata da lunghe distese di canapa, seguo i verdi campi che vanno dal nord-est della regione, la fertile area del Vulture, passo per l’entroterra appenninico di Bella e Trivigno, fin verso il sud della rigogliosa Val D’Agri e Grassano. Dulcis in fundo, una semina su sodo a Matera. Una produzione riportata alla memoria del territorio lucano da sette giovani che hanno deciso di riscoprire la polivalenza di questa pianta quale materia prima per realizzare diverse filiere di prodotti derivanti dalla coltivazione della Cannabis Sativa, dall’olio alimentare alla biomassa. I sette moschettieri della canapa e dell’ambiente hanno creato una cooperativa che porta la vision nel nome: Lucanapa.

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In realtà la vocazione alla canapa era ben radicata nella storia lucana. Come riferisce la tesi di laurea della dott. ssa Ilaria Pisani, le prime fonti scritte che parlano di canapicultura risalgono al 1845, quando il “Giornale dell’Intendenza di Basilicata” discute sul modo di separare i fili di lino e della canapa dal glutine. La canapa è argomento di molti documenti autenticati dallo stesso Re Ferdinando II e dall’intendente Duca della Verdura.

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Il desiderio di questi sette ragazzi, dunque, è tornare al passato con i metodi del futuro. Tramite una rete di agricoltori e di laboratori, che va da Ruoti a Matera dal Vulture alla Val D’Agri, Lucanapa realizza e commercializza prodotti innovativi a base di canapa che rispettano standard di sicurezza alimentare, qualità e sostenibilità. I loro fornitori seguono un rigoroso “disciplinare di produzione” a garanzia di un prodotto “biologico”: nessun utilizzo di elementi chimici nel terreno, all’aratura si preferisce una ripuntatura e il terreno deve essere in rotazione con cerealicole e sovescio di leguminose. Dalla lavorazione degli steli si produce fibra, mattoni, biomassa. Un virtuoso ciclo a rifiuti zero. «Dire che la canapa è una pianta sostenibile, forte e che si adatta facilmente alle condizioni più impervie è dire che la Canapa è una pianta sostenibile – sostiene Riccardo Sabatiello, presidente di Lucanapa – Poi c’è la parte che deve fare l’uomo, ovvero preoccuparsi di coltivarla nel rispetto dell’ambiente che la circonda. E qui interviene la visione del progetto che esiste dietro la produzione e trasformazione della pianta. Il nostro progetto si basa su tre pilastri fondamentali – continua il presidente della cooperativa- il primo è l’utilizzo di materie prime prodotte sul territorio e che rispettano il disciplinare. Il secondo pilastro di Lucanapa è il recupero di terreni marginali e di zone di sospetta salubrità per produzioni no-food. E, infine – chiosa Sabatiello – è rigoroso l’uso di packaging e materiale compostabile».

3. mattone con ragazzi

Tra i vari impieghi della canapa, quello alimentare è sicuramente l’ambito in cui è d’obbligo sperimentare. In base all’esperienza di Lucanapa, il prodotto alimentare più importante sembra essere l’olio di semi di canapa. I semi di Cannabis Sativa, infatti, hanno un contenuto di olio che va dal 25% al 35% oltre a una buona percentuale di proteine, carboidrati, fibra, minerali e omega-3. Hanno proprietà antiossidanti e anti-ipertensive, favoriscono la vasodilatazione e il rafforzamento del sistema immunitario e quello di neurotrasmissione. È preferibile consumare l’olio di canapa da crudo affinché non perda le sue numerose proprietà, con insalate, minestre e zuppe, o anche versando qualche goccia su primi e legumi già cotti.
Un altro prodotto ricco di potenzialità è la farina di semi di canapa. È un tipo di farina ideale per tutti i tipi di cottura ma va miscelata ad altre farine per ottenere un miglior effetto legante. Per pasta fresca, pizza, pane e altri prodotti da forno salati, la farina di canapa si deve mantenere intorno al 15%, mentre per torte, panettoni, ciambelle e altri prodotti dolci si può arrivare fino al 25%.

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Per capacitarsi della versatilità culinaria dei derivati dalla farina di canapa, bisogna capire il gustoso ibrido tra strascinati e cavatelli che i ragazzi di Lucanapa decidono di farmi degustare: gli strasciatelli di canapa lucani con i peperoni cruschi… Che gran sapore! Ma soprattutto il naso ringrazia: il profumo dell’erba dopo una pioggia estiva e il vigore della terra lucana in un sol boccone! Ecco la ricetta e buon appetito.

Strasciatelli di canapa: a metà tra strascinati e cavatelli

Ingredienti per 4 persone:
6 pugni* di farina di semola
1 pugno* di farina di canapa
340 g acqua tiepida
Una decina di peperoni cruschi
Mollica di pane a piacimento
Cacio ricotta (ricotta salata)
Olio extravergine di oliva
Sale q.b.
*Pugno=due mani giunte colme di farina (circa 100 g)

Preparazione:

1. Amalgamare i due tipi di farina e creare una fontana al centro del tumbagn’, tumbagnul’, tav’lir (spianatoia)
2. Al centro della fontana versare l’acqua tiepida e lavorare l’impasto finché non sarà omogeneo
3. Lasciare riposare mezz’ora l’impasto sotto un piatto o una ciotola di vetro
4. Tagliare dei piccoli pezzi dall’impasto e allungarli a formare dei serpentelli
5. Ottenere dei pezzi più piccoli di circa 5 cm l’uno
6.Strascinare la pasta sul legno (cavare con le dita i pezzi di pasta, trascinarla sulla spianatoia)
7. Riporli su un ripiano spolverato con della farina
8. Tagliare i peperoni secchi (possibilmente peperoni di Senise seccati al sole, Zafaran) e mettere in un tegame dell’olio extravergine di oliva e aspettare che sia ben caldo.
9. Quando l’olio risulta essere ben caldo calare i peperoni brevemente, girarli velocemente e scolarli.
10.Nello stesso olio immergere della mollica di pane e farla tostare.
11.Quando i peperoni si saranno raffreddati risulteranno cruschi (croccanti) e una parte di loro potrà essere sbriciolata nel tegame
12.Spegnere sotto l’olio, attendere che l’acqua di cottura della pasta arrivi ad ebollizione e calare gli strasciatelli, conservare mezza tazza di acqua di cottura.
13.Quando gran parte degli strasciatelli si sarà portata a galla (indice che la cottura è quasi terminata) scolarli e versarli nel tegame con l’olio , il pane e i peperoni sbriciolati.
14. Aggiungere l’acqua di cottura precedentemente conservata e spadellare bene
15. Aggiungere il cacio ricotta strascinati peperoni cruschi ricotta salata
16. Impiattare aggiungendo i restanti peperoni cruschi
17. Gustare con dell’Aglianico del Vulture Doc

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2 commenti

  1. bellissimo articolo, questo potrebbe essere la coltura del futuro, in pratica non si butta niente, come il maiale, e vedo che non si è parlato di tisane, che pare siano ottime per gestire al meglio certe malattie anche gravi, come la sclerosi multipla, stanno studiando gli effetti … complimenti anche per le belle immagini!

  2. Bellissimo articolo davvero! Che piacere portare alla luce realtà gastronomiche come questa. Così “sincera”, così ambiziosa, così autoctona.

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