L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP

aceto balsamico di Modena DOP

Il territorio emiliano ha tante storie da raccontare e una delle più affascinanti è senza ombra di dubbio quella dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP., un prodotto prestigioso, prezioso, conservato nella credenza per le occasioni speciali.

L’oro nero di Modena è prodotto da secoli seguendo un attento disciplinare che ne garantisce l’assoluta qualità.

Un figlio speciale, concepito tra i vitigni coltivati tra le colline modenesi, nato nella penombra delle acetaie, dove riposa in batterie fino a raggiungere l’età adulta e scorre nelle vene di tutto il mondo per la vita intera. 

Racchiude in sé un insegnamento fondamentale, quello di saper crescere lentamente, coltivando la pazienza come virtù. 

Come nasce l’Aceto Balsamico tradizionale di Modena DOP

In natura le sostanze zuccherine presenti nella frutta tendono a fermentare, mentre l’alcol tende a inacidirsi. Si può quindi presupporre che in antichità l’uomo abbia raccolto frutti selvatici maturi, ne abbia ricavato il succo per dissetarsi ma, restando lì, questo sia fermentato, diventando alcolico: così la bevanda diventava più piacevole e inebriante.

Rimanendo ancora lì fermo, molto probabilmente si è acidificato. Una scoperta che ha reso possibile conservare i cibi: da qui la produzione di aceto deve essere stata spontanea e ha consentito, insieme allo svilupparsi dell’agricoltura, agli uomini di passare da cacciatori nomadi a agricoltori stanziali.

 

L’uso di alimentati fermentati non è una scoperta recente: già gli Assiri e i Babilonesi usavano datteri, fichi e albicocche fermentate per condire e conservare gli alimenti. In tutto il medioriente nel III sec. a.C. l’uso di mosto o aceto ricavato dalla frutta era pratica diffusa. 

In seguito i Greci, che erano viticoltori esperti, introdussero la coltivazione della vite in tutti i territori della Magna Grecia. Dai Greci i Romani hanno imparato l’arte della viticoltura e a produrre il vino ed anche l’aceto.

Col passare del tempo l’uomo ha lavorato e si è adoperato per modificare e rendere più appetitoso il prodotto aceto.

Tra le varie tecniche c’è quella modenese di far cuocere il mosto d’uva, ma la sua origine risale a molti anni prima, infatti un reperto pittorico testimonia che gli Antichi Egizi avevano la consuetudine appunto di cuocere il mosto d’uva. Ritroviamo la produzione di mosto cotto tra i Romani della Pianura Padana, e questa attività aveva un termine specifico: “defrutare”. 

Il mosto di uva cotto è comune in tantissime zone d’Italia, il suo valore come dolcificante era conosciuto già nell’antica Roma in cui veniva utilizzato in tre livelli di concentrazione differenti: Caroenum, Defrutum e Sapa.

Nelle lontane province di Modena e Reggio Emilia, ci sono però notizie di aceti diversi, prodotti speciali unici per dolcezza e consistenza. La loro notorietà arriva fino al duca di Franconia Enrico III che nel 1046, mentre viaggia verso Roma per essere incoronato Imperatore, chiede a Bonifacio III di Canossa di “quell’aceto tanto lodato (… che…) aveva udito farsi colà perfettessimo”.

Il Marchese di Canossa, chiamati i suoi artisti fece realizzare in tutta fretta una scultura in argento rappresentante un carro trainato da buoi con una botticella del suo aceto e inviò il tutto come regalo a re “il quale ne rimase altamente ammirato e sorpreso”.

Il termine “balsamico” non viene citato, però già si intuisce la preziosità del prodotto in quanto Bonifacio III glielo dona imbottigliato in una botticella d’argento. Per ricambiare in modo adeguato il visconte di Mantova Alberto manda all’imperatore numerosi cavalli, astori e altri rapaci.

A partire dalla fine del XVI secolo le vicende dell’Aceto Balsamico saranno strettamente legate alla storia del Casato degli Este.

Si dovrà attendere, per aggiungere la parola “balsamico”, il 1747 per avere la prima testimonianza scritta in un documento: il “Registro delle vendemmie e vendite di vini per conto delle Cantine segrete Ducali”, nel quale si registra il quantitativo di prodotto trasferito all’acetaia ducale per il rincalzo annuale.

L’aggettivo voleva sicuramente evidenziare le capacità terapeutiche insieme alle caratteristiche straordinarie rispetto ai comuni aceti.

Cos’è l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP?

L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP è ottenuto esclusivamente dal mosto di uva cotto.

I territori della Provincia di Modena si prestano in modo particolare per ottenere un prodotto d’eccellenza. La caratteristica la zona climatica del territorio con le sue escursioni termiche, con inverni freddi ed estati calde e ventilate, permettono una particolare proliferazione di acetobatteri.

Nel disciplinare troviamo scritte le uve da usare per realizzare l’aceto balsamico, queste sono:

  • Lambrusco;
  • Ancellotta;
  • Trebbiano di Spagna;
  • Sauvignon;
  • Berzemino;
  • Spergola.

La vendemmia solitamente viene fatta tra settembre e ottobre, ma si controlla sempre i tempi di maturazione corretta delle uve, rispettando Madre Natura e così attendendo quando il rapporto tra zuccheri e acidità è più alto.

La raccolta viene fatta manualmente, dopo che il maestro acetaio è passato tra i filari a controllare la maturazione dei grappoli d’uva.

I grappoli selezionati vengono passati nella macchina raspatrice che delicatamente separa acini e raspi. Questa è collegata a una pigiatrice che, con un sistema chiamato “soffice” in cui l’uva viene fatta passare attraverso un cilindro che si gonfia come un palloncino, la schiaccia lentamente, poco a poco.

I raspi, inizialmente scartati, non vengono sprecati, ma usati nelle distillerie per la produzione di pregiate grappe.

Ma torniamo al succo d’uva prodotto dalla pigiatura, questo viene raccolto e cotto in caldaie di acciaio a cielo aperto (quindi non chiuse per consentire l’evaporazione) ad una temperatura fra i 70° e i 90° C, e viene continuamente mescolato affinché gli zuccheri presenti non caramellino.

Nel disciplinare è indicato che il tempo di cottura non deve essere inferiore a 30 minuti, ma in molte acetaie questo tempo si allunga e arriva anche a 15 ore.

Il mosto cotto così ottenuto viene immesso nella “Botte Madre” nella quale, a contatto con il prodotto degli anni precedenti, inizia il processo di lenta fermentazione e acetificazione che lo trasformerà nella vera materia prima per i rincalzi, come si dice nel modenese, delle “batterie” di botti. Si chiama “Botte Madre” perché funziona da innesto di tutto quel patrimonio di lieviti e acetobatteri che nel tempo si sono naturalmente selezionati, sensibilmente diversi per ogni acetaia.

La fase successiva avviene nelle batterie di botti attraverso le quali si sviluppano la maturazione e l’invecchiamento, fino ad arrivare al prodotto finito. Le acetaie hanno una batteria botti di diverse dimensioni messe in fila dalla più piccola alla più grande. Ogni anno, per compensare l’evaporazione e i prelievi, si procede alla pratica del rincalzo, ossia l’attività che prevede i “rabbocchi e i travasi”: si riporta a livello la prima botte, la più piccola della fila, con la giusta quantità di prodotto prelevato dalla seconda botte, quella leggermente più grande. Si procede con la seconda che riceve il prodotto della terza e così via fino alla botte più grande, il cui livello verrà ripristinato con il rincalzo, cioè con il contenuto della “Botte Madre”.

Le botti dell’aceto balsamico non sono chiuse, ma hanno un’apertura nella parte superiore che permette all’ossigeno di entrare.

Botti di Aceto Balsamico Tradizionale Modena

Le caratteristiche dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP

L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP presenta diverse caratteristiche sensoriali dovute dall’influenza delle botti di legno in cui viene fatto invecchiare. I diversi legni delle botti, che devono essere assolutamente invecchiate (quelli giovani rilascerebbero aromi e sapori non adatti) conferiscono essenze diverse: infatti sono proprio le botti a donare il colore all’aceto balsamico e non l’uva con la quale viene prodotto.

I legni usati per le botti sono:

  • il castagno che dona all’aceto balsamico corpo e pienezza al sapore e un colore bruno scuro;
  • il rovere profuma e aromatizza l’aceto balsamico di vaniglia e un bel colore giallo paglierino;
  • il ciliegio rilascia i profumi e sapori delicati della confettura di ciliegia ingentilendo così il sapore del Balsamico e un bel colore rossastro;
  • il legno di gelso, una volta molto diffuso nel modenese, grazie alla sua caratteristica di essere leggero e poroso aiuta lo scambio di ossigeno con l’esterno, favorisce la naturale concentrazione e l’aceto balsamico assume una gradazione bruno scura;
  • l’acacia infonde un profumo speciale quasi floreale e sfumature dorate;
  • il legno di ginepro subito renderà l’aceto balsamico giovane, sgarbato e graffiante, ma invecchiando lo arricchirà di profumi e sapori preziosi. Attualmente il ginepro è una pianta protetta e quindi non viene quasi più usata.

L’aceto può essere definito aceto balsamico di Modena DOP dopo 12 anni, e viene considerato “affinato”. Al compimento dei 25 anni si può fregiare del titolo “extravecchio”. Dopo i venticinque anni non ci sono classificazioni successive, resteranno sempre come prodotti extravecchi anche se avranno più di 25 anni. Questo è uno dei motivi per cui non troveremo mai l’anno di nascita dell’aceto ma solo la sua classificazione.

L’imbottigliamento dell’aceto balsamico però non avviene in acetaia ma esclusivamente presso il Consorzio produttori Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP. Prima però viene analizzato e valutato in quanto deve rispettare i parametri olfattivi, visivi e gustativi del disciplinare, che riportiamo di seguito:

  • colore: bruno, scuro, carico e lucente;
  • densità: apprezzabile in una corretta, scorrevole sciropposità;
  • profumo: bouquet caratteristico, fragrante, complessivamente ben amalgamato, penetrante e persistente, di evidente ma gradevole ed armonica acidità;
  • sapore: caratteristico del balsamico, così come attraverso i secoli è stato consacrato dalla tradizione in immutabile continuità, dolce e agro e ben equilibrato con apprezzabile acidità con lieve tangente di aromaticità ottenuta per influenza dei vari legni usati dei vaselli di acetaia, vivo, franco, pieno, vellutato, intenso e persistente, in buona sintonia con i caratteri olfattivi che gli sono propri;
  • acidità totale: non inferiore a 4,5 gradi (espressa in grammi di acido acetico per 100 grammi di prodotto);
  • densità: a 20° C: non inferiore a 1,240.

In relazione a ciò il disciplinare dice: “ad imbottigliamento effettuato l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP deve essere corredato di un contrassegno non riutilizzabile a serie numerata apposto sul contenitore in modo tale che il contenuto non possa essere estratto senza la rottura del contrassegno stesso”, “è vietato indicare ogni riferimento all’annata di produzione; è consentita la citazione “extra vecchio” per il prodotto che abbia avuto un invecchiamento non inferiore ai 25 anni” , non è consentito riportare sull’etichetta il termine “anno” né qualsiasi altra classificazione.

Vengono inoltre riportate precise istruzioni in merito alle dimensioni delle bottiglie da usare che devono essere esclusivamente da 100 ml, non sono consentite altre misure, e deve avere il sigillo Consorzio di Tutela, inoltre deve essere esclusivamente quella disegnata dal maestro Giugiaro.

Oltre all’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP, possiamo trovare in commercio la versione che nulla ha a che vedere con il tradizionale, cioè l’Aceto balsamico di Modena IGP ed è regolamentato da un apposito disciplinare. È costituito da aceto di vino e mosto di uva cotto acetificato, invecchiato più o meno in botti di legno, a cui si possono aggiungere alcune sostanze come il caramello.

Il fascino della visita ad un’acetaia

La produzione dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP è alquanto limitata e difficilmente reperibile in commercio nella grande distribuzione.

Sono tantissime le acetaie disponibili per una visita e ogni volta emozionano gli ospiti, increduli del tanto lavoro necessario per ottenere poche lacrime del nobile prodotto.

Già salendo le scale, si inizia a percepire un piacevole profumo; quando si apre la porta dell’acetaia, ci si immerge in un’atmosfera fatata fatta di aromi, tranquillità e penombra. Si intuisce con quanta pazienza, lavoro e passione vengano gestite le batterie di botti. In acetaia ci si rende conto che, in realtà, ad invecchiare è il produttore stesso, mentre l’Oro Nero matura e migliora con lo scorrere del tempo.

Una gita a Modena per ammirare le tante bellezze di questa città è senza ombra di dubbio un’esperienza da fare più volte nella vita e quale occasione migliore per inserire la visita ad una delle tante acetaie per scoprire dal “vivo” la millenaria storia dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP.

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