Trentino-Alto Adige: itinerari e floclore

Una regione composta da due parti distinte, unite dalla storia

Preparate la valigia, aggiungete un maglione pesante, cappello e guanti, perché dalla meravigliosa Sicilia si parte per l’estremo nord d’Italia: il Trentino-Alto Adige.

Trentino e Alto-Adige si possono considerare due facce di una stessa medaglia unite dalla storia. Tradizione e culture simili di due terre – il Trentino e l’Alto Adige – che nei secoli sono state sotto diverse bandiere. Ripercorriamo le tappe della storia recente. Il 29 ottobre del 1918, dopo la terribile Prima Guerra Mondiale in cui, sul fronte trentino, italiani e austriaci combatterono contendendosi con enormi sacrifici ogni cima e ogni nevaio fin oltre i tremila metri, gli austriaci chiedono l’armistizio all’Italia. Il 3 novembre le truppe Italiane entrano a Trento; ma è solo dopo il trattato di Saint-Germain-en-Laye del 1919 che viene stabilita la suddivisione del disgregato Impero austro-ungarico e che il Brennero diviene il nuovo confine tra Austria e Italia.

Negli anni successivi, il regime fascista instaurato in Italia prende duri provvedimenti contro i cittadini di lingua tedesca residenti sul suolo italiano, con la seria intenzione di cancellare le loro tradizioni e obbligarli a rinnegare le loro origini. Nel 1938 viene indetto un referendum tra gli abitanti di lingua tedesca per scegliere se diventare cittadini tedeschi o italiani: il 70% sceglie la Germania, ma non tutti se la sentono di abbandonare la loro heimat (villaggio natale, casa, patria) per stabilirsi in un luogo sconosciuto e decidono, malgrado tutto, di rimanere in Italia. Questo genera delle profonde spaccature all’interno delle famiglie, tra vicini e tra villaggi.

L’ultima fase della Seconda Guerra Mondiale vede l’Alto-Adige occupato dalle truppe tedesche; fino a che, il 25 aprile 1945, anche queste zone vengono liberate dagli Alleati. Nel Secondo Dopoguerra l’Austria tenta di riannettersi la regione facendo leva sulle ragioni delle affinità culturali e linguistiche. L’operazione non riesce e Italia e Austria raggiungono un accordo nel 1946 in cui si dà la possibilità alla popolazione di decidere da quale parte del confine stabilirsi.

Il primo gennaio del 1948 entra in vigore la nuova Costituzione italiana, che ratifica lo statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige. Gli anni Cinquanta e Sessanta non sono privi di tensioni di stampo etnico e di disaccordi più o meno palesi nella gestione politica della regione, sfociati purtroppo anche in episodi di violenza e terrorismo.

Dopo molti anni di discussione, nel 1972 l’Alto-Adige ottiene dallo Stato italiano un’ampia autonomia e, con l’entrata in vigore del secondo statuto speciale del Trentino-Alto Adige, le competenze amministrativo-politiche e le risorse vengono divise tra le due provincie autonome: quella di Trento e quella di Bolzano. Oggi Il Trentino- Alto Adige è un buon esempio di sviluppo economico rispettoso dell’ambiente e di pacifica convivenza tra le varie componenti culturali e linguistiche della popolazione.

Il Trentino Alto-Adige, con la meravigliosa corona alpina che accoglie i turisti sia in estate sia in inverno offrendo loro ogni tipo di vacanza immaginabile, ci insegna il valore dell’organizzazione, il legame con il proprio territorio e il suo rispetto, il valore dell’accoglienza, dell’amore e dell’orgoglio per la propria heimat. È, questa, una parola che non ha corrispondente in italiano; piuttosto è un concetto, spiegabile attraverso un insieme di sentimenti che si possono tradurre in legame e rispetto per le proprie origini e per la propria terra natìa. Il concetto per molti si esprime anche attraverso lo sfoggio del tracht: l’abito tradizionale. L’abito tradizionale, che per il turista è folclore, per chi lo indossa è un modo per comunicare il proprio stato sociale, la propria età, il comune di provenienza e la parrocchia di appartenenza. È un simbolo che parla di un popolo fiero della diversità, poco loquace, ma profondamente ospitale.

Trentino Alto-Adige: un territorio ricco di arte e modernità

Tra il 1545 e il 1563 Trento fu la capitale d’Europa, perché lì, in quegli anni, occupati in un Concilio, soggiornarono i vertici ecclesiastici cattolici del XVI secolo. Papa Paolo III (Alessandro Farnese, 1468 –1549) scelse Trento, che in quegli anni contava circa ottomila abitanti, per la sua posizione strategica di cerniera tra l’area latina e germanica. Nei diciotto anni di Concilio, Trento divenne un crogiolo di nazionalità ospitando italiani, francesi, greci, savoiardi, tedeschi, fiamminghi, polacchi, irlandesi, portoghesi, ungheresi, inglesi, croati e moravi e ciò lasciò un segno indelebile, ancor oggi visibile, nella cultura e nelle tradizioni del Trentino.

Una traccia la si può trovare anche nello stile dei campanili delle chiese, simbolo di aggregazione in un territorio di confine, che sono di diversi stili: a cuspide, a bulbo, a vela, a cipolla e a padiglione. Molto rimane anche nei vari musei diocesani del territorio, come il Museo Diocesano di Bressanone (Diözesanmuseum Brixen), ospitato nel Palazzo Vescovile, dove sono esposte testimonianze della storia dell’arte di questa terra di mezzo dal periodo che va dal Medioevo fino al XVIII secolo.

Il Mart, il museo di arte moderna e contemporanea progettato da Mario Botta, che si trova a Rovereto (Trento) e che è stato inaugurato nel 2000, è invece un polo museale di respiro internazionale dedicato alla cultura del ‘900.

Il Trentino Alto-Adige è oggi una regione dinamica che vede la nascita di nuove professioni legate al territorio, che sono un buon esempio di fusione tra antico e nuovo. Come esempio possiamo citare la riscoperta del loden, una stoffa di lana forte e resistente ottenuta con una lavorazione lunga e molto particolare. Per secoli fu semplicemente una stoffa “da contadini”, adatta agli abiti da lavoro; poi, con alcuni accorgimenti, divenne la prima scelta della nobiltà austriaca e persino delle teste coronate; oggi è utilizzata per cappotti pregiati, prediletti da borghesi e intellettuali in una spirale virtuosa che fa bene all’economia locale e che impiega giovani creativi.

Un altro buon esempio è la professione del “nuovo pastore”. Giovani, spesso laureati, che riscoprono il piacere di portare vacche, pecore e capre al pascolo e di produrre formaggi d’eccellenza nelle “malghe del terzo millennio”. Un ottimo modo per recuperare la tradizione di formaggi come il Casolét della Val di Sole, in provincia di Trento, il puzzone di Moena (in ladino spretz tzaorì) che è un formaggio Dop o la sopressa, che rischiavano di scomparire.

Questi e altri prodotti della tradizione sono nati nei caseifici alpestri, che hanno sostenuto l’economia per molti anni. Prima della Prima Guerra Mondiale, quando era ancora terra austriaca, il Trentino aveva più di mille malghe attive, alla vigilia del secondo conflitto la cifra era dimezzata.

Il declino diventò, nei decenni successivi, un vero e proprio tracollo e all’inizio del XXI secolo solo ottantaquattro caseifici continuavano l’attività tradizionale, allevando e producendo in proprio e in alpeggio burro e formaggio artigianali.

Oggi, grazie ai “nuovi pastori”, si stanno ripopolando anche piccoli comuni e borghi che negli anni ’60 del XX secolo si erano svuotati: si registra qui un incremento demografico doppio rispetto alla media nazionale. Una tendenza che si vuol agevolare, perché i borghi siano presidi di civiltà ai piedi della spettacolare corona di vette che circonda la regione.

Trentino Alto-Adige: un paese magico e ricco di curiosità

Ed è proprio parlando di leggende che il nostro viaggio deve rallentare per assaporare appieno ciò che la regione ci offre. Ci fermiamo ad ascoltare il suono della Foresta demaniale di Paneveggio, fitta di abeti rossi che producono quello che si chiama legno di risonanza, ovvero adatto per la realizzazione delle tavole armoniche dei migliori strumenti a corda. Questa foresta si trova al centro dell’anfiteatro roccioso del Gruppo del Latemar tra la Val d’Ega, in provincia di Bolzano, e la Val di Fassa, in Trentino.

Questi sono i boschi che per secoli hanno rifornito i più famosi liutai d’Europa compreso Antonio Stradivari, liutaio italiano vissuto a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo.

Un altro luogo “magico” da visitare è la Valle dei Mocheni (o Bersntol, o Valle del Fersina), che si trova a una ventina di chilometri da Trento, poco sopra Pergine Valsugana, e che è nota per essere un’enclave di lingua tedesca, con usi e tradizioni particolari. Ascoltiamo i canti dell’antico e misterioso popolo dei Mocheni, tenacemente legato alle proprie tradizioni, che vive in questa stretta valle dove in autunno la pioggia cade ininterrotta e rende possibile vedere le timide salamandre, o dove in estate volano alte le aquile. Un popolo schivo, che però sa ammaliare il viaggiatore attento con due fantastici piatti tradizionali: i krofeni o kropfen, dei tortelli ripieni di erbe e gli straboi, dolci fritti. Avventuriamoci oltre lo stretto squarcio nella roccia del Monte Gian per scoprire meraviglie nascoste ai più per secoli: magiche vallate e magici popoli, depositari di antica sapienza nell’uso delle spezie, delle erbe selvatiche e delle proprietà del latte. Una sapienza osteggiata violentemente dalla Santa Inquisizione dal 1506 al 1510, perché spesso esercitata da donne indipendenti, autonome e solitarie, che venivano considerate streghe e per questo perseguitate.

Oggi molta di questa antica esperienza nell’uso delle erbe e dei tanti e meravigliosi prodotti di eccellenza del Trentino-Alto Adige la ritroviamo nella cucina di molti chef: non per nulla Bolzano è tra le provincie italiane con più ristoranti stellati d’Italia (qui brillano oltre venti stelle Michelin!).

Il legame con il territorio, i suoi prodotti e le sue tradizioni, diventano il trampolino di lancio per vere e proprie “evoluzioni creativo-gastronomiche”. Una cucina gourmet che sembra affine a pozioni di streghe o folletti: il sottobosco e i giardini curati, ricchi di fiori e di erbe aromatiche, offrono gli ingredienti per piatti stellati; erbe selvatiche dimenticate come alchimilla, aglio orsino, edera terrestre, pimpinella, spinacino selvatico, tarassaco, timo e santoreggia, cerfoglio e melissa diventano ingredienti insoliti e saporiti.

Di grande attualità è anche la ristorazione creativa nei masi d’alta quota: non solo wurstel e patatine, insomma. Norbert Niederkofler, guru della cucina gourmet dell’Alta Badia (Bolzano) e tre stelle Michelin al St. Hubertus all’Hotel Rosa Alpina di San Cassiano in Badia, ha inventato lo slope food, cioè un mix di street food e finger food, da consumarsi sulla neve, direttamente sulle splendide piste da sci di alta quota.

In alta quota o meno, non può mancare lo strudel, dolce di origine turco-ottomana introdotto dalla vicina Ungheria, ma solo qui arricchito di mele che ne fanno il re dei dolci di questa regione e il simbolo della mescolanza di culture tipica di queste zone.

Lungo la Via Claudia Augusta: un viaggio nei sapori

Alla ricerca di fiori all’occhiello in campo gastronomico e di eccellenze del territorio non possiamo che percorrere la Via Claudia Augusta. Questa strada romana imperiale, che risale alla prima metà del I secolo d.C. e che dalle pianure del Po e dall’Adriatico portava fino al Danubio, da oltre duemila anni è il percorso che hanno seguito i soldati prima e uomini, commercianti e pellegrini poi, ognuno con le proprie lingua, cultura e usanze per attraversare la barriera alpina.

Nel 2002 ha preso il via un progetto europeo: I sapori lungo la Via Claudia Augusta che mira allo sviluppo sostenibile e integrato delle risorse dei territori toccati dal percorso dell’antica strada. Un cammino che parte dalle pianure bavaresi in Germania e attraversa le Alpi, le montagne e le valli del Trentino-Alto Adige fino a giungere sulle rive del Po nel cuore della Pianura Padana. Il Gran Tour del Trentino-Alto Adige seguirà in parte questa via raccontando, come scrisse Johann Wolfgang Goethe (1749-1832), di terre… lungo il fiume e sul dorso delle colline la coltivazione così intensa e così folta da far pensare che tutto dovrebbe soffocare a vicenda: filari di viti, gran turco, gelsi, mele, pere cotogne e noci.

Credits foto Silvia Coletto e Stradadeiformaggi.it (Dora Tavernaro )

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Un commento

  1. Complimenti a voi per questa prospettiva su una regione che ha saputo conservare, difendere, valorizzare la propria cultura e il variegato e impervio territorio.
    Grazie per avermi coinvolto!

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