La Pasqua a Napoli e la pastiera

pastiera napoletana

La Settimana santa nella tradizione napoletana è scandita sia da riti religiosi sia da piatti della tradizione. Ogni famiglia ha le proprie ricette tramandate di generazione in generazione, ma su alcuni piatti non si può prescindere: tra questi la fellata, il tortano, il casatiello, la zuppa di cozze e la pastiera.

I riti della Pasqua cristiana

La Pasqua cristiana è una festa annuale che ricorre la prima domenica dopo il primo plenilunio di primavera.

I riti cominciano con la domenica delle Palme, che precede la domenica di Pasqua, e terminano con il lunedi in Albis; durante la settimana, il triduo pasquale che comincia con il giovedi santo, dedicato ai Sepolcri, il venerdi santo, dedicato alle processioni e infine la domenica di Pasqua, che celebra la Resurrezione del Cristo con il rito dello scioglimento delle campane che suonano a festa.

Fin qui le tradizioni religiose che vanno di pari passo con le tradizioni culinarie da rispettare nei tempi e nei modi.

Fellata, tortano, casatiello, zuppa di cozze

La fellata è l’apripista del pranzo di Pasqua, un antipasto con capocollo e soppressata accompagnato da uova e formaggi; i pani d’accompagnamento sono il tortano e il casatiello, preparati con lo stesso impasto e lo stesso ripieno di salumi e formaggi -cambia solo l’utilizzo delle uova nel tortano sono nel ripieno, nel casatiello fanno parte della decorazione della torta rustica-.

La zuppa di cozze è tipica del giovedì santo: un piatto regale, visto che le origini risalgono a re Ferdinando I (1751- 1825) che amava tanto mangiare il pesce, e per venire incontro al periodo quaresimale lo chiese preparato in modo semplice, con pomodori e pane tostato.

Presente anche l’agnello, sulle tavole della festa, preparato come arrosto accanto ad un contorno di patate, oppure in padella con un contorno di piselli.

pastiera dolce pasquale
La pastiera napoletana

La pastiera napoletana – foto di Grazia Parisi

La pastiera

Un capitolo a parte merita il dolce per eccellenza della Pasqua a Napoli, la pastiera.

La tradizione della pastiera ha origini pagane: le donne napoletane, per ringraziare la dea Parthenope per il suo canto melodioso, le portarono in dono farina, ricotta, uova, grano, fiori di arancio, spezie e zucchero e gli dei mescolarono il tutto, dando vita alla pastiera.

Per la riuscita di questo dolce sono fondamentali due elementi: il grano e l’acqua di fiori di arancio. Sullo stampo si è meno rigidi, il tipico stampo è una teglia di latta alta 4 cm che si usa solo per la pastiera, visto che è d’obbligo non sformarla mai e presentarla appunto nello stampo tipico.

Quando si avvicina la Pasqua il grano si vende già cotto; chi vuole può prepararlo da sè, ma servono almeno 15 giorni di ammollo. Anche l’acqua di fiori di arancio si trova già pronta: un’essenza analcolica di fiori di arancio mescolata ad una certa quantità di acqua. Alcune ricette si differenziano per la quantità di grano e di ricotta, in alcune prevale il primo in altre la seconda. Anche i canditi possono variare: in alcune ricette sono presenti arancia e cedro canditi, in altre i canditi misti.

La pastiera è un dolce che ha bisogno di riposo prima di essere gustato, infatti è tradizione prepararla il giovedì per gustarla alla fine del pranzo di Pasqua. Potete tenerla tranquillamente a temperatura ambiente coperta cn una campana di vetro e una volta assaggiata potete tenerla in frigo anche per una settimana.

Per la ricetta della pastiera vi rimandiamo al post del Calendario del cibo italiano AIFB, che trovate QUI.

Autrice Grazia Parisi del blog Grazia in cucina

Bibliografia e Fotografie

La cucina napoletana – J. C. Francesconi, ed. Grimaldi & C., Napoli, 2016

Cosa mangiare a Napoli a Pasqua

Foto d’apertura QUI

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3 commenti

      1. Salve Sara, grazie della risposta. Leggendo sui link, io al meno capisco che lo zucchero esisteva già, ma non nella Penisola Italica. Sul primo sito si legge: “Sono le crociate che a partire dal XII secolo fanno conoscere lo zucchero alla popolazione europea”. Al meno da quanto ho letto sui libri di Montanari e Martellotti, i dolcificanti che si usavano erano o il mosto cotto, o il miele. Lo zucchero non si conosceva. Un cordiale saluto.

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