Ricette narranti e racconti di cuoche

Ricette narranti e racconti di cuoche
credit Gabriella Comini

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Ricette narranti e racconti di cuoche” è scritto da Fabrizio Mangoni ed edito da Liguori Editore, 2021. Al suo interno anche i consigli culinari dello chef Salvatore Di Meo.

Fabrizio Mangoni era architetto e docente di Urbanistica presso l’Università degli studi di Napoli “Federico II”. È stato gastronomo ed esperto di dolci, sua era la teoria della fisionomica dei dolci con la quale comparava i caratteri umani ai dolci, È stato anche autore e conduttore di numerosi programmi televisivi, documentari e spettacoli sulla storia dell’alimentazione.

Il libro

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“Ricette narranti e racconti di cuoche” è un delizioso piccolo libro (meno di 100 pagine) sulla cui copertina è riportata una bella illustrazione disegnata da Caterina Marmo.
La lettura è piacevole e veloce, l’ho trovato ricco di notizie, spunti, curiosità e riflessioni.
Sono rimasta conquistata dai racconti dell’autore, dalle sue ricerche storiche e considerazioni in merito alla letteratura gastronomica (come la chiama lui).
Interessanti e accurati anche gli approfondimenti sulle prime food writer e le sue riflessioni in merito.

Il libro, dopo la premessa e l’introduzione, è diviso in due parti.

La prima, dal titolo “La storia in bocca”, è composta da 4 capitoli. Partendo da alcune particolari ricette ci ritroviamo in racconti appassionanti e curiosi. I titoli dei capitoli sono le ricette scelte dall’autore, e precisamente: la genovese, i timballi, il pomodoro e il brodo di polpo. Alla fine di ogni capitolo la ricetta e i consigli dello chef.

La seconda parte del libro è dedicata alle donne che iniziarono a scrivere libri di ricette di cucina. A ognuna di loro viene dedicato un capitolo.

Le cuoche food writer scelte dall’autore sono: Hannah Wolley, Mary Kettilby, Eliza Smith, Hannah Glasse, Madame Merigot, la cittadina Caterina. Anche qui, alla fine di ogni capitolo la ricetta e i consigli dello chef.

Fabrizio Mangoni scrive come le donne hanno da sempre cucinato, ma per molti secoli si nota la loro assenza nei ricettari e probabilmente anche nelle grandi cucine.
I ricettari erano esclusivamente maschili e scritti da coloro che dirigevano le grandi cucine delle casate nobili e reali.

Bisogna arrivare alla fine del sedicesimo secolo per trovare un ricettario, in Germania, firmato da una donna. Possiamo notare, anche rispetto alle food writer scelte dall’autore, come la maggior parte dei ricettari scritti da donne siano anglosassoni. Sin dall’epoca Elisabettiana troviamo una tradizione di ricettari manoscritti tramandati di madre in figlia: qui si trovano le ricette popolari per cucine più semplici. Infatti è possibile notare come in tutti questi ricettari ci sia un denominatore comune: “la critica verso la cucina sofisticata di corte e l’influenza della cucina francese”.

Per avere un libro di ricette firmato da una donna, in un paese cattolico, bisognerà aspettare fino alla Rivoluzione Francese: Madame Mérigot scriverà un libro di ricette per il popolo. Nel suo testo la Mérigot, più che ricette per il “domestico quotidiano” affronta il problema del periodo la fame con un ingrediente che fino ad allora era usato poco e principalmente come pianta decorativa: la patata. Potremmo definirla una pioniera dei tempi con un libro quasi monotematico.

Dopo cinquantun anni ritroviamo una nuova rivoluzione e una nuova cuoca, la cittadina Caterina (così si firma). Non una massaia, scriverà un libro di cucina, ma questa volta si rivolge alle famiglie della borghesia emergente.Insomma queste food writer sono cuoche attente al quotidiano e alla cultura e tradizione locale.

Torniamo così alle parole di Fabrizio Mangoni nella sua introduzione in cui scrive che le ricette sono da considerarsi delle vere e proprie opere letterarie, degli “scrigni” di letteratura.

Sono una letteratura diversa chiamata letteratura gastronomica. “La cucina è cultura e può essere letta con le diverse chiavi filosofiche, antropologiche, storiche, e sociologiche”. Troviamo così i testi di storia della cultura (come Brillat-Savarin, e molti altri) riservati ai curiosi, agli accademici, agli specialisti, e poi abbiamo il successo dei libri di ricette “che parlano un linguaggio conosciuto”. “Ricette e foto aiutano a ‘sognare’, né più né meno di quanto non faccia un romanzo”.
Le parole contenute nelle ricette offrono la possibilità di raccontare, di esplorare la storia, i luoghi, la memoria: una storia raccontata secondo un altro punto di vista, la cucina.

Ed ecco che questo libro potrebbe essere d’ispirazione su come lavora un food writer, o come spunto per costruire nuovi percorsi letterario gastronomici.
Per gli amanti della letteratura gastronomica ne consiglio la lettura.

 

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