La Fiera di Sant’Orso e Aosta

piazza chanoux e il municipio

La Fiera di Sant’Orso è una tradizione antica che si tiene nel centro storico di Aosta, una manifestazione millenaria che vede protagonisti gli artigiani con le loro opere in legno, ma non mancano i lavori con la pietra ollare, il ferro, il rame, la ceramica, tessuti e pizzi a tombolo di Cogne, i draps di Valgrisenche o la biancheria in canapa della Cooperativa Lou Dzeut di Champorcher.
La Fiera si svolge nei giorni della merla, i più freddi dell’anno a fine gennaio, dura due giorni e vede coinvolto tutto il centro cittadino in un grande momento di festa. Queste giornate rappresentano l’occasione per gli artigiani, i visitatori e gli appassionati di incontrarsi, chiacchierare, scambiarsi idee e suggerimenti e di venire a contatto con un mondo fatto di gesti tramandati di generazione in generazione. È l’occasione per vedere dimostrazioni dal vivo, dove gli artigiani, accompagnati dalla musica e dai cori dei gruppi folkloristici della regione, fanno conoscere la loro arte.
La fiera è anche musica e folklore, un’occasione per partecipare a degustazioni e assistere a dimostrazioni dal vivo.

Le origini della Fiera di Sant’Orso

La leggenda vuole che tutto abbia avuto inizio intorno all’anno 1000 d.C. nell’area della Chiesa di Sant’Orso. Proprio qui il Santo, vissuto prima del IX secolo, distribuiva ai poveri abiti e “Sabot”, le tipiche calzature in legno che ancora oggi si intagliano e sono presenti in Fiera.
Ma sin da tempi antichissimi questo era il periodo dell’anno in cui si festeggiava l’avvicinarsi della fine dell’inverno e si osservavano i primi segni di disgelo, e quindi di transizione verso la primavera.
I Celti dedicavano questa ricorrenza alla dea Brigit, protettrice delle nascite. Poi, come la storia ci ha insegnato, la tradizione pagana e quella cristiana si sovrappongono, e nel corso dei secoli la festa pagana si trasla nella festa di Santa Brigida di Kildare (che, stando ad alcune tradizioni potrebbe essere la sorella di Sant’Orso).
È comunque una festa di passaggio tra il mondo invernale e quello primaverile che, non a caso, si svolge nei giorni più freddi dell’anno. Questa festa vive anche di notte con la veglia notturna, la veillà in patois, legata ad antiche tradizioni sullo scorrere del tempo.
Si arriva così a Sant’Orso, dalle umili origini irlandesi, che si stabilì in Valle d’Aosta e divenne presbitero presso la chiesa di san Pietro di Aosta, quella che oggi è la collegiata di San Pietro e Sant’Orso.
dedito alla preghiera ed alla carità, evangelizzò anche le zone circostanti.
Era un uomo semplice, pacifico, altruista e dedito alla carità; viveva da eremita trascorrendo il tempo nella preghiera continua, sia di giorno che di notte. Si dedicava al lavoro manuale per procurarsi il cibo per vivere accogliendo, consolando e aiutando tutti quelli che a lui accorrevano. Morì il 1º febbraio, il giorno prima della tradizionale Fiera di Sant’Orso. È uno dei santi più popolari della Val d’Aosta, patrono di Cogne, a lui sono dedicati lo storico cimitero cittadino, la Collegiata e la Fiera di fine gennaio.

Numerosi sono gli oggetti tipici legati alla Fiera.

Il simbolo della manifestazione è il galletto che simboleggia la rinascita e il risveglio oltre ad essere un talismano contro gli spiriti malvagi. La fiera di Sant’Orso cade a fine inverno, proprio quando sta per ricominciare il nuovo ciclo vitale della natura. Ed ecco il legame con il gallo come rinascita e risveglio.
Ma sono molti gli oggetti legati agli usi e costumi locali; ci sono i Sabot, la coppa dell’amicizia e la grolla, ma anche i giocattoli Tatà e gli oggetti d’uso quotidiano, o quasi, come le gerle, le botti, i cestini e rastrelli.
Ogni anno viene inoltre realizzato un ciondolo, souvenir della Fiera di Sant’Orso e può essere acquistato al banchetto situato alla Porta Praetoria. Il ciondolo è diverso in ogni edizione, normalmente rappresenta un attrezzo o uno strumento usato da allevatori o agricoltori per sottolineare il legame che ha la Fiera con le antiche tradizioni. Nei tempi passati la Fiera era infatti l’occasione per incontrarsi e fare affari in un periodo di riposo dalla vita agro-pastorale.

Programma della Fiera

La Fiera apre i battenti sabato 28 gennaio e li chiude martedì 31, con L’Atelier des Metiers che ospita le aziende professioniste. Nello stand è possibile trovare oggetti di ogni tipo: dai capi di abbigliamento realizzati con tessuti tradizionali, alle sculture, ai mobili, porte e vetri, complementi di arredo, curiosità, suppellettili e molto di più. I materiali ovviamente rispecchiano e rispettano la tradizione, quindi legno principalmente, ma anche ferro, pietra, rame etc.
Stesse date segue il padiglione enogastronomico che ospita le aziende del settore agroalimentare della Valle d’Aosta con le specialità regionali. Le categorie rappresentate sono tante dai formaggi ai prodotti lattiero-caseari in genere, le carni, i salumi, gli affettati, i prodotti dolciari, quelli da forno, i mieli, marmellate, frutta e verdura e naturalmente vini e liquori.
La Fiera di Sant’Orso si svolgerà lunedì 30 e martedì 31 gennaio dove mille artigiani provenienti da tutta la regione esporranno nel centro storico di Aosta le loro opere sui banchetti allestiti lungo le vie pedonali.
Dalle ore 19 di lunedì 30 il centro città di anima per la Veillà, che in dialetto valdostano, il patois, significa “veglia”. È una festa che si svolge nelle vie dove vengono improvvisati concerti folkloristici, brevi spettacoli e si sorseggia vin brulé o del brodo caldo per scaldarsi. Durante la veglia è anche possibile visitare le “crotte” ossia le cantine del borgo che i residenti aprono per l’occasione proponendo musica, momenti conviviali e degustazioni.

Cosa vedere ad Aosta lungo il percorso

Aosta è una città a misura d’uomo, viene chiamata la “Roma delle Alpi” per il suo passato millenario, infatti venne fondata dai Romani dei quali troviamo moltissimi testimonianze ben conservate.
Come abbiamo detto la manifestazione si concentra tutta nel centro storico di Aosta che è una zona pedonale.

L’Arco d’Augusto

Arco d'Augusto

Arrivando ad Aosta il primo monumento che troviamo è l’Arco d’Augusto. Fu costruito nel 25 a.C. per celebrare la figura dell’imperatore Augusto, a cui era dedicata la colonia Augusta Praetoria Salassorum, e la vittoria dei Romani sui Salassi che vi abitavano. L’arco ha un’unica apertura decorata con semicolonne corinzie e una trabeazione dorica. Al centro possiamo notare un crocifisso che è stato aggiunto in epoca medievale. Sotto l’Arco passava la Via delle Gallie, la strada romana, che collegava Eporedia (come veniva chiamata Ivrea) con Aosta, e poi da qui proseguiva verso l’Alpis Graia, ossia il Piccolo San Bernardo.

Collegiata di Sant’Orso

Proseguiamo il percorso su Via Sant’Anselmo e a destra incrociamo Via Sant’Orso che ci porta all’omonima piazza dove si trova la Collegiata di Sant’Orso, appena fuori le mura romane, che insieme alla cattedrale sono la testimonianza di maggior rilievo dell’arte sacra nella regione. Particolare interesse rivestono gli antichi affreschi ottoniani conservati tra il tetto e la copertura della navata centrale, e il chiostro con i suoi capitelli medievali. Gli scavi archeologici hanno evidenziato che nell’area occupata ora dalla chiesa (nell’antichità faceva parte di una vasta necropoli extraurbana), agli inizi del V secolo, c’era un complesso paleocristiano che comprendeva anche la chiesa cruciforme di San Lorenzo. Al centro della navata meridionale è stato rinvenuto il basamento di un edificio funerario risalente al IV e V secolo d.C. A nord di questo mausoleo nasceva la chiesa primitiva costituita da una semplice aula absidata circondata da un porticato destinato a sepolture privilegiate. Nel IX secolo, la chiesa viene completamente ricostruita e ingrandita: l’estremità orientale è dotata di tre absidi mentre la facciata è ricostruita a ovest di quella paleocristiana. Alla facciata si aggiunge un campanile nel 989; i resti sono ancora visibili incorporati nella facciata attuale della chiesa.

collegiata di Sant'Orso

All’inizio dell’XI secolo viene costruita la chiesa romanica: il campanile verrà inglobato nella facciata. L’edificio è a pianta basilicale diviso in tre navate concluse da absidi semicircolari. L’attuale torre campanaria romanica viene costruita nel XII secolo: originariamente apparteneva ad un sistema difensivo costituito da una cinta muraria e da una seconda torre di grandi dimensioni. La parte inferiore è quella originaria formata da enormi massi squadrati, la parte superiore è probabilmente del XIII secolo, mentre l’orologio esisteva già nel 1642. Al suo interno la torre custodisce un impianto campanario di 12 campane, e l’intero concerto poggia su un antico castello di legno. Questi resti archeologici si trovano al di sotto del pavimento della chiesa, e quindi non visibili.

Nella chiesa, oltre all’importante ciclo di affreschi, troviamo un coro ligneo quattrocentesco e l’antica cripta. Le tre navate mettono in luce un’architettura tardogotica. Un tramezzo barocco in marmi policromi con tre archi sormontato da una balaustra traforata separa la navata centrale dal coro. Più in basso rispetto al pavimento, osserviamo un mosaico pavimentale di forma quadrata sconosciuto e non menzionato dalle fonti (rinvenuto durante recenti scavi archeologici). Un gioco di tessere bianche, nere e marrone chiaro, una serie di sei cerchi inscritti nel quadrato (con gli spigoli disposti verso i quattro punti cardinali), dove nel medaglione centrale appare Sansone che uccide il leone. Meritano particolare attenzione gli stalli lignei posti sui due lati del coro sia per l’architettura in stile gotico che per il dettaglio degli intarsi lignei. Spostando lo sguardo verso le finestre dell’abside siamo colpiti dai colori delle cinque vetrate. Alla fine delle navate laterali, una scala ci consente di scendere nella cripta, la parte più antica della cattedrale che si è quasi integralmente conservata.
Nell’abside, dietro l’altare maggiore barocco, si trova l’organo a canne.

Il chiostro con le sue arcate a tutto sesto, le colonnine e i capitelli istoriati costituisce un esempio di arte romanica lombardo-catalana-provenzale. Vi si accede da un androne aperto sulla destra della facciata. Rimaneggiato nel XV e nel XVIII secolo conserva ancora un buon numero dei capitelli originali in marmo bianco, molto usato in epoca imperiale romana. Per impermeabilizzare i capitelli venne dato un composto che ossidandosi col tempo li ha definitivamente scuriti. I capitelli, considerati fra le più altre espressioni della scultura romanica religiosa, completano colonne semplici e binate dalle diverse forme che raffigurano scene simboliche del Nuovo testamento, della vita di Sant’Orso, personaggi e animali fantastici o elementi decorativi diversi.

chiostro di Sant'Orso

Il Priorato di Sant’Orso

A destra della chiesa troviamo anche il Priorato di Sant’Orso, che fa parte del “Complesso di Sant’Orso”. È un’ampia costruzione formata da tre corpi di fabbrica con cinque arcate, l’edificio è sovrastato da una torre ottagonale culminante in una cuspide aguzza. Fu fatto costruire intorno al 1468 come sede del priorato. All’interno una scala a chiocciola ricavata dalla torre conduce alla sala priorale e alla cappella affrescata da artisti franco valdostani di fine XV secolo.

La Porta Praetoria e il Teatro Romano

Tornando su Via Sant’Anselmo e proseguendo il percorso troviamo la Porta Praetoria, costruita nel 25 a.C., attraverso la quale si accedeva alla città romana. È strutturata con tre aperture di ingresso e due bastioni laterali, ancora oggi visibili: una centrale per i carri e due laterali per i pedoni. Una porta volutamente monumentale che la notte veniva chiusa da possenti saracinesche. Ancora oggi si possono vedere gli alloggiamenti. Durante il I secolo d.C. la porta verrà abbellita da ricche lastre di marmo bardiglio e di Carrara. Porta Praetoria verrà, in epoca medievale, occupata da una famiglia nobile che viveva sulla torre difensiva, sul lato nord (oggi ospita l’Ufficio del Turismo). A pochi metri dalla Porta Praetoria, siamo già nel centro storico, incrociamo uno dei monumenti romani più belli della città: il Teatro Romano. Passeggiando tra le rovine possiamo notare l’imponenza della struttura e del monumento dall’alta facciata meridionale lunga circa 60 metri e alta 22 metri. L’edificio è costituito da tre livelli di gradinate che potevano ospitare fino a 4000 spettatori, lo spazio per l’orchestra, il proscenio di 45 metri per 7 di profondità, i locali di servizio. In questa particolare scenografia si svolgono i Mercatini di Natale della città, e si svolgono eventi culturali.

L’Anfiteatro

Adiacente al teatro romano, e spesso confuso con esso, si trova l’Anfiteatro. Era un grandioso edificio di forma ellittica, del quale restano visibili solo otto arcate situate a nord-ovest, inglobate nell’attuale convento di San Giuseppe (un tempo appartenuto alle monache di Santa Caterina), e alcune porzioni portanti. Altri resti li vediamo sparsi nel prato retrostante.

Piazza Chanoux e il municipio

Proseguendo su Via Porta Pretoria ci ritroviamo nella piazza principale della città, Piazza Chanoux, dedicata al martire della resistenza Émile Chanoux, ucciso dai nazisti nel 1944 (precedentemente era intitolata a Carlo Alberto di Savoia), ed è il salotto buono di Aosta della città. La piazza ha la forma di un rettangolo con i lati lunghi esposti a nord e a sud. In quest’area nel 1352 Amedeo VI fece costruire il complesso monastico di san Francesco in cui c’erano anche una chiesa a tre navate, un campanile alto quasi 40 metri e un chiostro. La struttura rimase inalterata fino al 1835 quando iniziarono i lavori per il municipio cittadino, e l’anno dopo vennero demoliti quel che restava del monastero e il campanile. Il municipio, i cui lavori appunto iniziarono nel 1835 e terminarono nel 1841, è progettato in stile neoclassico dall’architetto Michelangelo Bossi. La facciata principale dell’edificio, che si affaccia su Piazza Chanoux, mostra un frontone riccamente decorato e due statue situate alla base della facciata che rappresentano i due corsi d’acqua che bagnano la città, la Dora Baltea e il Buthier. Sulla parte occidentale del tetto del municipio possiamo notare un orologio, mentre su quella orientale una meridiana. All’interno del palazzo, tra le altre sale, troviamo il salone ducale con il soffitto affrescato, il pavimento in legno intarsiato e i ritratti del duca Amedeo VI di Savoia, Sant’Anselmo, Jean Baptiste de Tiller e Renato Challant. Nell’ex sala consiliare troviamo le lapidi commemorative dedicate a Jean Laurent Martinet, a Federico Chabod, al progetto della ferrovia Aosta-Ivrea e alla proclamazione della Repubblica.

Hotel des Etats

Adiacente al municipio c’è l’Hotel des Etats, nel lato nord occidentale della piazza Chanoux, risale al 1730 ed era celebre perché era la sede del parlamento locale il Conseil des Commis, che dipendeva dal re. Oggi questo edificio ospita mostre temporanee.

Hotel de la Couronne et de la Poste

Sempre su Piazza Chanoux, nella parte sud occidentale, si affaccia un palazzo che un tempo ospitava l’Hotel de la Couronne et de la Poste, che era uno degli hotel più lussuosi di tutta la Valle d’Aosta. Sempre su questo lato della pizza abitò lo scrittore Xavier de Maistre. Il porticato del municipio ospitava il Caffè Nazionale, un locale storico sorto intorno al 1815 sui resti del Convento di San Francesco, si conservava la sala circolare in stile gotico, era un caffè storico molto apprezzato anche dall’ispettore Rocco Schiavone, protagonista dell’omonima serie televisiva.

Criptoportico forense

Proseguendo su Via de Tillier incrociamo Via Croce di Città, continuiamo il percorso della Fiera fino a Piazza Giovanni XXIII. La piazza sorge sulla parte meridionale di quella che era l’area sacra del Foro romano delimitata dal Criptoportico forense. Questo è uno dei siti archeologici più rappresentativi delle gesta romane, ed è riconosciuto monumento nazionale italiano. Costituito da una galleria di marmo chiusa su tre lati, il criptoportico forense aveva un’importante funzione strutturale: serviva infatti a regolarizzare il dislivello dell’area ed era il punto di congiunzione di due templi, dedicati rispettivamente all’Imperatore Augusto e alla triade di Giove, Giunone e Minerva. L’importanza di questo luogo rimase anche con il declino del mondo romano, tanto che verso la fine del IV secolo, a est del criptoportico, venne edificata una Domus Ecclesiae, che successivamente diventerà la cattedrale di Santa Maria Assunta.

Cattedrale di Santa Maria Assunta

Cattedrale di Santa Maria Assunta

Come spesso accadeva, i luoghi di culto pagani venivano affiancati da quelli cristiani. L’edificio originale, medievale, subì nel corso degli anni delle profonde trasformazioni. Gran parte della struttura romanica è ancora visibile dell’impianto basilicale a tre navate, la cripta, le due torri campanarie orientali e i grandi pilastri quadrangolari. Alla grande ristrutturazione dell’XI secolo risalgono anche l’importante ciclo di affreschi che sono visibili nell’attuale sottotetto parte del livello superiore raffigurante sulla parete nord un fregio ad archi con le figure degli antenati di Cristo e la leggenda di Sant’Eustachio, sulla parete sud dei ritratti dei personaggi ecclesiastici e scene dell’Antico e Nuovo Testamento.
Questi, e quelli che si trovano nella collegiata di Sant’Orso, fanno di Aosta uno dei principali centri di arte Ottoniana in Europa.

La realizzazione dei mosaici pavimentali e del deambulatorio a cappelle radiali in sostituzioni delle absidi romaniche orientali sono alcune delle importanti trasformazioni e abbellimenti avvenute nel corso del XII-XIII secolo che culminarono tra Quattro e Cinquecento con la demolizione del massiccio occidentale, la costruzione delle volte interne a crociera con costoloni e la realizzazione di una nuova facciata decorata con affreschi e sculture in cotto, i cui lavori furono affidati al pittore lombardo Ambrogio Bellazzi da Vigevano.
Alla metà del XVIII secolo risale la sistemazione del nuovo altare maggiore marmoreo , ad opera del luganese Francesco Albertolli, mentre alla metà dell’Ottocento datano la facciata neoclassica, progettata dall’architetto Gayo e la cappella neogotica dedicata al santo Rosario.
Dicevamo che la cattedrale nel corso dei secoli, su commissione delle famiglie nobili o degli ecclesiastici subì diverse trasformazioni, anche radicali e della passata architettura rimangono solo alcune tracce.

La facciata

Vedendo la cattedrale dall’esterno possiamo subito osservare le due torri campanarie: alte più di 60 metri sono la struttura più alta della città di Aosta, ma anche di tutta la regione. Sono poste vicine all’abside con i suoi alti finestroni strombati, e al di sotto si intravede il tetto deambulatorio. Osservando bene è possibile notare una differenza tra i due campanili, quello a nord appare più elegante, mentre quello a sud è più semplice. La facciata è neoclassica, con le statue dei santi a cui sono devoti gli aostani, ma all’interno dell’atrio troviamo la vecchia facciata rinascimentale, che a seguito di un recente restauro, è tornata all’eloquenza delle sue forme e colori.

Gli interni

Nell’interno rimaniamo colpiti dalla presenza nella navata centrale del grande crocifisso in legno dipinto sospeso in alto, tra la volta a crociera dalla forma ogivale e con la trama dei costoloni dipinti (che segnano in modo suggestivo lo spazio della chiesa) e il presbiterio. In alto colpiscono le vetrate della navata centrale realizzate tra la fine del Quattrocento e il 1523; mostrano una Natività e una Crocifissione e immagini di santi. I disegni e i colori richiamano altre vetrate presenti in Val d’Aosta, ad esempio quelle presenti nella Collegiata di Sant’Orso.

Dall’ingresso, sulla destra verso la controfacciata troviamo la cappella dei baroni di Cly recentemente restaurata. La cappella mostra una decorazione di gusto manieristico con la volta a crociera affrescata con le Storie della Maddalena: nelle vele della volta sono riconoscibili le scene di Gesù in casa di Simone fariseo, Maddalena penitente, Noli me tangere, Ascensione di Maria Maddalena. Nell’area funeraria della cappella è posta una Deposizione.

All’inizio della navata destra incontriamo l’altare di Santa Lucia, con un affresco raffigurante una Madonna col Bambino e San Giovannino tra i santi Pietro, Giovanni evangelista, Caterina e Lucia, opera dello stesso pittore di educazione spanzottiana che realizzò anche gli affreschi della facciata rinascimentale.

Alla fine della navata, appesa in alto, troviamo una grande tela attribuita ancora allo stesso ignoto artista degli affreschi della facciata; essa raffigura due episodi della Vita di San Grato che la tradizione vuole secondo vescovo di Aosta ed artefice del recupero della reliquia rappresentata dalla testa del Battista. Sulla sinistra osserviamo San Grato, vestito da monaco agostiniano, che offre al papa il teschio del Battista; nella scena successiva, vediamo ancora San Grato che offre al clero aostano la reliquia della mandibola del santo.

Alla fine della navata destra una scala consente di scendere nella cripta: è la parte più antica della cattedrale, testimonianza della “basilica anselmiana” che si è quasi integralmente conservata.

Uscendo dalla cripta, sul lato sinistro, troviamo una scala che ci consente di salire nell’area presbiteriale ricca di opere di notevole pregio come i due mosaici del pavimento. Lungo le pareti laterali del coro possiamo osservare gli stalli lignei realizzati nella seconda metà del XV secolo. Vi sono rappresentati i dodici apostoli e altrettanti profeti, ognuno regge un cartiglio con passi del Credo, nella parte alta sono intagliati stemmi ed angeli musicanti. Gli ornamenti dei braccioli, i poggiamano e le “misericordie” (i sostegni messi nella parte esterna del sedile) sono un repertorio di figure fantastiche o grottesche, tipiche dell’iconografia tardo gotica. Nella parte superiore del presbiterio si trova un monumento sepolcrale in onore di Tommaso II di Savoia. La scultura funeraria giacente lo lo raffigura in armi, con corazza e scudo recanti il rilievo dell’aquila araldica; la testa del defunto poggia su un cuscino, mentre un leoncino (che porta un collare col motto dei Savoia, FERT) è accovacciato ai suoi piedi.

Dalla navata sinistra si accede al chiostro a ridosso della chiesa. È una struttura a pianta trapezoidale, incompleta o meglio modificata a causa della costruzione della cappella del Rosario in stile neogotico. Possiamo però vedere una serie di capitelli in gesso cristallino, alcuni di questi decorati con motivi vegetali e figure di uomini e animali, su altri sono scolpiti in caratteri gotici nomi di canonici o di altre persone che contribuirono all’edificazione.
Completano la cattedrale la presenza di due organi a canne: il principale è uno strumento imponente, situato in controfacciata, sulla cantoria lignea. Un museo del tesoro della cattedrale di Aosta, al quale possiamo accedere dalla navata destra agli spazi del deambulatorio. Il museo custodisce opere di notevole interesse.

Aosta ha un ricco patrimonio di monumenti romani e medievali da poter vedere e visitare, per tacer dei forti e dei castelli nei suoi dintorni. Merita sicuramente più di una visita.

Come arrivare e dove parcheggiare

La Fiera di Sant’Orso si svolge nel centro di Aosta, che è raggiungibile sia in auto che in treno.
Non si accede con le auto nel centro storico di Aosta, ma è possibile lasciare l’auto nei parcheggi gratuiti situati nella periferia e collegati alla città mediante un servizio di navetta gratuito con corse continue verso la fiera. Vi è anche un parcheggio dedicato ai disabili.
In treno o pullman, bus: la stazione ferroviaria e l’autostazione dei pullman sono vicinissimi alla fiera e si può andare a piedi.

Per una migliore organizzazione della visita e della Fiera è possibile guardare il programma sul sito ufficiale della Fiera di Sant’Orso.

 

2 commenti

  1. La fiera di Sant’Orso ad Aosta è un’esperienza da provare almeno una volta. Perché è davvero unica e imperdibile nonostante il freddo e l’ inevitabile confusione. E Aosta è davvero bella, in ogni angolo c’è qualcosa che parla del passato. La chiesa di Sant’Orso e la collegiata sono tra i miei posti preferiti.
    Grazie a Gabriella, e al suo bellissimo racconto.

    1. Grazie a te Silvia. Sono d’accordo con te, infatti meriterà più di un articolo Aosta. Qui mi sono limitata a cosa incontriamo lungo il percorso della Fiera. E per mangiare poi non c’è che l’imbarazzo della scelta.

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