L’olio extravergine di oliva

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L’olio extravergine di oliva è un ingrediente indispensabile di tutta la cucina italiana. È l’oro liquido italiano, ma non è tutto oro ciò che luccica. L’olio extravergine di oliva è tale se non presenta difetti. Per la valutazione si entra in aspetti tecnici, come il livello di acidità per litro che disorientano il consumatore nella scelta di un buon olio. Ma ci sono alcuni aspetti che possono orientarci nella scelta di un buon olio evo e di conseguenza come abbinarlo al meglio alle pietanze. L’olfatto e il palato ci possono aiutare molto nella scelta. In un buon olio evo dobbiamo cercare questi sapori:

  • fruttato, che può essere leggero, medio o intenso.
  • Amaro. Un olio che non presenta note di amaro non è un extravergine di oliva.
  • Piccante, come l’amaro questa nota è collegata alla quantità di polifenoli presenti nell’olio.

Il fruttato, l’amaro e il piccante di un olio, sono diretta conseguenza di fattori come il clima, la collocazione della pianta, la varietà di cultivar, il tempo di maturazione dell’oliva, la metodologia della raccolta e la tipologia di lavorazione.

Parte di queste informazioni le possiamo dedurre leggendo le etichette, ma prevalentemente dopo l’assaggio. Quindi può capitare di acquistare un olio non buono? Certo, l’importante è riconoscerlo e non cadere nel tranello anche una seconda volta!

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Come riconoscere l’olio extravergine di oliva

Per valutare e classificare un extravergine in maniera professionale, si utilizzano due esami: quello chimico, in grado di valutare i livelli di acidità libera (richiesti per legge ai fini commerciali), e quello organolettico, che evidenzia i pregi ed i difetti e che può essere effettuato sensorialmente da esperti assaggiatori.
La valutazione organolettica/sensoriale viene effettuata attraverso l’assaggio, l’osservazione visiva ed il saggio olfattivo.

I termini chiave principalmente utilizzati per identificare pregi e difetti sono i seguenti:
valutati come pregi; fruttato, piccante, fresco, amaro, armonico, gentile, dolce, ecc.
Considerati difetti; ossidato, rancido, muffa, morchia, riscaldo, avvinato, metallico, grossolano, ecc.

L’assaggio avviene in locali privi di fumo o odori. Non bisognerebbe avere fumato o pranzato da poco o indossare profumi; ed ovviamente non avere il raffreddore o il palato infiammato.
Dopo avere versato un cucchiaio di extravergine in un piccolo bicchiere, si avvolge il bicchiere nel palmo della mano, coprendone la bocca con l’altra; questo aiuta a scaldare il prodotto che svilupperà tutti i suoi profumi.
La prima sensazione è quella olfattiva: si avvicina il naso al bicchiere e si registrano le sensazioni pervenute.
Poi si porta alla bocca una piccola quantità di extravergine e si distribuisce sull’intera superficie della lingua: si cerca di incanalare aria nella bocca attraverso lo “strippaggio”, una tecnica che consente, a labbra socchiuse, di aspirare la quantità di aria necessaria per ossigenare il prodotto e trasferire le sensazioni nella zona retronasale. Si memorizzano le sensazioni, in primis il richiamo al frutto fresco, e si espelle l’olio.
Per ultimo si esprime il giudizio sul colore e le note cromatiche.
Basare la propria valutazione sul colore spesso può trarre in inganno.

In finale, l’olio si sceglie con il naso: un olio con sensazioni negative al saggio olfattivo non andrebbe assaggiato perché potrebbe compromettere gli assaggi successivi. Si procede ad un assaggio successivo pulendosi la bocca con una fettina di mela.
L’amaro è un fattore positivo che va sempre tenuto in considerazione in quanto è sinonimo di ricchezza di polifenoli, a meno che non abbia un sapore “medicinale” che è indicazione di un difetto delle olive.
Contrariamente a quelli amari, gli oli dolci e gentili o scarsamente amari o piccanti sono in generale poco aromatici. Le sensazioni piccanti ed astringenti devono comunque essere sempre armoniche e bilanciate.

I benefici dell’olio extravergine di oliva

È noto fin dall’antichità che l’olio extravergine d’oliva faccia bene ma oggi lo conferma anche la scienza.
La necessità di immettere grassi nel nostro organismo aiuta a mantenerci in salute: l’acido linoleico presente nella maggior parte dei grassi vegetali consente al nostro corpo di mantenere una buona temperatura ed aiutare il funzionamento degli organi.

Nonostante gli oli di semi contengano una maggiore quantità di acido linoleico, la loro estrazione attraverso procedimenti termo-chimici finisce col privarli delle proprietà nutritive fondamentali. Per l’olio extravergine non esiste questo pericolo, vista l’estrazione meramente meccanica.

Consumato a crudo protegge le nostre cellule dall’ossidazione e combatte i processi di invecchiamento dei nostri tessuti; non intasa le arterie in quanto ha un effetto riduttivo nei confronti del colesterolo; protegge la mucosa dello stomaco e stimola l’intestino ed il fegato, aiutandolo a produrre i sali biliari.
E’ fondamentale per l’assorbimento delle vitamine lipo-solubili A-D-E-K e F; aiuta l’intestino nel processo di assorbimento del calcio e la struttura dei suoi acidi, molto simile a quella dei grassi del latte materno; è un toccasana per i bambini.

Non ultimo, è il grasso più digeribile e lunghi studi sulle popolazioni dell’area del Mediterraneo hanno dimostrato che l’incidenza di malattie cardiovascolari, carcinomi e problemi biliari è nettamente inferiore rispetto alle popolazioni nordeuropee che non hanno un consumo quotidiano di olio extravergine.
Gli acidi grassi contenuti nell’extravergine, inoltre, sono importanti perché monoinsaturi.

La differenza tra grasso monoinsaturo e polinsaturo sta nella capacità di aumentare i valori del colesterolo e di sviluppare polimeri tossici in fase di riscaldamento: l’extravergine contiene la più alta percentuale di monoinsaturi (tra il 65/85%) contro l’8/20% di grassi saturi che, confrontato, per esempio, ad un olio di palma (monoinsaturi 18,5% e saturi 80,8%) ci conforta e ci invita al suo costante utilizzo per ogni preparazione in cucina.

Sul piano cosmetico, il nostro extravergine è un perfetto idratante e detergente per l’epidermide, utilizzato anche in molti saponi, come quello di Marsiglia, che non secca la cute.

Olio extravergine di oliva: classificazione

Il Consiglio Oleicolo Internazionale (COI) definisce i parametri per la classificazione dell’olio d’oliva, che può essere chiamato tale solo se estratto dalle olive (non sembra un concetto scontato, visto che esiste anche l’olio ottenuto dalla sansa di olive e da altri semi miscelati).

L’olio estratto dalle olive è definito “vergine” in quanto ottenuto unicamente per via meccanica e come tale può essere consumato direttamente, senza alcun ulteriore trattamento fisico – chimico o raffinazione/rettificazione.

Esistono tre classi di qualità dell’olio così come esce dal frantoio:

  • Olio extravergine: contiene un’acidità libera (espressa in acido oleico) non superiore a 0,8 g /100 g di olio e avente le caratteristiche conformi per la sua categoria;
  • Olio vergine: acidità libera non superiore a 2 g /100 g di olio avente le caratteristiche conformi per la sua categoria;    
  • Olio vergine lampante: acidità libera superiore a 2 g /100 g di olio avente le caratteristiche conformi per la sua categoria.

Il criterio di giudizio organolettico, ovvero le caratteristiche dell’olio, viene definito dal Panel Test. Mentre quello chimico si basa sul grado di acidità libera in percentuale di acido oleico e definito attraverso analisi di laboratorio (non è identificabile attraverso colore, odore o limpidezza dell’olio).

Come viene prodotto l’olio extravergine di oliva

Il punto di partenza per produrre un ottimo olio extravergine di oliva è la raccolta delle olive, che dovranno essere integre, sane, mature al punto giusto (in molte regioni si ha oggi la tendenza a raccogliere olive appena invaiate per valorizzare la freschezza dei profumi del prodotto finale). Ovviamente la sola attenzione nella raccolta non basta. L’attività di produzione dà inizio all’inevitabile processo di ossidazione, che è la causa primaria dello sviluppo dell’acidità nell’olio.
È quindi chiaro come dal momento della raccolta, tutte le fasi di produzione debbano avvenire velocemente, trasformando le olive nell’arco delle 24 ore successive. Le olive non dovranno essere stoccate, ma consegnate in cassette che consentano il passaggio di aria, per non aumentarne la temperatura e non favorire l’insorgere di muffe o dannosi microrganismi. La frangitura dovrebbe avvenire il più possibile a ridosso della raccolta per impedire l’ossidazione dell’olio.
Una grande responsabilità sta nelle mani del frantoiano, che rispetti i tempi e le procedure di produzione, ma che sappia anche rifiutare la lavorazione di olive che non rispettino i prerequisiti igienico-sanitari di base.

L’extravergine in cucina

L’utilizzo ideale dell’olio extravergine di oliva è aggiunto a fine preparazione a crudo, ma questo condimento speciale può e deve essere utilizzato anche per la cottura dei cibi, proprio per le sue caratteristiche. Usiamo olio extravergine per friggere.
Il punto di fumo è la temperatura alla quale i grassi animali e vegetali iniziano a degradarsi, producendo il fumo e sostanze tossiche deleterie.
Pensiamo che il burro ha un punto di fumo a 110°, l’olio d’oliva extravergine a 210° e quello di arachide a 220°.
Nonostante tutto, anche se scaldato a 200° per oltre 3 ore, l’olio extravergine non ha grandi modifiche della propria composizione di acidi grassi e può essere utilizzato più di una volta. L’importante è ricordare che la temperatura perfetta per una frittura è 170/180°.

Abbinamento dell’olio extravergine di oliva

Conoscere le cultivar con le loro caratteristiche e confrontare extravergini di diversa origine ci può aiutare ad apprezzare questo prodotto non solo come condimento, ma come reale ingrediente per la nostra cucina.

  • Oli dolci, delicati e dal profumo leggero, come possono essere quelli liguri o del Garda, sono perfetti per l’utilizzo nella preparazione di salse, per la frittura di pesce di mare o di lago, come condimento di insalate delicate, come il songino o la misticanza.
  • Quelli più strutturati come il toscano o umbro, sono perfetti su cotture alla griglia, carni succulente, ortaggi saporiti come broccoletti o cicoria.
  • Oli profumati ed intensi, come quello siciliano, danno il loro meglio su pesci saporiti cucinati in bianco o verdure fresche adatte a pinzimoni come il carciofo o il pomodoro maturo, i legumi lessati e serviti senza nient’altro.

Dovremmo abituare il nostro palato a riconoscere le note caratteristiche degli oli regionali e giocare con gli abbinamenti sapendo che, comunque, con un prodotto di qualità non si sbaglia mai.
Abituiamoci a scegliere le Dop e/o le IGP (In Italia ci sono 42 DOP e 2 IGP su un totale complessivo di 65 in tutta Europa ) quando facciamo i nostri acquisti, tenendo ben in mente che al momento l’unica tutela che ci garantisce la provenienza delle olive sono queste certificazioni.

Le cultivar italiane

L’aspetto più impressionante del patrimonio olivicolo italiano è la quantità di cultivar presenti sul territorio. Di circa 700 diverse specie diffuse a livello europeo, oltre 500 sono in Italia, anche se lo schedario olivicolo ne certifica 395. Per citarne alcune delle più conosciute ed utilizzate, sia in purezza che in blend, abbiamo (da Nord a Sud):

  • Bianchera (Friuli Venezia Giulia): abituata ai venti marini, ai terreni calcarei ed il freddo tipici di queste aree;
  • Casaliva: peculiare del Lago di Garda e madre di oli particolarmente profumati;
  • Taggiasca: simbolo della Liguria, che dà un olio delicato e fruttato e che è consumata anche come oliva da mensa;
  • Frantoio: presente in molte regioni del centro Italia, ha un aroma molto fruttato e produce un olio dal verde smeraldo;
  • Leccino: anche questo presente in buona parte del territorio e mai utilizzato in purezza in quanto non particolarmente incisivo, spesso miscelato con Frantoio e Moraiolo;
  • Moraiolo: considerata una cultivar prestigiosa, è originaria della Toscana ma è presente in tutto il centro Italia, dall’aroma intenso e sapore lievemente amaro e piccante;
  • Coratina: originaria del nord della Puglia, prende il nome da Corato, l’area in cui è diffusa, molto fruttata ma decisamente amara e piccante;
  • Ogliarola: anche questa pugliese, molto diversa dalla Coratina per profumo e dolcezza, incredibilmente ricca in vitamine;
  • Pendolino: una cultivar simile al Leccino, la cui pianta viene utilizzata per impollinare quelle varietà che non possono farlo autonomamente;
  • Nocellara del Belice: regina della Sicilia, dà un olio soave, profumato con note di pomodoro, estremamente fine e rinomato. Le sue olive grandi e carnose sono apprezzate a tavola;
  • Tonda Iblea: anche qui dalla Sicilia, alle pendici dell’Etna, dà un olio di altissima qualità.

Olio extravergine di oliva italiano

L’Olio pugliese

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L’olio del Lazio

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L’olio della Liguria

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Olio extravergine di oliva siciliano

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Olio extravergine di oliva Toscano

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Olio delle Marche

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Olio extravergine di oliva dell’Umbria

gran tour d’Italia, l’Umbria: l’olio extravergine umbro

Olio extravergine del Garda

gran tour d’Italia, il lago di Garda: l’olio extravergine del Garda

Fonti:
L’Ulivo e l’Olio – Collana Coltura&Cultura – a cura di Renzo Angelini – Script Editore di Art Spa
Le Città dell’Olio – Guida Touring – Touring Club Italiano
La via dell’Olio – Massimo Epifani – Alinari Editore
Olio in cucina – Pia Passalacqua e Carlo Vischi – Gribaudo Editore

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