Storia del carnevale

Maschera Carnevale Venezia

Carnevale è la festa delle maschere, dei coriandoli, della festa in strada, dello scherzo e del mangiare. Questo momento festoso non ha una data fissa sul calendario ma cambia ogni anno, dipende da quando cade la Pasqua. Infatti inizia la prima domenica delle nove che precedono la Pasqua. Ma il momento più importante lo raggiunge il giovedì grasso e si conclude il martedì successivo (chiamato grasso anche lui), che precede il Mercoledì delle Ceneri, l’inizio della Quaresima. Dall’aggettivo grasso che accompagna i due giorni possiamo notare la contrapposizione con il periodo che seguirà: la settimana del carnevale legata alla “sregolatezza”, all’eccesso e alle abbuffate, che precede il periodo di “magro”.
Dove si osserva il rito ambrosiano, nell’Arcidiocesi di Milano, la Quaresima inizia di domenica, ritardando così di quattro giorni e allungando la festa, che si conclude così il sabato dopo le Ceneri.
Il Carnevale conserva simboli pagani, riti legati al risveglio della natura ed eccessi, tanto da farla sembrare la meno rassicurante delle feste popolari.

Ma quali sono le sue origini?

Le origini del Carnevale vanno cercate in tempi lontani, quando la religione pagana era quella dominante. Sembra infatti che possiamo ricondurre il carnevale ai Saturnali dell’antica Roma, o alle feste dionisiache del periodo classico greco durante le quali era consentito “lasciarsi andare”, assistere a una inversione di ruoli, dedicarsi ai giochi e agli scherzi. Nei Saturnali, però, non vi è l’uso delle maschere essenziali nel carnevale.

I mascheramenti invernali, all’insegna della comicità e del grottesco, e le feste popolari all’inizio dell’anno continuarono nel Medioevo, nonostante l’avversione della Chiesa, che cercò di mettervi un limite: la quaresima. Le manifestazioni mascherate si sono spostate in avanti nell’anno, perché legate alla quaresima, e il carnevale è stato così circoscritto come il tempo delle abbuffate e dell’eccesso in contrapposizione al tempo del digiuno e della penitenza, ponendo l’accento sul mangiare e bere.

Intorno al 1400 il carnevale diventò una festa riconosciuta, organizzata e regolamentata anche dalle autorità. Nelle città era un grande spettacolo: parate di carri e carrozze, folle di maschere, gare, feste, danze e canti ironici e pieni di doppi sensi. A Firenze, tra ‘400 e ‘500, grazie a Lorenzo De’ Medici, si organizzavano grandiose sfilate di carri, accompagnati dai “canti carnascialeschi” che inneggiavano ai piaceri della carne senza freni inibitori.

A Bologna Giulio Cesare Croce (1550-1609), l’autore di Bertoldo, compose scritti burleschi per la festa, come un ironico processo al “mariolo Carnevale” per aver comandato soltanto “pensieri mangiativi, tracannativi”. A Roma c’erano spettacoli come la corsa dei barberi, i cavalli senza fantino.

Grandioso e antico anche il carnevale di Venezia: il primo documento ufficiale che lo dichiara festa pubblica è del 1296 e l’abitudine di girare in maschera, celando l’identità, divenne diffusissima. Per contenere gli eccessi generali, tanto era grandiosa la festa e vissuta intensamente, venivano richieste leggi speciali. Il giovedì grasso si organizzava un banchetto grandioso, a cui partecipava tutto il popolo; si uccidevano e cucinavano un toro e 12 “porci” (che alludevano simbolicamente al Doge e ai suoi dodici canonici). Le gondole venivano addobbate, si organizzavano finti duelli, e c’erano anche gli acrobati e i danzatori della Moresca. La festa si riversava nelle calle e nei campielli, la città si trasformava in un palcoscenico.

Con l’inversione sociale e creando un “mondo alla rovescia”, scriveva lo studioso russo Michail Bachtin, il carnevale è una sorta di riequilibratore sociale, permettendo l’abolizione temporanea dei rapporti gerarchici e dell’autorità.

Per la gente era soprattutto il momento degli eccessi. Nel cibo, innanzitutto. Era il “tempo grasso”, scandito dalla carne di maiale che veniva ucciso in questo periodo: una sorta di sacrificio, per i giorni della trasgressione. Poi ci sarebbe stato il digiuno quaresimale e il ritorno dell’abbondanza, in primavera. La festa era anche l’occasione per consumare delle parti macellate del maiale che si sarebbero deteriorate (non c’erano sistemi di conservazione). Da qui l’uso di friggere nello strutto per consumarne il più possibile. Da qui le origini del nome carnevale che potrebbe venire dal latino “carni leva” cioè “togli, elimina la carne”, “carnes levare” “togliere la carne”; in quanto indicava il banchetto che si teneva l’ultimo giorno di carnevale (il martedì grasso) prima della quaresima e quindi del periodo di astinenza e del digiuno, dove a nessuno era concesso mangiare la carne. Ma potrebbe anche derivare da “carro navale”, in riferimento ai carri a forma di barca che sfilavano per le strade.

Grande era la libertà concessa, anche amorosa, e tra feste e balli fino a notte e giri di casa in casa, non mancavano le occasioni di seduzione. Da ricordare tra gli eccessi “del tempo rovesciato” anche la violenza. Questa veniva ritualizzata nei combattimenti tra mascherati; rimane ancor oggi l’esempio della “battaglia delle arance d’Ivrea” che non risparmia nessuno. E come non pensare ai bambini che ancora oggi per strada “combattono” lanciando coriandoli e stelle filanti?
Il carnevale è anche una festa di fine inverno, un passaggio verso la primavera in cui la natura deve svegliarsi. E in origine le maschere rappresentavano proprio gli spiriti, gli esseri infernali, le forze legate al sottosuolo (quindi anche i morti) che possono favorire il risveglio della terra. Una sorta di rito affinché l’annata sia propizia.

 

Maschera di carnevale

Il perché delle maschere

Il carnevale è tempo delle maschere, ma non solo quelle tradizionali: le persone si travestono in molti modi per impersonare diversi ruoli.

Secondo numerose fonti, tra cui Apuleio, il “travestimento” deve essere fatto risalire a una festa in onore della dea egizia Iside, durante la quale erano presenti numerosi gruppi mascherati. Questa usanza venne importata anche nell’impero Romano: alla fine del vecchio anno un uomo coperto di pelli di capra veniva portato in processione e colpito con bacchette. Anche gli antichi greci, durante i riti dionisiaci, e i romani, durante i saturnali, avevano l’abitudine di mascherarsi per nascondere la propria identità e sovvertire le gerarchie sociali.

In molte altre parti del mondo, soprattutto in Oriente, c’erano molte feste con cerimonie e processioni in cui gli individui si travestivano: a Babilonia, ad esempio, non era strano vedere grossi carri simboleggianti la Luna e il Sole sfilare per le strade rappresentando la creazione del mondo.
Alcune popolazioni arcaiche si servivano delle maschere per entrare in contatto con le energie della natura durante le cerimonie spirituali, in cambio di raccolti abbondanti gli spiriti gli concedevano l’opportunità di divertirsi e fare baldoria.

La parola maschera deriva dall’arabo “mascarà” e significa “scherno, satira”. Nel teatro greco e in quello romano la maschera veniva usata dagli attori per sottolineare i tratti dei personaggi che interpretavano. Nel XVI secolo si afferma in Italia la “Commedia dell’arte” e, uno dei temi ricorrenti, era la beffa del servo che riusciva ad avere la sua rivincita verso il potente.

Questa è la storia del carnevale tra riti e maschere, ma a caratterizzare questa ricorrenza c’ è anche l’ abbondanza di cibo. Ricette della tradizione, dolci e salate, su cui c’è veramente molto da scrivere ma di questo ve ne parleremo prossimamente.

 

Bibliografia
Rang, F.C., Psicologia storica del Carnevale (2008)
Michail Bachtin. L’opera di Rabelais e la cultura popolare, Einaudi Editore
Vito Teti, Il Colore del Cibo- Geografia, Mito e Realtà dell’Alimentazione, Edizioni Mediterranea (1999)

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