Guida alla pizza fatta in casa

guida alla pizza fatta in casa

La pizza, che sia gustata comodamente seduti in pizzeria o che sia sfornata nella nostra cucina, una cosa è certa: quando arriva in tavola è sempre una festa.

Tuttavia non sempre si resta soddisfatti e magari già al primo morso ci si accorge che è troppo alta o troppo secca, poco alveolata o poco lievitata, non cotta a sufficienza o umida all’interno. Insomma non è proprio come la vorremmo.

E allora si iniziano a fare ipotesi su quale sia stata la causa, ma spesso non è semplice trovare la risposta.

In questa guida non troverai ricette per la pizza (di quelle è pieno il web, ma se cerchi idee particolari le puoi trovare nell’articolo La pizza nel mondo) ma la spiegazione passo passo del procedimento che vi porterà ad avere un’ottima pizza.

Dall’importanza della materia prima all’uso del lievito, dall’impasto alla stesura per arrivare alla cottura, senza dimenticare i principali tipi di pizza.

Nozioni che ti saranno utili anche per comprendere quanto sia ben fatta la pizza che gusti in pizzeria o che ordini da asporto. Ma anche per valutare le ricette che trovi in rete.

Per scrivere questo articolo ho chiesto supporto a “La Regina del focolare” Silvia Tavella che mi ha detto “Io di nozioni tecniche ne so poco, so quello che ho imparato con l’esperienza”. E così, dopo le nozioni teoriche, troverai il racconto della sua esperienza, anni di impasto e teglie di pizza sfornate con amore. Anni in cui, tra una pizza perfetta e un impasto così così, ha capito i fattori che influenzano la buona riuscita di una pizza. Perché i lievitati richiedono sì delle conoscenze di base ma anche tanta, tanta pratica.

Gli ingredienti della pizza

Per ottenere una buona pizza è fondamentale scegliere ingredienti di qualità che reagiscono bene all’impasto, alla lievitazione e alla cottura ad alta temperatura.

Una buona farina ma non solo quindi: una salsa di pomodoro densa, una mozzarella soda, verdure di stagione non troppo ricche di acqua…

Farina, acqua, lievito e sale: quattro ingredienti all’apparenza semplici ma in grado di sviluppare potenti reazioni chimico-fisiche che possono dar vita a un grande successo o a un grande disastro.

Per questo prima di iniziare ad impastare è importante conoscerli bene.

La farina

La farina, ingrediente fondamentale di ogni impasto, deriva dalla macinazione dei chicchi dei cereali: frumento, farro, orzo, segale, etc. e ne possiede quindi le caratteristiche:

  • origine è importante conoscere il cereale da cui proviene per valutarne la resa non solo a livello di impasto ma anche di gusto e di consistenza del prodotto finale. Se ordini una pizza con farina di segale non aspettarti un prodotto bianco e soffice per esempio.
  • grado di raffinazione: la legge italiana prevede 5 gradi di raffinazione in base ai quali le farine vengono classificate in “00” e “0” le più raffinate (ovvero private di quasi tutto ciò che è presente all’interno del chicco), la tipo “1” e la tipo “2” che contengono anche una parte di germe e di crusca, infine l’integrale” che contiene tutte le parti del chicco. Maggiore è la raffinatezza della farina più leggero sarà l’impasto.
  • forza: ovvero la capacità di resistere alla lavorazione assorbendo acqua durante la fase di impasto e trattenendo anidride carbonica in lievitazione. Questa caratteristica è data dal contenuto di proteine; maggiore sarà la percentuale proteica più forte sarà la farina.
    Il grado di forza della farina è espresso con “W” e negli ultimi anni è sempre più spesso indicato sulla confezione. Per preparare una pizza con media lievitazione scegli una farina con “W” tra 160 e 250 e una quantità di proteine tra i 10,5 g e 12,5 g. Se invece vuoi affrontare una lunga lievitazione orientati su farine forti con W tra 250 e 310 e una quantità di proteine tra 12,5 g e 13,5 g.

La farina più adatta alla preparazione della pizza è quella di grano tenero, grazie alla presenza di due proteine fondamentali per la formazione di una buona maglia glutinica: la gliandina e la glutenina. Altre farine adatte alla preparazione della pizza e con una resa molto simile a quella del grano tenero sono la farina di farro, antenato del frumento, e quella di grano Khorasan. Entrambe possono essere utilizzate fino al 40% sul peso totale della farina.

Le farine derivanti da altri cereali possono essere usate per “tagliare” gli impasti, come si dice in gergo, cioè miscelate a quella di grano tenero in percentuale variabile ma mai oltre il 20%.

Per una pizza più croccante e dal colore ambrato puoi utilizzare una parte di semola rimacinata di grano duro; per un impasto particolarmente aromatico utilizza una piccola percentuale di farina di segale o di grano saraceno.

Una notazione fondamentale che vale per tutti gli impasti: la quantità di farina è il parametro su cui misurare tutti gli altri ingredienti; perciò se trovi scritto “idratazione al 60%” significa che devi utilizzare 60 ml di acqua ogni 100 g di farina.

L’acqua

Altro elemento fondamentale per l’impasto della pizza è l’acqua che permette alle proteine insolubili della farina di unirsi tra loro a formare la maglia glutinica. Favorisce, inoltre, lo scioglimento del sale e la sua distribuzione omogenea all’interno dell’impasto e permette ai nutrienti di raggiungere la cellula del lievito.

Ma quanta acqua occorre per una buona pizza?

Non c’è una quantità esatta ma essa varia a seconda del tipo di impasto che vuoi ottenere, dalle farine usate e dall’umidità ambientale.

Farine forti e ricche di fibre assorbono più acqua; se piove, o si è al mare, o se  l’aria è carica di umidità ne occorrerà meno. Inoltre, la quantità d’acqua nell’impasto varia a seconda del risultato che vuoi ottenere e, in ultimo, dalle tue capacità di gestirlo.

Un impasto molto idratato sarà molto molle e quindi più difficile da gestire ma darà vita a una pizza alveolata e soffice.

In ogni caso la quantità minima di acqua da inserire è del 50% sul peso della farina, per arrivare fino all’80% di idratazione.

Utilizza acqua a temperatura ambiente.

Il lievito

Altro ingrediente fondamentale è il lievito: puoi scegliere tra lievito di birra disidratato o in panetto, lievito madre solido o liquido. I primi due sono i più diffusi e comodi per le preparazioni casalinghe, anche se il risultato finale è, a livello organolettico, differente da quello ottenuto con il lievito madre. Quest’ultimo tuttavia richiede una gestione attenta e puntuale che sconsiglio se sei principiante o se panifichi di rado.

La quantità di lievito da utilizzare è inversamente proporzionale al tempo di lievitazione e alla temperatura ambientale: tempi più lunghi e temperature più elevate richiedono una minore quantità di lievito.

Un’alta percentuale di lievito abbrevia i tempi di lievitazione ma rende la pizza meno digeribile.

La quantità consigliata, se in casa hai tra i 22° e i 26° è di 1,5 g di lievito per kg di farina per un tempo di lievitazione tra le 8 e le 15 ore. Se invece utilizzi la lievitazione in frigorifero, impiegherà tra le 18 e le 24 ore.

Il sale

Seppur se ne usi in quantità minima, la sua presenza nell’impasto è fondamentale per i seguenti motivi: rende l’impasto più sodo ed elastico e la maglia glutinica più resistente, blocca la proliferazione dei batteri fungendo quindi da “disinfettante” e aiuta l’attivazione delle cellule del lievito. Tuttavia sale e lievito non vanno mai messi a diretto contatto.

Le percentuali consigliate sono 2,5% e il 3% su kg di farina.

L’olio

Non tutti lo inseriscono nell’impasto, il disciplinare della pizza napoletana per esempio non lo prevede. Io, invece, ne metto sempre un po’!

Inserito nell’impasto l’olio rende l’impasto più estensibile e malleabile, prolunga inoltre la freschezza del prodotto poiché isola l’amido e rallenta la fuoriuscita dell’umidità.

Come fare l’impasto della pizza

impasto pizza

L’impasto è la prima fase della preparazione della pizza ed è fondamentale per dare vita a una buona lievitazione che in cottura si trasformerà in una pizza fragrante.

Consiste nel miscelare tra loro gli ingredienti, esercitando una forza manuale o meccanica. Grazie ad essa, gliadine e glutenine, si uniscono creando la maglia glutinica.

Una domanda che mi hanno rivolto spesso è “Quanto bisogna impastare?”.

Non c’è un tempo esatto e predeterminato: l’impasto sarà pronto quando sarà sodo, liscio, omogeneo e si staccherà dalla pareti dell’impastatrice o dal piano di lavoro (e dalle tue mani).

Impasti molto idratati richiedono tempi più lunghi. Per esperienza, posso dirti che, se utilizzi la planetaria e un’idratazione al 50%- 60% ci vorranno circa 15 minuti. Ovviamente il tempo aumenta se impasti a mano.

Esistono diverse metodologie di impasto: diretto, indiretto con biga o poolish e indiretto con lievito madre.

Gli impasti indiretti hanno un duplice scopo: ridurre la quantità di lievito e sviluppare una gamma aromatica che dia più sapore al prodotto finale.

Prevedono due fasi di lavorazione: nella prima si crea il preimpasto che viene poi unito agli altri ingredienti per la fase di impasto vera e propria. Nel caso del lievito madre la prima fase consiste nel rinfresco dello stesso.

Vediamoli nel dettaglio

Impasto diretto

È senza dubbio il metodo più diffuso per la sua velocità di esecuzione e per la sua facilità. Consiste nel miscelare tutti gli ingredienti in un’unica fase rispettando però il seguente ordine:

  1. sciogliere il lievito nell’acqua
  2. versare l’acqua con il lievito sulla farina, poco alla volta, aggiungendone quando quella precedente è stata assorbita
  3. impastare fino a quando si ottiene una massa omogenea
  4. aggiungere il sale
  5. unire l’olio (se inserito prima renderebbe più difficile la formazione della maglia glutinica)
  6. chiudere l’impasto

Impasto indiretto con biga

La biga è un preimpasto formato da una farina forte miscelata con il 45%-50% di acqua e una quantità di lievito di birra che varia da 0,5% al 1%.

Si impasta brevemente fino a ottenere un composto abbastanza grossolano, si copre e si mette a fermentare a temperatura ambiente per 18-24 ore.

Per determinare con certezza quando la biga è pronta per essere usata occorre valutare il ph (i professionisti usano un apposito strumento detto acidimetro). Nelle preparazioni casalinghe puoi usare i sensi. La biga è pronta quando il suo colore è candido il suo aspetto è liscio ed omogeneo

Giunta a maturazione si procede all’impasto unendo gli ingredienti rimasti nell’ordine che abbiamo visto sopra a partire dal punto 2.

Impasto indiretto con poolish

Anche il poolish è un preimpasto ma con percentuali differenti rispetto alla biga.

In esso acqua e farina sono presenti in uguale quantità mentre la percentuale di lievito varia dallo 0,1% per una lunga fermentazione al 3% per una fermentazione molto breve.

Anche in questo caso è importante riconoscere quando il poolish è maturo: quando la superficie si presenta piena di bolle e si nota un cedimento nella parte centrale.

Quando il poolish è maturo si procede all’impasto unendo gli ingredienti rimasti nell’ordine che abbiamo visto sopra a partire dal punto 2.

Impasto indiretto con lievito madre

Che sia solido o liquido il lievito madre, prima di essere utilizzato va rinfrescato.

Sarà pronto da utilizzare quando avrà triplicato il suo volume. Anche in questo caso i tempi di maturazione variano in base alla temperatura e alla vitalità del lievito.

Ma quanto ne occorre? Per entrambi i tipi di lievito madre ne occorre circa il 30% sul peso della farina.

Lievitazione

Siamo arrivati al momento fondamentale nella preparazione della pizza, quello in cui il nostro impasto, lasciato a riposare, aumenta il proprio volume. Il lievito nutrendosi degli zuccheri contenuti nell’impasto produce l’anidride carbonica, gonfiando l’impasto. Se hai lavorato bene nella fase precedente e si è sviluppata una buona maglia glutinica, l’anidride carbonica resterà intrappolata nell’impasto, pronta a fuoriuscire durante la cottura.

La lievitazione è un processo composto da più momenti:

  • la puntatura (o prima lievitazione): è la fase iniziale della lievitazione. Dopo essere stato manipolato l’impasto ha bisogno di rilassarsi e il lievito di attivarsi. Per questo va fatto riposare in un contenitore leggermente unto di olio per un tempo variabile in base alla quantità di lievito utilizzata e alla temperatura dell’ambiente.
  • le pieghe di rinforzo: dopo la puntatura, se l’impasto è particolarmente morbido o gli si vuole dare più struttura occorre fare i cosiddetti “giri di pieghe”. Esse servono a distribuire in maniera uniforme le cellule di lieviti e batteri e contribuiscono al rafforzamento della maglia glutinica. Per la pizza si utilizzano di solito le “pieghe a portafoglio” (detta anche pieghe a tre). Si stende l’impasto con le mani dandogli una forma rettangolare, si prendono i lembi inferiori e si ripiegano verso il centro. Si ripete con i lembi superiori. Poi si gira l’impasto di 90° e si ripete. A questo punto l’impasto va fatto riposare per mezz’ora circa prima di ripetere un altro giro.
  • la pezzatura (o staglio): è la divisione dell’impasto in panetti. Molti compiono questa operazione con un coltello a lama lunga ma lo strumento più idoneo è un tarocco in acciaio, che permette un taglio netto e deciso senza stressare l’impasto.
  • seconda lievitazione: una volta stagliato e arrotondato (pirlatura) l’impasto, lo si lascia lievitare ancora un’ora circa prima di procedere alla stesura.

La stesura e la cottura

stesura impasto pizza

Siamo alle battute finali della preparazione della pizza.

La stesura è un passaggio importante e deve essere realizzata con cura evitando di tirare e strappare l’impasto e di scoppiare le bolle di lievitazione che si sono create. Se durante questa fase l’impasto tende “a tornare indietro” lascialo riposare alcuni minuti prima di continuare, è solamente un pò stressato e ha bisogno di rilassarsi: provare per credere!

Stendi l’impasto con la punta delle dita dal centro verso l’esterno e delicatamente trasferiscilo nelle teglie leggermente unte.

Veniamo ora alla cottura casalinga della pizza che si può realizzare in diversi modi:

  • nel forno: preriscalda il forno alla massima temperatura (250° C), in modalità statica, e cuoci la pizza sul ripiano più basso, dove l’intensità del calore è maggiore. Se devi cuocere più pizze puoi acquistare i supporti multipli e utilizzare la modalità ventilata. In questo caso abbi cura di alternare le pizze tra loro a metà cottura. Per simulare la cottura nel forno a legna puoi utilizzare una pietra refrattaria che assorbe l’umidità dell’impasto e diffonde il calore in maniera uniforme.
  • nel fornetto elettrico: molto apprezzato dagli amanti della pizza napoletana è un piccolo forno elettrico il cui piano in pietra è delle esatte dimensioni di una pizza tonda. Permette di cuocere in pochi minuti la pizza come in pizzeria.
  • padella e forno: una tecnica molto efficace per simulare la cottura della pizzeria. Non l’ho mai realizzata ma ho gustato ottime pizze cotte in questo modo! Innanzitutto preriscalda il forno a 200° C, poi poni una padella dai bordi bassi sulla fiamma e falla scaldare molto bene. Adagia delicatamente la pizza nella padella, abbassa il fuoco e fai cuocere fino a quando compariranno le prime bolle. A questo punto trasferisci la pizza sul ripiano più alto del forno e termina la cottura.

 

Oggi vi ho raccontato la teoria, qualche settimana fa vi ho narrato la Storia della pizza, ora non vi resta che leggere il racconto di chi la pizza la fa da anni, la nostra fantastica socia Silvia Tavella.

Tutte le pizze della mia vita

pizza margherita

Se dovessi recarmi su un’isola deserta e avessi la possibilità di scegliere un solo tipo di cibo da portare con me, io sceglierei sicuramente la pizza.

La pizza mi rende immensamente felice e non mi stanca mai, perciò ho cominciato ad impastarla presto, ero una giovane ragazza appena sposata. Mia madre non mi aveva insegnato ad impastare, e quindi i primi goffi esperimenti sono stati tutti miei. Desideravo tanto cuocere e mangiare una buona pizza fatta da me, ma non avendo alcuna esperienza tutto mi sembrava complicato, a cominciare dal lievito. All’inizio, dunque, comperavo il lievito chimico: il Pizzaiolo, grande amico della Pizza Catarì, che molti ricorderanno; e mi sembrava anche di aver fatto un buon lavoro.

Curiosa come sono di tavola e cucina, ho comunque proseguito gli esperimenti acquistando la pasta di pane pronta al forno sotto casa. Dal momento che la pizza era notevolmente più buona, ho chiesto alla mia simpatica panettiera, la signora Rita, qualche spiegazione. Lei mi ha portato nel retro, dove suo marito lavorava con acqua, farina e lievito. Lì ho compreso, per la prima volta, come fare.

Da allora sono passati moltissimi anni e io ho imparato tanto. La prima cosa che ho capito è che la mia pizza casalinga non sarebbe mai stata uguale a quella delle pizzerie dotate di forno a legna. Ma ho anche capito che preparare una buona pizza fatta in casa si può eccome: è sufficiente dedicarsi con cura all’impasto e lasciare che lieviti con calma, usando il forno nel modo giusto e procurandosi buoni ingredienti per condire.

Ogni volta che metto il naso in un libro di cucina che affronta le ricette dei lievitati e le diverse tipologie di lievito e di farina, penso che dovrei studiare. Sicuramente lo farò, sempre per amore della pizza. Finora ho rimandato per mancanza di tempo, e perché le tipologie di farina e le loro sigle sono talmente tante che mi spaventano un po’. Anche dall’esperienza però s’impara, ed io posso già affermare che non tutte le farine sono uguali, perché gli impasti stessi me l’hanno insegnato. Le farine di buona qualità, infatti, saranno certamente più costose, ma sono più facili da impastare e buone amiche del lievito.

Anche la farina ha il suo carattere e, grazie alla sua forza, è più o meno capace di assorbire acqua (idratandosi) e di trattenere l’anidride carbonica prodotta dal lievito, così da non sgonfiarsi al primo filo d’aria. Anche il tempo meteorologico influisce non poco sulla riuscita di un buon impasto: se a Genova c’è umido serve meno acqua, se invece soffia la tramontana, ne occorrerà un po’ di più.

La semola rimacinata di grano duro garantisce un impasto ruvido e rustico, ma non potrà essere usata in purezza: per la pizza va mescolata necessariamente con la farina 00, che la addolcisce un po’ e la rende più docile. Se vogliamo tirare una pizza sottile e croccante invece, aggiungiamo una parte di manitoba, che è una ragazza molto forte ma anche elastica, e ci permetterà di ottenere una pizza sottilissima.

L’uso del lievito nel tempo è diventato meno misterioso. Ormai so che ama gli zuccheri, di cui si nutre per attivarsi, e che il sale invece lo spaventa un po’. Per la pizza preferisco il lievito di birra alla pasta madre acida, ma ne uso ormai pochissimo, e lo lascio lavorare almeno 24 ore. Ho imparato a conservare il mio panetto di pasta in fondo al frigorifero, ben coperto. Impasto oggi per domani e comunque interrompo la lievitazione con una piega a tre, almeno tre volte prima di metterlo a riposare in frigorifero. Poi estraggo definitivamente l’impasto dal frigo, e lascio che si acclimati e ritorni a temperatura ambiente. Solo allora la pasta riprenderà a crescere in modo deciso, e a quel punto non va più strapazzata, ma, al contrario, va trattata dolcemente e protetta dalle correnti d’aria. La allargo sulla spianatoia unta o infarinata, e mi aiuto con le mani o con il mattarello, ma sempre con garbo.

Passare dal forno a gas a quello elettrico è stata una svolta. La temperatura interna può essere anche molto alta, ma il forno ventilato garantisce un calore uniforme e costante. Inoltre da qualche anno possiedo una pietra refrattaria da forno. Dopo averla fatta scaldare bene, appoggio la pizza sulla pietra con l’aiuto della pala, senza bisogno di teglia: il risultato è spettacolare!

Quindi ormai padroneggio tre tipi di impasto per la pizza, che uso a seconda delle esigenze del momento.

Se mi prende una voglia di pizza repentina e incontenibile, impasto anche senza lievito, solo con farina, acqua e olio. Uso una farina forte, tiro una sfoglia sottile che condisco come la pizza, e cuocio sulla pietra.

Se ho tempo, ma non tutto quello che servirebbe, impasto mescolando farina forte e debole, usando una proporzione abbastanza fissa: 300 g di farina debole e 200 g forte, aggiungo 5 g di lievito di birra e non troppa acqua (200 ml circa). Basta impastare il mezzogiorno per la sera, ancora meglio il mattino per la sera.

Se ho tempo di fare le cose con calma, invece, allora inverto le proporzioni, aumento la farina forte e diminuisco la debole. Aggiungo più acqua, almeno 300 ml e meno lievito, mai più di 3 g. Ottengo un impasto mollo che mi preoccupa ogni volta, e ogni volta mi sorprende, perché la farina si idrata pian piano, durante le 24 ore di lievitazione in frigorifero, e l’impasto molliccio si trasforma in un panetto morbido di pasta super digeribile con cui fare la pizza.

In tutti e tre i casi, per me la pizza è sempre solo Margherita: pomodoro, olio, sale, origano e mozzarella buona.

Incredibile, vero, per la ragazza del lievito Pizzaiolo?

 

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