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Pubblicazione: 03/04/2023
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La Pasqua è la più importante festa cristiana, evento fondante delle fede stessa, tuttavia i suoi simboli e le sue tradizioni, anche culinarie, si intersecano con quelli dei culti pagani preesistenti e con quelli della Pasqua ebraica.
Un mix di cultura e fede che ha dato vita alle ricette dolci e salate che caratterizzano questo periodo.
Una fetta di colomba o di pastiera, il casatiello o l’uovo di cioccolato, sono piaceri nati per festeggiare la fine delle restrizioni quaresimali. Tuttavia essi, come tutti i piatti della tradizione, non sono solo semplici cibi, ma simboli della cultura alla quale appartengono.
In questo articolo vi parlerò dei principali simboli pasquali, delle loro origini e di come sono presenti sulle nostre tavole.
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La prima associazione che viene in mente parlando di Pasqua è senza dubbio quella con le uova, da sempre considerate simbolo di vita.
Nel 2000 a.C. a partire dai popoli mesopotamici si diffonde l’archetipo dell’uovo cosmico per spiegare l’origine del mondo.
“Ab ovo usque ad mala”, “dall’uovo alle mele”, diceva Orazio ricordando come i banchetti dei romani iniziassero con le uova e terminassero con le mele.
“Ex ovo omnia”, “tutto viene dall’uovo”, declama sul finire dell’800 l’evoluzionista Ernst Haeckel.
Nei secoli il valore simbolico di questo alimento è assorbito dal cristianesimo che ne fa un simbolo della Pasqua. L’uovo duro e a prima vista inanimato, come la pietra che chiudeva il sepolcro, in realtà racchiude in sé il mistero della vita e della rinascita.
Come spesso accade le tradizioni sono sostenute anche da ragioni pratiche: durante la Quaresima in passato era vietato il consumo di carne e derivati così per non sprecare le uova, e farle durare fino a Pasqua, si rassodavano. Spesso venivano decorate con motivi sacri, o colorate di rosso a ricordo della passione di Cristo, e fatte benedire per poi regalarle. Questa usanza è ancora oggi diffusa nei Paesi Nordici e in generale in quelli protestanti.
Vediamo ora come il simbolismo delle uova si esprime anche a tavola in due ricette simbolo della Pasqua italiana: la torta pasqualina, piatto tipico genovese carico di simbolismi risalente al 1400. Un guscio di pasta matta racchiude un sostanzioso ripieno a base di erbette, maggiorana e ricotta: alimenti tipici primaverili. Alla farcia si aggiungono poi le uova crude che si rassoderanno in cottura. La ricetta originale vuole che la torta venga chiusa con 33 sfoglie di pasta matta, a simboleggiare gli anni di Cristo.
Il casatiello: un rustico salato, arricchito dallo strutto (alimento che andava consumato prima del caldo estivo), sulla superficie del quale fanno bella mostra le uova sode legate con una croce di pasta.
Anche all’estero le uova sono protagoniste delle tavole pasquali insieme ad altri segni caratterizzanti questa ricorrenza, come in Ecuador dove si prepara la Fanesca, una zuppa a base di 12 cereali che ricordano i dodici apostoli, con il baccalà che simboleggia Cristo e con le uova sode segno di Resurrezione.
Nel Sud Italia le uova sono protagoniste anche di molti dolci pasquali tutti accomunati dalla forma rotonda, simbolo di perfezione e di vita.
In Sicilia le cuddura cull’ova sono il dolce pasquale per eccellenza in cui si ritrovano elementi sacri e profani. Il termine cuddura deriva dal greco “kollura” (corona) con cui i greci indicavano pani dalla forma circolare che offrivano agli dei per ottenere benevolenza e prosperità. Le cuddura cull’ova sono piccoli cestini di pasta con in cima un uovo sodo sormontato da una croce di impasto a ricordare la croce di Cristo. Possono essere anche di altre forme, tutte simboliche: a colomba, a campana o a cestino (per augurare abbondanza).
Simili a questi dolci siciliani sono le scarcelle pugliesi, le cuzzuppe calabresi e la piccidata lucana.
In Spagna si prepara la Mona de Pascua un dolce lievitato di forma tonda, glassato, al centro del quale viene posto un uovo.
In Grecia, in Turchia e nei Balcani le uova colorate di rosso vengono spesso poste sull’impasto dello Tsoureki, un tipico pane dolce.
E come dimenticare le uova di cioccolato tanto amate da grandi e piccini? La loro storia ce la racconta Barbara Panariello in questo interessante articolo.
Anche il pane è simbolo della Pasqua: se per gli ebrei il pane azzimo ricorda la fuga e la liberazione dalla schiavitù d’ Egitto per i cristiani rappresenta la morte e la rinascita di Cristo.
L’utilizzo del grano, prodotto dalla Madre terra, ha sempre avuto un grande valore simbolico e numerosi erano anche i riti pagani primaverili per propiziare il raccolto.
Tradizionalmente preparato dalle donne il Venerdì Santo il pane è presente sulle tavole Pasquali di tutto il mondo. Talvolta è semplice e dolce come gli hot cross buns della Gran Bretagna, piccoli e morbidi panini alla cannella sulla superficie dei quali viene realizzata una croce con acqua e farina. O come la paska, un pane dolce ucraino dalla forma circolare sulla cui superficie spesso vengono incise delle croci a ricordo di Cristo.
Altre volte è un pane ricco come il tortano napoletano, arricchito con formaggi e salumi, che testimoniano la ripresa dell’attività casearia legata alla primavera e la fine della dieta di magro. Ricordo anche la pizza al formaggio, di origine medievale, che allieta le tavole del centro Italia con la sua simbolica forma tonda e il ricco impasto che fa dimenticare le restrizioni quaresimali.
Abbiamo poi i pani dolci come la schiacciata dolce toscana, la pagnotta dolce di Sarsina in Emilia Romagna o la pinza dolce di Trieste.
Tra i pani dolci italiani merita un paragrafo a parte la colomba di origini Lombarde ma assurta ormai a dolce nazionale.
La colomba è simbolo di pace per tutto il mondo, per i Cristiani rappresenta lo Spirito Santo, la salvezza e la speranza.
È il dolce pasquale tradizionale del Nord Italia (anche se ormai il suo consumo si è diffuso in tutta la nazione) e le sue origini si perdono tra storia e leggenda, anzi ben tre leggende.
La prima fa risalire la nascita della colomba al 572: la città di Pavia viene assediata dai Longobardi di Re Alboino che dopo tre anni riesce a conquistarla. I pavesi, preso atto della situazione, donano agli invasori dei soffici dolci a forma di colomba. Pavia diventa così la capitale del nuovo regno.
La seconda leggenda vede ancora protagonista Pavia. Siamo nel 612 e San Colombano giunge nella città con una delegazione di pellegrini irlandesi. La regina Teodolinda fa preparare un lauto banchetto ma essendo tempo di Quaresima gli ospiti rifiutano di mangiare la carne. La sovrana si indispettisce, allora San Colombano benedice le carni che si trasformano in bianche colombe di pane.
La terza leggenda ci porta alla Battaglia di Legnano del 1176. Si narra che durante la battaglia in cui i Comuni della Lega Lombarda sconfissero Federico Barbarossa due colombe si posarono sui vessilli della Lega. un condottiero li indicò ai suoi uomini come esempio, e fece preparare per loro dei pani dolci a forma di colomba.
La colomba che portiamo oggi sulle nostre tavole ha però origini più recenti: siamo a Milano nel 1930 e la storica azienda dolciaria Motta decide di sfruttare i macchinari che in inverno producono panettoni per creare un dolce Pasquale.
Il nuovo dolce a base di farina, burro, zucchero e scorza d’arancia candita golosamente ricoperto di glassa alle mandorle riscuote un enorme successo.
Certo, anche la sua forma che rimanda al simbolismo Pasquale e ai concetti cristiani di speranza e rinascita contribuisce a farla amare agli italiani.
Negli ultimi anni la colomba è sempre più al centro dell’attività di pasticceri e panificatori che ogni anno sperimentano nuovi abbinamenti e bilanciamenti.
Il dolce per eccellenza della Pasqua napoletana, così come la colomba, “Sua Maestà” la pastiera napoletana è ormai diffusa in tutto lo stivale ed è frequente trovarle vicine sulla tavola della festa.
Le sue origini affondano nel mito che vuole la dea Partenope sua creatrice. Altre leggende narrano di pescatori che, in balia delle onde per giorni, sopravvivono grazie alla “pasta di ieri” preparata con uova, ricotta e grano.
Le prime tracce storiche risalgono al 1693 quando Antonio Latini ne scrive la prima versione poi perfezionata dalle suore di San Gregorio Armeno. Ippolito Cavalcanti nel 1837, nel “Trattato di cucina teorico-pratica” scrive invece la ricetta come la conosciamo oggi.
Come altri dolci dalle antiche origini, anche nella pastiera si trova un forte simbolismo: il grano cotto nel latte simboleggia la natura e l’unione del regno vegetale con quello animale, le uova sono auspicio di fertilità e vita nuova, così come l’acqua di fiori d’arancio che ricorda la nuova vita che sboccia in primavera.
Nata a Napoli conquista negli anni tutta Italia grazie al suo gusto pieno e al suo profumo inebriante.
La Pasqua si avvicina e io vi porgo i miei migliori auguri per una festa di rinascita e speranza arricchita dalla consapevolezza che il cibo che mangiamo è molto più di una semplice ricetta.
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