La Bagna Caoda

Bagna caoda

Pubblicazione: 08/02/2016

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Giornata Nazionale della bagna caoda

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Ambasciatrice Veronica Geraci per il Calendario Del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

Molti piatti raccontano una storia che narra di migrazioni di popoli, usi e tradizioni nate spesso dal bisogno e dalla necessità. La Bagna Caoda, uno dei piatti più caratteristici della cucina piemontese, è sicuramente uno di questi.

Le sue origini sono da ricercarsi al di là delle Alpi, in quelle valli del Rodano lungo le quali si snodavano le rotte commerciali battute dai mercanti sin dal Medioevo. Gli scambi fra la Provenza e le adiacenti valli piemontesi furono intensi e proficui, già allora, come dimostra il perdurare di certe peculiarità culturali e linguistiche, che spaziano dalla lingua occitanica parlata ancor oggi in alcune zone di confine al tramandarsi di ricette e tradizioni, di cui la Bagna Caoda costituisce uno degli esempi più significativi.

La sua origine storica è da ricercarsi nelle celeberrime “vie del sale”, antichi percorsi utilizzati per trasportare merci prevalentemente dal mare verso l’entroterra.

Ingrediente fondamentale per la produzione e la conservazione degli alimenti, il sale arrivava nel Basso Piemonte non dalla Liguria, le cui coste troppo rocciose e frastagliate non consentivano questa produzione, ma dalla Provenza: troviamo attestazioni di questo commercio sin dal XII secolo, lungo la strata salis, un percorso articolato “che univa le saline provenzali con Nizza Marittima, si ramificava nelle Valli Maira, Stura, Gesso e Vermenagna, si riuniva poi a Cuneo proseguendo fino ad Asti, dove poi il sale veniva smistato capillarmente in un vasto territorio”.

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Alla diffusione del sale è strettamente connesso anche l’approvvigionamento delle acciughe, pescate in grandi quantità nel Golfo del Leone e distribuite poi lungo le stesse rotte in barili di legno, alternate a strati di sale. Questo spiega la curiosa presenza di questo pesce nella gastronomia di una regione senza affacci sul mare: leggenda vuole che le acciughe venissero usate per coprire i barili di sale, un espediente per evitare di pagare i dazi doganali, altissimi su questo prodotto e più bassi sul pesce. Da lì la diffusione e, immediatamente dopo, il commercio.

Quello che è certo è che le acciughe vantarono presto una categoria di venditori esclusiva, gli ancioè, montanari della Val Maira che, nella brutta stagione, andavano di porta in porta a proporre l’acquisto del loro prodotto, anche in modiche quantità. Questo favorì una diffusione capillare dell’acciuga che divenne ben presto un complemento a molte pietanze, trasversale a tutte le case, dei ricchi come dei poveri.

L’altro ingrediente “forestiero” è l’olio.

Nel Cinquecento e nel Seicento i Piemontesi consumano soprattutto olio di noci e nocciole. Si coltivavano anche le olive in Astesana, soprattutto sulle colline delle Valli Belbo e Tiglione. Nel 1709 l’orrido gelo dell’’inverno causò la morte di molti olivi e il graduale abbandono della loro coltivazione, ripresa ora negli ultimi anni da alcuni nuovi pionieri.

La Bagna Cauda nell’Ottocento, ormai dominatrice sulla tavola del contadino piemontese (in particolare astigiano e monferrino) è definitivamente a base di olio d’oliva anche se non manca l’uso di aggiungervi un pezzo di burro.

Proprio la presenza di due ingredienti “forestieri” ha fatto ipotizzare che la Bagna Caoda sia un derivato dell’Anchoiade, una salsa provenzale pestata, a base di acciughe, aglio olio e aceto, importata quasi sicuramente dagli allora attivissimi mercanti astigiani. Di sapore forte e deciso, l’anchoiade era una salsa a crudo, a sua volta accompagnata con verdure rigorosamente crude. Quando questa salsa arrivò in Piemonte, venne considerata un po’ troppo aggressiva (in piemontese si direbbe “brusca”) e così i piemontesi la adattarono ai loro gusti e alle risorse del loro territorio.

Tramandata di generazione in generazione, la ricetta della Bagna Caòda ha subito numerose variazioni e interpretazioni.

Cibo tipicamente contadino, è stato a lungo ignorato dalla nobiltà a causa della massiccia presenza dell’aglio, che poco si adattava alla vita di corte, e nei testi di gastronomia piemontese dell’epoca non vi è praticamente alcuna traccia della ricetta. Solo nel 1875 il romanziere Roberto Sacchetti descrive la ricetta della Bagna Cauda da lui gustata a Montechiaro d’Asti, in una redazione che è arrivata fino a noi: i suoi ingredienti di base sono le acciughe e l’aglio, prescritto dagli Statuti Medievali e dai Bandi Campestri come coltura obbligatoria per ogni coltivatore proprietario.

RICETTA

La ricetta originale del Sacchetti prevede, per ogni commensale, 3 o 4 acciughe rosse di Spagna, belle polpose, 3 o 4 spicchi d’aglio, un bicchiere di olio extra vergine d’oliva e un pezzo di burro (circa 50 g).

Da qui in poi si sono diffuse altre versioni, differenti soprattutto nei metodi di preparazione; ciò ha spinto la Delegazione di Asti dell’Accademia Italiana della Cucina a depositare una la ricetta seguente a Costigliole d’Asti, il 7 febbraio 2005.

Oggi è ritenuta da più parti la versione più attendibile e corretta.

Ingredienti per 12 persone:

12 teste d’aglio

6 bicchieri da vino di olio d’oliva e, se possibile, un bicchierino di olio di noci

6 hg di acciughe rosse di Spagna

Sbucciate l’aglio e private gli spicchi del loro germoglio. Affettateli e metteteli in un tegame di coccio. Coprite con un un bicchiere d’olio e iniziate la cottura a fuoco bassissimo, rimescolando con un cucchiaio di legno e badando a che non prenda colore: aggiungete poi le acciughe dissalate e diliscate rimestandole delicatamente. Coprite con il restante olio e fate cuocere a fuoco lento per circa mezz’ora, senza far mai friggere la salsa.

Se preferite un sapore più morbido, potete aggiungere un pezzetto di burro freschissimo, a fine cottura.

A dispetto della sua collocazione nelle “salse”, la Bagna Caoda è, più che una pietanza, un vero e proprio sistema gastronomico, il cui consumo assume le sembianze di un vero e proprio rituale laico.

intanto Innanzitutto, deve essere consumata, come dice il nome, molto calda e appena fatta: per questo si utilizzano delle apposite ciotole di terracotta, i fujot, una per ogni commensale, che permettono di mantenerla a temperatura grazie a un lumino acceso messo nell’apposito spazio.

Le verdure da intingere sono quelle tipiche del tardo autunno e dell’inverno, alcune presenti solo in zona, come i cardi gobbi di Nizza o i cardi spadoni di Chieri; a queste si aggiungono peperoni crudi, peperoni arrostiti e spellati, cipollotti lunghi (siolot in piemontese), cavoli, cavolfiori lessati, cipolle al forno, patate bollite, barbabietole rosse al forno, topinambur, carote crude e quant’altro. Guai ad utilizzarle a mo’ di “palot” (paletta) per impossessarsi della parte più cremosa dell’intingolo e ad intingere pezzi già morsicati.

Bandito anche il pane, che assorbirebbe troppo, lasciando gli altri commensali a bocca quasi asciutta.

La Bagna Caoda si completa con la polenta fritta e l’uovo, da strapazzare nell’ultimo cucchiaio di salsa che rimane del fujot.

Ad accompagnare questo piatto saporito, un vino rosso, meglio se una Barbera giovane, a ricordo delle sue origini, quando la Bagna Caoda era il piatto preferito dai vignaioli per festeggiare la fine della vendemmia.

Nata come pietanza conviviale, per far trascorrere piacevolmente le lunghe serate invernali, semplice e saporita, la Bagna Caoda è oggi uscita dai confini regionali per diventare un piatto conosciuto in tutta Italia.

Da qualche anno esiste anche il Bagna Cauda Day, una manifestazione che si tiene ad Asti e nell’Astigiano, tutta dedicata interamente alla celebrazione delle glorie di questo intingolo, culminanti nel temerario Bacio di Mezzanotte, nella centrale Piazza San Secondo.

Partecipano come contributors:
Cristina Galliti, Tartare d’acciughe e barbabietole con bagna caoda
Camilla Assandri, Bagna càuda leggera con pane e verdure di stagione
Giorgia Pasqualotto, Flan di cardi con bagna caoda
Silvia Leoncini Bagna Cauda: Storia di Acciughe, Sale e Contrabbando

6 commenti

  1. Grazie per il bel post Veronica, sapevo dell’origine provenzale della bagna caoda ma non conoscevo la storia degli ancioè e mi era abbastanza sconosciuta anche tutta la parte legata al sale. Non sono mai riuscita a trovare accompagnatori per il Bagna Cauda Day purtroppo 🙂

  2. Questo piatto lo conoscevo ma non l’ho mai mangiato sarei veramente curiosa di provare anche se temo tutto questo aglio…mi accontento di leggere il tuo interessante post!

  3. Bellissimo articolo di ricerca su questa ricette ormai conosciuta ovunque e che mi piace tanto. Esiste secondo quanto scrive la direttrice di Sale & Pepe una versione dell’arciprete proveniente dal Piemonte di confine con la Liguria che prevede l’aggiunta di una fetta di filetto ed un altra chiamata Madama Reale pomposa e barocca che piaceva a Cristina di Francia duchessa Savoia che sembra la facesse servire anche a teatro dietro il suo palco. Mi sembrano molto interessanti queste info. trovate su Sale & Pepe forse ne trovi più specificatamente. Io prendo nota di questa mi piace assai. Buona fine settimana.

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