
27 Settembre 2023
Favole in cucina: Cappuccetto Rosso e il Lupo
La nostra Signora delle favole ci racconta la sua rivisitazione di Cappuccetto Rosso e il Lupo, naturalmente in chiave golosa e gastronomica...
Pubblicazione: 19 Giugno 2018
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La Liguria, forse più di ogni altra regione italiana, ha un’identità schizofrenica, compresa fra un paesaggio litoraneo troppo visibile agli occhi dei viaggiatori che ne hanno sempre apprezzato, sin dai tempi di Petrarca, la sua bellezza pittoresca, da cartolina, ed una Liguria interna, che sfugge all’occhio superficiale dell’osservatore, cocciutamente attaccata a una terra dura e cattiva. Massimo Quaini (1941-2017)
La Liguria, stretta tra i monti e il mare, è una terra che i suoi abitanti hanno dovuto lavorare duramente per poterne ricavare i mezzi per vivere.
Il territorio ligure non è favorevole all’agricoltura, ma la mitezza del clima e i terrazzamenti praticati sui pendii per ottenere terreno coltivabile consentono colture specializzate e redditizie. I liguri hanno sviluppato nel tempo una cucina essenziale e rigorosa, ma non per questo priva di inventiva e creatività. Cotture rapide e sane, materie prime naturali sono da sempre i punti di forza della cucina ligure.
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Tanti piatti tipici della Liguria hanno aneddoti legati alla loro creazione: è il caso della farinata, che deve la sua nascita a una tempesta in mare aperto. Alcuni barili di olio e alcuni sacchi di farina di ceci trasportati nella stiva di una nave impegnata nella Battaglia della Meloria del 1284, si ruppero e i rispettivi contenuti, mescolandosi all’acqua salata, diedero origine a una poltiglia dall’odore nauseante. Che venne però recuperata e che potè essere mangiata il giorno dopo facendola essiccare al sole.
Oggi il semplice impasto di farina di ceci, acqua, sale e olio viene cotto in tegami larghi e bassi, i tian, a fuoco molto alto, fino a ottenere una sfoglia sottile e dorata che è un vero must della cucina ligure. Ogni luogo ha la sua versione: quella con i bianchetti (acciughe piccole) o le sarde, quella al rosmarino, quella alle cipolle.
Una evoluzione della farinata è la panissa, sempre a base di farina di ceci, ma bollita per almeno un’ora sul fuoco, mescolata a una buona dose di pazienza, fatta raffreddare e gustata con un filo di olio rigorosamente ligure.
Il più noto tra i prodotti da forno della Liguria è forse la fugassa, un pane essenziale con farina, lievito, olio extravergine e sale. Regola d’oro per i liguri è iniziare la giornata con un pezzo di fugassa, quella sottile e croccante, lucida di olio e illuminata dai brillantini del sale. Va mangiata appena sfornata: un’ora più tardi è già diventata un’altra cosa. Si gusta a colazione nel cappuccino, a merenda o con l’aperitivo.
Un vanto del tratto della costa di Levante è un’altra focaccia: la Focaccia di Recco Igp, farcita con il formaggio. Vanta origini risalenti ai tempi delle scorrerie saracene quando gli abitanti della costa, fuggiti sulle montagne per mettersi in salvo, preparavano una focaccia con il formaggio d’alpeggio prodotto in loco. Ha un marchio di tutela di identificazione geografica protetta e da venticinque anni esiste il Consorzio Recco Gastronomica che ha lo scopo di promuovere e far conoscere ovunque la vera focaccia col formaggio, celebrata, nell’ultima domenica di maggio, con la Festa della focaccia di Recco col formaggio.
Conoscete la cucina bianca? Una cucina povera, legata al territorio e alla stagionalità, che raccoglie ricette con tutti ingredienti bianchi: farina, latticini, patate, aglio, cipolla, cavoli… il tocco di colore viene dato dall’utilizzo delle erbe aromatiche di cui la Liguria è grande produttrice. Le preziose mani delle massaie liguri utilizzavano in modo ingegnoso i vari ingredienti a disposizione e creavano piatti essenziali, necessari al sostentamento di tutta la famiglia, preparati a volte in rifugi poco attrezzati.
Questi piatti oggi si possono riassaggiare durante la festa della Strada della cucina bianca-Civiltà delle Malghe di Mendatica (Imperia), l’ultima domenica di agosto. Durante i giorni della festa si può ripercorrere un cammino che parte dalla Liguria e arriva fino in Francia passando attraverso il Piemonte, sottolineando così le similitudini nella tradizione gastronomica di queste diverse zone.
Tra i piatti più noti della cucina bianca c’è il streppa e caccia là, un piatto che veniva preparato durante la transumanza con crema di latte, aglio e bruss (una ricotta fermentata) e lasciato a insaporire per una settimana.
Eccone qui la ricetta, tratta da Il Giornale del Cibo.
Ingredienti
Per la pasta:
600 g farina
q.b. acqua e sale
q.b. verdure stagionali (patate, cavolo verza, rape)
Per il condimento:
2 porri
200 g crema di latte o panna
200 g bruss
1 spicchio di aglio
q.b. olio extra vergine di oliva
q.b. sale
q.b. formaggio stagionato
Procedimento
Formate un morbido e malleabile impasto di acqua, farina e sale. Portate ad ebollizione l’acqua salata, versate a tocchetti le verdure, tirate la pasta facendo ruotare le mani e strappate con le dita sottili strisce di pasta da mettere immediatamente in acqua. Scolate dopo 5 minuti, versate il condimento con l’aggiunta di acqua di cottura per meglio legare le parti e armonizzare i sapori.
L’agliè è invece un piatto a base di patate e aglio; la brussusa si preparava per recuperare il pane raffermo, cui si aggiungevano aglio e bruss per poi cuocere il tutto nel forno a legna. I sugelli sono invece gnocchetti di acqua e farina, conditi con il bruss. Non può mancare il dolce: il friscio de’ mei, che, come dice il nome, è a base di miele.
La Liguria e la pasta
I liguri sono sempre stati un popolo di viaggiatori e i lunghi periodi di assenza li costringevano a cibarsi di alimenti conservati e, una volta tornati nella loro Liguria, il desiderio dei sapori freschi era insopprimibile. Furono proprio le lunghe navigazioni che permisero la diffusione della pasta: per la sua conservabilità costituiva un valido alimento per l’equipaggio e una merce di scambio con i popoli del Mediterraneo. Un gusto speciale per la pasta i liguri lo svilupparono di certo durante le navigazioni, sperimentando e facendo propri tutti i sapori delle terre dove sbarcavano, tanto che già nel 1150 nacque la corporazione dei mastri fidela, cioè dei maestri pastai, previsti a bordo delle galee.
L’elenco dei formati di pasta tipici della Liguria è lungo: i corzetti sono piccoli dischi di pasta decorati; i pansoti sono ravioli di magro; le gasse sono simili a farfalle; i mandilli de seea sono riquadri di pasta; le picagge sono delle tagliatelle; le trenette sono simili a spaghetti; le trofie sono piccole e dalla forma irregolare. Paste fresche o secche, tutti i formati sono nati per essere conditi con il pesto, con le erbe spontanee o solo con l’olio.
Una cucina delle grandi occasioni è data da due piatti della tradizione: la torta pasqualina e il cappon magro. La torta pasqualina esigeva in principio trentatré strati di sfoglia come gli anni di Gesù e, sull’ultimo, erano impresse le iniziali della famiglia. Il ripieno è a base di bieta, uova, formaggio tipo grana, ricotta e maggiorana. Il taglio mette in bella mostra la trasformazione dell’uovo da crudo a sodo.
Tutta un’altra ricetta è il cappon magro. Vi viene alla mente il volatile presente sulle nostre tavole a Natale? Non c’entra niente! Il cappon magro è un piatto a base di pesce, la cui origine risale al cibo dei galioti (rematori delle galere) il cui rancio di gallette, olio, fave, castagne, baccalà si evolse nel tempo. Nel cappon magro non possono mancare branzino (o cappone), bottarga, scampi, filetti di alici e poi le verdure come radici di scrozonera, cavolfiore, sedano, fagiolini, patate, carote, barbabietole.
Tutti questi ingredienti, una volta cotti separatamente, vengono alternati a strati su gallette bagnate con aceto e decorati con funghetti sott’olio e uova sode.
Nell’ambito della cucina di pesce in contrapposizione al cappon magro (che proprio magro non è…), non possiamo non citare la capponadda, un vero piatto povero e di recupero. Il nome non deve trarre in inganno ed essere associato al famoso piatto siciliano a base di melanzane. La capponadda in Liguria è la vera schiscetta del marinaio; potremmo paragonarla alla panzanella toscana in quanto piatto di recupero del pane raffermo. La base infatti è data dalla galletta del marinaio, un pane secco e schiacciato che ben si conservava nelle imbarcazioni. La capponadda originale si prepara rompendo le gallette, strofinandoci sopra uno spicchio d’aglio e imbevendole di acqua e aceto per farle rinvenire. A parte si spezzettano dei pomodorini, delle uova sode e delle acciughe, si aggiungono capperi e olive e il tutto viene messo in un recipiente largo, insieme al mosciame di tonno sbriciolato. A questo punto si uniscono le gallette scolate e si aggiunge una generosa dose di olio d’oliva.
Concludiamo dicendo che la cucina della Liguria non spreca neanche un filo di erba, precorre la moda salutista degli ultimi anni, utilizza tutti i prodotti che una terra “cattiva” serba in sé, ha una vocazione verde, una vocazione alle contaminazioni pur restando attaccata alle proprie radici.
Bibliografia e sitografia:
Bell’Italia Liguria nr 67 2001
Bell’Italia Liguria nr 55 2000
I meridiani nr 47
La capponadda
Il giornale del cibo
Autrice: Grazie Parisi del blog Grazia in cucina
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