24/10/2024
Frida Kahlo e il cibo: arte, cultura e passione
Gabriella Rizzo ci racconta Frida Kahlo, donna volitiva e passionale e artista iconica. Il suo rapporto con il cibo tra arte, cultura e passione.
Pubblicazione: 19/05/2023
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Il Pane toscano sciocco è forse il più famoso dei pani senza sale diffusi nell’Italia centrale. Sono pochi infatti quei panificati che, tra le oltre 250 tipologie sparse nel territorio italiano, vantano l’assenza di questo ingrediente che spesso è considerato necessario per “chiudere” l’impasto quando si panifica. Facciamo un viaggio nella sua storia, frutto di eterne rivalità, nel suo disciplinare fino ad arrivare a capire come (e se) è possibile riprodurre un buon pane sciocco a casa… per chi ha nostalgia della Toscana!
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Nell’Italia Centrale, sono moltissime le tipologie di pane che non prevedono il sale. Sul perché ci sono tante ipotesi e poche certezze.
In Umbria e nelle Marche si fa risalire questa abitudine al periodo pontificio quando vennero imposte tasse salate sul cosiddetto “oro bianco” scatenando rivolte che portarono alla “guerra del Sale” di Perugia. I cittadini, già ampiamente sfruttati nelle loro risorse per alimentare la Città Eterna, decisero quindi di fare il pane senza sale per non contribuire più all’erario pontificio.
A questa motivazione storica bisogna aggiungerne anche un’altra legata alla “rarità” del sale in zone lontane dal mare, che lo rendeva un alimento irraggiungibile per le tasche del popolo. Inoltre, i sapori forti che ancora caratterizzano la cucina umbro-marchigiana meglio si sposano con un pane più delicato. Se questa ultima considerazione è valida anche per la cucina toscana, molto sapida e succulenta, la ragione storica è ben diversa e si fa risalire al forte campanilismo che ancora oggi scorre nelle vene dei toscani.
In Toscana tutti sono contro tutti: Livornesi contro Pisani, Senesi contro Aretini, Lucchesi contro Livornesi, Fiorentini un po’ contro tutti. Ma la rivalità che ha segnato così tanto la cultura culinaria toscana tanto da far nascere un pane senza sale è quella tra Firenze e Pisa.
La città della Torre Pendente era nel Medioevo una delle quattro repubbliche marinare e, per la sua posizione geografica (tra il mar Tirreno e la Foce dell’Arno) gestiva tutti i commerci che andavano verso le altre città nell’entroterra. Anche il sale risaliva il fiume Arno per arrivare a Firenze. Pisa nel ‘200 cominciò ad avere sempre più difficoltà ad ottenerlo a causa dei pirati saraceni, per cui cominciarono a tassare in modo pesante quello che portavano a Firenze. I fiorentini considerarono questa decisione un’onta e decisero quindi di farne a meno, realizzando il pane senza sale ed alcuni salumi con altri insaporitori (come la finocchiona). Se questa fu la causa non possiamo dirlo con certezza, ma sicuramente già all’epoca di Dante a Firenze il pane era sciocco, dato che Dante afferma nel XVII canto del Paradiso, riferendosi suo esilio “Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui”.
Acqua, farina e lievito. In soldoni il pane toscano è tutto qui. Ma questi tre elementi devono essere di qualità e utilizzati, come vedremo, secondo un rigido disciplinare che ha reso DOP questo alimento dal 2016.
Il Pane Toscano a Lievitazione Naturale è ottenuto dalla panificazione di farina di frumento tenero toscano, di tipo “0” con ancora intatto il germe di grano, lievito naturale ed acqua. Nell’impasto non devono essere aggiunti additivi o coadiuvanti tecnologici di varia natura.
Il grano da cui nasce il pane toscano si coltiva in zone molto diverse della regione, ognuna con le sue peculiarità. Miscelando differenti farine si può ottenere una materia prima equilibrata con il giusto quantitativo di glutine.
Il Pane Toscano DOP per essere tale deve rispettare alcune caratteristiche:
Dal 2016, anno del primo disciplinare, c’è stata una grande evoluzione nel campo delle farine e della panificazione: sono state ri-scoperte le farine antiche, si è valorizzata la molitura a pietra e, complice anche il lockdown che ha trasformato molti consumatori in temporanei panettieri, si è diffusa una maggiore consapevolezza negli acquirenti su come vengono prodotti gli alimenti, con una crescente preferenza verso cibi meno trattati e più rustici.
Questa tendenza non poteva essere ignorata dal Consorzio per la Tutela del Pane Toscano e così a inizio di quest’anno sono state approvate alcune modifiche. Sostanzialmente, proprio per venire incontro al cambiamento del mercato, sono state introdotte altre varietà di farina; fermo restando lo stretto legame col territorio sia come origine sia come produzione, alle varietà di farina 0 (citate nel disciplinare originario) sono state aggiunte quelle a cariosside rossa, come la farina Verna, Pandas, Centauro e Serio, cioè farine più “grezze” di tipo 1 o 2 ottenute con la molitura a pietra invece che a cilindri come per la farina bianca. Possono essere addizionate altre farine, ma sempre obbligatoriamente iscritte al Repertorio Regionale del Germoplasma Toscano. Anche in quest’ultimo aggiornamento è specificata la necessità dell’utilizzo del lievito madre, con delle caratteristiche microbiologiche precise, che deve essere creato partendo da quello detenuto all’Istituto di Agraria di Pisa, per ottenere uniformità nel processo produttivo, nel gusto e nella durata.
La produzione di pane toscano prevede una gestione delle materie prime e della filiera produttiva che, con alcuni accorgimenti, possono essere riprodotte in piccolo per fare un filone di pane in casa utilizzando strumenti e tecniche alla portata di tutti. Di seguito, una spiegazione della preparazione casalinga ispirata al disciplinare.
Per preparare il pane toscano è necessario partire dalla biga, un pre-impasto molto asciutto che serve a dare maggiore forza al lievito madre, che va fatta la sera prima e lasciato lievitare a temperatura ambiente. Per ottenere un filone da circa un chilo la biga deve essere realizzata con 30 g di lievito madre a cui vanno aggiunti 60 g di farina 0 e 40 g di acqua.
Passate almeno otto ore di riposo la biga così formata va miscelata con 500 g di farina 0,5 g di malto diastasico e 330 g di acqua.
Il pane Toscano non è un pane molto idratato, ma ha una crosta spessa e alveolatura leggera. Una volta ottenuto l’impasto, va lavorato con delle pieghe, o in ciotola o sul piano di lavoro, pirlato e poi messo a riposare per una prima ora sotto la ciotola. Successivamente una volta allargato e realizzata una piega a portafoglio, va messo a fare la lievitazione in massa fino al raddoppio. Quest’ultima non ha un tempo preciso dato che dipende molto dalla temperatura ambientale e dalla forma del lievito madre. Indicativamente serviranno 6/8 ore.
Una volta terminata la lievitazione bisogna dare all’impasto la classica forma del filone e metterlo in un cestino da lievitazione a fare l’ultima lievitazione di circa un’ora. Terminata questa il pane è pronto per essere infornato. Come ben specificato dal disciplinare il colore del Pane Toscano DOP è un nocciola chiaro e questo presuppone una cottura a “bassa” temperatura, iniziando da 220° C per arrivare scalando ai 180° C. Una volta cotto va fatto asciugare, prima a forno spento aperto e poi su una gratella in modo da far evaporare l’umidità.
Il pane così realizzato si presta bene a realizzare bruschette e crostoni, per essere gustato con i salumi e a preparare zuppe e pietanze di recupero tipiche della cucina toscana e che l’hanno resa famosa nel mondo. Perché oltre alla bistecca alla fiorentina, c’è molto di più!
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Articolo molto interessante, spiega chiaramente la storia di questo pane, grazie