La Dieta Mediterranea

Pubblicazione: 12/09/2016

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La “Dieta Mediterranea” è l’invenzione di un americano, non si basa sul consumo di pane e pasta ed è un modello in continua evoluzione. La provocazione iniziale è voluta, perché in troppi pensano di sapere cosa sia, basandosi soprattutto su luoghi comuni. In questo articolo cercheremo di inquadrare il tema e mettere chiarezza sulle principali questioni.

1. Tradizione o invenzione?

La Dieta Mediterranea: “È un modello costruito a tavolino, a cominciare dagli anni Cinquanta del ventesimo secolo, per motivi e per scopi ben precisi, di carattere medico-sanitario: trovare un correttivo alla dieta eccessivamente proteica e calorica dei popoli ricchi, cioè in primo luogo degli americani” (Montanari, Riposo della polpetta).

Negli anni Cinquanta il fisiologo e nutrizionista americano Ancel Keys, confrontandosi con Gino Bergami e altri colleghi italiani, si stupì della preponderante incidenza di morti per infarto negli Stati Uniti rispetto a Napoli. Keys non riusciva a comprenderne le cause ed era curioso di approfondire perché questa strana malattia colpisse i ricchi americani ma non gli operai napoletani: com’era possibile che i primi avessero un’aspettativa di vita minore dei secondi? Keys si trasferisce in Campania con sua moglie Margaret Haney, biologa, avviando numerose ricerche comprendenti screening della popolazione maschile napoletana e studi comparativi tra Italia, Stati Uniti d’America, Finlandia, Jugoslavia, Giappone, Olanda e Grecia. Inizia così la costruzione della “dieta mediterranea”, che non è solo un modo di nutrirsi, ma uno stile di vita.

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Quella di Keys è un’astrazione, non una pura invenzione. La Dieta Mediterranea affonda le radici nella storia e nella cultura dei paesi del bacino del Mediterraneo. Questi paesi hanno culture e cucine diverse ma “[…] l’identità si definisce anche (o forse soprattutto) come differenza, cioè in rapporto agli altri” (Capatti, Montanari) e per un Americano le differenze tra le diverse culture mediterranee non erano poi così accentuate. Pur con cambiamenti continui nel modo di mangiare dagli antichi Romani ad oggi e nei diversi paesi che affacciano sul Mediterraneo, certi elementi sono una costante.
La dimensione evolutiva di questa dieta è fondamentale per comprendere che oggi, per tutelarla, non dobbiamo cristallizzarla e assumerla come un dogma, ma comprenderne i principi per mantenerne l’essenza, pur nel costante ed inevitabile cambiamento.

2. Grano, olio e vino

Ancel Keys individua alla base della Dieta Mediterranea grano, olio e vino. Questa triade porta con sé profondi significati: il grano è legato alla divinità greca Demetra, l’olio ad Atena, Dioniso al vino e sono sempre questi tre alimenti che si ritrovano alla base della tradizione cristiana. Grano, olio e vino erano i capisaldi dell’alimentazione greca e romana, espressione della loro civiltà cittadina e agricola, contrapposti a carne, latte e burro del modello alimentare dei popoli germanici, cacciatori, pastori e raccoglitori.
Questi due modelli alimentari iniziarono a convivere nell’Europa medioevale ma non si fusero totalmente: sul primo si basavano i giorni “di magro”, sul secondo i giorni “di grasso”, secondo precise indicazioni liturgiche. Nel frattempo, nel Mediterraneo islamico aveva preso piede una cultura in cui il vino era considerato impuro e pertanto escluso.

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Nonostante la differenza culturale, gli Arabi esportano nel resto del Mediterraneo agrumi, melanzane, carciofi, riso, pasta secca e nuove spezie, che portarono a una nuova configurazione del modello alimentare, pur sempre aderente ai principi della Dieta Mediterranea. Nuovi ingredienti arrivarono poi dall’America: il pomodoro, il fagiolo, il mais, le patate, il peperone, il peperoncino, e così via.
L’identità mediterranea “[…] è dunque da intendersi come una costruzione storica mutevole, frutto di larghi percorsi di scambio, che nel corso del tempo coinvolsero l’Africa e l’Asia, l’Europa e l’America”.

3. Le caratteristiche della dieta mediterranea

La storia della Dieta Mediterranea continua anche dopo Ancel Reys: molti ricercatori hanno portato avanti il suo lavoro. Gli studi hanno portato alla costruzione della “piramide alimentare”, una rappresentazione grafica che vede alla base gli alimenti che devono essere consumati più frequentemente e, salendo, gli alimenti da assumere con minor frequenza.

Pertanto si può affermare che la Dieta Mediterranea:
– preveda un elevato consumo di verdura, legumi, frutta e frutta secca, e cereali (di cui un 50% integrali);
– preveda un moderato consumo di pesce e prodotti caseari;
– preveda un basso consumo di carne rossa, carne bianca e dolci;
– suggerisca cibo stagionale e varietà nell’alimentazione;
eviti, quando possibile, cibi pronti e pietanze precotte o surgelate;
– utilizzi olio extravergine di oliva piuttosto che burro, pesce azzurro piuttosto che carne, pietanze con cotture leggere piuttosto che fritte;
– si basi in generale sulla moderazione nei consumi;
– promuova il coinvolgimento, la condivisione, la socializzazione.
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“Fra tutti i regimi alimentari del mondo, quello mediterraneo ha dimostrato di essere uno dei più sani, ma i suoi effetti non dipendono da singoli alimenti (non è un determinato cibo ad essere “buono” o “cattivo”), ma l’insieme delle abitudini alimentari, la combinazione dei cibi, la varietà della dieta e lo stile di vita” (Piovanelli).

4. La sostenibilità: la doppia piramide alimentare

Abbiamo visto come la Dieta Mediterranea sia un modello capace di adattarsi al contesto e alle sopraggiunte esigenze. Dall’emergere della tematica ambientale è nata la Doppia Piramide: la prima è la classica piramide alimentare, la seconda è la “piramide ambientale” che organizza gli stessi alimenti rispetto all’impronta ecologica del loro processo produttivo e del loro consumo. L’accostamento fa emergere che gli alimenti per i quali la piramide alimentare consiglia un consumo frequente, sono anche quelli più ecosostenibili. La Dieta Mediterranea, per le sue caratteristiche, rappresenta un ottimo esempio di eco-sostenibilità, e promuoverla consentirebbe di tutelare sia la salute dell’uomo che quella dell’ambiente in cui viviamo.

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5. Sempre più famosa, sempre meno seguita

Nel 2010 la Dieta Mediterranea è stata riconosciuta dall’UNESCO Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità: “Un patrimonio che riunisce le abitudini alimentari dei popoli del bacino del Mar Mediterraneo (Italia, Spagna, Grecia, Marocco, Portogallo, Croazia e Cipro) […] e che va ben oltre una semplice lista di alimenti ma riguarda la cultura di vita, le pratiche sociali, tradizionali e agricole” (dietamedunesco).
A una sempre crescente fama non è però corrisposta una maggiore adesione al modello da parte delle persone, tanto meno degli Italiani. L’Associazione italiana di epidemiologia, in occasione del 39° congresso nazionale, ha lanciato un importante allarme: solo il 20% della nostra popolazione oggi segue questo modello.
Già dal boom economico degli anni Sessanta, la nostra dieta è andata allontanandosi dal modello mediterraneo. Il fatto che Ancel Keys soggiornasse in Cilento è una parte fondamentale della storia: “[…] mentre l’Italia andava verso il miracolo economico, il Cilento rimaneva ancorato alle tradizioni dell’agricoltura di collina, quindi produceva verdura e olio e davanti a sè aveva un mare sterminato da cui coglieva tutte le proteine dei pesci” (Moro).
L’aumento del potere di acquisto fa aumentare il consumo di alcuni alimenti (carni, uova, latte, formaggi, ortaggi, frutta, oli, zucchero) a spese di altri (leguminose secche e cereali) e allontana dagli alimenti che nell’immaginario collettivo sono collegati alla povertà (di nuovo i legumi, considerati la carne dei poveri, il pesce cosiddetto “povero”, ecc.).
Oggi si è persa la distinzione tra piatti di festa e alimentazione quotidiana, e sono cambiati i ritmi di vita. In pochi vogliono dedicare tempo alla cucina, soprattutto quando possono mangiare fuori casa spendendo poco o comprare piatti già pronti al supermercato.

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Riscoprire il modello mediterraneo, adattandolo alle esigenze attuali, secondo Giovanni B. Panatta, Direttore dell’Istituto di nutrizione umana dell’Università di Ferrara, è possibile e auspicabile. “La Dieta Mediterranea […] ha tutti i requisiti necessari: di salubrità, di naturalità, di attrattività. È sobria ma non povera, è gustosa, varia, piena di colori, di odori, di sapori, di allettamenti per il nostro immaginario. Già il nome «è seducente – scriveva Alfredo Rabbi – perché subito fa pensare a sole e mare, a ortaggi freschi e frutte polpose, a pastasciutte allegre e fantasiose, a pane, formaggi, olio d’oliva»”.

Fonti:
Capatti Alberto, Montanari Massimo, La cucina italiana. Storia di una cultura, 2006, Laterza.
Montanari Massimo, Il riposo della polpetta e altre storie intorno al cibo, 2009, Laterza.
Moro Elisabetta, La dieta mediterranea. Mito e storia di uno stile di vita, 2014, Il Mulino.
Piovanelli Elena, La dieta mediterranea: gli effetti sulla salute dell’uomo parte I (https://www.instagram.com/p/xtvZnGgtdB/) e parte II (https://instagram.com/p/x9iX3pAtYN/?taken-by=dietistapiovanelli)
Rebora Giovanni, La civiltà della forchetta. Storie di cibi e di cucina, 2009, Laterza.
http://www.dietamedunesco.it/
http://www.dietamediterranea.it/
http://www.barillacfn.com/
Ringraziamenti
Scrivere questo articolo sarebbe stato impossibile senza i fondamentali apporti di Alessandra Gennaro e della Dr. Elena Piovanelli.
Partecipano come contributors:
Antonella Vergari, Spaghetti alla Trapanese
Alessandra Gabrielli, Insalata di lenticchie e caprino
Erica Repaci, La Dieta Mediterranea

Autori dell’articolo Juri e Daniela.

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