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Pubblicazione: 14 Settembre 2016
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Ambasciatrice Sara Sguerri per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar
Tutti li chiamano “cantucci”, ma i Pratesi sanno bene che i Biscotti di Prato, una delle più conosciute specialità della Toscana, dei cantucci sono soltanto “parenti alla lontana”. Ma soprattutto, a differenza di quest’ultimi, non sono affatto “bis-cotti”. Mentre i cantucci sono andati scomparendo (oggi, di loro resta soltanto l’inflazionatissimo nome), i Biscotti di Prato hanno progressivamente acquisito la loro identità fino a diventare una prelibatezza autentica: farina, uova, zucchero, mandorle e pinoli vengono impastati a formare dei filoncini che sono cotti in forno e poi tagliati, ancora tiepidi, a losanghe.
La loro storia ci porta dritti nel cuore della tradizione di Prato e dell’antica Arte bianca, per cui la città è famosa fin dal XVI secolo. Grazie alla celebre “bozza pratese”, un pane bianco “sciocco” (ossia senza sale) che traeva dalla qualità dei suoi ingredienti (la miscela di farine scelte, ma soprattutto l’acqua povera di calcare) il suo gusto squisito, la maestria dei panettieri pratesi era riconosciuta anche dai Medici, che ne andavano talmente pazzi da non volere altra qualità di pane quando soggiornavano nella loro Villa di Poggio a Caiano, considerando la “bozza” migliore anche dei pani prodotti a Firenze. Da poggese quale sono, non posso che dare ragione ai Medici: la squisita bozza pratese si produce ancora oggi esattamente come allora, ed ha ricevuto anche il riconoscimento PAT (Prodotto Agroalimentare Tradizionale).
I primi Biscotti nascono proprio in quell’epoca, quando le distinzioni tra forni e pasticcerie erano meno nette di oggi, ed hanno come progenitore proprio questo pane. Narrano infatti le cronache del tempo che Francesco I De’ Medici fosse cosi goloso di “bozza” da volerla anche in versione dolce; i fornai lo avevano accontentato, aggiungendo alla ricetta del pane albumi, zucchero e anice e modificando la tecnica di cottura: dopo aver cotto i filoncini, nella forma classica del pane, li tagliavano a tocchetti e li rimettevano in forno (“bis-cotti”, dunque), garantendo cosi una maggior conservabilità. Anche per questa ragione i “bischotelli”, come vennero chiamati, oltre ad essere sempre presenti nei menu dei banchetti di corte assieme alle altre ghiottonerie del tempo (i Cialdoncini, i Berlingozzi, i Mostaccioli), finirono presto anche nella bisaccia dei pellegrini, confortandoli durante i loro lunghi viaggi. Fu in questo periodo che si diffuse il nome di “cantucci” o “cantuccini”.
Per secoli imperò la confusione, almeno fino a quando Amadio Baldanzi, erudito pratese del XVIII secolo, trascrisse la ricetta ufficiale in un documento conservato nell’Archivio di Stato della città e datato forse 1779: i “cantucci” impallidiscono di fronte all’abbondanza e alla raffinatezza di questa versione, che vanta un impasto più ricco (mandorle e pinoli), più grasso (burro) e più profumato (vaniglia e limone al posto del più economico anice).
Sul nome bisognava lavorare ancora un po’, visto che il Baldanzi li aveva sì chiamati Biscotti, ma “alla Genovese”, con un chiaro riferimento alla loro durabilità: fu anche per questo che la confusione rimase, complice anche l’avvio di una produzione industriale che predilesse il più originale “Cantucci” al più anonimo “Biscotti”, nonostante i cantucci, nella loro versione antica, fossero già allora ormai praticamente scomparsi. Il guizzo d’orgoglio arrivò da un Pratese doc, Antonio Mattei, “già fabbricante di cantucci”, come si legge ancor oggi nell’insegna del suo storico locale di via Ricasoli, che un bel giorno decise di abbandonare la ricetta genericamente toscana per dare nuova vita a quella della sua città: e Biscotto di Prato, finalmente, fu.
Il Biscottificio Antonio Mattei (ai pratesi noto come “Mattonella”) produce e vende ancora oggi quasi la metà dei Biscotti con le mandorle prodotti artigianalmente in tutta la provincia di Prato; una produzione giornaliera capace di raddoppiare durante le feste di Natale, quando i clienti si accalcano fuori dal negozio. E mia mamma è una di quelli: non è Natale nella mia famiglia senza i Biscotti di Mattonella a fine pasto, magari innaffiati da un buon bicchiere di Vin Santo!
Accanto a Mattonella, esiste una capillare diffusione in tutto il territorio pratese: non c’è forno o panificio che non veda i Biscotti presenti sui propri banconi, a testimonianza del fatto che il prodotto fa parte della quotidianità della tavola ed è servito anche senza che ci sia un evento da festeggiare.
Se il biscottificio Antonio Mattei resta fortemente legato alla sua interpretazione storica del biscotto con le mandorle (nella versione senza burro), altri biscottifici non disdegnano di sbizzarrire la loro fantasia sostituendo alle mandorle la cioccolata, le nocciole, l’uvetta, le noci, la frutta candita, i pistacchi o i fichi secchi; oppure lavorando sulla consistenza del biscotto, aggiungendo il burro all’impasto – su suggerimento del Baldanzi – per conferire morbidezza. La sostanziale differenza rispetto alla ricetta codificata del 1779 è che oggi i Biscotti non vengono più “biscottati”, passaggio un tempo necessario per dare maggiore conservabilità al prodotto.
La diffusione a livello internazionale dei Biscotti di Prato negli ultimi cinquant’anni è testimoniata dal fatto che essi figurano come uno dei primi cinque biscotti italiani maggiormente conosciuti all’estero. La loro fama va di pari passo con l’attività tessile della città di Prato: gli imprenditori lanieri, recandosi per il mondo a vendere tessuti e filati, da sempre li portano con sé per omaggiare i propri clienti o per offrirli in assaggio negli stand delle fiere internazionali, contribuendo significativamente a farla conoscere ovunque. E anche qui, benché figlia di un “pellaio” fiorentino e non di un “laniere” pratese, posso testimoniare: mio padre non parte mai per una fiera senza un paio dei tradizionali pacchetti blu di Biscotti di Mattonella!
Dalle tavole dei Pratesi, dunque, i Biscotti hanno varcato i confini, contaminando anche il mondo del cinema: testimoni raccontano della comparsa di Sophia Loren e di Anna Magnani nel Biscottificio Antonio Mattei per acquistarli. Addirittura, in occasione della 58° Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, la madrina dell’evento Liz Taylor batté all’asta una confezione speciale del suddetto biscottificio. E come non ricordare Alberto Sordi nei panni dello squattrinato giornalista nel film “Una vita difficile”, quando in una trattoria di Roma chiede “quei biscottini da Prato”, perché “col vino rosso so’ i più bboni del mondo!”. Questo dialogo, tra l’altro, è la testimonianza della consuetudine, antica quanto i Biscotti stessi, di consumarli inzuppati nel Vin Santo o nel vino, avvalorata anche dai racconti dello scrittore fiorentino Ardengo Soffici: “(…) per non imbrogliarsi mettevano in tavola il rituale vassoio di latta a fiorami, sopravi la bottiglia del Marsala o del Vin Santo e i bicchieri per tutti, e il solito piatto di biscottini di Mattonella, che erano la famosa specialità pratese (…)”.
I Biscotti di Prato ed il Vin Santo, magari quello dei vigneti di Carmignano che colorano le colline che per anni ho osservato dalla finestra della mia camera, sono dunque quasi inscindibili, una fusione di vere eccellenze se si pensa che proprio da queste vigne uscì, nel lontano 1716, la prima DOC della storia del vino italiano. Che si preferisca inzuppare il biscotto nel bicchierino o che si decida di sorseggiare il dolce liquore toscano soltanto dopo aver gustato il sapore e la croccantezza dei Biscotti di Prato, l’abbinamento è d’obbligo.
Nel 2011 è stato istituito il Consorzio di Valorizzazione dei Biscotti di Prato ad opera di un gruppo di produttori, allo scopo di salvaguardare l’immagine e la tradizione di questa antica specialità apprezzata in Italia e nel mondo. Grazie ad esso, i Biscotti di Prato hanno ricevuto proprio di recente il riconoscimento del marchio IGP (Identificazione Geografica Protetta), alla base del quale c’è la ricetta dei Biscotti di Prato di Franco Ferrantini, Presidente onorario del Consorzio Pasticceri Pratesi, da lui messa a punto nel 1945 – ad appena tredici anni – secondo le indicazioni di Ferdinando Betti, presso la cui pasticceria il Ferrantini cominciò a muovere i primi passi. E’ questa la ricetta che qui riporto.
INGREDIENTI (per circa 30 Biscotti):
300 g di farina 00 + quella per la spianatoia
220 g di zucchero semolato
3 uova (di cui uno per spennellare)
125 g di mandorle con la “pelle”
25 g di pinoli della Versilia
Fate un cerchio di farina ed inseritevi lo zucchero al centro; aggiungete 2 uova.
A questo punto lavorate i prodotti all’interno del cerchio, senza toccare la farina, quindi inserite le mandorle e i pinoli ed impastate il tutto inglobando anche la farina. L’impasto dovrà risultare morbido: non preoccupatevi se sarà un po’ appiccicoso.
Infarinate il piano di lavoro e preparate due filoncini di 4/5 cm di larghezza, abbastanza tondeggianti, alti circa 1 cm; sistemateli in teglia e spennellateli con il restante uovo precedentemente sbattuto.
Cuocete nel forno già caldo a 210° C per cica 20 minuti.
Affettateli circa 15 minuti dopo averli sfornati (al momento del taglio non devono essere né troppo caldi né troppo freddi), ottenendo delle losanghe tagliate in obliquo, spesse circa 2 cm.
I Biscotti di Prato si conservano bene per diversi giorni in una scatola di latta ben chiusa.
Bibliografia e Sitografia:
Carena, G. Prontuario di vocaboli attinenti a cose domestiche, e altre di uso comune per saggio di un vocabolario metodico della lingua italiana, Marghieri Editore, Napoli, 1859.
Ferri, M. La vera storia dei cantucci e dei biscotti di Prato, Edizioni Le Lettere, Firenze, 2008.
AA. VV., I biscotti di Prato, Antiche Tradizioni Toscane, Claudio Martini Editore, Prato, 2014.
Mannucci, U. Bisenzio tradizioni e cucina, Piano B Edizioni srl, Prato, 2010.
http://www.acquabuona.it/2014/11/i-biscotti-di-prato-non-chiamateli-cantuccini/
Partecipano come contributors:
Sara Sguerri, Il Biscottificio Antonio Mattei: “Mattonella” e l’Arte “umile ma geniale” dei Biscotti di Prato
Valentina De Felice, Biscottini di Prato alle Noci, Lavanda e Polvere di Fichi
Sonia Lunghetti, Biscotti di Prato
Giuliana Fabris, Biscottini di Prato ai datteri e cioccolato
Anna Calabrese, I biscotti di Prato
Enrica Gouthier, Biscotti di Prato… auguri a te gioia mia
Stefania Pigoni, Biscotti di Prato al cioccolato
Lucia Melchiorre, Biscotti di Prato con il cioccolato
Alessandra Gabrielli, Tozzetti con le mandorle e nocciole
Cristina Tiddia, Biscotti di Prato
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Giusto il tempo di riprendere fiato dopo l’articolo di Walter sul Pesto Genovese, e oggi un articolo superlativo di Sara. Quando gli ambasciatori sono “del posto” gli articoli sono pregni di storia, di tradizione, di verità, di passione, di sentimento e di amore.
E quando i contributors sono così pieni di passione, voglia (e affetto, che conta parecchio), le giornate diventano ancora più ricche! Grazie a te Vale per esserci stata anche oggi 🙂
Che fine hanno fatto gli aromi che profumavano anticamente i biscotti di Prato ? Se non anice , almeno vaniglia e buccia di limone non sono inseriti nella ricetta . Come mai ?
Grazie,
Nancy Lombardo
Salve Nancy… La ricetta che ho riportato è quella del Betti, attenendomi però alle indicazioni ricevute direttamente dal Biscottificio Mattei (può leggere l’approfondimento sul mio blog), che in fatto di Biscotti di Prato è la fonte più autorevole e più longeva. Se le mandorle e i pinoli son buoni, il biscotto di Prato non ha certo bisogno di vaniglia o di limone, aromi che non sono caratteristici e sicuramente non sono “anticamente” tipici di questa preparazione. Quanto all’anice, se ha letto il post avrà compreso che è proprio dei cantuccini, che sono altra cosa. Grazie per la sua attenzione
Amica…hai fatto un lavorone!!!…Un articolo completo, ricco ed interessante! Bravissima! E poi un ultmia cosa….o mi vieni a trovare e mi porti questi biscottini..o alla prossima che faccio un salto da te me li fai assaggiare! Un abbraccio!
Amica mia, direi che stavolta tocca a me quindi… Te li porterò 😀 Grazie di cuore di aver apprezzato il mio lavoro! Un abbraccio
gran bel post Sara, particolarmente sentito 😉
anch’io ho il libro di Martini Editore, molto interessante!
Grazie di cuore Cris! Eh sì, è proprio un libro interessante 🙂 Felice che tu sia passata 🙂