
27 Settembre 2023
Favole in cucina: Cappuccetto Rosso e il Lupo
La nostra Signora delle favole ci racconta la sua rivisitazione di Cappuccetto Rosso e il Lupo, naturalmente in chiave golosa e gastronomica...
Pubblicazione: 13 Settembre 2016
Lista degli argomenti
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Ambasciatrice Antonella Vergari per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar
Oggi facciamo un viaggio nell’archeologia gastronomica con un piatto tipico diventato il simbolo del Salento: la Ciceri e Tria, conosciuta anche come lajana e ciciri, massaciciri o massa di San Giuseppe. Si tratta di una minestra di pasta con i ceci presente anche in Campania, nel Cilento. Nel suo nome ”tria” si nasconde la storia dell’arrivo della pasta secca in Italia avvenuta con la conquista della Sicilia da parte degli Arabi.
Origini e storia
“Il libro di Ruggiero”, una raccolta di carte geografiche del geografo arabo Idrisi, afferma che nel 1154, nella località di Trabia (presso Palermo), si produceva un particolare cibo fatto con la farina, di forma allungata, chiamato con il termine arabo Itriyah (pasta secca o pasta fritta); se ne sviluppò presto un intenso commercio, diffondendosi inizialmente in tutta la Sicilia, salendo poi verso Napoli, e ancora su lungo tutta la costa tirrenica, con spedizioni in tutto il Mediterraneo, sia cristiano che musulmano.
Per secoli, nella zona mediterranea, la lingua degli imprenditori era l’arabo. In Italia gli Arabi occuparono a lungo la Sicilia (827-1072) e influenzarono con le nuove scoperte e i loro modi tutto il Meridione. Dalle Crociate al XIV secolo, sulle scie di guerre e commerci, l’Italia e l’Europa ereditarono una messe di nuove parole: ad esempio, l’espressione araba “dâr-sinâ’a” fu tradotta prima con “casa del mestiere” e poi con “luogo di costruzioni navali” e venne declinata con nomi diversi nelle città di mare della penisola italiana: “arzanà” a Venezia diventò arsenale, a Genova darsena, ad Ancona terzenale e a Pisa tersanaia.
Il termine Tria, dunque, con il quale questa pasta filiforme è stata a lungo chiamata in Italia e ancora oggi diffuso in molti dialetti meridionali, è evidentemente derivato dall’arabo Alatriya o Itriyah. Si presuppongono, però, delle ascendenze ancora più antiche: il termine Tri o Tria potrebbero derivare dal greco Itriom; nell’Impero Romano si usava un termine molto simile, ovvero Itrium, che stava ad indicare tutti gli impasti a base di farina e acqua. Serventi e Sabban, autori de “La pasta. Storia e cultura di un cibo universale”, nel loro trattato affermano che: “l’idea di sbollentare pezzetti di pasta – a forma di fili o nastri – si sviluppò intorno a un preparato di nome Itrium, nella parte orientale dell’Impero Romano”.
La ritroviamo anticamente anche negli scritti del poeta latino Orazio, che ne parla già nelle sue Satire, scritte tra il 35 ed il 30 a.C., laddove egli descriveva la minestra di ceci, porri e lagane (dal greco laganon e dal romano laganum), intendendo con quest’ultima parola probabilmente una pasta sfoglia simile alla nostra attuale pasta fresca. Le Lagane, infatti, sono una sorta di fettuccine preparate con un impasto a base di farina di grano duro, acqua e sale (cotto o fritto in forno), non sottoposto a calore umido, che verrà poi steso in una sfoglia sottile e successivamente tagliato in striscioline di circa 1 cm di larghezza.
Nello specifico, le sole “Lagane e Ceci” vengono chiamate anche “piatto del brigante” poichè nei boschi del Vulture, nella seconda metà del XIX secolo, si occultavano i briganti, che venivano chiamati anche scolalagane per la quantità di pasta che amavano mangiare.
In Andalusia, invece, gli Arabi producevano ed essiccavano un altro tipo di pasta lunga e sottile, chiamata fidawish, che veniva servita in brodo: diventò successivamente un formato di pasta ligure (fedelini). Sono stati i mercanti genovesi, dal XII secolo in poi, a commercializzare la pasta siciliana nelle regioni del Nord, per diventare più tardi loro stessi i produttori della pasta lunga e secca (vermicelli). La prima Corporazione dei Pastai (fidelari) nascerà a Genova nel 1574. Il termine “tria”, indicante la pasta lunga, compare nel XIV secolo nei manuali di scienza medica Taccuina Sanitatis. Nel Quattrocento, dopo Sicilia, Campania e Liguria, nascono i centri di produzione di pasta secca anche in Puglia; mentre le regioni come Emilia, Lombardia e Veneto, dove la coltivazione del grano duro necessario per produrre la pasta adatta ad essere essiccata non ha mai trovato il suo habitat ideale, continuarono ad essere legate alla produzione della pasta all’uovo.
Per tutto il Cinquecento la pasta, per via dell’alto prezzo del grano, era considerata un cibo da persone ricche e benestanti e solo verso il Seicento è diventata più accessibile anche alle fasce povere popolane.
La Tradizione della Ciceri e Tria nel Salento
Nel Salento la Ciceri e Tria nasce in occasione dei festeggiamenti del 19 marzo per la Festa di San Giuseppe, dove assume appunto il nome di Massa di San Giuseppe, un rituale antico durante il quale si allestivano grandi tavolate di cui la Ciceri e Tria era il piatto principale preparato con i prodotti della terra, per offrire un pasto ai poveri del paese.
Ancora oggi in alcuni borghi si ripete, nel giorno del Santo, questo rituale per fare un voto od ottenere una grazia: ogni massaia che si rispetti infarina di storia le proprie mani, impastando e facendo seccare le striscioline di pasta per preparare questo piatto povero, ma molto gustoso. Gli ingredienti principale sono i ceci (cotti e insaporiti sapientemente con cipolla e alloro, o ancora sedano e cavoli) e la pasta “Tria” (preparata semplicemente con semola di grano duro e acqua, come la storia insegna); il tutto insaporito da una parte di pasta che viene fritta in olio extra vergine di oliva, chiamata Frizzuli, indispensabile per la perfetta riuscita della ricetta, da disporre sopra la pietanza fumante. L’usanza di friggere una parte di pasta nella ricetta della Ciceri e Tria salentina, ritrova ancora una volta ascendenza nella cultura gastronomica araba: furono loro i primi ad essiccare i cereali e a friggerli in grasso animale, per poterli conservare e trasportare durante i lunghi viaggi nei deserti. Inoltre, in tutto il Medioriente si usa mangiare l’hummus assieme ad una pasta fritta in olio che assomiglia ai capelli d’angelo italiani.
I ceci utilizzati per la Ciceri e Tria devono essere rigorosamente secchi, e non precotti o già lessati; mentre per la tria, se non si ha tempo di prepararla in casa, si può provvedere all’acquisto di tagliatelle fresche o secche (non all’uovo).
Ingredienti per 4 persone:
Per i Ceci
250 g di ceci secchi
1 cucchiaino raso di bicarbonato,
Acqua (quanto basta a coprire i ceci durante la cottura)
due manciate di sale grosso,
pepe q.b.
due pizzichi di sale fino
1 cipolla dorata
4 foglie di alloro (in sostituzione una costa di sedano)
200 ml circa di olio extra vergine di oliva (per la frittura dei frizzuli)
Per la Tria
300 g di farina di semola di grano duro
acqua tiepida q.b. (circa 150 ml), da aggiungere poco alla volta
La preparazione dei ceci e della tria deve iniziare il giorno prima.
Iniziamo con il preparare la Tria: sistematevi su un piano da lavoro e formate la classica fontana, al centro versate un po’ d’acqua tiepida ed iniziate ad impastare, continuando ad aggiungere l’acqua gradualmente, fino ad ottenere un impasto liscio e morbido. Formate una palla, spolveratela di farina e lasciatela riposare per circa un’ora, coperta.
Iniziate poi a stendere la sfoglia a matterello, formando un cerchio abbastanza sottile; spolverate di semola tutta la sfoglia in modo tale da non fare attaccare la pasta su se stessa mentre la arrotolate. Una volta arrotolata tutta, tagliate le due estremità per renderla para ed iniziate ad “affettarla”, ottenendo delle fettucce di circa un cm di larghezza; ammassatele sulla spianatoia, spolveratele leggermente di semola e fatele seccare per un giorno.
Nel frattempo iniziate la preparazione dei ceci: versateli in una scodella capiente, unite un cucchiaino di bicarbonato, una manciata di sale grosso e, dopo aver versato un po’ d’acqua, iniziate a strofinarli con le mani. Coprite totalmente d’acqua e lasciateli in ammollo per tutta la notte (considerate almeno 10 ore). Il mattino dopo scolate i ceci e trasferiteli in una casseruola (preferibilmente di terracotta), copriteli completamente di acqua e procedete con la cottura. Appena l’acqua inizierà a bollire produrrà una sorta di schiuma che dovrete eliminare con una schiumarola, oppure scolandola leggermente, rabboccando poi di nuovo con altra acqua calda salata (tenete sul fornello una pentola colma a portata di mano).
Unite ai ceci una cipolla divisa in quattro parti e tre foglie di alloro; proseguite la cottura per circa un paio d’ore, avendo cura di tenere i ceci sempre coperti d’acqua calda.
Una volta cotti, eliminate la cipolla (o quel che ne resta), l’alloro e un po’ di brodo di cottura, lasciandone una metà scarsa, che andrà aggiunta in seguito alla tria cotta.
A proposito della tria, ricordatevi di toglierne un po’ da friggere per preparare i frizzuli, regolatevi con un pugnetto a testa! Quindi friggiamo: prendete una padella di media grandezza e mettete a scaldare due dita di olio extra vergine, dopodiché versate la tria a friggere finchè non diventa bella dorata e croccante. Scolatela su carta assorbente e spolveratela leggermente con sale fino.
Riempite una pila d’acqua con una manciata di sale grosso e portatela a bollore, quindi versate la tria da cuocere. Solitamente la pasta fresca è pronta da scolare appena riemerge, ma in questo caso ci vorrà qualche minuto in più, avendo fatto seccare la tria per un giorno intero. Appena risulterà cotta, scolate l’acqua di cottura lasciandone un pochino sul fondo, unite i ceci con il loro brodo di cottura e rimettete sul fuoco mescolando per bene, così da amalgamare perfettamente la pietanza insaporendola completamente. Unite un filo generoso di olio extra vergine (in passato le vecchie massaie, univano parte dell’olio in cui erano stati cotti i frizzuli), e impiattate la ciceri e tria ben calda, ricordandovi di guarnire ogni piatto con i frizzuli. Calda e avvolgente come il sud Italia, preparatevi a gustare questa deliziosa pietanza; buon appetito!
Fonti immagini:
Ciceri e tria photo credits Antonella Vergari
Foto del quadro “I Briganti” www.sottoilvesuvio.it
Foto cartina geografica di Al- Idrisi http://www.famedisud.it/il-sud-fra-i-principali-luoghi-storici-di-diffusione-della-pasta-i-primi-spaghetti-occidentali-secchi-furono-inventati-in-sicilia/
Foto della tavolata tipica, durante la festa di San Giuseppe nel Salento, https://www.google.it/search?q=festa+san+giuseppe+salento&espv=2&biw=1227&bih=646&tbm=isch&tbo=u&source=univ&sa=X&ved=0ahUKEwjbl534h_POAhWC6RoKHcywDGAQsAQILg
Fonti storiche e ricette:
Dal libro: “ La pasta fresca e ripiena” di Roberta Schira, Adriano Salani editore s.u.r.l. Milano, Gruppo editoriale Mauro Spagnol
Commercio e navigazione nel Medioevo
http://www.altadauniaaltosalento.it/showthread.php?4007-La-storia-antichissima-dei-quot-ciciri-e-tria-quot
http://guide.supereva.it/mangiar_bene/interventi/2010/09/lagane-con-ceci-e-peperoncini-verdi
http://www.velocissimo.it/storia_ciceri_e_tria.html
http://www.spizzicainsalento.com/2012/03/ciceri-e-tria-o-massa-di-san-giuseppe.html
Partecipano come contributors:
Sonia Lunghetti, Ciceri e tria ricetta Pugliese
Antonella Vergari, Ciceri e tria la pasta e ceci del Salento
Valentina De Felice, Ciceri e Tria
Francesca Antonucci, Ciceri e Tria affumicati: ricetta e menu abbinati
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