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Il cioccolato vegano: ricetta crema spalmabile
Origine, trasformazione del cioccolato e tipi di cioccolato vegano, con una facile ricetta per una golosa crema spalmabile
Pubblicazione: 16 Settembre 2016
Lista degli argomenti
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Ambasciatrice Silvia Ferrante per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar
“Li Maritòzzi
Una mucchia d’anni fa, dda noi, s’accostumava, in tempo de Quaresima, er primo vennardì de marzo, de portà’ a rigalà’ er maritózzo a l’innammorata. ’Sto maritózzo però era trenta o quaranta vorte ppiù ggranne de quelli che sse magneno adésso; e dde sopre era tutto guarnito de zucchero a ricami. In der mezzo, presempio, c’ereno du’ cori intrecciati, o ddu’ mane che sse strignéveno; oppuramente un core trapassato da una frezza, eccetra, eccetra: come quelle che stanno su le lettere che sse scriveno l’innammorati. Drento ar maritòzzo, quarche vvorta, ce se metteveno insinenta un anello, o quarch’antro oggetto d’oro. Tra ll’antre cose che ricordeno ’sto custume, che oramai nun s’aùsa ppiù dda gnisun innammorato, ciavemo diversi ritornelli.
Uno, presempio, dice:
«Oggi ch’è ’r primo Vennardì dde Marzo
Se va a Ssan Pietro a ppija er maritòzzo;
Ché ccé lo pagherà ’r nostro regazzo».
E dde ’sti maritòzzi:
« Er primo è ppe’ li presciolósi;
Er sicónno pe’ li spósi;
Er terzo pe’ l’innamorati;
Er quarto pe’ li disperati».
«Stà zzitto, côre:
Stà zzitto; che tte vojo arigalàne
Na ciamméllétta e un maritòzzo a ccôre».
E infatti certi maritòzzi ereno fatti a fforma d’un côre.”
(L. Zanazzo – Usi, costumi, credenze, leggende e pregiudizi del popolo di Roma)
Così Luigi Zanazzo, detto Giggi, poeta e antropologo romano, padre fondatore della romanistica e grande studioso delle tradizioni locali, descriveva i maritozzi all’inizio del ‘900.
Il Maritozzo è un dolce tipico laziale, in particolare della cucina romana, dalle origini molto antiche: sembra infatti che sin dai tempi dell’antica Roma si preparassero delle pagnotte dolci a base di miele e uva passa.
Originariamente, quindi, era molto più grande di quanto lo sia attualmente; soltanto nel Medioevo queste pagnotte dolci, che venivano preparate in particolar modo durante la Quaresima, divennero più piccole, di colore più scuro ed arricchite con canditi, pinoli e miele.
Sempre Zanazzo ci introduce all’usanza quaresimale “der zanto maritozzo”:
In Quaresima pe’ ddivuzzione […]
se magneno li maritozzi,
anzi c’è cchi è ttanto divoto pe’ magnalli
che a ccapo ar giorno
se ne strozza nun se sa quanti.
(L. Zanazzo – Tradizioni Popolari Romane)
Certo, pensare che il Maritozzo all’epoca potesse essere un cibo adatto ad essere consumato durante il periodo quaresimale fa storcere un po’ il naso. Ma la stessa Ada Boni spiega che esistono vari tipi di maritozzi: i maritozzi di Quaresima, impastati con olio e quelli al burro, più piccoli e morbidi; i Maritozzi uso fornaio, arricchiti di uvetta, pinoli e canditi e quelli fini di pasticceria, che richiedono una lavorazione più complessa.
Qui di seguito la ricetta della dei Maritozzi di Quaresima tratta da “Il talismano della felicità”:
Per 12 maritozzi: Lievito di birra, g. 25 – Farina, g. 200 – Olio, 2 cucchiai – Sale, un pizzico – Zucchero, 3 cucchiai – Pinoli mondati, un cucchiaio – Uvetta sultanina, 3/4 cucchiai – Scorzetta di arancia candita, un cucchiaio – Burro per ungere.
Questi maritozzi, che son quelli tradizionali, essendo fatti per periodo di magro stretto, si confezionano con l’olio invece che col burro. Per il resto il procedimento è in tutto uguale al precedente (maritozzi al burro n.d.r.). Fate il lievito come vi abbiamo spiegato, e con le stesse dosi; e quando avrà raddoppiato di volume, impastatelo con cinque cucchiaiate ben colme di farina, l’olio, un pizzico di sale ed una piccolissima quantità d’acqua tiepida per avere una pasta assai leggera.
Quando la pasta sarà ben lavorata, uniteci le due cucchiaiate di zucchero e fatene una palla; e per i canditi, l’uva, i pinoli, la lievitatura, la cottura e la rifinitura procedete come i maritozzi la burro, esclusa però l’aggiunta della vaniglina.
Il nome maritozzo è molto probabilmente un vezzeggiativo della parola “marito” ; sembrerebbe infatti che l’innamorato, nel primo venerdì di marzo (l’odierno San Valentino), dovesse regalare alla promessa sposa questo dolce come segno benaugurale. In questo caso il dolce poteva avere in superficie delle decorazioni fatte con lo zucchero a forma di due cuori intrecciati, oppure di un cuore trafitto da una freccia, e nascondere all’interno un anello o un oggetto d’oro.
Secondo altri, invece, il nome deriva dal fatto che le donne preparassero dei pani ovali per gli uomini di casa che andavano a lavorare nei campi. Questi pani dovevano rispondere ad esigenze particolari: essere nutrienti ma sopratutto facilmente trasportabili, tanto da poter essere riposti nelle bisacce di pelle.
Venivano consumati, quindi, all’imbrunire, quando i contadini interrompevano per una pausa il loro lavoro, che si sarebbe concluso soltanto a notte fonda.
Oggi come oggi, però, nelle pasticcerie e nei bar di Roma si trovano dei Maritozzi ancora diversi: sono dei soffici panini a forma romboidale, quasi sempre privi sia di uvetta che di pinoli, ma farciti con tanta morbida panna montata.
A onor del vero, c’è da dire che quelli romani non sono comunque gli unici Maritozzi che si preparano nel bel Paese; esistono infatti anche i maritozzi pugliesi, ossia delle trecce spolverate di zucchero semolato simili come sapore alle brioche, ed i maritozzi marchigiani a forma di sfilatini con le punte, farciti con uvetta ed arricchiti con semi di anice. I maritozzi marchigiani poi, che sono una via di mezzo tra la variante romana e quella pugliese, a differenza degli altri sono dei dolci tipici del periodo autunnale che va da San Martino e arriva sino al Natale; solitamente si consumano insieme alle castagne, al vin brulé o al vino di visciola.
Tra le varie ricette disponibili, questa è tratta dal blog “Anice e Cannella” ed è tra quelle che più si avvicina al gusto e alla sofficità dei maritozzi romani odierni.
tratta dal blog Anice e Cannella
Ingredienti:
250 g di farina forte
250 g di farina 00
75 g di zucchero semolato
5 g di sale
75 g di burro
20 g di lievito di birra
170 ml di acqua
170 ml di latte
la scorza grattugiata di un’arancia non trattata
50 g di uva passa
1 tuorlo d’uovo
1 albume
panna da montare
Iniziate facendo sciogliere nell’acqua leggermente tiepida il lievito di birra e mettete da parte.
Nella ciotola della planetaria versate le farine setacciate, lo zucchero, il tuorlo, la scorza grattugiata dell’arancia, l’acqua in cui avete fatto sciogliete il lievito di birra e il latte. Impastate il tutto e quando l’impasto si sarà amalgamato per bene aggiungete il burro a pezzetti, l’uva passa che avrete fatto rinvenire ed il sale. Impastate ancora, formate una palla, trasferitela in una ciotola e ricopritela con della pellicola trasparente affinché la parte superiore dell’impasto non si secchi. Fate lievitare per un’ora e mezza circa (o finché non raddoppierà di volume) in luogo asciutto e tiepido.
Quando l’impasto sarà lievitato prendete una quantità di pasta pari a 100 g circa e iniziate a formare i maritozzi dandogli una forma oblunga. Metteteli su di una teglia ricoperta di carta forno e spennellateli con l’albume. Lasciateli lievitare nuovamente per un’ora e mezza circa in luogo asciutto.
Fate poi cuocere in forno caldo a 180° per 20 minuti circa o comunque finché non saranno belli dorati in superficie.
Quando sono ancora caldi lucidateli con uno sciroppo composto da 3 cucchiai di acqua in cui farete sciogliere 2 cucchiai di zucchero.
Fate freddare, tagliate i maritozzi nel centro e farcite con panna montata.
FONTI:
Il talismano della felicità (A. Boni);
Tradizioni Popolari Romane (L. Zanazzo);
Usi, costumi, credenze, leggende e pregiudizi del popolo di Roma (L. Zanazzo);
www.wikipedia.org
www.taccuinistorici.it
www.cibo360.it
Partecipano come contributors:
Alessandra Gabrielli, Maritozzo con la panna
Anna Calabrese, I maritozzi per il Calendario del Cibo Italiano
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