24/10/2024
Frida Kahlo e il cibo: arte, cultura e passione
Gabriella Rizzo ci racconta Frida Kahlo, donna volitiva e passionale e artista iconica. Il suo rapporto con il cibo tra arte, cultura e passione.
Pubblicazione: 30/11/2016
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Ambasciatrice Cristina Simonelli per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar
Dalla Persia a Genova e da qui in tutto il mondo: ecco la storia del pandöçe genovese
E’ Natale a Genova e siamo agli inizi del 1900. Nelle modeste dimore dei marinai un alberello di Natale fatto con un ramo di alloro, dei semplici ma festosi fiocchetti bianchi e rossi, e poi mele, arance, frutta secca, che solo a Natale si potevano gustare.
Sotto il piatto dei grandi la letterina dei bambini ed il più piccino di casa che porta in trionfo un dolce semplice, ma ricco, che il nonno taglierà solo dopo aver conservato il ramoscello di ulivo o di alloro che lo decora, semplice simbolo di prosperità e pace.
La prima fetta é riservata ai poveri, o meglio al primo povero che busserà alla porta, ed una fetta sarà conservata per la festa di San Biagio, protettore della gola, che si festeggia il 3 febbraio.
Questa è l’atmosfera in cui si consumava il Pandolce, pandöçe (u panduce) come lo chiamano a Genova, o pan du bambin come è detto a Sanremo.
Ogni famiglia genovese aveva la sua ricetta “segreta” e la conservava gelosamente: era il dolce del Natale e doveva essere fatto in casa, tant’è che i pasticceri lo preparavano solamente su ordinazione dei foresti, cioè di coloro che non vivevano a Genova.
Le massaie lo facevano prestando una costante attenzione alla lievitazione, che doveva essere perfetta. La tradizione vuole che addirittura mettessero l’impasto ben fasciato in un telo di stoffa, sotto le coperte del letto, accanto allo scaldino, proprio per avere la giusta temperatura adatta a favorire lo sviluppo del lievito. Molte lo cuocevano nelle stufe a legna o mattoni; ma altrettante lo portavano dal fornaio di fiducia, che ne seguiva la cottura con grande attenzione, visto l’importanza che il dolce aveva nella tradizione natalizia!
Il Pandolce è talmente radicato nella cultura genovese che gli sono stati dedicati persino dei versi poetici:
«Cose diesci se ghe föse,
pe poeì dì: dulcis in fundo,
dö-trae fette de pan döçe?…
Sae o menù completo e riondo…»
Oggigiorno è uno dei simboli della città della Lanterna, ma è diffuso in tutta la Liguria e non si consuma solo a Natale, ma tutto l’anno: pochi fortunati riescono anche ad inzupparlo nello Sciacchetrà, raro e delizioso vino passito delle 5 Terre che, come si suol dire, è veramente “la morte sua”!
Forse a questo punto vi avrò incuriosito e vorrete sapere com’è fatto questo benedetto Pandolce genovese!
Ebbene, innanzitutto diciamo che originariamente si trattava di un dolce con lievito naturale a base di uova, miele, olio e farina, arricchito da una generosa dose di uvetta e aromatizzato con semi di finocchio e acqua di fiori d’arancio: un dolce povero, insomma.
Negli anni lo zucchero ha sostituito il miele, il burro ha preso il posto dell’olio, pinoli e frutta candita hanno arricchito l’impasto e il vino marsala ha conferito un’ulteriore nota aromatica al tutto.
Ne esistono due versioni: una alta, con lievito madre o di birra, ed una bassa (detto Baciccia o Antica Genova) in cui si utilizza il lievito chimico (quello per dolci, per intenderci) ed assomiglia ad una specie di frolla arricchita dalla farcitura, ma friabilissima, al punto da potersi spezzare con le mani.
Infine, possiamo aggiungere che ha la forma di una pagnotta caratterizzata da tre tagli fatti sulla superficie a formare un triangolo aperto.
Ci sono varie teorie riguardanti le origini di questo dolce, che per altro sono molto distanti tra loro, sia geograficamente che cronologicamente.
Secondo alcuni “u pandùce” sarebbe la naturale evoluzione di un antico dolce genovese, “il pane con lo zibibbo”; e pare che fosse stato il doge Andrea Doria, nel 1500, a chiedere ai pasticcieri di realizzare un dolce che diventasse simbolo della città e della sua ricchezza, che potesse durare a lungo e sopportare le avverse condizioni climatiche che i marinai dovevano affrontare nei lunghi giorni di viaggio in mare aperto.
Ma ci sono anche teorie che fanno risalire le sue origini ai tempi degli Egizi e dei Greci, avendo rinvenuto testimonianze di dolci preparati con cereali, miele e spezie che venivano offerti agli dei.
Lo storico Luigi Augusto Cervetto, agli inizi del 1900, elaborò la teoria che vede il Pandolce discendere da un dolce di origine persiana, che continua ad essere prodotto anche ai giorni nostri ed ha caratteristiche simili al pandolce, il paska bread.
Pare, infatti, che il giorno di Capodanno il più giovane dei sudditi portasse al re, come dono di buon augurio, una specie di grande torta di pane dolcificata con il miele e ripiena di mele e canditi, sulla quale spiccava un rametto di alloro, quale augurio di abbondanza e prosperità. Questa origine spiegherebbe anche la presenza dei tre tagli sulla superficie del dolce, a simboleggiare una specie di corona triangolare, nonché la tradizione che vuole un rametto di alloro o ulivo sul pandolce ed il fatto che sia il membro più giovane della famiglia a consegnarlo a quello più anziano per il taglio.
Un dolce così buono e ricco di simboli e significato non poteva che attirare l’attenzione dei pasticceri di tutto il mondo; ed infatti il Pandolce è molto diffuso anche in Francia dove viene chiamato Genoise, negli USA dove viene chiamato Genoa bread e nell’Europa dell’Est.
Ma il successo maggiore, forse, lo ha avuto in Scozia. A Selkirk, nel 1859, il panettiere scozzese Robbie Douglas ideò un pandolce particolare, una variante ricca di burro di una torta di frutta, a base di farina di grano che conteneva una grande quantità di uva passa. Si narra che quando la regina Vittoria visitò Sir Walter Scott, lei prese il suo tè accompagnandolo con una fetta di Selkirk Bannock, decretando la fortuna di questo pandolce che oggi è popolare in tutta la Gran Bretagna.
Come potevo concludere questo racconto sul Pandolce senza darvene la ricetta?
Ma non una ricetta qualsiasi, bensì quella che si trova nel libro “La Cuciniera Genovese, La vera maniera di cucinare alla genovese”, scritto nel 1863 da Giobatta Ratto.
Sorta di pane indispensabile, dirò così, ai Genovesi nel giorno del S. Natale e nelle altre due successive solennità del primo giorno dell’anno e dell’Epifania.
Esso differisce di molto da quello che vendesi tutto l’anno dai pasticcieri; è molto più gustoso e sostanzioso. La vera maniera di manipolarlo è la seguente:
Prendete quattro chilogrammi di farina di grano, impastatene due con 300 grammi di lievito disciolto in mezzo litro d’acqua tiepida e formatene un pane; coprite poscia questo pane cogli altri due chilogrammi di farina, ponetevi sopra un foglio di carta e addosso a questo una coperta di lana e lasciatelo riposare per ott’ore. Quando vedrete che la pasta gonfia e screpola la farina sarà segno che dovrete fare il pane; versate allora sulla farina e pasta quella poca quantità d’acqua tiepida che basti per formare un pane piuttosto sodo, unitevi 650 grammi di burro liquefatto, 1 chilogrammo e 1/2 di zucchero, due bicchieri di vino di Marsala e un cucchiaio d’acqua di fior d’arancio; impastate e dimenate bene e lungamente la pasta; aggiungetevi in ultimo 50 grammi di finocchio dolce, 75 grammi di pistacchi mondati, 75 di pinocchi, 100 d’uva passola di Smirne bianca. (ûghetta), 100 di zucca candita tagliuzzata a pezzettini, e mettetelo a lievitare per dodici ore fasciato all’intorno con un tovagliolo a guisa di turbante affinchè non ischiacci troppo, avvertendo che se fosse tempo assai freddo fa mestieri tenerlo in una camera che sia molto calda. Mandatelo a cuocere in forno.
Bibliografia
http://www.diciboealtrestorie.com/2011/12/05/dagli-egizi-ad-andrea-doria-la-storia-del-pandolce-alla-genovese/
http://genova.erasuperba.it/rubriche/pandolce-genovese-preparazione-storia-rituale-ulivo
http://www.gustoblog.it/post/116495/il-pan-dolce-genovese-alto-la-ricetta-e-la-storia-del-dolce
http://www.academiabarilla.it/adv/libro/cuciniera-genovese/1.aspx
https://it.wikipedia.org/wiki/Pandolce
Partecipano come contributors:
Stefania Pigoni, Pandolce basso genovese
Sonia Lunghetti Ricetta Pandolce genovese
Erica Repaci, u Pandùçe genovese
Alice Del Re, Pandolce genovese, quello basso
Tiziana Bontempi, Pandolce Genovese (Ricetta del maestro Iginio Massari)
Marina Della Pasqua, pandolce basso
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Una bellissima giornata, un buonissimo dolce, un bellissimo articolo.
Felice di parteciparvi anch’io. Buona giorntata del pandolce a tutti.
Tiziana
Un piccolo appunto: Andrea Doria non fu mai doge!