02/09/2024
La cozza di Cervia
Il mitilo mediterraneo (Mytilus galloprovincialis), comunemente noto come cozza, è un mollusco ...
Pubblicazione: 14/10/2016
Lista degli argomenti
Lista degli argomenti
Ambasciatrice Patrizia Malomo per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar
«Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui»
(Dante Alighieri – Paradiso – XXVIII Canto)
Il 1 maggio 2016 il Pane Toscano ha ricevuto ufficialmente la Denominazione di Origine Protetta dal Comitato qualità degli Stati membri dell’Unione Europea.
E’ la prima DOP di un prodotto di panetteria di carattere regionale in Europa, portando così la Toscana ad un primato che è quello del paniere dei prodotti a marchio nel territorio europeo. Un riconoscimento tanto atteso e meritato per una regione che, fin dall’epoca romana, è stata uno dei granai dell’Impero, come documentano gli scritti di Tito Livio.
La produzione del pane, alimento fondamentale per ogni ceto sociale, è sempre stata regolamentata da norme rigide che scandivano la vita quotidiana e la successiva organizzazione sociale.
A differenza del Meridione, dove il forno era pubblico, di grandi dimensioni e comune utilizzo, nelle case coloniche toscane, spesso lontane dai centri abitati, era fondamentale la presenza del forno a legna per la cottura del pane e della madia (definita “cassa del pane” da Leon Battista Alberti nel suo trattato “De re Adificatoria”) per la sua conservazione.
Per definire l’importanza che le figure del mugnaio e del fornaio hanno avuto all’interno dell’organigramma sociale della cultura toscana, basterebbero gli antichi detti che tutt’ora si tramandano, tra cui “pane di buon grano tiene il medico lontano”.
Quando si parla di Pane Toscano si identifica un tipo di pane casereccio dal sapore insipido. La mancanza di sale nell’impasto è, quindi, la caratteristica primaria di questo prodotto; caratteristica che però ritroviamo anche nel pane Umbro e quello di alcune aree laziali.
Ma quale che sia la ragione di questa assenza, non è stata documentata con chiarezza dagli storici, scivolando così nella leggenda.
Una delle ipotesi più accreditate vuole che i Fiorentini abbiano risposto all’aumento di prezzo del sale avvenuto durante le guerre fra Firenze e la Repubblica Marinara di Pisa nel XII sec.
Pisa interruppe il commercio di sale con il centro della regione, spingendo i contadini e molte famiglie cittadine a ribellarsi, dimostrando ai Pisani di poter fare a meno di questa importante risorsa e cominciando a produrre pane senza sale.
Quella che in origine deve essere sembrata una bestemmia, si è nel tempo trasformata in un vantaggio per la gastronomia della regione, rappresentata da piatti con intingoli saporiti, insaccati speziati e sapidi, formaggi stagionati di grande struttura.
Altra teoria, piuttosto credibile, collega l’insapidità del pane toscano alla capacità tutta fiorentina di applicare tasse o “gabelle” alle più comuni attività cittadine, fino all’introduzione di una tassa “salata”.
I primi a ribellarsi furono proprio i fornai, che dettero vita al pane “sciocco”.
Che la motivazione abbia un’origine politica piuttosto che di “palato” (qualcuno semplicemente spiega la mancanza del sale nel pane con la necessità di compensare i sapori forti della cucina toscana) sembra quella più accreditata, considerando che non tutta la Toscana produce pane sciapo.
Nelle province di Massa e Carrara, Pisa e Lucca, che non erano sotto il controllo del Granducato di Toscana, si gustava un ottimo pane salato.
Tra i grandi pani della tradizione regionale che possono essere inseriti nella tipologia del “pane toscano” inteso come “sciocco”, non possiamo dimenticare il Pane di Altopascio e la Bozza Pratese.
Il pane di Altopascio ha una storia affascinante legata ai pellegrinaggi lungo la Francigena ed allo “Spedale di Altopascio”, ove i frati del Tau davano ospitalità e ristoro a chiunque bussasse alla porta. Che il pane fosse alla base dell’accoglienza del pellegrino lo dimostra la Regola del 1239 con la quale Papa Gregorio IX istituì l’ordine Tau. Nella Regola si raccomandava quanto: “Ai malati si dia ogni giorno la loro porzione di pan bianco e questo si cavi da quel pane che si fa per la casa e per il convento.” Ecco che il pane diventa la base della dieta degli infermi, dei pellegrini e degli stessi frati. L’arte della panificazione di Altopascio crebbe nell’arco dei secoli fino a trasformare il comune lucchese in vera e propria “Città del Pane”.
Anche la Bozza Pratese è un pane antichissimo e di grande prestigio, la cui origine si fa risalire alla tradizione contadina. Che i Pratesi fossero dei grandi panificatori è noto fin dal XVI secolo. Gli scritti del Cavaliere Giovanni Miniati di Prato, “Narrazione e disegno della terra di Prato di Toscana” (1596), raccontano come, durante il mercato della Serenissima Firenze i venditori di pane e salumi attirassero gli astanti gridando “Prato! Prato! Prato!”, sintetizzando il prestigio del pane proveniente da quella cittadina. La stessa famiglia de’ Medici volle come fornitore ufficiale del pane alla Villa Medicea di Poggio a Caiano un fornaio di Porta Santa Trinità, sulle mura più esterne della città di Prato.
Che il Pane Toscano sia un pane antico e molto amato lo dimostrano alcune miniature del ‘300, che illustrano le novelle del Decameron del Boccaccio: la forma del pane è identica a quella di oggi, un filoncino romboidale dal colore del grano, che ben si sposa con dolce e salato.
Il disciplinare che tutela la produzione del Pane Toscano Dop elenca le caratteristiche che il prodotto dovrà presentare al momento della vendita e che disegnano l’identikit del nostro pane.
Forma e peso: le pezzature chiamate “filoncino” avranno una forma romboidale con peso compreso tra i 450 – 550 g.
Il “filone” avrà invece una forma rettangolare con angoli smussati ed un peso compreso tra i 900 e 1100 g o tra i 1800 e 2200 g.
Spessore della forma: compreso tra i 5 e 12 cm.
Crosta: friabile e croccante, con colorazione nocciola scuro opaco.
Mollica: di colore bianco, bianco avorio, caratterizzata da un’alveolatura non regolare.
Profumo: nocciola tostata.
Sapore: “sciocco”, ovvero senza sale e leggermente acidulo.
Umidità: non superiore al 30% in peso.
Il Pane Toscano a lievitazione naturale si ottiene con l’utilizzo di farine di grano tenero di provenienza toscana, di tipo “0”, lievito naturale ed acqua.
Nessun tipo di additivo, coadiuvante tecnologico o conservante di varia natura sono presenti, sia in fase di lievitazione che di impasto.
La componente microbioligica del lievito naturale utilizzato, ovvero una porzione di “lievito madre” opportunamente rinfrescato, è detenuta, su incarico del Consorzio di Tutela, presso i laboratori della Facoltà di Agraria dell’Università di Pisa.
La produzione del Pane Toscano Dop comincia con la preparazione di una “biga”, o primo impasto, che ha lo scopo di moltiplicare il lievito naturale precedentemente rinfrescato. La biga si ottiene impastando farina “0” con germe di grano, acqua e lievito madre. Le proporzioni sono le seguenti:
1 kg di farina
500 ml di acqua
200 g di lievito madre
La biga deve riposare almeno 8 ore, quindi diviene l’agente lievitante dell’impasto finale.
Le proporzioni per l’impasto finale sono le seguenti:
1 kg di farina
550 g di acqua
200 g di biga.
Si procede con la lavorazione, che può avvenire a mano o in macchina; in seguito, prima di procedere alla pezzatura, si dovrà far riposare l’impasto almeno 20 minuti.
Alla pezzatura, che verrà realizzata come da disciplinare, segue un periodo di riposo di 15 minuti; poi si dà forma ai panetti. Le forme ottenute (filoni o filoncini) lieviteranno non meno di 2 ore e mezza, dopo di che procederanno alla cottura in forno.
Il pane così prodotto ha la capacità di mantenere a lungo morbidezza, elasticità e umidità, caratteristiche molto apprezzate dal consumatore; e ai tempi in cui veniva prodotto in casa consentiva di essere consumato nell’arco della settimana (adeguatamente conservato nella madia).
La peculiarità di conservarsi a lungo si ritrova nell’utilizzo che i Toscani hanno fatto del proprio pane in cucina. Numerose le ricette che lo vedono protagonista e che lo portano a nuova vita una volta raffermo: ricordiamo la rinomata ribollita o zuppa di pane, la pappa al pomodoro, la panzanella, la carabaccia, il cacciucco, gli innumerevoli crostini tra cui quelli di fegatini, di milza, di cavolo nero.
Il pane non si getta mai, ma quello toscano rinasce ogni volta più onesto, umile e delizioso nella cucina della tradizione.
Fonti:
http://www.panetoscano.net/
Il Pane di Altopascio – Alessandro Ricci – Sagep Editore
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI – http://www.dop-igp.eu/flex/AppData/Redational/pdf/Pane%20Toscano.pdf
http://www.cna.it/
http://www.festivaldelpanediprato.it/
http://www.lacucinaitaliana.it/news/in-primo-piano/pane-senza-sale-storia/
http://www.papilleclandestine.it/featured/perche-pane-toscano-senza-sale/
Partecipano come contributors:
Cinzia Martellini Cortella, La Tradizione del Pan Toscano
02/09/2024
Il mitilo mediterraneo (Mytilus galloprovincialis), comunemente noto come cozza, è un mollusco ...
05/08/2024
Jerusalem non è solo un libro di cucina ma è una vera ...
19/07/2024
Nel mese di maggio della scorsa primavera i soci di Aifb si ...
Patrizia, mi sono emozionata leggendo il tuo articolo… che poi proprio toscano è! :-))
Ti avevo promesso i miei contributi, e arrivano, anche se sul finire della giornata; ma ho voluto trobare due minuti per me, te e una fettunta virtuale insieme! :-*
http://cindystarblog.blogspot.it/2016/10/la-tradizione-del-pan-toscano.html
Grazie Cinzia. Hai il sangue e cuore toscano anche tu, pur vivendo sul lago! Un forte abbraccio.
Ma la carabaccia cosa sarebbe?