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Pubblicazione: 26/08/2016
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Ambasciatrice Annalena De Bartoli per il Calendario del Cibo Italiano- Italian Food Calendar
Che ci fa un tortino di patate svizzero nel calendario del Cibo Italiano? La parola elvetica Rösti (che si scrive anche Roesti) definisce in realtà una ricetta che, nelle sue sottili o sostanziali varianti, appartiene a tutta la cultura gastonomica alpina, anche italiana.
Facile da conservare e semplice da coltivare a quasi tutte le latitudini, la patata ha anche la fondamentale caratteristica di crescere bene fino a 3000 metri di quota, dove il clima è inadatto alla maggior parte delle coltivazioni. E’ dagli altipiani andini, infatti, che questi tuberi arrivano in Europa con i Conquistadores, dapprima come cibo per la traversata oceanica, poi come sementi per piante ornamentali nei giardini di corte, infine coltivati e studiati come pianta officinale negli orti di medici e di conventi.
Nei secoli le patate diventano, attraverso varie vicissitudini storiche e qualche curiosa leggenda, cibo a basso costo per gli umili e le truppe di tutti i Paesi centroeuropei e, grazie alla loro resistenza ai climi estremi, alimento privilegiato per le popolazioni alpine. Sul versante Nord delle Alpi sembra arrivino dopo la Guerra dei Trent’Anni (verso la metà del ‘600) attraverso mercenari e manodopera straniera dall’Alsazia e dal Palatinato; sul versante italiano si tratta, invece, di spostamenti residenziali delle popolazioni dalle pianure prealpine in cerca di nuovi terreni di coltivo, perché nelle regioni cerealicole alle basi di entrambi i versanti delle Alpi vigevano allora rigidi controlli sulle coltivazioni.
Nelle zone pastorali e prettamente alpine non c’era invece una regolamentazione agricola rigorosa e in alcuni territori montani del Nord neppure esistevano tributi di tipo feudale, così l’adozione di una nuova coltura fu molto facilitata: se per chi coltivava cereali in pianura la “mela di terra” era un cibo più umile del pane, per pastori e “montagnini” diventò di certo un arricchimento dell’alimentazione, oltre che un eccellente complemento a quella piccola “industria domestica” che, tra ‘700 e ‘800, contempla pastorizia, allevamento, micro-agricoltura e piccole attività artigianali, e la produzione dei relativi derivati, alimentari e non, per consumo familiare e per vendita/baratto.
Per questi motivi la patata dilaga nell’alimentazione delle popolazioni alpine, che si inventano i modi più disparati per cucinarla in ricette che, ovviamente, risentono di questa “industria domestica”: le patate storicamente in montagna vengono abbinate in prevalenza a burro, formaggio, carni, salumi, funghi, verze, qualche ortaggio estivo ed erbe spontanee montane. I Rösti non fanno eccezione: sono sostanzialmente patate grattugiate e fritte nel burro fino a che si trasformano in un tortino dorato.
Piatti che assomigliano a frittelle, pancake, polpette o tortini di patate sono diffusi in tutta Europa e alcuni, come i rårakor svedesi o i draniki bielorussi, sono praticamente uguali ai Rösti, pur nascendo in lande lontane dalle Alpi. Sul versante italiano dell’arco alpino, invece, esistono piatti che assomigliano loro nel concetto, ma che sviluppano poi consistenze e sapori completamente differenti.
Esempi di parentela con i Rösti, da Est a Ovest: la Torte de Triforas degli occitani piemontesi cuoce in forno le patate dopo averle prima lessate, poi saltate in burro e lardo con spinaci e porri e infine cosparse di formaggio; le Prata Häpfla, ricetta occitana della Val Formazza, contempla patate lesse e cipolle, fritte nel burro con formaggio a fare da legante (similmente al Frico friulano); nel Tortèl de Patate ladino della Val di Non si legano le patate crude grattugiate con farina (e a volte uova) e le si frigge nello strutto; nel Gröstl sudtirolese le patate lesse sono fritte a fette nel burro con cipolle, striscette di carne lessa ed erbe; il Tenfan Krompir è una ricetta del Carso di origine slovena che prevede patate a dadini, cipolle e prosciutto crudo a stufare con olio e acqua in tegame fino a che il tutto si disfa e cominica ad incroccantire. E, per finire in dolcezza, gli Erdäpfelkipflan del Friuli carinziano sono frittelline di patate lesse che vengono spolverate di zucchero e servite con marmellata di frutti di bosco.
In generale, comunque, il termine Rösti, di origine svizzera, viene utilizzato nelle culture alpine e prealpine di tutto il Nord Italia per definire genericamente una “frittella di patate”, che spesso nasce come piatto di recupero per utilizzare patate cotte: queste vengono miscelate ad avanzi, in genere di carni o salumi, a volte arricchite con cipolle od altre verdure, talvolta legate con una cucchiaiata di farina e poi saltate con burro o altri grassi a fuoco vivace in un tegame caldo, in modo da ottenere un tortino che deve essere croccante fuori e morbido dentro.
Il vantaggio di nascere in Lombardia a pochissimi chilometri dal confine elvetico e crescere in una famiglia mista, con una nonna svizzera e una delle montagne bellunesi, è che la cucina alpina e quella di frontiera sono state il mio pane quotidiano e, nello specifico, fin dall’infanzia ho assaggiato infinite varianti di questa preparazione. I Rösti in ogni paesino o gruppo familiare assumono nomi differenti, spesso dialettali, mentre sotto la stessa dicitura si celano a volte ricette davvero differenti. Quale proporre, dunque, per la Giornata del Calendario del Cibo Italiano?
Tagliando la testa al toro, propongo i Rösti della mia nonna svizzera, che viveva in Ticino (l’unico cantone svizzero a lingua italiana) e che quindi conosceva la tradizione locale, ma che quando veniva da noi li preparava con un salume italiano e con un goccio di olio, invece che con i tipici prodotti elvetici. Più “cucina di frontiera” di così…
Ingredienti per 2 persone come piatto unico, per 4 come contorno:
4 patate a pasta gialla e compatta, circa 200 g l’una
50 g di pancetta a fette spesse
20 g di burro
2 cucchiai di olio di semi leggero (arachidi o girasole)
1 rametto di rosmarino
½ cucchiaino di semi di cumino (optional, variante personale della mia famiglia)
sale/pepe q.b.
Lavare e spazzolare bene le patate senza sbucciarle. Tuffarle in acqua bollente salata insieme al cumino e lessarle per circa 20-25 minuti: devono essere tenere in superficie e ancora un po’ al dente al centro, per potersi poi grattugiare senza diventare purea.
Scolarle, sciacquarle rapidamente sotto l’acqua fredda per evitare di scottarsi nel maneggiarle e sbucciarle fino a che sono ancora calde; farle poi raffreddare, riporle in una ciotola con una retina rialzata sul fondo, coprire e lasciarle riposare in frigo 24 ore.
Grattugiare le patate con la grattugia a fori grossi, salare e pepare (c’è chi a questo punto unisce un po’ di cipolla tritatissima). Tagliare la pancetta a dadini molto piccoli e dividere il rosmarino in ciuffetti.
Per due tortini: sciogliere 5 g di burro con 1 cucchiaio di olio in un tegame di ferro (o antiaderente) con il fondo da 18-20 cm di diametro; unire metà della pancetta e metà del rosmarino e, quando la pancetta si è tutta schiarita e il grasso comincia a sciogliersi, versare nel tegame metà delle patate.
Rimestare perché assorbano bene il condimento, quindi compattarle con una spatola per formare un tortino abbastanza uniforme. Cuocere a fuoco medio-basso per circa 20-25 minuti, fino a che si è formata una crosticina dorata e croccante ma non troppo scura.
Trasferire il tortino su un piatto o un coperchio, aggiungere nel tegame altri 5 g di burro (c’è chi invece usa un cucchiaio di latte). Rimettere il tortino capovolto nel tegame quando il burro è sfrigolante e cuocere anche su questo lato per altri 20 minuti circa. Ripetere con il resto delgi ingredienti per il secondo tortino.
Servire con una bella spolverata di pepe, “in purezza” o per accompagnare uno spezzatino o qualche altro bel piatto svizzero o montanaro.
Allo stesso modo si possono anche preparare, utilizzando ogni volta ¼ delle dosi totali, 4 tortini morbidi in padellini da 10/12 cm, sempre con almeno 1 cm di patate in spessore. Se si dimezzano le dosi nella padella grande si ottengono invece tortini più sottili, che cuoceranno in meno tempo e rimarranno molto croccanti, come a volte serve se si usano i Rösti come snack o al posto di comuni patate fritte.
Cottura al forno
Non tradizionale ma oggi spesso eseguita in casa per non dover curare il fornello tutto il tempo: miscelare alle patate grattugiate la pancetta rosolata con tutto il suo fondo, formare delle tortine compatte e disporle in teglie ben imburrate; cuocere a 220 °C per circa 45 minuti, fino a che la superficie è ben dorata.
Cottura con patate crude
Rarissima in Svizzera, rara nelle ricette delle Alpi italiane, più diffusa nel resto d’Europa per piatti simili. Nel caso si voglia provare: grattugiare le patate crude sbucciate in fili sottili, condirle con sale e pepe, “maneggiarle” e strizzarle in modo che si ammorbidiscano e perdano più acqua possibile. Versare le patate in piccole dosi, un paio di cucchiaiate per volta, in abbondante burro spumeggiante; compattarle molto bene in tortini sottili e friggere circa 3 minuti per lato, levando i tortini dal tegame quando sono molto croccanti.
Bibliografia:
De Conticini Wolftraud, Le minoranze in pentola. Storia e gastronomia delle 10 minoranze linguistiche delle Alpi Italiane, Daniela Piazza editore, 1997, ISBN 88-7889-061-8
Flandrin Jean-Louis, Montanari Massimo (cura), Storia dell’alimentazione, Bari, Laterza, 1997, ISBN 88-420-5347-3
Martinengo Edoardo (cura), Le Alpi per l’Europa. Una proposta politica. Economia, territorio e società. Istituzioni, politica e società, Jaca Book, 1988, ISBN 8816950498.
Shieren Bodo, Patate, Rizzoli, 1990, ISBN 88-17-24181-4
Partecipano come contributors:
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