La cotoletta alla milanese

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Sono molto onorata di essere ambasciatrice di questo classico piatto della cucina milanese ed è un affetto particolare quello che mi lega a questo piatto, non per i natali, ma per il ricordo di mia suocera Marisa, milanese di Porta Romana, che adorava portare in tavola i piatti della tradizione meneghina soprattutto per onorare le feste più importanti dell’anno.
Ricordo che, nella sua cucina, l’ingrediente principe era il burro mentre l’olio veniva usato solo per condire le insalate e poco altro. La “Cotuleta a la milanesa” era di rito.
Veniva cucinata in modo tradizionale con una costoletta di vitello di oltre due centimetri, immersa nell’uovo e rigirata nel pangrattato, fatta riposare in frigo per almeno mezz’ora e poi cotta nel burro chiarificato casalingo.
Il risultato visivo era una panatura croccante di colore dorato, con cui si celebrava, insieme al “Risott giald”, il pranzo del 7 dicembre in onore Sant’Ambrogio Patrono di Milano.

Ma qual è il nome corretto: cotoletta o costoletta?
La verità è che questo piatto è famoso nel mondo almeno tanto quanto è travisato.
Nonostante le varie ricerche condotte in rete, le pubblicazioni del settore e dopo aver intervistato uno chef, l’argomento rimane ancora molto controverso: la discussione si rivela infinita, ma la diatriba ha origine da epoca immemorabile.
Ne “La storia di Milano” di Pietro Verri si narra che il 17 settembre 1134, giorno della festa di San Satiro, fu offerto un pranzo dall’Abate dei monaci di S. Ambrogio. Nella lista delle vivande -un pasto di nove portate- compariva Lombos cum panitio (lombata di vitello impanata, ovvero la costoletta).
Un altro quesito che appassiona da anni storici e gastronomi è: la Wiener Schnitzel austriaca è nata prima della Costoletta alla milanese?
La leggenda s’intreccia con la storia e ci parla di un carteggio tra il Maresciallo Radetzky ed il Conte Attems, in Italia dal 1831 al 1857, che al rientro a Vienna racconta di aver mangiato a Milano cotolette di vitello impanate e molto appetitose.
Oggi possiamo riscontrare alcune fondamentali differenze tra la Costoletta e la Wiener Schnitzel.
Quest’ultima è senza osso, di maiale, sottilissima, larghissima e ben battuta, mentre la milanese è alta almeno due o tre centimetri, di vitello e rigorosamente con l’osso. La Wiener Schnitzel prima della cottura viene infarinata e per la frittura si usa lo strutto, mentre da sempre con il burro si cucina la nostra costoletta.
Ricercando ancora nella storia della gastronomia milanese, il primo riferimento alla “cuteleta” come termine dialettale apparve nel 1814 nel dizionario milanese-italiano scritto da Francesco Cherubini.
Il nome ha origini francesi dalla parola “côte o côteletta”, carne di vitello prelevata dalle costole con l’osso, che in italiano corrisponde a costola o costoletta. Le “côte lettes” impanate e dorate sono presenti nei libri di cucina francese dal 1749, fatto segnalato anche in un articolo dello storico Massimo Alberini.
Per concludere e dirimere la questione, il 17 marzo 2008, il Comune di Milano conferma il nome di “costoletta alla milanese” e redige un protocollo che sancisce le linee guida per la preparazione dell’autentica costoletta alla Milanese, che deve corrispondere alle caratteristiche certificate dai documenti storici, e ne appone il De.Co. di Milano, prodotto a Denominazione Comunale di Origine.

Per capire meglio le regole base della co(s)toletta alla Milanese, il 17 gennaio 2016 ho partecipato all’evento IDC (Internatinal Day of Italian Cuisines) a Milano presso La Gare Hotel, organizzato da ITCHEFS-GUCI.
La manifestazione, che quest’anno è giunta alla sua nona edizione, ha l’obiettivo di far conoscere la vera cucina italiana nella sua tradizione e diffonderne l’identità all’estero. Ed è proprio alla tradizionale Costoletta alla Milanese che quest’anno era dedicato il tema della giornata: grandi cuochi e chef sono stati ospiti della manifestazione, anche in collegamento in videoconferenza dai ristoranti dove questo piatto è ormai parte del menu di tutti i giorni.

Tra i tanti personaggi e media presenti per parlare ed assaggiare le diverse proposte della costoletta alla milanese tradizionale, Matteo Scibilia de “L’Osteria della Buona Condotta” ad Ornago mi ha concesso un’intervista interessante.

Ho potuto apprezzare anche giovani chef emergenti, con le loro creazioni in tema di “costoletta innovativa.” Ne è un esempio interessante quella del giovane chef comasco Davide Caranchini, servita con un accompagnamento su crema di patate e barbabietola e una panatura al timo selvatico delle rive del Lago di Como. Ne sono rimasta affascinata e mi ha colpito il sapore, che a dispetto del colore quasi nero, non è troppo “affumicato”, ma piuttosto morbido e avvolgente. Tutto merito dell’innovativa tecnica utilizzata per affumicare, con la cenere vegetale.

Ma d’altronde, come dice anche Allan Bay, la Costoletta alla Milanese rimane un piatto della tradizionale cucina lombarda, proprio per questo deve rispettare certi dettami: deve essere alta, di vitello e con l’osso, impanata nel pangrattato e cotta nel burro chiarificato. Una volta cotta deve risultare bianco-rosa all’interno, dorata e croccante all’esterno, mentre la panatura non deve staccarsi dalla carne. Ci si può sbizzarrire solo per il contorno d’accompagnamento.

Veniamo ora alla ricetta classica, frutto delle attenzioni di Matteo Scibilia.
Si è parlato della tecnica della panatura, o impanatura e la tradizione vuole che sia pangrattato appena tostato. Alcuni chef preferiscono i grissini tritati, sostenendo che tale impanatura conferisca alla costoletta una maggior croccantezza, avendo i grissini un contenuto in grassi.
Altri chef utilizzano il panko, molto in uso nella cucina giapponese, che si può realizzare anche nelle nostre cucine: il pane bianco in casetta viene passato in forno o nel tostapane per far evaporare l’umidità, si lascia poi raffreddare ed infine si trita. Questa tipo di impanatura tende a far scivolare via l’olio in eccesso -non solo sulla carne ma anche sulla verdura fritta- e risulta molto leggero rispetto al pangrattato.

La costoletta alla milanese deve essere di vitello, di colore rosa chiaro e con l’immancabile osso. Da un punto di vista storico è citata in trattati del 1700, ed anche prima in altri trattati di cucina in lingua latina ove veniva indicata come “un pezzo di carne impanata”.
Molto apprezzata se cucinata bene, ma non originale, è la cotoletta detta “a orecchio di elefante”: di carne suina battuta sottilissima, impanata e fritta, viene proposta a volte come costoletta alla Milanese.

Il burro chiarificato: è il burro che viene sottoposto ad un particolare trattamento di riscaldamento e di filtratura, che permette di innalzare la temperatura a cui può essere sottoposto senza deteriorarsi (fino anche a 180 °C). L’uso del burro chiarificato è uno dei segreti per la riuscita di una buona costoletta alla milanese: la cottura avviene ad una temperatura di 180 °C e ciò permette di mantenere rosata la carne. Il risultato sarà una costoletta morbida e dal colore dorato. La preparazione del burro chiarificato è la seguente: prendete 200 g di burro e fate fondere a bagnomaria in un pentolino per circa 30/35 minuti eliminando i residui solidi man mano che affiorano; la parte d’acqua in esso contenuta evapora, mentre sul fondo della pentola si formerà la caseina. Al termine del processo di riscaldamento si ottiene un grasso fluido simile all’olio: l’abilità del cuoco consiste nel prendere la parte liquida eliminando le parti solide. Il burro chiarificato si conserva in frigo in un contenitore chiuso; tornerà al suo stato solido e si manterrà molto più a lungo del burro non chiarificato.

La carne: si può fare una cotoletta ottima senza osso, ma non possiamo chiamarla costoletta. Perché la costoletta è una carne di vitello con l’osso: è una delle prime otto costole superiori della lombata di vitello da cui si ricavano una dozzina di costolette.
Per essere certi della frollatura, è possibile anche tenere il taglio di carne in frigorifero per dieci giorni avvolto in un tovagliolo e posto in un contenitore.
In questo modo la carne cede i liquidi e quando diventa grigia è perfetta: è iniziato il processo di frollatura nel quale si liberano i liquidi, le proteine si denaturano e la carne diventa tenerissima.

L’impanatura: la tecnica per una buona impanatura è fondamentale nella costoletta alla milanese. Ogni famiglia ha un proprio segreto collegato alla propria storia, legato alla nonna o alla mamma e questo vale anche per la costoletta alla milanese. Alcune famiglie usano passare la costoletta nell’uovo intero, altre nel tuorlo, oppure prima nella farina e poi nell’uovo intero. Non c’è grande differenza, il risultato è lo stesso.

Il sale va aggiunto soltanto a fine cottura perché richiama l’acqua.

Un ultimo consiglio, per mangiare la costoletta è meglio usare un coltello a lama piatta molto tagliente. Un coltello dentellato ne strapperebbe le fibre.

la cotoletta alla milanese

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Ingredienti per 4 persone :
4 costolette di vitello dello spessore di 3-4 cm con l’osso
2 uova
150 g di grissini tritati
150-170 g di burro chiarificato
sale

Asciugate bene la carne con carta da cucina. In una ciotola grande che contenga la costoletta battete le uova intere, e in un’altra ciotola versate i grissini tritati nel mixer.
Immergete la costoletta nelle uova; prima di passarla nei grissini tritati fatela sgocciolare. Coprite bene la carne con i grissini tritati su entrambi i lati. Sbattete leggermente la costoletta e mettetela in frigorifero per circa 30 minuti.
In una padella antiaderente fate scaldare bene il burro chiarificato e cuocete a bassa temperatura 6-7 minuti per lato fino alla sua doratura.
Togliete e fate riposare su una gratella qualche minuto.
Sistemate la costoletta su di un piatto, con sopra i cristalli di sale sale grosso e servite calda con limone e quello che più piace.

Il maestro Gualtiero Marchesi afferma che il taglio della carne è la costoletta ma il nome del piatto è “cotoletta”. Da ricordare la sua “cotoletta versione puzzle”.

Bibliografia:
www.cotolettamilanese.it
La Cucina Italiana il grande ricettario, Gualtiero Marchesi
La cucina milanese, Fabiano Guatteri

Partecipano come contributors:

Silvia de Lucas Rivera – Burro chiarificato per friggere

5 commenti

  1. Quante cose si imparano, anche su piatti che sembrano in apparenza semplici e scontati! Sicuramente guarderò la co(s)toletta alla milanese con occhi diversi da adesso in poi. Grazie Elena!

    1. Carissima Antonella vivere l’emozione di un tempo un ricordo anche attraverso un piatto è qualcosa di magico che si unisce di nuovo con la nostra anima è come celebrare l’intimità di un passato nel presente , grazie a te ciao a presto!

  2. E’ inutile, cucinare è un’arte e lo dimostrano tutte le accortezze, i passaggi le tecniche! W la cucina italiana! Bellissimo post

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