La Ribollita

ph. Daniela Boscariolo

Pubblicazione: 22/02/2016

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Ribollita

“La celeberrima ribollita, emblema e vanto di molte trattorie fiorentine, non può essere considerata una ricetta a sé stante. Nella sua versione originale altro non è che una zuppa di magro avanzata e ribollita il giorno dopo”.

(1974, P. Petroni – Il libro della vera cucina fiorentina – Bonechi)

La citazione di Paolo Petroni è un ottimo punto di partenza per celebrare oggi la giornata nazionale della ribollita.  Il nome del piatto parla chiaro. Più che ad un codificato insieme di ingredienti, ci riferiamo ad un procedimento: l’atto di far ri-bollire una seconda volta una zuppa preparata in anticipo.  Poiché si tratta di una minestra di magro, in essa troviamo delle verdure e dei fagioli, con l’aggiunta di pane.

Giovanni Righi Parenti ci spiega come si fa e cosa non deve essere aggiunto in essa, per nessun motivo:

“Il pane tagliato a fette spesse si mette ora nella zuppiera e sopra, caldissima, lasceremo scolare la miscellanea delle verdure cotte; vanno creati dei piani in modo che il pane abbia ad inzupparsi completamente creando degli strati tra i vegetali cotti, quasi si trattasse di una specie di torta ripiena … Va servita ancora tiepida, ottima anche fredda e si condisce ancora con del buon olio di oliva crudo senza aggiungervi altro: tutt’al più (al posto di quel formaggio che sarebbe delitto mettervici) una tritata di cipolle o cipollotti che completeranno l’opera in modo mirabile.”

Ho rintracciato due momenti storici distanti nel tempo ma decisivi per comprendere la natura di questo piatto: la vita dei ceti benestanti a partire dal Medioevo e le usanze contadine fino a qualche decennio fa.

La storia della Toscana e, in particolar modo, di Firenze, a partire dall’età comunale fino al crollo del Granducato, ci fornisce l’affresco di una cucina ricca non solo di ingredienti ma anche di ricette, molte delle quali oggi purtroppo introvabili. Dalle tavole imbandite di nobili e signori venivano recuperati gli avanzi da aggiungere alla dieta dei servitori; spesso i pani usati per contenere le vivande servite, detti “mense”, erano riutilizzati per arricchire zuppe e minestre. È inevitabile che il pane entrasse più per necessità che per questioni di gusto, a far parte di numerose preparazioni. Ancora oggi, pensando ai propri nonni, quanti di noi hanno viva l’immagine di questo ingrediente onnipresente durante il pasto, ad accompagnare fedele qualsiasi cibo, dalla minestra alla frutta!

La vita nelle campagne, invece, ci racconta di come il venerdì fosse giorno di magro, perché si rispettava il divieto di mangiare carne. Dunque ci si arrangiava preparando grandi zuppe a base di verdure e legumi. Le quali poi avanzavano fino al sabato e alla domenica. Venivano ribollite, con l’aggiunta del pane, anch’esso rimanenza (il pane veniva cotto nei forni comuni generalmente una volta a settimana): ottimo esempio di riutilizzo degli avanzi, concetto a noi oggi caro.

Fonti manoscritte e di stampa risalenti al Cinquecento attestano l’esistenza già ben codificata della minestra fatta con il cavolo nero e il pane. La ricetta di Giovanni Del Turco, musicista e cultore di gastronomia presso la corte di Cosimo II de’ Medici sembra tratta dai ricettari contemporanei, se non fosse per la diversità della lingua:

Prendi due o tre cipolle grosse e nettale dalla prima scorza et così intere mettetele in una pignatta d’aqqua che non sia piena affatto, acciò poi vi si possa mettere il cavolo et in quella pignatta metti come si è detto le cipolle, olio et sale e lasciale cuocere bene et una ora avanti desinare vi metterai a cuocere il cavolo et poi si mandi in tavola con fette di pane sotto. […]”

(AA.VV., 1999 – “A tavola con il re” Ed. Polistampa).

Il breve excursus può concludersi accennando che anche l’Artusi (1974, “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, Bemporad Marzocco, Firenze) ci fornisce la sua versione di ribollita, chiamandola però “minestra di cavolo”. La storia contemporanea, invece, ci parla di una preparazione quasi chic, da ceti benestanti. Basti pensare che la troviamo nel noto “Il cucchiaio d’argento” già riportata come ricetta tipica di un passato che non ci appartiene più e perciò degna di nota.

Quella che segue è la mia versione, una ricetta di famiglia. Possiamo collocarla geograficamente nella zona compresa tra Siena e Firenze. La preparazione riassume e racchiude quanto contenuto nei testi citati. Sebbene esistano molte varianti di ribollita, a seconda delle diverse aree della Toscana, esse sono tutte “vere”. Si mantengono costanti alcuni ingredienti (la cipolla, il cavolo nero, i fagioli e il pane “sciocco”, cioè sciapo o senza sale) e il fatto che la zuppa venga sempre ri-bollita.

Ribollita

Ingredienti per 6-8 persone

1 costa di sedano
1 cipolla grande
3 carote medie
3 patate medie
3 zucchine
150 g di verza
150 g di bieta
150 g di cavolo nero
250 g di fagioli cannellini
150 g di pomodori in pezzi (o passata di pomodoro)
sale/pepe
3 cucchiai d’olio
extravergine d’oliva toscano

Tagliate a pezzetti di mezzo cm di lato il sedano, una carota e la cipolla e mettete a soffriggere con l’olio in una pentola capace e alta. Pulite le verdure a foglia (nel caso del cavolo nero eliminate completamente la costa centrale) e affettatele grossolanamente; tagliate il resto degli ingredienti in pezzi di 1 cm di lato circa. Unite tutto nella pentola con il soffritto.  Aggiungete 1,5 litri d’acqua, il pomodoro, il sale e il pepe. Portate a bollore e lasciate cuocere per 30 minuti circa a fuoco dolce. A fine cottura aggiungete i fagioli precedentemente cotti a parte. Potete utilizzare un poco della loro acqua di cottura per la minestra.

600 g di pane senza sale di qualche giorno
olio extra vergine d’oliva toscano
cipolla rossa

Tagliate il pane a fette, dividete le fette a metà. Sistematele sul fondo di un tegame largo e basso (meglio sarebbe in un coccio). Ricopritele con mestoli di minestra bollente. Non necessariamente dovrete usarla tutta: ci deve essere una proporzione più o meno equivalente tra pane e verdure. Attendete che il pane si sia imbevuto e ammollato e mettetela sul fuoco vivace, girando per far rompere il pane e amalgamando tutti gli ingredienti tra loro. Condite con l’olio toscano e asciate riposare.

Al momento di servire, rimettete una seconda volta sul fuoco la ribollita, rigirandola ancora. Lasciate che si attacchi un poco sul fondo del tegame e formi una leggera crosticina: sarà più saporita. Se volete potete servirla con sottili fette di cipolla di guarnizione.

Partecipano come contributors:
Giovanna Lombardi, La ribollita 
Alessandro Zaccaro, La Ribollita Toscana a modo mio 
Ana Maria da Costa Vasconcellos, La Ribollita 
Enrica Gouthier, La ribollita
Cinzia Martellini Cortella, La Signora Ribollita 
Annalisa Sandri, Una ribollita friulana
Cristina Tiddia, La ribollita 
Daniela Boscariolo, Ribollita a modo mio 

8 commenti

  1. Grazie Giovanna per averci spiegato la vera natura della ribollita. Quando citi l’importanza del pane nelle tavole dei nostri nonni, mi è venuto in mente che mia madre mi ha raccontato che quando era bambina le facevano assaggiare il pane bagnato nel caffè e addiritura nel vino, e mia bisnonna era solita mangiare le arance con il pane!

  2. Quando si passavano le giornate nei campi e non si aveva a disposizione quello che abbiamo oggi si doveva per forza mangiare tutto con un po’ di pane. Mio padre, nato in campagna, pur essendo diventato “cittadino”, continua a dire che anche il gelato è buono con un pezzo di pane sciapo accanto. Non invidio quei tempi e non ho un’idea mitizzata della campagna. Semplicemente questo piatto è buonissimo. E per fortuna fa anche bene, quindi possiamo abusarne. :-)))

  3. La ribollita è talmente buona che in Toscana non ha stagione. E’ ovvio che raggiunga il suo meglio in inverno grazie alla presenza del cavolo nero al suo massimo, ma a me è capitato di mangiarla tiepida per merenda a maggio e giugno, quando complici le giornate lunghe di fine scuola, andavamo a fare scampagnate in collina e si faceva merenda con un tagliere di buoni salumi nostrali e grosse ciotole di ribollita intiepidita, accompagnata da cipollotti novelli affettati al momento. Ho questo ricordo come un momento di pura estasi.
    Continuo a prepararla in casa ogni volta che posso. Spesso la congelo per averla pronta se ci prende la voglia. E’ il mio piatto feticcio, la mia cura ed il mio orgoglio quando la preparo per gli amici che arrivano da lontano. Grazie per questo omaggio.
    Un abbraccio, Pat

  4. Bellissimo articolo. Io adoro il cavolo nero, lo cucino in tanti modi e vedere la ribollita mi entusiasma.
    Ciao
    Tiziana

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