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Il ricettario ufficiale di Netflix
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Pubblicazione: 27/02/2016
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Ambasciatrice Tamara Giorgetti per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar
Quando è nata l’acqua cotta? Non si sa, non c’è una data certa, era il mangiare dei poveri. E i poveri ci sono sempre stati.
L’acqua cotta è una minestra di verdure e pane raffermo, è nata in Maremma e già nel medioevo si trovano notizie di minestre simili. In particolare in Toscana sono tante le minestre di pane, perché il pane è prezioso anche quando è raffermo e con le zuppe è facile da riciclare. E’ così che nascono allora la ribollita, la panzanella, la pappa col pomodoro e la minestra di pane e tante altre magari poco conosciute, ma altrettanto buone. Oggi è possibile trovarne nei menù dei ristoranti di tutta la Toscana.
In origine veniva fatta con le verdure “sull’uscio”, quelle che trovavi aprendo la porta di casa che solitamente dava sull’orto: lì c’era tutto quello che poteva servire, era molto poco, ma così nacque la nostra acqua cotta. Lo ricorda anche Leo Codacci nel suo libro “Civiltà della tavola contadina”, una sorta di Bibbia della vecchia cucina maremmana con tantissime ricette dimenticate e sconosciute.
L’Acqua Cotta maremmana era un mangiare molto povero, tipicamente in uso tra i mandriani durante le lunghe attese guardando le bestie che pascolavano, o quando d’estate le conducevano a mangiare erba fresca nelle zone del Casentino; oppure tra i carbonai quando andavano nei boschi a fare le carbonaie e stavano fuori mesi interi. Si portavano dietro l’olio, il sale, un pezzo di pane che già non era morbidissimo, carne e baccalà, ovviamente secchi.
Quando era ora di mangiare mettevano nell’acqua un mazzo di erbe trovate al momento nei campi, ci buttavano dentro il soffritto di pancetta e cipolla e poi il baccalà e le patate. E anche questo lo scrive Leo Codacci nel suo libro “Civiltà della tavola contadina”, che parla di quel pezzo di Toscana, la Maremma appunto, oggi ricercatissima da un turismo molto esigente, ieri terra di malaria, terra aspra e dura, Maremmamara appunto. E poi c’erano le donne che restavano a casa e dovevano dar da mangiare ai figli, che erano sempre tanti: andavano nell’orto dietro casa, dove bastava prendere poche erbe e metterle in acqua. Giusto ogni tanto ci mettevano anche qualche uovo, quando se ne salvavano dalle razzie quotidiane di padroni senza scrupoli.
Oggi l’acqua cotta è diventata un cibo per palati esigenti e si trova nei migliori ristoranti di tutta la Toscana, ma non tutti conoscono le sue origini.
Già gli etruschi sembra conoscessero la ricetta dell’Acqua cotta poiché sappiamo con certezza, da rappresentazioni pittoriche e rilievi decorativi, che cipolle, carote, sedano e coste erano presenti nella loro cucina. Anche l’olio era già conosciuto: a Cerveteri c’è la “Tomba delle Olive” dove è stato rinvenuto un grande contenitore pieno di noccioli di olive. E ancora, relitti di navi affondate, con le stive cariche di anfore ancora riportanti tracce d’olio.
La mia acqua cotta è molto semplice, una versione ancora rustica e verace, senza funghi, senza salsiccia, senza pancetta, con poche e semplici verdure ed è ancora esattamente come la faceva mia nonna. Ai suoi tempi nelle famiglie contadine la donna più importante, di solito, era la moglie del capofamiglia: gestiva la casa e aveva le chiavi degli armadi, decideva quando fare la spesa, cosa comprare e soprattutto cosa cucinare. Le altre donne andavano a lavorare nei campi, quindi poteva anche accadere che non sapessero cucinare; ma la mia nonna amava il cibo e cucinava con amore. La sua acqua cotta è famosa in tutta la nostra famiglia e io da anni la tramando con orgoglio.
In agosto nella provincia di Grosseto si tengono diverse sagre dell’acqua cotta, nei paesini alle pendici del monte Amiata e Santa Fiora. E’ un piatto molto amato.
Cibo di recupero: questo è il pancotto.
Una minestra preparata con pane raffermo spezzettato e messo in un liquido, brodo vegetale o acqua, con pezzetti di verdure. Il pane viene cotto nel brodo insieme agli altri ingredienti e non aggiunto successivamente come nelle zuppe. Ogni regione italiana ha la sua ricetta di pancotto, con poche differenze dovute soprattutto al tipo di pane utilizzato. Cambiano anche i nomi: tra i tanti ricordiamo qui la Panada in Lombardia, il Pancheuto ligure, il Pane cottu in Sardegna.
In ogni ricetta di pancotto ci sono ingredienti del territorio: le verdure, l’olio (o il burro al nord) ed erbe aromatiche, anche se la parte più importante è per il pane, che deve essere cotto a legna e preparato con farine non troppo raffinate, tipologia 1 o 2.
In Toscana per il pancotto si prepara un piccolo soffritto con aglio, sedano, carota e cipolla, si aggiungono i pezzi di pane e poi si aggiunge il brodo vegetale, e si fa cuocere a fiamma bassa, aggiungendo ancora brodo se occorre. Si aggiusta di sale, di pepe e si continua la cottura per altri 15 minuti. Piacendo, si aggiunge del pecorino toscano direttamente nei piatti.
In Puglia si prepara un brodo vegetale con patate, aglio e peperoncino, poi la rucola e solo dopo si uniscono il pane pugliese e l’olio.
Nel Lazio si soffriggono aglio, pomodori e poi si aggiunge l’acqua. Quando questo brodetto è pronto si unisce il pane raffermo e si cuoce per 30 minuti. Un filo d’olio, pepe nero e abbondante pecorino romano.
Nella bergamasca, invece dell’olio si aggiungono burro, salvia e del formaggio grattato, si chiama “panada” e una volta veniva preparata anche per le puerpere, con il latte.
A Torremaggiore in provincia di Foggia, per preparare il pancotto vengono bollite insieme alcune verdure, bietole, rape, verza, patate, zucchine e aglio. A fine cottura delle verdure, si aggiunge il pane raffermo e si cuoce. Quando il pane è pronto si scola l’eventuale acqua rimasta, si aggiunge olio e si serve.
Oggi il pancotto è un piatto difficile da trovare nei locali, non è diventato famoso come la pappa col pomodoro, però in qualche trattoria di paese forse ancora lo si può chiedere. La difficoltà maggiore per prepararlo è quella di reperire un buon pane cotto a legna e raffermo.
1 l di brodo vegetale preparato con aglio, cipolla, sedano, carota, finocchio e un pomodoro
50 ml di olio d’oliva extravergine di ottima qualità
aglio
nepetella (mentuccia)
una carota
una costa di sedano
mezza cipolla o cipollotti
pane toscano raffermo, un pezzo di filone, non lo peso mai, ma penso 300 g
pecorino toscano se piace
pepe
Mettete qualche cucchiaio di olio in un tegame di coccio, tagliate a pezzi non troppo piccoli le verdure, carota, cipolla, fateli imbiondire nell’olio e poi aggiungete il pane a pezzettoni spezzato con le mani (non tagliato) e coprite con il brodo vegetale bollente. Fate cuocere per 10 minuti e quando il pane avrà assorbito il brodo, se serve aggiungetene ancora perché non deve essere liquido, ma neppure troppo sodo. Continuate la cottura per altri 5 minuti, spegnete, aggiungete la nepetella, l’olio e il pepe.
Buon appetito.
Bibliografia
Sugli Etruschi: http://www.pachis.roma.it/#!Acquacotta-degli-Etruschi-tradizioni-contadine-millenarie/c199s/C9D7919C-1324-40F1-9ED1-73832892615C
https://it.wikipedia.org/wiki/Acquacotta
Civiltà della tavola contadina: Leo Codacci
La cucina regionale italiana: Il Messaggero
La cucina toscana: Il Tirreno
Bibliografia:
http://www.slowfoodbergamo.it/ricette/pancotto-toscano/
https://it.wikipedia.org/wiki/Pancotto
Partecipano come contributors:
Patrizia Malomo, Acquacotta maremmana
Anna Calabrese, Minestra Trovata per il Calendario del Cibo Italiano
Cristina Galliti, Acquacotta d’ erbe selvatiche
Nadina Serravezza, Pane cotto con cime di rapa e peperoni cruschi
Serena Bringheli, Pancotto
Cristina Tiddia, Acquacotta
Donatella Bartolomei, Acquacotta e buon Enrico
Cinzia Donadini, Acquacotta al Tarassaco
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Una meraviglia!!! Quante volte la sera, mangiavo il pancotto!!! Mi hai fatto tornare indietro nel tempo, a quando lo mangiavo solamente! Ora, dopo quello che ho letto, lo gustero’ ancora meglio!! Brava
Antonella ciao, sì il pancotto è un’altra preparazione che amo molto, tante ricette attraversano questo nostro Paese tutte belle e tutte diverse, ognuna con una verdura o una spezia che la rende unica, grazie
Il pane e tutte le sue declinazioni, cara Tamara grazie per il tuo racconto completato da foto bellissime che in questa giornata uggiosa sarebbe fantastico trovare dal vivo, in tavola… Non conoscevo la parola nepetella, ora si, grazie a te!
ciao Daniela provala la nepetella è un’erba aromatica che si sposa bene con alcune verdure tipica della maremma, grazie
Uno spettacolo! Le nostre nonne con un pò di pane secco e due aromi riuscivano a fare meraviglie! I prodigi dell’amore!
Magnifico articolo e fantastiche ricette!
Complimenti!
bel post, grazie Tamara!
grazie a tutte dei vostri contributi tutti molto interessanti
Grazie cara Tamara per questo tuo esauriente post su un piatto che davvero sono dei “pilastri” della cucina povera di tutta l’Italia.
Ecco il mio contributo, che mi ha fatto ripensare alle mie nonne 🙂
http://essenzaincucina.blogspot.it/2016/02/acqua-cotta-al-tarassaco.html
Grazie!
Bellissima esposizione e come dice questo mangiare dei poveri del tempo passato in particolare del dopoguerra era un pò ovunque in tutte le regioni ed anch’io a casa (classe 43) ne ho mangiata tanta. Non era cosi ben condita, le verdure poche e miserucce ed il pane veramente raffermo e scuro ma scaldava e riempiva il pancino. L’ho detto ad Anna che esiste ancora un’ acquacotta-pancotto in Austria e quindi i vecchi di Trieste la ricordano bene che si chiama “panadelsuppe” . E’ un insieme di acquacotta e pane ora vecchio non raffermo come a suo tempo ben condito e lo si da ancora oggi ai bambini convalescenti essendo leggero e nutriente.
Ottima l’esposizione toscana mi piace e sono ritornata indietro nel tempo. Buona domenica
Grazie Tamara per averci fatto conoscere meglio queste due preparazioni! Entrambe ottime!