“Fa’ in prima che sia ben pelata in modo che sia biancha et netta. Et poi fendila per lo deritto de la schina (schiena) et caccia fore le interiori et lavala molto bene. et dapoi togli i figatelli de la ditta porchetta, et battili bene col coltello inseme con bone herbe, et togli aglio tagliato menuto, et un pocho di bon lardo, et un pocho di caso (cacio) grattugiato, et qualche ovo, et pepero pesto, et un pocho zafrano, et mescola tutte queste cose, et mettele in la ditta porchetta, reversandola (rovesciandola) a modo che si fanno le tenche (tinche) , cio è ponendo quello di dentro di fori. Et dapoi cusila inseme (cucila insieme) et legala bene et ponila accocere nel speto, o vero su la graticola. Na falla cocere adascio che sia ben cotta così la carne come etiamdio il pieno. Et fa’ un pocha si salamora con aceto, pepero et zafrano, et tolli doi o tre ramicelle de lavoro, o salvia, o rosmarino, e gietta spesse volte di tal salamora in su la porchetta. Et simile si pò fare de oche, anatre, gruve, capponi, pollastri, et altri simili”.
Del maiale, si sa, non si butta via niente…
Eppure non a tutti è simpatico. La Bibbia ne parla così: “il Signore parlò a Mosè e ad Aronne: (…) per voi sarà impuro il porco poiché avendo lo zoccolo spaccato e l’unghia divisa, non è un ruminante”. Fedeli a questo precetto, gli ebrei osservanti hanno bandito la carne di maiale dalle loro tavole, guadagnando forse in purezza d’animo, ma perdendo qualcosa in piacere. Sempre con motivazioni religiose la carne di maiale è proscritta ai musulmani che lo considerano ugualmente impuro al punto da provarne ribrezzo.
Rozzo, sozzo, analfabeta e anche un po’ mal visto, il porco ha origini che nemmeno sospettiamo. I Re nell’Antica Grecia erano appassionati allevatori di maiali, e i nostri amici rosa (anzi neri) e paffuti non grugnivano nei cortili, ma nelle Corti. L’origine mitologica del maiale lo vuole messaggero della dea Maia. Animale puro, sacrificale, era una bestia così onesta e innocente che per suo tramite, il cielo mandava messaggi agli uomini.
Circe trasformava gli uomini di Odisseo in maiali, ma quando finalmente l’eroe ritorna ad Itaca incontra per primo il porcaro Eumeo ed insieme sacrificano un suino.
Maiale come casa dunque, rifugio caldo e sicuro, come nella mitologia cinese.
A Enea una profezia disse che le sue peregrinazioni sarebbero terminate non appena avesse incontrato una scrofa. E così avvenne, sulle rive del Tevere. Da lì cominciò la storia di Roma. I romani fecero del maiale un monumento di golosità, ricercatezza e follia, sfogando le loro voglie in forma gastronomica.
Nel Medioevo i simboli della religione pagana furono demonizzati, perfino Venere fu retrocessa a diavolessa, e il maiale diventò una creatura negativa, metafora della lussuria. A quei tempi, l’aspetto del maiale era molto differente da ora: erano scuri e pesavano tra i 30 e gli 80 chili. Il loro allevamento era tra le attività più diffuse, si svolgeva in condizione di semi-libertà, sotto la sorveglianza del porcarius, le loro carni erano per lo più destinate ai poveri.
Saggezza compensatrice di Madre Natura: la natica, il lembo più immondo del più immondo animale, ascende alla mensa osannato come prelibato boccone.
Rimane l’incertezza se considerare il maiale come il più vituperato dei buoni o il più buono dei vituperati.
Lui aborrito dall’islam e dall’ebraismo come “intoccabile”, nella tradizione cattolica è addirittura innalzato agli onori degli altari come fido compagno del più Santo dei Santi, quel Sant’Antonio Abate che portiamo ad esempio di carità e amore per il prossimo.
Il sacrificio supremo della morte è catartico per il maiale e sembra riscattarlo da tutte le colpe e le infamità che gli vengono scaricate addosso… A Parma, per esempio, da vivo è chiamato gosin, da morto nimàl, cioè l’Animale per eccellenza.
Le ricette medievali italiane, Dante in cucina
Non poteva mancare il maiale nella Divina Commedia!
«E Cirïatto, a cui di bocca uscia
d’ogne parte una sanna come a porco,
li fé sentir come l’una sdruscia.»
Ciriatto, che vuol dire “porcellino” è un demone che Dante inserisce nell’Inferno in un curioso episodio dove si avventa su un dannato pescato nella pece bollente e prova a fargli sentire come tagliano le sue zanne.
C’è anche da dire che Dante punisce i golosi facendoli rotolare nel fango fetido come dei maiali nel trogolo usando chiaramente la legge del contrappasso. Qui incontra Ciacco, di cui molti critici interpretano il nome come “porco”, noto per la smodatezza bestiale del suo mangiare e bere, ma con il quale Dante scambia un dialogo improntato a una seria e grave considerazione del degrado morale e politico della loro città.
Tra salumi, carni essiccate, arrosti e insaccati, il nostro amico maiale si è fatto amare e odiare. Su di lui si è scritto molto e le sue carni adesso sono considerate molto più sane che in passato grazie anche ad un’alimentazione mirata. Ora passiamo alla tavola.
La ricetta della pancetta aconciata
Ingredienti
- 1 kg di pancetta fresca
- Rosmarino
- Timo
- Coriandolo
- Alloro
- Zafferano
- Salvia
- Pepe nero
- Aglio
- Sale
Preparazione
Pulire bene la pancetta e intaccare la cotenna ottenendo dei quadrati regolari.
In una ciotola versare le erbe tritate e le spezie mescolandole accuratemente.
Massaggiare la pancetta per qualche minuto, lasciare riposare per circa mezz’ora con il blend di aromi.
Preriscaldare il forno a 120°, adagiare la pancetta su una teglia con la carta da forno e lasciare cuocere per circa 4 ore girandola di tanto in tanto.
In ultimo, girare la pancetta con la cotenna verso l’alto e alzare la temperatura a 220° per circa un’altra ora. Per far diventare croccante la cotica, azionare la ventola a fine cottura.