Settimana delle zuppe e minestroni

Pubblicazione: 29/02/2016

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Settimana Nazionale delle zuppe e minestroni

Ambasciatrice Giorgia Pasqualotto per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

Se non è zuppa è pan bagnato” è un’esclamazione proverbiale di uso comune riferita alla descrizione di due fatti apparentemente differenti ma che nella sostanza coincidono.

Questo il significato reale, manifesto.

Quello etimologico, invece, rimanda al Medioevo, perché il termine “zuppa” deriva dal gotico “suppa”, ossia “fetta di pane inzuppato”: a quel tempo i piatti ancora non si utilizzavano e quella funzione veniva svolta – egregiamente – dalla fetta di pane.

Così, “zuppa” e “pan bagnato”, apparentemente  due pietanze differenti, nella sostanza coincidono.

Le famiglie panificavano in media un paio di volte al mese: quelle grosse forme, sfornate da giorni, diventavano difficili da masticare anche per le mandibole più robuste, figuriamoci per i più piccoli ed i più anziani. L’utilizzo di queste fette indurite assolveva quindi ad una duplice funzione: non solo piatti di portata ma anche la possibilità per tutti di consumare il pane ormai raffermo. Perché era vietato sprecare.

La zuppa era generalmente, e così è anche oggi, composta di tre elementi cotti nell’acqua (o nel brodo): cereali, verdure e legumi. Era, insomma, il piatto povero per eccellenza.

L’avvento di pasta e riso, che necessitano di un liquido di cottura, ha contribuito a creare una variante della zuppa: la minestra, che prevede appunto l’aggiunta di questi ingredienti.

Minestra” deriva dal latino ministrare, amministrare, termine che fa riferimento al fatto che questa veniva servita a tavola dalla persona che soleva gestire la casa.

A metà strada tra la zuppa e la minestra si colloca il minestrone, una minestra arricchita da quegli ingredienti giunti fino a noi in seguito alla scoperta del Nuovo Mondo: patate, pomodori, fagioli … che ci hanno regalato profumi e sapori fino a quel momento sconosciuti.

La zuppa è generalmente più densa e consistente perché per prepararla si utilizza meno brodo e perché l’aggiunta del pane contribuisce ad asciugarla ulteriormente.

La minestra ed il minestrone sono generalmente più liquidi e prevedono l’aggiunta di pasta o riso.

Il denominatore comune è però sempre lo stesso: piatti poveri nati dall’esigenza di nutrire e soddisfare i commensali con quel poco che v’era in dispensa.

Non sarebbe però corretto parlare di minestre, zuppe e minestroni senza fare riferimento alla cucina classica.

Innanzitutto, la “minestra” è la pietanza che segue l’antipasto: può essere sia asciutta (ad esempio la pastasciutta, le paste ripiene asciutte, le paste al forno e i timballi) che in brodo (al cucchiaio).

Nella cucina classica le minestre al cucchiaio sono definite genericamente “potages”, e tra queste troviamo:

  • le minestre chiare;
  • le minestre legate;
  • zuppe e minestroni;

Le minestre chiare sono le minestre a base di brodo e i consommé: le prime contengono sempre riso, pasta o una guarnizione, i secondi sono brodi molto ristretti (consumati, appunto) e chiarificati, da sorbire dalle apposite tazze a due manici. Gli elementi di guarnizione, quando ci sono, sono presenti in quantità proporzionalmente minore rispetto alle minestre.

Le minestre legate sono le creme e le vellutate: le prime si preparano a partire da una base brodosa contenente una purea (di carne, pesce o verdure) ed un elemento addensante (pasta o crema di riso), sono generalmente arricchite dalla panna. Le seconde sono composte da un brodo addensato da un roux (impasto di burro e farina analogo a quello della besciamella) e da una purea. In questo caso vengono insaporite non solo con la panna, ma anche con tuorli e burro. Le minestre legate sono generalmente accompagnate da crostini fritti o tostati. Se è prevista una guarnizione, questa viene aggiunta all’ultimo momento.

Ultimi, ma non certo meno importanti: zuppe e minestroni. Come già detto, le zuppe prevedono una base di pane inzuppato e nel brodo (che può essere anche sostituito dall’acqua) cuociono cereali, verdure e legumi. I minestroni prevedono la presenza di un farinaceo (pasta o riso) insieme alle verdure e sono generalmente arricchiti dal soffritto.

Oggi, purtroppo, nell’immaginario zuppe, minestre e minestroni vengono spesso considerati alla stregua di brodaglie di scarsa rilevanza gastronomica, come dimostrano anche numerose espressioni di uso comune che li citano a proposito di fatti o situazioni ritenuti noiosi o sgradevoli: “mangiare sempre la stessa minestra”, “è sempre la solita zuppa”, “mangia la minestra o salti dalla finestra”, “far di tutto un minestrone”, sono solo alcuni di questi.

Eppure preparare una buona zuppa – o un buon minestrone – è un esercizio di stile gastronomico: occorre partire da un’ottima base, rappresentata da ingredienti di qualità eccellente e dosare sapientemente gli altri in modo che non ve ne sia uno che prevalga sul resto. Possibilmente perdendo di vista per qualche ora gli odierni ritmi serrati che scandiscono le nostre giornate.

Sono però piatti che stiamo fortunatamente riscoprendo negli ultimi anni, da quando è aumentata la nostra consapevolezza che, come diceva già Feuerbach più di 150 anni fa: “Der Mensch ist was er isst” (“L’uomo è ciò che mangia”).

Abbiamo assistito negli ultimi trenta-quarant’anni all’apparizione sugli scaffali della grande distribuzione di confezioni di zuppe e minestroni già pronti, da infilare al massimo nel forno a microonde o nel pentolino del bagnomaria, tanto per non sporcare troppe stoviglie.

E c’è chi, come Andy Warhol, ha addirittura fatto delle latte di queste zuppe pronte un soggetto da ritrarre.

Oggi fortunatamente, sebbene si sia ancora bombardati da pubblicità che esaltano la bontà di certi prodotti, ci stiamo riappropriando di quelle tradizioni del passato (neppure troppo remoto) e di quelle tecniche che ci hanno reso così popolari al di fuori dei nostri confini.

E oggi più che mai iniziamo ad accorgerci di come la preparazione del cibo non sia la mera soddisfazione della necessità fisiologica di nutrirsi, ma soprattutto un’espressione del mondo e della cultura cui ciascuno di noi appartiene. Perché il cibo è storia, cultura e tradizione prima ancora di essere uno dei grandi piaceri della vita.

Fonti:

http://cucina.corriere.it/rubriche/scuola-di-cucina/03-marzo-2010/variegato-mondo-brodi_96ef865a-213c-11df-940a-00144f02aabe.shtml?refresh_ce-cp

http://www.24orenews.it/italia-da-gustare/1095-

http://www.lastraonline.it/p/storia.php?idpag=519

http://www.taccuinistorici.it/ita/news/moderna/usi—costumi/minestre-e-Zuppe-dogni-cosa.html

http://www.mtchallenge.it/2016/01/mtc-n-53-infografica.html

https://www.aifb.it/calendario-del-cibo/giornata-nazionale-del-consomme/

Partecipano come contributors:

Stefania Pigoni, Minestrone di Verdure
Erica Zampieri, Zuppa ritrovata
Sara Sguerri, Zuppa di Roveja con Verza e Funghi Pioppini
Alessandra Piazza, la ribollita toscana
Alice Del Re, Carabaccia
Cinzia Martellini Cortella, Zuppa di orzo e daikon
Daniela Boscariolo, La zuppa del ringraziamento bellunese o patora
Nadina Serravezza, Zuppa di cavolo nero e fagioli
Lucia Melchiorre, Le ricette di Luci Zuppa d’orzo
Tiziana Bontempi, Zuppa alla Lucchese

6 commenti

  1. Ciao Giorgia, il tuo articolo è puntuale e perfetto per comprendere le differenze tra zuppe, minestre legate, minestroni, creme… Ho capito che adoro tutte le versioni! Grazie! dani

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