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La cozza di Cervia
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Pubblicazione: 13/05/2016
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Ambasciatrice Alice Del Re per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar
È lo zucchero, la pietra di volta: senza di lui questa storia non esisterebbe.
Dalla sua introduzione in Italia, avvenuta a partire dal IX secolo grazie alla presenza degli arabi, e soprattutto con la sua definitiva diffusione su larga scala nel XV secolo, lo zucchero ha permesso una serie di innovazioni nel campo della produzione dolciaria fino a quel momento inimmaginate: non ultima quella dei confetti.
I termine “confetto”, dal latino conficere (fabbricare), indica un prodotto dell’inventiva, della tecnica e dell’abilità umana: quanto di più lontano dalla naturalità. I confetti sono piccole creazioni, delicatissime e perfette nella loro semplicità, che richiedono una grande arte, e per i quali è indispensabile lo zucchero.
Le fonti storiche ci raccontano che, in epoca romana, nascite e matrimoni venivano sanciti con l’offerta di confetti, in segno di buon auspicio. Una tradizione che nella sostanza è identica a quella odierna, anche se il protagonista era ben diverso. I contemporanei di Seneca e Nerone dovevano accontentarsi di semplici pezzi di frutta ricoperti di miele essiccato, o di un impasto di miele e farina: ci vuol coraggio a chiamarli confetti.
I confetti, così come li conosciamo oggi, iniziarono ad essere prodotti in Italia solo alla fine del 1400, in quello che è tuttora il più famoso centro di produzione: la città di Sulmona. Altrettanto famosa è la tradizione confettiera di Andria, in Puglia, dove agli inizi del Novecento, nel periodo di Carnevale, era in voga la petresciata (o lancio di pietre): i fidanzati si recavano con i familiari in casa delle future spose e versavano loro in testa una gran quantità di confetti colorati, mentre le future suocere le omaggiavano di una bomboniera ricolma di confetti di tutti i tipi.
La petresciata poteva avvenire anche tra bande di ragazzi che, al posto dei coriandoli, si lanciavano per strada grossi confetti – detti diavoloni – della dimensione di palline da ping pong. Stesso nome per un’usanza ben più pericolosa, che infatti venne presto vietata da un editto del podestà di Andria.
I confetti, in verità, erano diffusi nel mondo arabo già nel 1200, con una funzione farmaceutica. Lo zucchero, infatti, rivestiva semi di anice, di coriandolo o di sostanze dal sapore molto meno gradevole, alle quali erano riconosciute proprietà terapeutiche. A quelle del seme si assommavano le presunte virtù dello zucchero, a quei tempi usato prevalentemente dai farmacisti e dagli speziali, così che il confetto diventava una dolce medicina. A pensarci bene non sembra una cattiva idea: a chi non piacerebbe curarsi a colpi di confetti?
Nell’impero bizantino, nello stesso periodo, tuttavia, vigeva la consuetudine di lanciare questi piccoli confetti dai balconi nobiliari durante i festeggiamenti di Carnevale, usanza che li connota come appannaggio della ricca aristocrazia e, al tempo stesso, come prodotto puramente dolciario, piuttosto che medicamentoso.
Da qui alla loro diffusione nella potente Repubblica di Venezia il passo è breve e, ormai nel Rinascimento, i confetti diventano immancabili ad ogni banchetto aristocratico, presentati in grande coppe per accogliere gli ospiti o affiancati agli altri dolci in funzioni digestiva.
Oggi, in maniera non molto dissimile dal passato, la tecnologia di produzione dei confetti si avvale di una piccola betoniera di rame, chiamata bassina, nella quale le mandorle spellate vengono nebulizzate con del saccarosio, in presenza di aria calda. Mentre la bassina ruota senza sosta, la parte acquea evapora e sulle mandorle si depositano lentamente dei sottilissimi strati di zucchero.
Tutto il processo prevede fasi alternate di bagnatura ed essiccazione e può durare anche tre giorni: anche per questo è praticamente impossibile fare i confetti in casa. Al termine di questa fase, la superficie dei confetti è rugosa e irregolare; si procede quindi con la lisciatura, l’eventuale colorazione e la lucidatura. L’Italia è il paese in cui la tradizione dei confetti è più radicata (insieme, forse, alla Spagna) e il numero dei piccoli laboratori artigiani prevale di gran lunga sulla produzione industriale.
Ancora oggi, la funzione propiziatoria dei confetti e il loro significato di buon auspicio sono noti a tutti. Curiosamente, è uno dei pochi dolci che rimane ancorato alla vocazione originaria e difficilmente prevede un consumo svincolato da essa.
In una società in cui si può comprare il panettone a settembre e le frittelle di riso si mangiano tutto l’anno, i confetti restano legati a cerimonie e ricorrenze della vita del singolo individuo: raramente capita di comprarne solo per soddisfare la voglia di dolce. Per questo scopo è più facile rivolgersi ad altri prodotti più golosi, più moderni, più elaborati. Il confetto rimane altamente simbolico, come se conservasse ancora una valenza sacrale che non ne permette un consumo slegato dall’evento.
La distribuzione dei confetti in occasione di matrimoni, battesimi, lauree e anniversari prevede un rituale preciso e codificato, segno dell’antichità della consuetudine. La sposa, per esempio, dovrebbe distribuirli personalmente agli invitati, prendendone da una grande coppa con un cucchiaio di argento.
Più recentemente, invece, è nata l’usanza delle bomboniere, singoli sacchettini o scatoline che racchiudono i confetti da donare. Il termine viene dal francese bonbonnière, che nel XVII secolo indicava scatolette di metallo, decorate e impreziosite in vario modo, nelle quali le nobildonne tenevano piccoli bon bon da assumere nel momento cui la voglia di dolce prendeva il sopravvento: quanta classe rispetto al Ferrero Rocher!
Anche nelle bomboniere la tradizione ricopre un ruolo fondamentale: i confetti devono sempre essere dispari, a simboleggiare l’indivisibilità dell’unione. Un confetto indica l’unicità dell’evento, tre simboleggiano la coppia e il figlio, cinque sono auspicio di fertilità, lunga vita, salute, ricchezza e felicità.
Il confetto riveste un fascino e un’eleganza un po’ demodé che lo distinguono dai moderni dolciumi, anche nel modo di consumo. Il confetto non si morde, né tanto meno si mastica, ma si lascia sciogliere un bocca lentamente, gustando la dolcezza dello zucchero alla quale subentra la rugosità della mandorla, intatta nel suo sapore.
L’“anima” del confetto classico è una mandorla di Avola, spellata e ricoperta di semplice zucchero bianco, che all’esterno risulta quasi perlato; la forma è appiattita e amigdaloide. Diffidate da quelli troppo bombati: contengono mandorle californiane, che ne alterano il sapore originale.
Negli ultimi anni le innovazioni sono divenute molto frequenti. Accanto alla mandorla troviamo nocciole, pistacchi e cioccolato; il guscio può essere colorato; lo zucchero aromatizzato con paste di frutta, liquori o aromi, in un tripudio di sapori e gusti che rende la scelta difficile e la sorpresa garantita, esattamente come per i cioccolatini di Forrest Gump.
Ma non fatevi prendere la mano, o rischiate di finire come il povero Giacomo Leopardi, che in un solo giorno ne consumò più di un chilo. E fu il giorno della sua morte.
FONTI
M. Montanari, Il riposo della polpetta, Laterza 2009, pp. 147-148.
www.wikipedia.org
www.diterraedimare.it
www.insiemeate.net
www.ilcofanettomagico.it
Partecipano come contributors:
Annarita Rossi, Croccante di confetti
Gabriella Pravato, Il confetto in poesia
Tamara Giorgetti, Intervista alla fabbrica Pelino
Anna Maria Pellegrino, il confetto da duemila anni
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Bellissimo Alice, grazie!
Tiziana
Grazie a te Tiziana, i confetti hanno un fascino tutto particolare per me 🙂
Alice, questa giornata nazionale passerà nella storia del nostro calendario come quella più dolce in assoluto e per quello che ho letto fin’ora ricca di informazioni, complimenti
Grazie ancora Tamara per aver contribuito in maniera determinante. Senza i contributi le Giornate Nazionali non avrebbero senso! 🙂
Bellissimo articolo, l’ho letto tutto d’un fiato, quanta storia in pochi grammi di zucchero!
Grazie! E’ vero, c’è così tanta storia racchiusa in un piccolo confetto…ricordiamocelo la prossima volta che ne assaporiamo uno!
Mi hai fatto rivivere il giorno del mio matrimonio, come tradizione vuole, ho distribuito i confetti con il cucchiaio d’argento!
Bellissimo articolo, interessante storia, complimenti!
Deve essere un momento molto emozionante 🙂
Grazie Maria Teresa!
Che bello questo approfondimento sui confetti cui sono particolarmente affezionata: essendo abruzzese li conosco bene 😉
Adoro quelli alla mandorla di Avola. Grazie!