Umbria: Cantina Marco Merli

Siamo a Casa del Diavolo, frazione del comune di Perugia dal nome a dir poco pittoresco e inserita in un contesto estraneo alle più popolari rotte enologiche regionali. Tra le voci fuori dal coro nel panorama umbro, Marco Merli ci racconta il suo vino, la sua giovane azienda, il suo percorso e la sua passione per un’idea di vino il più possibile “naturale”. In un momento di grande fermento nel panorama enologico per questo genere di vini, abbiamo scelto un giovane produttore indipendente che ha intrapreso questa via non per moda ma per onestà intellettuale, per indole, per franchezza. I suoi vini sono vivi, sani, a volte spigolosi, mai ruffiani: dipingono un territorio che potrebbe essere descritto esattamente con gli stessi aggettivi.
Non cercatelo su facebook: non lo troverete. Non ha neanche un sito, per ora, ma sono molti i siti di settore che parlano (bene) di lui: andiamo a conoscerlo.

Gran Tour Umbria Vino Merli 2

Come è nata l’idea di un’azienda vitivinicola in una zona non particolarmente vocata come questa?

Tutto è nato nel 2000 da una “voglia” di mio padre che, insieme a due amici, decise di rilevare una vigna di proprietà dei conti Bracceschi di cui tempo addietro era fattore mio nonno. Doveva essere il suo hobby per la pensione, e all’inizio fu così: coltivavano l’uva e la vendevano semplicemente come “materia prima”. Col tempo i tre soci si sono trovati in disaccordo e le loro strade si sono divise, mentre io, che in quel momento facevo il designer di maglieria in cachemire, ho cominciato a incuriosirmi. Un giorno sono andato da solo a legare le barbatelle in vigna e mi sono reso conto che quella vita, così lontana dal mondo della moda che conoscevo bene e di cui ero stufo, probabilmente poteva fare al caso mio. Alcuni incentivi per l’imprenditoria giovanile hanno fatto il resto, ed eccomi qua.

Come lavori in vigna e come in cantina?

Sono partito dal buio totale in tema vino. Le mie conoscenze erano poche e nebulose, così nell’anno 2006 mi sono affidato a un enologo. Al momento della vendemmia, l’enologo mi ha inviato pagine e pagine di istruzioni su come fare il vino: erano principalmente un elenco di sostanze da addizionare al mosto per ottenere questo o quell’altro risultato. Il tutto, naturalmente, come la legge consentiva e ancora consente, così come viene insegnato nelle migliori università. Alla seconda vendemmia ho capito che non era quella la mia via: l’unica strada che avrei potuto intraprendere era quella del totale rispetto della materia prima da una parte e del consumatore dall’altra. Per quanto mi riguarda, il percorso verso il “buono” è uno solo: l’abbandono totale di diserbanti, concimi, trattamenti sistemici e quant’altro. Avevo dovuto toccare con mano la maniera più “standard” di fare il vino per capire di doverla del tutto abbandonare.

Gran Tour Umbria Vino Merli 1

Un vino solitamente è interessante se dietro c’è un’idea di “territorialità”. Come si inserisce il progetto “Cantina Marco Merli” sul territorio?

Ho venduto il mio primo terreno perché accanto vi è stato costruito un enorme impianto fotovoltaico che ha compromesso i miei progetti. Da allora, ho preso in gestione una serie di vigneti di quaranta-cinquanta anni semiabbandonati dai proprietari: gente che non poteva più curarsene e che ha visto in me un punto di riferimento per valorizzare in qualche modo quelle proprietà. Questo è un aspetto molto interessante poiché nelle vigne che ho rilevato ho trovato i vitigni più disparati: non solo quelli più diffusi in regione ma anche altre varietà meno note, tant’è che attualmente faccio una quindicina di vini diversi; ho una piccola produzione ma molto variegata. Dunque innanzi tutto è questa la mia missione: dare valore a un territorio apparentemente “sfigato” ma che in effetti è ricompreso in una delle più antiche zone Doc: quella dei colli Altotiberini. Oggi, quando alcuni proprietari delle vigne che gestisco vengono a sapere che il mio vino è partito per il Giappone o per chissà dove, restano ancora sbalorditi.

C’è un rapporto indissolubile fra territorio, cibo e vino come tradizione. Ma come si guarda al futuro?

Al netto delle mode, alle quali non è comunque giusto conformarsi, attualmente il consumatore non ricerca più quei vini barocchi e opulenti che venivano apprezzati fino a qualche tempo fa: oggi si ricercano freschezza, dinamicità, bevibilità; pochi solfiti, poco alcol e un approccio diretto. All’estero questa tendenza è già chiara da anni: in Italia si sta affermando con forza solo adesso. A me comunque interessa mantenere il mio stile e focalizzarmi sui miei obiettivi di naturalezza e spontaneità.

Gran Tour Umbria Vino Merli 3

In ogni bicchiere c’è la sintesi fra coltura e cultura: la vite da una parte e la mano dell’uomo dall’altra. Cosa racconta il tuo vino?

Il mio vino racconta pregi e difetti di un territorio non facilissimo ma ricco di vibrazioni e di fascino. Il mio è un vino in qualche modo naïf, e può non incontrare il consenso immediato del neofita. Punto a realizzare vini agili, vivaci, inconsueti, divertenti.

Qual è la bottiglia più rappresentativa della tua azienda?

Non lo so. O meglio: sono alla continua ricerca della “perfezione” e non mi accontento mai di quello che faccio: pretendo molto da me stesso e trovo difetti in ogni mio prodotto. Di volta in volta, dunque, mi innamoro dell’uno o dell’altro vino, probabilmente anche in base al percorso fatto in quel momento. Attualmente sono molto soddisfatto del Mosco, ottenuto da moscato giallo vinificato secco. Anche il The Vino è un prodotto che ritengo molto soddisfacente: è un bianco che fa due mesi di macerazione sulle bucce e che invecchia per due anni in damigiane di vetro, materiale “magico” che leviga e toglie alcune spigolosità che possono trovarsi nel vino. Inoltre il The Vino non subisce stress poiché non effettua passaggi meccanici: avviene tutto a caduta, e in futuro -magari in quella che sarà la mia nuova sede a pochi chilometri da qui- approfondirò ulteriormente questo sistema.

Gran Tour Umbria Vino Merli 4

Il vino è un prodotto vivo e sempre in evoluzione. Come cerchi di mediare fra questo aspetto “naturale” e una certa necessità di stabilità del prodotto?

Le temps fait tout, come dicono i francesi. Il tempo può tutto: solo aspettando il giusto riposo si possono evitare determinate “aggiunte” e ottenere un prodotto vivo ma affidabile. Volendo escludere tutte quelle pratiche tipiche dell’enologia tradizionale, mi affido essenzialmente a sistemi empirici che verifico sul campo, prendendo i miei rischi. Fatte salve alcune produzioni più “fresche”, cerco di lasciare il vino in cantina per almeno due anni prima di imbottigliarlo. Sono convinto che nel vino sia “meglio il buco che la toppa”: se si cercano di eliminare tutte le piccole imperfezioni non ha più senso parlare di naturalezza.

Cantina Marco Merli
via Bracceschi 3/c, 06134, Casa del Diavolo (PG)
Tel: 338.1029511
cantinamarcomerli@gmail.com

Lista dei tag:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Associazione Italiana Food Blogger

Studiare, degustare, cucinare, scrivere, fotografare, condividere idee e conoscenze per raccontare ciò che altri non raccontano!

Associati