La chef Daniela Cicioni per la Settimana della Torta di Mele

Pubblicazione: 30/09/2016

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Per la rubrica Le Opere e i Giorni, tramite la quale gli chef partecipano al Calendario del Cibo Italiano, per la Settimana Nazionale delle torte di mele la nostra Laura Bertolini intervista la chef Daniela Cicioni.

La chef vegana e crudista Daniela Cicioni ci ingolosisce ed incuriosisce con la sua torta di mele crudista. Anche una semplice torta di mele può raccontare tanto di un modo di far cucina, di una persona, di una scelta di vita. Così Daniela Cicioni ci porta in un modo di far cucina che non è il nostro tradizionale ma che vale la pena di conoscere e ascoltare da una voce pacata, sensibile, amante delle cose belle, buone e colorate, rispettosa della natura e dei suoi ingredienti.

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Sempre più si parla di cucina vegana e anche crudista ma non sempre se ne hanno le informazioni corrette. Ci puoi introdurre a questo “mondo” partendo da qualcosa di concreto come la tua torta di mele crudista?

La torta crudista è composta da tre strati. Lo strato di base è simile a quello che normalmente sarebbe una frolla od un pan di spagna: in realtà è fatto con una farina di mandorle e la sua consistenza è simile a quella che si ottiene cuocendo una base tradizionale. La farina delle mandorle è la polpa che rimane da quando si fa il latte di mandorla: si tiene a bagno il seme, si frulla, si setaccia e così si ottiene da una parte il latte, con il restante si ottiene per disidratazione la farina. Questa farina ha il vantaggio di non avere glutine, di avere una percentuale di grassi molto bassa -il grasso è rimasto nel latte-, ha in cambio un’elevata quantità di fibre e non ha bisogno di cottura. Nella cucina crudista mandorle, nocciole ed altri semi possono essere utilizzati come base per ottenere le farine. Si potrebbero anche utilizzare i cereali facendoli germinare e poi disidratandoli e macinandoli: come sapore, però, risulta più gradevole quello dei semi oleosi. Lo strato di mezzo della torta è composto da fette di mela spruzzate con del dolcificante e un pochino di succo di limone e fatte ammorbidire tenendole nell’essiccatore a 42° gradi per un’ora circa: in questo modo il limone viene assorbito, si ammorbidisce la fibra e la mela prende la consistenza simile ad una mela leggermente cotta. Lo strato superiore è una crema a base di anacardi che è stata alleggerita aggiungendo un gel ottenuto facendo frullare delle alghe Irish moss con poca acqua. Le alghe vengono prima tenute a bagno qualche ora perdendo il loro odore marino. Il gel si può conservare in frigorifero e dà consistenza istantanea. Un altro ingrediente della crema è la polpa di cocco verde, un po’ difficile da reperire in Italia in quanto si tratta della noce di cocco raccolta quando la buccia esterna è ancora verde e la polpa all’interno non ha raggiunto lo spessore e la consistenza a cui siamo abituati ma è di qualche millimetro ed è gelatinosa e con pochi grassi. Anche questo ingrediente serve ad alleggerire sia la consistenza che l’apporto calorico degli impasti cremosi crudisti. Lo strato finale è quello di decorazione: fiori eduli freschi e fette sottilissime di mela tagliate a cerchio. In questa preparazione, come in tutta la cucina vegana e crudista, fondamentale è l’uso dell’essiccatore e di un frullatore molto potente. Il frullatore viene utilizzato sia per tritare le mandorle con l’acqua, filtrarle e ottenerne il latte, sia per sminuzzare la polpa una volta che viene essiccata riducendola in farina. Si usa anche per frullare tutti gli ingredienti della crema. I frullatori molto potenti non solo omogeneizzano gli ingredienti, ma incorporano molta aria e quindi alleggeriscono l’impasto. In più le pareti delle cellule si rompono liberando i principi nutritivi contenuti al loro interno. Questo è importante soprattutto quando si fanno frullati di verdura cruda, in quanto i nutrienti si rendono immediatamente disponibili all’assorbimento.

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Torta di mele vegana

Sentendoti parlare mi viene da chiedermi se la cucina vegana e/o crudista necessiti di maggior tempo di preparazione, maggiori costi e soprattutto maggiore conoscenza degli ingredienti e delle loro potenzialità rispetto a quella tradizionale…

Alcune preparazioni, in effetti, possono risultare più complesse, in quanto per scelta non si utilizzano gli ingredienti della cucina convenzionale che faciliterebbero la loro esecuzione: nel caso della torta l’uovo aiuterebbe ad addensare l’impasto e a montare la crema, il burro darebbe sapore e consistenza. Occorre cercare, conoscere e sperimentare ingredienti nuovi o non convenzionali per ottenere dei risultati soddisfacenti. Bisogna informarsi e sperimentare: spesso succede che molte cose interessanti si scoprono per caso anche se una solida base di conoscenza di ingredienti, tecniche e strumenti è fondamentale. Si può partire a far cucina vegana da livelli molto semplici facendo un minimo di pianificazione. Ad esempio mettere in ammollo i legumi o i cereali integrali la sera prima; una volta cotti si conservano fino a una settimana in frigorifero, quindi possono costituire la base per i menu giornalieri. E’ una forma mentale, un tornare indietro e ricordarsi che certi ingredienti hanno bisogno un’attenzione in più. Una cucina di tutti i giorni non è necessariamente più costosa e più impegnativa: per una pasta e fagioli, una pasta e ceci o dei sughi semplici non è necessario passare ore e ore in cucina o spendere chissà quanto.

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Ravioli di spinaci con ripieno di cagliata di mandorle affumicata

Quali sono i principali fondamenti della cucina vegana e di quella crudista?

Ti parlo del mio modo di intendere e di fare queste cucine. Tengo in considerazione l’aspetto della salute, quello etico, la qualità degli ingredienti e l’impatto ambientale. Gli ingredienti che utilizzo devono cercare di rispettare questi requisiti.

Cosa c’è nella dispensa di casa tua?

Il frigorifero è sempre pieno di prove, di test, di vari prodotti fermentati che lascio a maturare. Tre quarti del frigo sono occupati da cose che non utilizzo per mangiare; la dispensa anche: è ricca di ingredienti che man mano raccolgo, analizzo, provo. Lo spazio riservato a me abbonda di frutta e verdura, cereali, legumi. In casa non sono crudista, faccio anche uso di vari stili di cottura.

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Gnocchi di zucca, salsa di kimchi di barbabietola

Quale è il tuo rapporto con la tradizione?

Mi piacciono molto le paste ripiene, la lasagna, piatti classici. Non ho mai apprezzato la parmigiana di melanzane ma l’idea della melanzana fritta con gli stati di pomodoro mi piace molto, così come altri piatti nella versione vegana; ad esempio la pizza e la pasta ripiena in brodo che può venire molto buona anche in versione vegana. Queste preparazioni sono un tesoro per me, le apprezzo tantissimo. Inoltre piatti come la panzanella, la pasta e fagioli, la pasta e ceci, sono piatti che nascono già vegani, tanto vale imparare a conoscerli e a realizzarli.

Che cosa vuoi trasmettere attraverso la tua cucina?

Il senso della bellezza, far capire che con la bellezza si può riuscire a nutrire tutti i sensi e superare le barriere comunicative. Ancora adesso sento usare parole come “moda”, “invasati”, “setta” riferite alla cucina vegana e ai vegani. Il più delle volte però, nel momento in cui una persona rimane affascinata da quello che vede nel piatto, tende a lasciare cadere le polemiche in modo spontaneo senza dover dare tante spiegazioni sul tema. Sono convinta che uno dei modi più efficaci per comunicare sia usare l’impatto visivo perché è immediato: nel momento in cui si guarda qualcosa già si interagisce con essa. Con la bellezza del piatto diventa più facile invogliare ad assaggiare; poi arriva il far capire che si sta mangiando qualcosa che ha tutta una serie di conseguenze positive su di sé, sull’ambiente, sull’etica. La mia impostazione cerca di essere contemporaneamente di impatto, leggera ed immediata.
La bellezza è un canale attraverso cui veicolare dei messaggi.

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Crema di macadamia, marmellata di pere e zucchero di cocco

C’è il rischio di essere schiavi della ricerca di questa bellezza nei piatti, di impiattamenti stratosferici?

Dipende dallo chef; sono convinta -ed è logico- che più è alto il livello estetico e più si è obbligati a fare in modo che il sapore ne sia all’altezza. Gli chef intelligenti lo sanno: non ricordo di essere stata delusa da piatti molto belli. Mi sono accorta che l’impatto che il piatto ha sull’occhio non si limita all’aspetto visivo: l’occhio in qualche modo influenza quello che sarà l’assaggio successivo. Se si è ben impressionati, si è ben predisposti verso il piatto. Dopodiché ci sono degli impiattamenti che non sono proponibili per un ristorante che fa 200 coperti o per la mamma che deve preparare la cena.

Quali patti vegani consiglieresti per avvicinarsi a questo tipo di cucina?

Quelli più “rassicuranti”, ma studiati anche dal punto di vista cromatico, non solo energetico-nutrizionale: il colore è vita. La lasagna, ad esempio, può essere arricchita nello strato superiore con polvere di pistacchi, oppure si possono usare nel ripieno verdure che mantengono vivo il colore (zucca e cipolla, o una crema di cime di rapa alternata a una crema di ceci). La lasagna vegana così risulta oltre che buona anche bella da vedere. Per quanto riguarda il crudismo potrei proporre un piatto veloce a base di pasta fatta con la radice del konjac, una pianta nativa della zona sub tropicale asiatica con cui si ottengono spaghetti simili a quelli di soia ma più grossi: si sciacquano in acqua, si salano e sono pronti così, senza cottura: Si possono poi usare polveri di cavolo rosso, di fiori di pisello essiccato, di barbabietola per colorare questa pasta dando un grande effetto al piatto, completarlo con un mix di verdure a julienne condite con poco olio, sale e limone, erbe aromatiche fresche e se si vuole strafare una crema di anacardi.

Secondo la tua esperienza viene prima lo scegliere un certo stile di vita e come conseguenza optare per cucina vegana, o scegliere la cucina vegana porta con sé un cambiamento di mentalità e di abitudini generale?

Non te lo so dire, è una questione personale. Da piccola mangiavo carne, mi piaceva, ma questo mi metteva a disagio. Quando sono arrivata a circa quattrodici anni ho cominciato ad interessarmi alla cucina vegetariana e a sperimentare. Già allora avevo capito che c’erano risvolti positivi per la salute; così ho cominciato a riflettere sull’evidenza che non potesse essere solo una coincidenza il fatto di non far più del male agli animali e contemporaneamente di far del bene a me stessa. Dopo la laurea ho scoperto a Milano una scuola di cucina vegana conosciuta cenando una sera nel ristorante che gestiva. Assaggiando e parlando con Martin Halsey -il fondatore- mi si è aperto un mondo: ho mangiato benissimo, sono stata bene e mi sono convinta che quella era la strada da percorrere. Ho cominciato a frequentarla, così da un giorno all’altro ho iniziato a cucinare in casa vegano e poi, nel giro di qualche anno, a pensare di farlo diventare il mio lavoro. Sono degli input apparentemente casuali: accade qualcosa e scatta una molla.

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TORTA DI MELE 100% VEGETALE con crema alla vaniglia

Ingredienti per 1 torta di 18 cm di diametro (o 3 monoporzioni)
Per la torta di mele
50 g di farina tipo 0
50 g di mandorle tritate grossolanamente
35 ml di latte di mandorle alla vaniglia
15 ml di olio di mais biologico
15 ml di sciroppo di agave
Scorza di 1 limone
1 grossa mela Golden, sbucciata e tagliata a cubetti di circa 1 cm
¼ di bustina di lievito istantaneo per dolci
½ cucchiaino di mix di spezie composto da vaniglia, pepe rosa, coriandolo, petali di rosa essiccati
1 pizzico di sale
Per la crema crudista alla vaniglia
35 g di anacardi reidratati
50 g di polpa di cocco giovane
45 ml di latte di mandorle alla vaniglia
35 ml di sciroppo di agave crudo
35 ml di gel di Irish moss ottenuto con 12 g di alga secca ammollata per 3 ore, risciacquata, frullata con 125 ml di acqua e 5 ml di succo di limone.
5 ml di succo di limone
Per il carpaccio di mele
1 mela a buccia rossa tagliata finissima con la mandolina bagnata con qualche goccia di limone
1 cucchiaino di polvere di lamponi
Per decorare
3 fette di mela essiccate
3 petali di Nasturzio
Polvere di lamponi

PROCEDIMENTO
Per la torta di mele
Unire in una ciotola le farine di grano e di mandorle, il lievito, il mix di spezie, il sale e mescolare.
Con un frullatore a immersione frullare il latte di mandorle, l’olio di mais e l’agave. Versare il fluido ottenuto nella ciotola con gli ingredienti secchi e mescolare con un cucchiaio.
Aggiungere le mele a cubetti e la scorza di limone, mescolare di nuovo.
Versare il composto in uno stampo rotondo di 18 cm di diametro rivestito con carta da forno inumidita, premere e livellare l’impasto aiutandosi con le mani. Infornare in forno statico a 180°C per 36 minuti.
Far raffreddare completamente prima di estrarre la torta dallo stampo e copparla con un coppapasta di 6 cm di diametro.
Per la crema crudista alla vaniglia
Frullare tutti gli ingredienti con un frullatore potente (Vitamix), trasferire la crema in un sac a poche con bocchetta liscia da 12 mm, distribuirne una parte dentro a stampi in silicone semi sferici del diametro di 4 cm da congelare per 8 ore, la quantità rimanente servirà per la composizione finale del dolce.
Per il carpaccio di mele
Sovrapporre le fette di mela in modo da creare un disegno a squama di pesce, ricavare 3 dischi con un coppapasta rotondo di 6 cm, spolverizzarli con la polvere di lamponi.
IMPIATTAMENTO
Distribuire sopra ogni porzione di torta uno strato di 0,5 cm di crema alla vaniglia. Appoggiarvi un disco di carpaccio di mele e una semisfera di crema semi congelata. Terminare con una spolverata di polvere di lamponi, una fetta essiccata di mela e un petalo di nasturzio.

Foto di Daniela Cicioni: credits Marta Battaglia

Altre immagini: credits Daniela Cicioni

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