Matias Perdomo per la Settimana della Pastasciutta

Matias Perdomo
MILANO, ITALY – September 23, 2015. Contraste restaurant photo shooting in Milan.

Pubblicazione: 6 Luglio 2016

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Le opere e i Giorni – Chef Marias Perdomo

Per la rubrica Le Opere e I Giorni lo chef Matias Perdomo (ristorante Contraste – Milano) ci racconta la sua visione della pasta, in un articolo della nostra socia Laura Bertolini, nell’ambito della Settimana Nazionale della Pastasciutta di Mariangela D’Amico.

Questa mia riflessione e percorso parte dall’idea di considerare la pasta come un ingrediente, non come un prodotto finito.
La pasta è molto importante in tutto il mondo, ma soprattutto in Italia, dove non rappresenta solo condivisione di tavola, famiglia, piacere dello stare insieme, ma è anche legata ad un discorso di storia, di vissuto, di povertà, di sofferenza. Queste caratteristiche, che forse sono anche in contrasto fra di loro, fanno sì che la pasta sia il primo piatto simbolo di abbondanza, dello sfamare.
Ovunque, se ci si pensa, sia per la pasta artigianale che industriale, il gesto ad essa legato è il medesimo: si apre la confezione e si mette la pasta nell’acqua a cuocere. Se pensiamo ad altri prodotti alimentari come il cioccolato, il Parmigiano, il prosciutto cotto, ad esempio, non abbiamo pregiudizi legati al modo di utilizzarli; al contrario, la pasta pensiamo di doverla solo condire e toccare il meno possibile perché il lavoro è già stato fatto. Anche sul Parmigiano o sul cioccolato il lavoro è già stato fatto ma, in casa o in qualunque ristorante, prendiamo il cioccolato lo sciogliamo, ci facciamo un gelato, una mousse… Pensando alla pasta ci siamo detti “Se la lavorassimo? Se partissimo dal punto in cui ci viene presentata senza pregiudizio e – sempre nel rispetto della pasta stessa – cercassimo di vederla da un altro punto di vista, senza condizionamenti?” Anche vedendola da un’altra angolatura ci rendiamo conto, comunque, che le sue caratteristiche rimangono. A Identità di Pasta 2016 ho presentato un percorso di sperimentazione e provocazione sulla pasta in tre tappe: Profumo di ragù, Farina, acqua e tempo e Ajo & Ojo.

Il piatto di pastasciutta è importante a livello mentale e sociale, tanto che dopo di esso non si desidera più nulla: si è già sazi sotto tutti i punti di vista. La mia provocazione, allora, è quella di farla desiderare, aumentarne la voglia togliendo il volume. Con Profumo di ragù sono arrivato quasi a toglierla del tutto, lasciando solo il desiderio della pasta e proponendone il suo profumo al ragù. La pasta abbiamo dovuto farla, perché comunque, senza tradizione, non ci può essere evoluzione; quindi, non si può arrivare ad un profumo se la pasta non la si fa. Una volta preparata la pasta al ragù, l’abbiamo lavorata, abbattendola, filtrandola ed infine rendendola liquida, fino ad arrivare a metterla in un vaporizzatore ed a riempire un barattolo di conserva della nonna con il vapore stesso, con il profumo.

Farina, acqua e tempo
Più complesso, ma con il medesimo messaggio è Farina, acqua e tempo: mi sono chiesto che cosa la pasta, il suo inizio? E’ scelta della farina, è acqua e tempo. Ecco che allora abbiamo fatto una cacio pepe che poi abbiamo liofilizzato e polverizzato per ottenere la farina di cacio e pepe. Abbiamo aggiunto del brodo di pepe verde e buccia di pecorino nel piatto ed una clessidra a fianco a marcare il tempo che si deve aspettare perché la pasta asciughi e diventi quella che oggi quando la compriamo .
A volte non ci rendiamo conto delle cose e non riusciamo a dar loro il giusto valore finché non le perdiamo: questa idea di togliere il volume ha anche il significato di dire a noi stessi “rispettiamo la pasta tale quale è, valorizziamo tutti gli anni di lavoro che sono dietro a questa magnifico prodotto e a questa lavorazione, non avendo, però, paura di sbagliare e di scommettere sulle nuove ricerche; perché solo se rispettiamo il passato possiamo capire quanto valido è quello che stiamo facendo”. Può essere un gioco, un divertimento, un provocazione, ma non fine a stesso, ma allo scopo di voler tornare ad assaggiare il piatto di pasta per il suo gusto essenziale e proprio al di là dei significati di cui lo si è caricato nel tempo.

Perdomo aglio olio

La terza proposta è il piatto di maggior soddisfazione mentale, il più desiderato: la pastasciutta, lo spaghettone Ajo&Ojo. Questo piatto è anche presente nel menù degustazione che proponiamo in ristorante ed è l’ultimo, quello che si è tanto desiderato. Anche in questo caso c’è un gioco, una provocazione che è anche riflessione: il piatto riproduce in silicone degli spaghettoni e solo in centro c’è la pasta vera e propria in una quantità giusta per un menù degustazione e per le nostre esigenze. Proporre 50 grammi di pasta può sembrare quasi offensivo per il nostro vissuto legato allo sfamare, al tolto dalla guerra… ma vi è il gioco visivo che ci restituisce la quantità e rende alla pasta il suo valore senza appesantire e facendocela godere per quello che è senza schemi o significati impliciti.

Photo Credits:

 – per la foto di testata: Guido De Bortoli

– per le altre foto: Brambilla-Serrani per Identità Golose

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