02/09/2024
La cozza di Cervia
Il mitilo mediterraneo (Mytilus galloprovincialis), comunemente noto come cozza, è un mollusco ...
Pubblicazione: 13/11/2018
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Terra di confine e di uomini e donne di carattere. Come dice Mauro Corona, “ il friulano è come la torre di Pisa, si piega ma non crolla. È difficile abbattere i friulani. Ci hanno provato guerre, miserie, terremoti, alluvioni, frane, e inverni da castigo. Niente da fare, friulano non lo stendi.” Questi sono i friulani, poi ci sono i giuliani di cui fan parte i triestini. Gente più incline allo svago e meno focalizzata sul lavoro. Poi ci sono i carsolini, dei triestini che sono un tutt’uno con la loro terra, il Carso. Tante etnie, tante genti, tanti ambienti pedoclimatici, tanti vitigni, tanti vini.
In Friuli-Venezia Giulia la vite arriva verso il XIII secolo A.C. e, fin dall’epoca romana, il Friuli è patria di vini rinomati. Nel 500 d.C. vengono elogiate dagli storici le grandi produzioni vinicole di Aquileia e Cividale, mentre nel Medioevo la viticoltura è fiorente anche per l’esportazione verso la Repubblica di Venezia. Nel 1307 il Ducato di Gorizia impone, per primo, un dazio sui vini stranieri aumentando il valore dei vitigni autoctoni.
Nel Rinascimento la fama prosegue, mentre nel 1765 nasce la Società Agraria Teresiana che dà grande splendore ai vini friulani. Nel 1787, sotto Maria Teresa, si inizia la classificazione dei vigneti e finalmente si inizia a scrive di vitigni e non di vini. Poi arrivò la filossera in tutta l’Europa, Friuli compreso; all’inizio del 1900 inizia la rinascita dei vigneti anche grazie alla collaborazione con la Stazione di Viticoltura di Conegliano e alla sua attività di ricerca per il miglioramento genetico della vite.
Ai nostri giorni come siamo messi?
Su un’estensione di 7.844 Kmq ben il 42,6% di territorio è montuoso, il 38,1% è collinare e solamente il 19,3 % è pianeggiante. Nel 2016 ben il 77% della produzione, su circa 20.000 ettari, è stata a bacca bianca. Una regione decisamente bianchista anche se i vini prodotti da uve a bacca rossa sono di tutto rispetto.
Vivo da trent’anni a Duino, un piccolo paese sul mare ma a due passi dal Carso, in provincia di Trieste. Il Carso è un terra aspra ma che ti ammalia, coinvolge e affascina fino a toglierti il respiro. Tre i vitigni autoctoni presenti. Sua maestà la Vitovska, con l’accento sulla i, resiste bene ai forti venti di Bora e alla siccità.
Vinificato in acciaio, si presenta con un giallo paglierino tenue, profumi delicati di fiori freschi ed erbe della Landa. Al gusto una buona vena acida e ricca sapidità. Esistono anche splendide versioni con lunghe macerazioni, affinamento in legno e mancanza di filtrazioni. Ovviamente il colore vira all’oro carico, il profumo diventa complesso con aggiunta di spezie e frutta matura, al gusto prevale la morbidezza e la persistenza. Da abbinare a tutti i prodotti del territorio, dai pesci ai formaggi.
Il suo sposo è il Terrano, che fa parte della famiglia dei refoschi. Vitigno antico citato da Plinio come “pucinum” è simbolo del Carso e ricco di ferro. Colore violaceo particolarmente scuro e intenso (“ter” in tedesco significa catrame), profumi intensi di pepe, viole, balsamici.
In bocca grande acidità, leggermente tannico, aggressivo. Se non passato in legno va bevuto a 12/14 gradi. Ideale l’abbinamento con salumi, salsicce e selvaggina da pelo.
È la cugina Malvasia Istriana una delle diciassette varietà. Importata nel 1300 dai veneziani, proviene da Monemvassia nel Peloponneso. Grande è la differenza tra la malvasia prodotta in pianura con profumi freschi e fruttati, gusto leggero, asciutto e tendenzialmente acido e quella prodotta in collina o sul Carso, con colore più carico, maggiore alcolicità e un’elegante armonia tra mineralità e grassezza glicerica. Sul Carso molte aziende effettuano il processo di macerazione sulle bucce da poche ore a un mese.
Andiamo ora nel Collio passando per la zona dell’Isonzo. Terreni diversi, non più calcare con terra rossa come il Carso ma ponka, rocce marnoso-arenacee, terreni grigi o gialli dove i grandi bianchi la fanno da padrone. Su tutti il Friulano che in queste zone si arricchisce di note minerali uniche e inconfondibili. Ex Tocai, in Slovenia Sauvignonasse o Sauvignon Blanc.
È un vino fine e delicato con note fruttate, sentori vegetali e di erbe aromatiche. Gusto pieno e robusto, buona acidità, consistente morbidezza, elegante sapidità, sentori minerali e di mandorla amara.
Adatto a primi piatti con erbe aromatiche e prosciutto crudo di San Daniele.
Ottimo lo Chardonnay del Friuli. Vitigno internazionale che da ottimi risultati in tutto il mondo, è perfetto nell’elaborazione di spumanti a metodo classico . Colore giallo paglierino tendente al dorato con profumo intenso e fine di frutta esotica, al gusto ha un buon equilibrio tra freschezza e morbidezza con buona persistenza aromatica.
Adatto anche all’affinamento in barriquee, è un vino eclettico che si abbina con primi piatti anche strutturati e carni bianche, o solo come aperitivo.
Andiamo ora sui Colli Orientali, terre più fredde dove i vini rossi hanno il loro areale di preferenza. Ecco allora lo Schioppettino di Prepotto, chiamato anche Ribolla nera.
Uva “schioppettante” per la buccia spessa e tesa, deve la sua sopravvivenza al viticultori di Prepotto (Udine). Il vino si presenta di un colore rubino con riflessi violacei, profumi di frutti di bosco e pepe, discreto corpo, marcata acidità, componente tannica leggera.
Adatto ad essere bevuto giovane o moderatamente invecchiato, si abbina a primi piatti sostanziosi, carni bianche e rosse, formaggi caprini e ovini freschi.
Non dimentichiamo infine il Pignolo. Non si conosce da quando, ma si sa da dove proviene: le colline di Rosazzo. Dagli anni ’80 avviene la sua rinascita: il vino è di un colore rubino intenso con profumi pieni ed eleganti di frutti rossi e spezie. Al palato rivela una buona concentrazione, sorretta da una robusta alcolicità e buona acidità, con una trama tannica fitta, dolce e setosa. Pregevole da giovane e, con il tempo e con l’affinamento in botte, che diventa armonico. Adatto a piatti di carne robusta, selvaggina, formaggi o anche vino da meditazione.
Andando verso il mare, verso Aquileia e Lignano, cambiano i terreni: non più collina ma pianura con superfici sabbiose e ricche di minerali. Ecco allora i Refoschi dal Peduncolo Rosso. Di origine antichissima, della famiglia del Pinot Noire il Refosco si impone con il suo nome completo (dovuto alla particolare colorazione rossa del peduncolo in epoca di maturazione) solo verso la fine dell’ottocento. Nelle vinificazioni tradizionali è un vino dal colore rosso rubino con profumi freschi, vinosi, leggermente fruttati e rustici; in bocca risulta poco alcolico, acidità elevata, tannini ruvidi.
Con il giusto affinamento in botte i profumi diventano più ricchi ed eleganti e anche il gusto si ingentilisce donando sensazioni avvolgenti, piene e morbide. Adatto a primi piatti impegnativi e carni rosse.
Passiamo ai Traminer Antica varietà aromatica. Il vitigno prende il nome da Termeno in Alto Adige dove è largamente coltivato. Colore paglierino intenso e carico, note di acqua di rose, fiori bianchi e agrumi. In bocca è sapido, morbido, avvolgente con chiusura leggermente amarognola. Nelle versioni da uve surmature o passite diminuisce la freschezza e crescono le note albicocca e frutta candita. Se vinificato in acciaio è ideale con asparagi o foie gras, se passito con dolci di mandorle.
Finiamo questa passeggiata per il Friuli con la parte bassa e pianeggiante chiamata Le Grave: terreni alluvionali, sassosi e di buon scheletro, oramai quasi totalmente vocati alla produzione di Prosecco, antico vitigno di epoca romana. Proviene dal paesino di Prosecco sul carso triestino, dove viene chiamato Glera. Da lì è approdato nella marca Trevigiana e sui Colli Euganei dove viene chiamato Serpino. Nella zona di Valdobbiadene è celebre la sottozona Cartizze. Spumantizzato con metodo charmant, il Prosecco va bene anche a tutto pasto. Tre le tipologie, in ordine crescente di contenuto zucccherino: brut, extra dry e dry. Vino dal colore paglierino scarico con tenui profumi floreali e pera wiliams, in bocca il corpo è snello e leggero con fresca acidità e buona armonia. Ideale come aperitivo o con pesce di acqua dolce.
Già dal 1300 si hanno testimonianze della sua diffusione in Friuli e Istria. Fino agli anni ‘50 era raccolta a maturazione avanzata e se ne ricavava un vino amabile, torbido, leggermente frizzante da bere con le castagne. È presente nella fascia collinare da Tarcento fino all’Istria passando per il Brda .
Il vino ha un colore paglierino carico tendente al dorato, con profumi delicati nei toni vegetali e floreali. In bocca ha abbastanza corpo e buona acidità. È adatto anche all’affinamento in botte.
Oggi è sempre più utilizzato per la spumantizzazione con metodo Martinotti lungo; adatto come aperitivo o in abbinamento con asparagi e carni bianche.
Ultimo vitigno autoctono della nostra carrellata è il Picolit. Antichissimo vitigno già coltivato in epoca romana, il suo nome deriva della piccolezza del grappolo e dalla poca quantità di acini prodotti per problemi di fecondazione floreale.
La prima Docg del Friuli sulle colline che cingono Rosazzo è proprio quella del Picolit. Molto spesso è raccolto tardivamente o appassito sui graticci. Colore paglierino carico con riflessi dorati, quasi ambrati. Intensamente profumato con note eleganti e raffinate di fiori di campo, frutta matura e cera d’api. In bocca è armonico, asciutto, grasso e vellutato con una dolcezza mai stucchevole perché supportata da adeguata acidità. La persistenza aromatica è molto lunga, complessa e gradevolmente amarognola. È adatto a formaggi di capra o pecora stagionati, terrine di foie gras, dolci secchi.
Spero di avervi fatto venire il desiderio di passare da queste parti, nel profondo Nord Est, per venire a scoprire i nostri splendidi paesaggi e vini.
Testo e Foto di Liliana Savioli
Fonti:
Winespace
Vinoidea
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