I nettari del Lazio, tra storia e leggende

Malvasia del Lazio

Probabilmente la parola Lazio, Latium,  deriva dal latino latus il cui significato è largo, spazioso, ampio. Ad abitare quest’area sarebbero stati proprio i Latini, popolazione indoeuropea, suddivisa in comunità autonome. Nona regione italiana per estensione e terza per densità di popolazione, il Lazio ha oltre il 50 per cento del suolo collinare, presenti diversi vulcani quiescenti, possiede coste prevalentemente basse e sabbiose. Questa regione è nota, specialmente, perché attraversata dal fiume Tevere, ispiratore di misteriose leggende.
Il Lazio non è famoso quanto regione in sé, piuttosto lo è per la sua Capitale Roma. Di fatti l’ultima Doc è stata recentemente appellata con lo stesso nome. Perché? Il motivo è presto detto: si tratta di una delle parole più conosciute al mondo, per cui la strategia di marketing è risultata facile.
Tre sono le Docg presenti in tutta la regione, di cui due nella provincia della Città Eterna e una in territorio di Frosinone, e ben ventisette le Doc. È superfluo rammentare di come i Romani siano stati, probabilmente, i più grandi diffusori della coltura della vite; nonostante ciò rimangono nella mentalità uno dei popoli più maschilisti della storia.

Adulterio ed ebbrezza, proibiti alle mogli nell’antica Roma

Nell’antica Roma era permesso, infatti, uccidere la propria moglie in due casi: adulterio ed ebbrezza. Uno degli episodi più clamorosi della storia si verificò proprio nel periodo di Romolo. Il cavaliere Ignazio Mecennio era stato accusato di uxoricidio, fatto legittimo perché, a suo dire, aveva trovato la moglie ubriaca. Il modo con il quale la donna era stata assassinata, però, creò qualche sospetto poiché non lasciata morire di inedia, ma bastonata a morte. A giudicare l’imputato fu proprio il re, che considerò la maniera del delitto non appropriata, ma la scelta lecita, così fu assolto. Il vino era una concessione per le mogli e un divieto per le donne nubili. Probabilmente si credeva che una femmina alticcia avrebbe potuto raccontare fatti da celare fra le mura domestiche (è noto il detto latino In vino veritas).
Tra i nettari più diffusi spicca il Falerno, protagonista nel famoso banchetto di Trimalchione, descritto nel Satyricon di Petronio (circa 60 d.C.), quando se ne sorseggiava addirittura uno vecchio di cento anni. Sono giunte testimonianze riferite al periodo intorno al 90 d.C. nelle quali è presente un editto con cui l’imperatore Domiziano dovette rimediare una preoccupante crisi a causa di sovrapproduzione di viti, con lo sradicamento delle piante e il divieto di nuovi impianti. Il suo successore Probo invece, in soli sei anni, ridisegnò i territori assoggettati, trasformando i suoi legionari in vignaioli con l’obbligo di piantare il vegetale sacro a Bacco su tutti i suoli conquistati.

uva che dà origine a vino di grande carattere

Uva Falerno del Massico

Alessandro Farnese, Papa Paolo III, e la Rassegna dei Vini d’Italia

Tra i personaggi che segnarono la storia enogastronomica del Lazio emerge Alessandro Farnese, più noto come papa Paolo III e prima ancora soprannominato il Cardinal delle gonnelle per la sua spiccata sensibilità al fascino femminile. Farnese, assieme al suo bottigliere-sommelier Sante Lancerio, fu autore di una rassegna di vini, italiani ma non solo, che i due avevano assaggiato durante i loro viaggi. Un testo di una modernità inusuale. Vi si citano circa cinquanta qualità di vino da degustare in base a occasioni speciali, stati d’animo, orari. Il tutto condito da un idioma specifico, antenato del linguaggio tecnico odierno; per non parlare della progressione di degustazione dei vini assolutamente corretta in base al tenore alcolico.

Molte varietà presenti oggi sul territorio del Lazio

Molte sono le varietà di uve presenti sul territorio del Lazio, anche differenti tra loro. Emergono a bacca bianca la Malvasia del Lazio detta anche Puntinata per la presenza di puntini che ricoprono la superficie; la Malvasia di Candia spesso base di spumanti e passiti dal sentore di muschio e albicocca; il Bellone descritto da Plinio come tutto sugo e mosto che predilige suoli vulcanici e leggeri e dalla maturazione tardiva; il Trebbiano Toscano, presente in più di ottanta Doc lungo lo Stivale; il Grechetto tipico dell’Italia centrale portato probabilmente dai coloni della Magna Grecia, resistente ai freddi invernali e alle gelate primaverili; l’Ansonica presente anche nelle isole, amante delle alte temperature, di cui Napoleone fu estimatore.

vino laziale di grande freschezza

Il Grechetto

Tra le uve a bacca rossa primeggia il Cesanese dal colore rosso rubino, dai sentori di mora e mirtillo che recentemente grazie anche all’utilizzo della botte di rovere raggiunge ottimi risultati. Due i comuni che rivendicano la paternità: Affile e Piglio. Nella località di Cori, in provincia di Latina, si è ritornati a piantare il Nero Buono, antico vitigno, oggi, vinificato in purezza, dal rosso violaceo intenso e dal gusto morbido.
Negli ultimi anni il Lazio sembra voler risollevare la china da un periodo di letargo . E’ giunto il momento di alzare la chioma e riscoprire la dignità di un tempo…

Foto in evidenza, il Falerno, il Grechetto

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