I vini calabresi

I greci e la colonizzazione verso l’Italia meridionale
Nel corso della seconda colonizzazione greca del VIII secolo a. C. ci fu un movimento migratorio dei Greci verso l’Italia meridionale. Ricerca di nuove terre, necessità di commercio, aumento della popolazione favorirono l’occupazione dei territori di Campania, Lucania, Puglia, Calabria. Olivi e viti furono le piante prescelte dai colonizzatori che con l’innalzamento di templi sontuosi ricordavano la madrepatria.
Tra le regioni più adatte alla coltura della vite emerge la Calabria. Incerta ancora l’origine del nome, che potrebbe derivare dalla popolazione dei Calabri (coloro che abitano le zone rocciose) o dal greco abbondante di ogni bene. Dalla denominazione si intuisce la ricchezza di un suolo spesso violentato e bistrattato, che apparteneva alla leggendaria Enotria assieme a parte della Basilicata e della Campania.
Oggi la regione vanta nove Doc e, ingiustamente, nessuna Docg. Diversi sono i vitigni per anni sottovaluti e non valorizzati. Le nuove generazioni si impegnano a creare una maggiore consapevolezza dimostrando più amore per la terra natìa.
Il Cirò, un vino antico
La denominazione più conosciuta è il Cirò, prodotto nella provincia di Crotone, forse la più antica inerente la coltivazione dell’uva. Si narra che all’interno della coppa dei vincitori delle Olimpiadi venisse versato un nettare, antenato dell’attuale Gaglioppo, come ricompensa a chi fosse tornato in patria trionfante. Tra i celebri ghiotti della sacra bevanda emerge Milone di Crotone, figura avvolta nel mistero, passata alla storia sportiva per aver vinto un cospicuo numero di Olimpiadi.


Re delle uve in quest’area è proprio il Gaglioppo, del quale è incerta l’etimologia. Colore granato trasparente, regala al palato sentori speziati, liquirizia, cuoio. In bocca è tannico, necessita di affinamento: è adatto alle carni, ai formaggi, a primi piatti succulenti. Una chicca? Il produttore Giuseppe Ippolito della winery Du Cropio lo abbina alla cioccolata. Un accostamento in apparenza azzardato, ma dal risultato perfetto.
Chi ha creduto nella regione di origine è stato Nicodemo Librandi, che ha fatto in modo che la Calabria fosse conosciuta in tutto il mondo. Francesco De Franco, Sergio Arcuri, Vincenzo e Francesco Scilanga, Cataldo Calabretta -giovani produttori- sono oggi i protagonisti di un nuovo corso della viticoltura più recente, rappresentano la bella Calabria, sostengono che il vino vada fatto in vigna non in cantina, per cui sono contrari all’utilizzo di additivi e cercano di mantenere il più possibile il nettare vicino alla natura.
Nella zona del cosentino, esattamente a Saracena, è presente un Moscato il cui procedimento di lavorazione è assolutamente da non perdere: vino dolce, delizia dei papi è frutto di uve Malvasia, Guarnaccia con l’aggiunta del Moscatello. Le aziende più note che ne offrono un’interpretazione assolutamente personale e ghiotta sono Cantine Viola, Feudo dei Sanseverino, Masseria Falvo 1727. Denso, dal colore brillante offre all’avventore sentori di albicocca appassita, fico secco, noci. In bocca è persistente e inebriante. Sposa perfettamente i formaggi erborinati.
Nella zona di Reggio spicca il Greco di Bianco, ovvero Greco Bianco di Bianco (famiglia delle Malvasie) da non confondere con il Greco Bianco diffuso nel resto della regione. L’azienda agricola Baccellieri, la Tenuta Dioscuri, Ceratti ne offrono tre versioni completamente diverse.


Altro vitigno interessante è il Magliocco, che si divide in Dolce e Canino. Numerose le cantine che lo producono in purezza. Il rosso rubino evoca sentori fruttati e floreali. Assieme al Gaglioppo si abbina molto bene alla ‘nduja, salume morbido e piccante, tipico della zona. Greco Bianco e Greco Nero sono sparsi a macchia di leopardo lungo la regione. Tra i vitigni a bacca bianca riemergenti sono presenti il Pecorello, che offre al palato mineralità e sapidità e il Mantonico le cui origini, antichissime, risalgono ai sacerdoti di Locri Epizefiri, da cui il nome μάντις ( mantis- indovino).
Guarnaccia bianca e nera regalano profumi inaspettati non sempre compresi.
La Calabria resta una terra inesplorata e spesso sottovalutata. Ci si augura che il nettare di Bacco la faccia risorgere come un’Araba Fenice dalle sue ceneri.
Foto: In aperturaCirò, Magliocco

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