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Pubblicazione: 29/03/2018
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Tra le regioni più interessanti dello Stivale, che godono di una determinata autonomia emerge il Trentino Alto Adige, che ha reso il suo autogoverno un punto di forza.
Luogo di transito, meta prestabilita, terra di frontiera ha mantenuto nei secoli una forte personalità, non solo nella cultura e nelle radici, ma anche nell’aspetto vitivinicolo. Due storie differenti caratterizzano quella che, oggi, è un’unica regione: l’Alto Adige e il Trentino. Il primo territorio è prevalentemente montuoso, clima alpino mitigato dalla presenza del fiume Isarco. Notevoli le escursioni termiche tra il giorno e la notte, che determinano lo sviluppo dei precursori aromatici nelle uve. I suoli variano da vulcanici a marne calcaree.
Tra i vitigni principali dell’Alto Adige si può citare la Schiava (Vernatsch in tedesco) che si esprime in Grossa, Gentile e Grigia. Uva presente già da centinaia di anni, ma per lungo tempo sottovalutata perché considerata genitrice di vini rustici, oggi facilmente abbinabile e beverina. Il nome probabilmente le è stato attribuito per il fatto che veniva coltivata in filari e non in alberelli liberi.
Aromatico e intenso, il Gewurztraminer ha un moderato tenore alcolico e una gradevolissima acidità.
Nell’area dell’Oltradige spiccano Pinot Blanc e Sauvignon Blanc, quest’ultimo per la ricchezza dei profumi raramente è fermentato o maturato in botti di legno.
Il Riesling Renano, resistente al freddo e sensibile allo sviluppo della botrytis cinerea, ovvero la muffa nobile, ha dimostrato notevoli capacità di invecchiamento. Per molti è considerato il miglior vitigno a bacca bianca al mondo.
Alcuni Pinot Noir di quest’area sono particolarmente affascinanti, eleganti e complessi, evento eccezionale al di fuori della Francia.
Senza dubbio le uve a bacca rossa più caratteristiche appartengono al Lagrein soprattutto nell’area di Bolzano. Corposo, questo vino riesce a domare la sua tannicità attraverso l’affinamento in botte. Prugna, pepe, sottobosco sono gli elementi che lo contraddistinguono. Si crede che il nome derivi da Lagara, colonia della Magna Grecia, terra del vino Lagaritanos.
Tra le testimonianze della qualità del vino trentino emerge quella di Plinio il Vecchio, morto nella storica eruzione del Vesuvio nel 79 d. C. che tra i calici preferiti dell’imperatore Augusto cita il Retico, da Rezia, arcaico nome di Trento.
Il Trentino è costituito da un’area di fondovalle in prossimità del bacino del fiume Adige caratterizzata da suoli alluvionali; da una collinare con suoli calcarei; da un’altra montuosa con suoli che variano da sabbiosi a ghiaiosi. Anche qui sono presenti escursioni termiche mitigate da fiumi e laghi.
I vitigni caratteristici sono la Nosiola, coltivata soprattutto a Toblino e nella Valle dei Laghi, a bacca bianca i cui chicchi si distinguono per la loro croccantezza. Utilizzata anche per la produzione di vino santo attraverso l’appassimento degli acini, lascia il palato piacevolmente ammandorlato.
Simbolo dell’enologia trentina è il Teroldego, particolarmente fiorente nei comuni di Mezzacorona, Mezzolombardo e San Michele all’Adige. Di colore rosso rubino, il calice regala sentori di frutti rossi.
La denominazione probabilmente più conosciuta all’estero è però il Trento Doc, che raggruppa vini spumanti metodo classico. La produzione di questi nettari prevede l’impiego di Chardonnay, Pinot Bianco, Pinot Nero e Pinot Meunier in purezza oppure in percentuali diverse che si assaggiano nelle tipologie Bianco, Rosato e Riserva. Sono tutti uniti dal perlage fine e persistente e da una vivacità di gusto e sapore.
La tradizione si mantiene nell’essere ben radicati al suolo pur volgendo lo sguardo al cielo… Tendendo alla perfezione, proprio come le viti.
Foto credits: Cantina Elena Watch Vinook
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