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Pubblicazione: 27/04/2019
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Il Pane Cafone è senza dubbio uno dei simboli di Napoli, nel contesto dell’arte bianca lo si può definire il simbolo di Napoli, un pane ricco di tradizione. Detto anche Pane dei Camaldoli, deve questo suo nome all’omonima collina situata nella parte nord occidentale della città.
Una delle tante leggende legate al suo nome pare sia l’utilizzo tra gli ingredienti di una particolare farina grezza, sconosciuta ai giorni nostri e sostituta con una farina di tipo 0. Al contrario, sono molti i dettami sul tema degli ingredienti, legati alle tradizioni meridionali dove si utilizza il solo grano duro.
A San Sebastiano al Vesuvio, un paese a pochi chilometri da Napoli, si racconta che l’arte della panificazione non sia solo un’attività, ma una vera e propria forma di cultura.
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Nel XIX secolo era il pane dei contadini, dei braccianti e dei carrettieri. Veniva preparato esclusivamente con il grano di Volla.
Il Pane Cafone
Nel Settecento il convento dei frati situato in Via Monaco Aiello, forniva il pane alla casa reale di Borbone, proprio perché i nobili si erano accorti che questo pane si poteva conservare per più giorni, il profumo e il sapore rimanevano inalterati.
Il segreto per riuscire a mantenere per giorni queste caratteristiche è legato alla sua lievitazione. Ancora oggi, in maniera naturale grazie al criscito, una pasta di riporto da precedenti lavorazioni.
Il criscito va alimentato quotidianamente con acqua, farina di grano tenero e sale. Deve essere lasciato fermentare per diverse ore prima del suo utilizzo.
La lievitazione del pane è molto lenta, poiché rispetta i tempi naturali di ogni sua materia prima e avviene su tavole di legno. L’impasto viene avvolto in teli di juta per permettere che lo stesso possa “respirare”.
Altro segreto è legato alla cottura: il Pane Cafone si cuoce solo quando la lievitazione è al culmine. Questo particolare consente l’uscita di anidride carbonica e, grazie a questo, la formazione sia del rigonfiamento sulla superficie superiore, che l’ispessimento della crosta.
La cottura del Pane Cafone in forno tradizionale
La cottura tradizionalmente si fa nel forno a legna; i maestri panettieri di San Sebastiano pongono una particolare cura: deve essere costruito con pietre di Sorrento. Esse mantengono il calore e trattengono tutti i profumi che sprigiona il pane nella fase di cottura. Preferite per alimentare il fuoco sono le fascine di castagno raccolte nell’area vesuviana. Alcuni panettieri usano le noccioline in modo da profumare la crosta, che sarà scura, spessa e permetterà al pane di mantenere l’umidità e di conservarsi a lungo. Per questo motivo venne ribattezzato anche con il nome di pane otto giorni.
La mollica del Pane Cafone
La mollica è morbida, profumatissima, dal color avorio e con una buona alveolatura. Per quanto concerne l’utilizzo dell’acqua, si usa quella dalla sorgente di Serino.
Il Pane Cafone si può trovare in filoni da 1 e 2 kg senza nessuna incisione sulla superficie; nella versione Pagnotta dei Camaldoli dove può arrivare a pesare 4 kg. Con lo stesso impasto del pane si producono biscotti rustici, come le freselle, piccole e grandi, bianche o nere, i taralli tondi o a bastoncino, il più delle volte aromatizzati.
Tarallo Nzogn é pepe
Il Pane Cafone ha ottenuto da parte del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo il riconoscimento di Prodotto Agroalimentare Tradizionale.
Per la ricetta rimandiamo al blog della nostra socia napoletana Lucia Melchiorre, Le ricettedi Luci.
La Campania è terra di pane, pizza e molti altri prodotti gastronomici; ha saputo sposare i cereali in diverse preparazioni, tanto da inserire il grano in uno dei dolci per eccellenza, la pastiera. A fianco del pane e di Sua Maestà la Pizza troviamo:
il Calzone, variante della pizza, di norma senza pomodoro (può anche essere fritto);
il Tortano, ciambella di pasta di pane ripiena di uova sode, salame, provolone e ciccioli;
il Pane con i ciccioli, tipico di Amalfi e Sorrento;
il Parruozzo, fatto con la farina di mais;
il Pane di Padula, pane casereccio di lunga conservazione al quale, prima della cottura, si effettuano quattro tagli, che ricordano la “panis quadratus” di epoca romana;
il Puccellato rustico, che è il prodotto più antico del Sannio: presumibilmente di età tardo romana, è prodotto con farina di grano tenero e un pizzico di zucchero;
il Pane di Vallo, tipico di Sorrento, preparato con farine integrali di grano duro e tenero;
Il Panino napoletano
il Panino Napoletano, uno degli spuntini per eccellenza, farcito con salumi e formaggi locali;
il Pane del pescatore, ricetta un tempo in uso nella zona costiera, fatta con semola di grano duro e alici;
il Pane di Saragolla, prodotto con la farina ottenuta dalla macinazione del grano duro di varietà Saragolla.
Foto d’apertura, e del Pane Cafone tagliato: Le Ricette di Luci, tutte le altre fotografie sono dell’autrice Marianna Bonello
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