24/10/2024
Frida Kahlo e il cibo: arte, cultura e passione
Gabriella Rizzo ci racconta Frida Kahlo, donna volitiva e passionale e artista iconica. Il suo rapporto con il cibo tra arte, cultura e passione.
Pubblicazione: 27/02/2017
L’Emilia Romagna è ricca di specialità gastronomiche: è famosa per i salumi, le carni prelibate, i formaggi sopraffini, la sfoglia all’uovo che racchiude ripieni golosi… e per tanto altro ancora!
La grande tradizione agricola di questa regione, unitamente alle favorevoli condizioni pedoclimatiche, hanno fatto sì che il suo settore ortofrutticolo sia tra i primi posti per importanza in Europa. In queste terre i Romani impararono a coltivare la vite, ed in particolare ebbe notevole diffusione il Trebulanus, il rinomato Trebbiano; anche le mele (la Decio) e le pere (la Sementina, che fruttifica a grappolo, così chiamata perché matura nel periodo delle sementi) ebbero notevole successo: nel corso dei secoli, le varietà coltivate nella aree collinari e montane furono innumerevoli e di gran qualità, in parte destinate al mercato e in parte al consumo domestico.
Ogni zona vanta i propri frutti. Prendiamo, ad esempio, le pere: nell’Appennino romagnolo erano diffuse la Ruggine, la Campanella, la Dolcina, la Giovanazza, la Cocomerina, la Brutta e Buona, la Molinaccio, la Strozza, la Garofana, la Gamogna. In pianura si coltivavano invece la Pera Volpina, la Scipiona, la Coscia, la Somara, la San Giovanni, l’Eugenia, l’Ingurien, la Mora di Faenza.
Nella parte collinare e montana dell’Emilia era diffuso ancora il pero con varietà diverse da quelle coltivate in Romagna, come Gamogna, Pero Nobile, Spadona, Spalèr, Cipolla, Nigrèr e Butèr. In pianura invece era coltivato il Pero Limone e il Pero delle Garapine.
Oggi, in Emilia Romagna si produce il 70% delle pere italiane e dal 2009 la regione può vantare la Pera dell’Emilia Romagna IGP (indicazione geografica protetta): essa raggruppa le varietà Abate Fetel, Cascade, Conference, Decana del Comizio, Kaiser, Max Red Bartlett, Passa Crassana e Williams, prodotte in un areale ben definito tra le province di Modena, Ferrara, Bologna, Reggio Emilia e Ravenna.
Vi è anche una pera presidio “Slow Food” dell’Appennino cesenate: la pera cocomerina. Il nome prende spunto dalla polpa che, nel raccolto più tardivo, assume un intenso color rosso cocomero. Oggi restano alberi sparsi vicino alle case coloniche o nei campi lavorati, per lo più per il consumo dell’agricoltore. Questa varietà è coltivata in situ nelle aziende agricole di Verghereto e Bagno di Romagna, ed ex situ nel giardino della biodiversità di Cesenatico.
La cocomerina si conserva per poco tempo, per questo è davvero difficile reperirla. Dolce e molto profumata, dal vago sentore moscato e di sorba, si presta molto bene alla trasformazione in marmellate o liquori.
Spostandoci nella zona che attraversa le province di Ferrara, Bologna, Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini troviamo le pesche più buone d’Europa riconosciute e riconoscibili per le caratteristiche organolettiche gustative uniche che possiedono.
Vi sono due varietà di pesche: le nettarine e le vellutate. Le prime hanno un tenore zuccherino più alto, sono ottime come spuntino salutare e vengono chiamate anche “pescanoce” Hanno una buccia liscia, priva della caratteristica peluria. La polpa, soda e profumata, può essere gialla o bianca. Le vellutate, invece, hanno un sapore più tradizionale, apprezzato dai consumatori più maturi, e sono ideali per terminare il pasto. La buccia è sottile, e la polpa, succosa e profumata, può essere gialla o bianca, con venature rosse più evidenti in prossimità del nocciolo.
L’Emilia Romagna è la prima regione italiana per numero di nettarine prodotte, e copre il 50% della produzione nazionale; le vellutate, invece, il 20% circa. Una volta raccolte, la prima scrematura avviene già nei frutteti; successivamente, sono portate al centro di confezionamento, dove vengono selezionate per pezzatura e scartate quelle difettose. Pesche e nettarine sono tutelate dalla denominazione IGP, e perciò sono soggette a rigidi controlli qualitativi.
Da tempo immemorabile, in Emilia e in Romagna vengono un gran numero di meli, ciliegi, vigneti e olivi. Una sbalorditiva varietà di frutti che, con il passaggio alle grandi estensioni e l’esigenza di un’agricoltura intensiva, rischia di andare perduta insieme alle tradizioni di un popolo intero. Come sempre, sono fortissimi i legami tra l’uomo e i frutti della terra. Una volta, in occasione della nascita di un figlio maschio, era usanza piantare degli alberi da frutto, cosicché – una volta raggiunta la maggiore età – il ragazzo avrebbe potuto godere dei frutti e contribuire al mantenimento della famiglia. Il radicamento alla terra e alle tradizioni, la tendenza alla conservazione di ciò che veniva ereditato dai padri, ha fatto sì che si sia preservata parte delle varietà dei frutteti e delle piante da orto tradizionali. Memorie e profumi che hanno rischiato di andare perduti, ma grazie all’affezione di alcuni agricoltori per i frutti del passato e ad un lavoro di recupero e mantenimento della biodiversità agricola, possiamo godere anche noi. Un esempio di successo nel recupero di queste antiche varietà di frutta è sicuramente dato dalla mela Campanina, tipica dell’areale della Bassa modenese, detta anche “l’antica mela della nonna”.
Diverse sono le iniziative volte a tutelare questo inestimabile patrimonio, tra tutte spicca la Rete dei frutteti della biodiversità, nata per merito di una convenzione tra l’Arpae (Agenzia regionale per la prevenzione, l’ambiente e l’energia) e la Regione Emilia Romagna, che ha portato alla realizzazione di una serie di giardini-frutteti. Un esempio concreto a sostegno del recupero e della conoscenza di quelle varietà che sono purtroppo a rischio di estinzione. Tra questi vogliamo citare:
il Sentiero dei Frutti Perduti di Alfero, nel comune di Verghereto – FC, l’unico della rete realizzato in montagna ed ha come obiettivo la dimostrazione della grande resistenza dei frutti antichi di alta quota;
il Giardino del Frutti per non dimenticare di Gattatico, in provincia di Reggio Emilia, presso il Museo Cervi. Qui è stato dedicato un filare di patriarchi da frutto alla famiglia Cervi (cioè ai sette fratelli maschi, alle due sorelle, a papà Alcide e a mamma Genoeffa), convinta famiglia antifascista che fu decimata nel novembre del 1943;
la Cattedrale delle Foglie e delle Piante Contadine di Cesenatico, dove si trova il “santuario” di Tonino Guerra, che progettò una serie di 7 foglie scolpite che formano un anfiteatro. Un progetto sospeso che si è realizzato attraverso lo scultore Aurelio Brunelli. Un luogo “sacro” dove il fico, l’olmo, l’olivo, la quercia, la foglia di fantasia, il cerro e la pawlonia invitano i visitatori a riflettere sui grandi valori della natura.
Numerose sono le manifestazioni dedicate proprio al tema dei frutti perduti, come ad esempio la festa “Gli Antichi Frutti d’Italia si incontrano a Pennabilli” che negli ultimi anni si tiene nel borgo di Montefeltro, paese poco distante, dove sono coltivate svariate specie di mele (annurca, campanino, cotogno, decio verde, del bare quise, durello, durello giallo, lavina bianca, limoncella, mela Luigi, pupino, renetta, renetta grigia del Canada, renetta stellata, rosa romana, ruggine, scudellino, Verdone) e pere (butirra Mardy, campagnina, cotogno, curato, garofanino, la paira cotta, la praza, martin pescatore, Martin secco, mora di Faenza, moscatello gambolungo, pero vecio, San Giovanni, San Pietro, scipiona, spadona estiva, volpino, zugnin). Poi, ancora, la corniola, il giuggiolo, l’uva spina, la ciliegia cuccarina, il biricoccolo, il sorbo, il nespolo, more e mirtilli.
Non solo frutti antichi da preservare: in Romagna troviamo gli stridoli (un’erba perenne di cui si raccolgono le cime e i teneri germogli, utilizzati per condire le tagliatelle o consumati crudi), il cardo gigante, il carciofo moretto, la zucca violina e l’Asparago verde IGP di Altedo.Questo meraviglioso ortaggio cresce spontaneamente nel sottobosco, ma può anche essere “addomesticato”, così come accade nell’orto botanico di Bologna.
Nonostante sia particolarmente delicato, in origine l’asparago era solo selvatico e cresceva liberamente lungo il litorale Ravennate. Può essere coltivato solo in presenza di terra sabbiosa o argillosa e deve essere piantato ad una profondità compresa tra i 40 e i 60 centimetri. Secondo il disciplinare della IGP, può essere prodotto solamente in alcuni comuni delle province di Bologna e Ferrara. Le varietà coltivate erano già note al tempo degli Egizi, ma anche i Greci e i Romani li apprezzavano e ne andavano ghiotti.
Le proprietà salutistiche dell’asparago sono descritte ed elogiate in diversi testi di medicina antica. Si riteneva infatti che avesse proprietà purificanti per i reni e che l’odore dell’urina fosse appunto l’effetto della purificazione del corpo. La radice dell’asparago era una cura per il mal di denti e l’olio estratto un repellente per le api. Questo ortaggio, inoltre, era di aiuto per favorire la fertilità maschile.
L’elenco degli ortaggi è lungo, ma non possiamo dimenticare la patata DOP di Bologna, le cipolle borettane, l’aglio di Voghiera e, tra le erbe spontanee, il bruscandolo. Quest’ultimo, detto anche “aspargina”, è il germoglio del luppolo che cresce spontaneamente nelle zone umide golenali del Po. In primavera, le donne del luogo lo raccolgono per preparare frittate, risotti, torte salate dal sapore gradevolmente amarognolo.
Tra gli ortaggi emiliani è doveroso menzionare il fungo porcino di Borgotaro IGP, l’insigne ospite dell’omonima strada che si snoda nell’alta Val di Taro. Nello specifico, la zona di produzione di questo pregiato fungo comprende i comuni di Albareto e Borgo Val di Taro, in provincia di Parma, e Pontremoli (MS) in Toscana. Le prime tracce scritte del fungo di Borgotaro si rinvengono già nel Seicento, mentre la commercializzazione ha preso piede nel corso del XIX secolo.
La crescita spontanea è la particolarità di questo ortaggio. La raccolta segue regole rigorose: deve essere specificatamente autorizzata e può protrarsi al massimo per sessanta giorni (va dalla tarda primavera all’autunno inoltrato, a seconda della varietà). Quattro le specie certificate IGP: Rosso, Moro, Magnan e Fungo del freddo.
Il fungo Porcino di Borgotaro IGP dà il meglio se consumato subito dopo la raccolta. Per conservarlo a lungo si può essiccare o surgelare da cotto.
Ma dove fare scorta di questi generosi regali della natura?
Nella nostra regione ci sono tantissimi mercatini nei quali è possibile acquistare prodotti a “chilometro zero”, coltivati nel rispetto dell’ambiente e a sostegno all’economia e dell’occupazione.
Presenti in maniera capillare su tutto il territorio sono i mercati di Campagna Amica, in cui si riuniscono i produttori agricoli iscritti alla Coldiretti, che si impegnano a vendere solo i loro prodotti. Diversi i Mercati Della Terra di Slowfood, che si propongono come veri e propri luoghi d’incontro per la comunità.
Questi mercati nascono dal desiderio di avvicinare i consumatori a prodotti e produttori di qualità, nella speranza di “istruirli” verso un acquisto più consapevole.
Sono in vendita ortaggi, frutta, prodotti da forno e caseari, salumi, pesce fresco, olii e bevande. Tutti a “chilometro zero”, e nella maggioranza dei casi provenienti da agricoltura biologica. Comprare in questi mercati significa perciò sostenere produttori certificati, impegnati nel garantire cibo di gran qualità. Significa dare man forte ad un’idea: l’idea che mangiare meglio non è un’utopia, ma un principio che può divenire facilmente realtà ed essere alla portata di tutti. Fare la spesa diventa così un piacere, un momento di svago ma anche di conoscenza di nuove interessanti realtà. Ci si può anche accomodare all’aperto, gustandosi un pranzo diverso dal solito: un panino preparato sul momento accompagnato da una birra artigianale; oppure una zuppa di verdure e legumi fumante oppure ancora un primo piatto tipico (mai banale, però) da abbinare a un buon calice di vino.
Questi mercati garantiscono ovviamente ortaggi e frutta di stagione e perciò continuamente diversi. Prodotti sempre freschi, certificati e spesso rari. A volte capita infatti di trovare in vendita sui banchi frutti dimenticati e riportati alla luce, come ad esempio le mele rosa romane.
Vi sono poi tantissime associazioni che rivendicano il diritto dei contadini all’autoproduzione, come CampiAperti, un’associazione di produttori e consumatori del territorio bolognese che si impegna per sostenere l’agricoltura biologica e contadina e che vanta diversi mercati biologici di vendita diretta.
L’Emilia Romagna si rivela dunque non solo la patria di eccellenze gastronomiche ovunque conosciute ed apprezzate, ma con le sue aziende agricole e i 135mila ettari di terre coltivate, il comparto ortofrutticolo di questa regione rappresenta il 48% del valore totale dell’agricoltura nazionale.
Bibliografia:
Guidi S., I frutteti della Biodiversità in Emilia-Romagna – Arpa Emilia-Romagna, 2013
Atlante Gastronomico della Food Valley – Mele e Pere http://www.cheftochef.eu/wp/wp-content/uploads/001_MELE_PERE_bassa.pdf
http://www.fungodiborgotaro.com”
http://www.museoiluoghidellanima.it/orto-dei-frutti-dimenticati
Episodi 3 e 4 di “Cult food – Emilia Romagna”
http://www.prodottitipiciemiliaromagna.it/frutta-e-ortaggi
http://www.specialeitalia.com/emilia-romagna-agricoltura.html
http://www.cure-naturali.it/dieta-alimenti/varieta-emiliane-romagnole-frutta-e-verdura/163/0/f
http://ortofruttaigp.it/pescheigp/
http://agricoltura.regione.emilia-romagna.it/
http://www.buonissimo.org/rubriche/10950_Emilia_Romagna
http://www.csoservizi.com/consorzi.php
http://www.asparagoverde-altedo.it/
intervista a Roberto Ferranti – ex dirigente del Mercato della Terra di Bologna
di Alice Gallo e Stefani Mulè dei blog logicabiologica e BigShade.
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Articolo bellissimo e ricco di curiosità. Vien voglia di organizzare un bellissimo tour tra tutti questi mercati.
Vi lascio due spunti per utilizzare in modo diverso le pesche igp dell’Emilia Romagna, spero vi faccia piacere.
Macedonia di pesche al Basilico http://blog.giallozafferano.it/lericettedimichi/macedonia-pesche-al-basilico/
Crostata con crema frangipane alle pesche http://blog.giallozafferano.it/lericettedimichi/crostata-con-crema-frangipane-alle-pesche/
caspita che elenco di frutta infinita abbiamo in Emilia Romagna, e chi se lo sarebbe aspettato di avere un tesoro simile:
vi lascio anch’io un post in cui si parla delle nostre pere e una ricetta golosa per gustarle al meglio!
https://zibaldoneculinario.blogspot.it/2015/05/clafoutis-al-cioccolato-e-pere.html
Non si finisce mai di imparare!! Complimenti per l’articolo dettagliato. Molto prezoso, grazie