“La tavola delle meraviglie, in cucina con Alice” è scritto da Cristina Caneva, edito da Il Leone Verde Edizioni, 2008, della collana gastronomica “Leggere è un gusto! percorsi tra cucina, letteratura e…”
Cristina Caneva è una docente di lingua e letteratura inglese. Ha lavorato come redattrice in giornali e testate dell’astigiano e piemontesi, e ha collaborato con riviste nazionali nel settore spettacolo e cultura. È laureata in filologia germanica e da tempo si occupa di fiabe e di linguistica. Inoltre è appassionata di cucina inglese.
Il libro è molto interessante l’autrice analizza i testi “Alice nel Paese delle Meraviglie” e “Alice attraverso lo Specchio” di Lewis Carroll, ne ripercorre i passi in un viaggio impossibile alle radici del linguaggio e dell’identità ed allo stesso tempo ne evidenzia una storia golosa dove il cibo ha un valore ambivalente.
Seguendo le tracce di Alice Cristina Caneva ci conduce ad esplorare il suo rapporto con il cibo, e attraverso Alice anche quello di Lewis Carroll, a scoprire ricette curiose che provengono direttamente dalla tradizionale cucina anglosassone, che dice essere troppo spesso svalutata, ma anche dalla bizzarra magia del mondo delle meraviglie.
L’analisi dei libri di Alice è intervallata da 34 ricette salate e dolci e alcune bevande. Tutte le ricette riportano al fondo i “consigli di Bianconiglio” dei suggerimenti in merito al piatto preparato, mentre come introduzione troviamo un estratto dai testi di Alice e note dell’autrice.
Nell’introduzione con “C’era una volta una bambina…” l’autrice ci porta nel mondo fantastico della fiaba, o più precisamente nella fiaba atipica di Lewis Carroll, e introduce i temi che svilupperà. Ho trovato anche singolare e simpatica la frase di chiusura dell’introduzione “Buona lettura e buon appetito!”, quello che andremo in qualche modo a fare, anche solo leggendo.
Il libro si sviluppa in un percorso e nello studio approfondito dei testi di Alice, dal punto di vista linguistico, storico, logico, ma anche un’analisi di Lewis Carroll dei suoi giochi linguistici, logici, della sua critica tra le righe del sistema educativo scolastico vittoriano, dei suoi moralismi e chiusure.
Il mondo alla rovescia di Lewis Carroll, che possiamo notare già nello pseudonimo scelto dal reverendo Charles Ludwig Dodgson. E proprio lo pseudonimo introduce un altro tema tipico di Carroll: il gioco, infatti il nome nasce da un gioco di parole e di nomi.
Scopriamo che fare le cose al contrario era una delle eccentricità di Carroll, ed è uno dei tanti temi di Alice.
Cristina Caneva, ripercorrendo i due testi di Alice, che si rincorrono senza tempo, ci guida nella struttura narrativa dei testi, anche in quella nascosta, e spiega le “regole del gioco”: la legge del ribaltamento, la logica, il linguaggio e il gioco (ricordiamo le carte e gli scacchi). L’autrice parla anche della difficoltà incontrata dai traduttori, ma non solo da loro, nell’affrontare le opere di Carroll “pieni di neologismi, assonanze e giochi di parole da risultare difficilmente riproducibili in altre lingue”.
Nei testi di Alice troviamo anche i sottotesti con riferimenti ad altre opere, poesie, filastrocche e canzoni, alcuni con un inglese arcaico, altre invenzioni linguistiche di Carroll con le parole-portmanteau, le parole-baule, “che racchiudono due o tre vocaboli in uno solo, condensandone anche il senso”.
Un posto particolarmente importante è dato al cibo: non esiste un solo episodio nei due libri di Alice in cui non si parli di mangiare. Il cibo è “descritto o evocato, consumato o solo desiderato, costituisce una sorta di ritornello, di trama nascosta nell’opera di Carroll, dove ricorre continuamente, anche attraverso disquisizioni, storielle e filastrocche”. Secondo l’autrice, Carroll conosceva bene le menti dei bambini che pensano al cibo e sono attratti da libri che ne parlano. Inoltre, ci viene fatto notare, che non bisogna dimenticare l’attenzione quasi maniacale che Carroll riservava ai dettagli della vita quotidiana sia materiale che sociale, e la funzione rituale che il cibo ricopre nella fiaba. Si evince che il cibo ha valori e significati molto più profondi e complessi del mero sostentamento, è destinato a deliziare il palato, ma soprattutto la mente e la fantasia. A questo proposito Cristina Caneva ricorda degli scritti e una conferenza tenuta da Carroll intitolata proprio “Nutrire la mente” dove “invita a mettere la stessa cura nel nutrire la mente di quella che siamo soliti impiegare nel nutrimento del corpo”.
Scopriamo anche come il tempo nei libri di Alice non abbia un andamento lineare ma circolare e ripetitivo, e spesso viene scandito dal rito del tè. Sembra che Carroll avesse una predilezione per il tè e amava prepararselo da solo seguendo alcune procedure particolari.
La tavola delle meraviglie

La tavola delle meraviglie e il pane portmanteau credit Gabriella Comini
Il cibo, nei testi di Alice, non è mai un dettaglio secondario, è un’avventura. Il cibo è ovunque e può avere un valore ambivalente: fa crescere e rimpicciolire, è dotato di poteri magici, e può svelare un lato minaccioso, chi mangia può a sua volte essere appetitoso e quindi mangiato. Ma non solo, nella logica del Mondo delle Meraviglie, tutto quello che viene a contatto con il cibo diventa a sua volta cibo, come l’orologio del Bianconiglio che viene imburrato e inzuppato nel tè.
Questo rimescolamento di carte è anche tra cibo solido e liquido: all’inizio Alice beve dalla bottiglietta, ma quello che manda giù più che una bevanda è uno strano miscuglio di cibi solidi.
Legato al cibo troviamo anche il nonsense caro a Carroll e il tema della metamorfosi: gli oggetti e i personaggi possono diventare cibo, allo stesso modo il cibo può diventare personaggio, una sorta di circolarità.
Il cibo inoltre determina il carattere, lo stato d’animo delle persone, (“L’uomo è ciò che mangia”, sosteneva il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach) e Alice lo nota quando incontra la Duchessa per la seconda volta.
Il cibo può essere consolatorio, appagante, ma anche un premio, o un pericolo (quello di restarne soffocati) o una minaccia, ma può anche essere terapeutico. Il cibo inoltre è ristoratore e rinnova le forze, o può essere una tortura come in Alice attraverso lo Specchio in cui il rito del tè viene bloccato dal Tempo in un ciclo infinito.
Però il cibo in Alice non è mai un pasto vero e proprio, sono più degli spuntini, anche frettolosi: alcune volte viene solo nominato e offerto anche se non c’è.
A scandire lo scorrere del tempo è il tè a cui l’autrice dedica alcune pagine raccontando di come questa bevanda sia importante non solo per Carroll ma anche per gli inglesi, tanto da averne diverse varietà che vengono consumati a seconda dell’ora e dei piatti da abbinare. Naturalmente suggerisce che ognuno di noi possa trovare i propri abbinamenti seguendo la fantasia e conclude con due ricette “pazze” per un tè davvero insolito.
Sabrina Marcocci sul suo blog ha preparato i “Dolcetti MANGIAMI“, la cui ricetta è sul libro, quelli che Alice trova in una scatola di vetro sotto il tavolo e chissà cosa succederà…

biscotti MANGIAMI credits Sabrina Marcocci
Da quanto ho scritto credo che si capisce che il libro della Cristina Caneva, “La tavola delle meraviglie”, edito da Il Leone Verde edizioni, mi ha affascinato. Una bellissima analisi che tutti gli estimatori di Lewis Carroll e di Alice non possono farsi mancare in libreria. Le ricette offrono un bello spunto di partenza per avvicinarsi alla cucina anglosassone, sottovalutata, e scoprire di più sulla loro cultura.
Perché “il cibo è un atto culturale”.
Ricetta del Pane Portmanteau

Pane Portmanteau credit Gabriella Comini
Il nome di questo pane riprende le parole che Carroll aveva inventato, e la ricetta infatti unisce il pane bianco e il pane nero. L’autrice si è ispirata al capitolo di Alice attraverso lo Specchio (Il Leone e l’Unicorno) in cui vengono distribuiti questi due pani. Di seguito la ricetta presente sul libro.
Ingredienti
1 kg e ½ di farina bianca
500 g di farina integrale
60 g di burro o margarina
15 g di lievito secco
15 g di sale
1 l e ½ di acqua calda
Preparazione
Mescola il lievito con un po’ di acqua. Versa la farina e il sale in una grossa terrina. Fai un foro al centro e versa il composto con il lievito. Fai sciogliere il burro e aggiungilo alla farina.
Versa l’acqua poco alla volta amalgamando bene tutti gli ingredienti con le dita. Continua a lavorare la pasta con le mani per 15/20 minuti finché non risulta elastica e consistente come creta. Copri la terrina con uno strofinaccio umido e riponila in un luogo caldo per farla lievitare. Dovrebbero bastare 2 ore per farla raddoppiare. Altrimenti puoi lasciarla lievitare durante la notte. Quando è gonfia impastala ancora delicatamente e dividila in 4 parti. Metti la pagnotte negli stampi per il pane ben oliati, o riponile, nella forma desiderata, su una teglia unta d’olio. Lasciala ancora in posa in un luogo caldo per 45/60 minuti. Preriscalda il forno a 230°. Inforna lasciando cuocere per circa 45 minuti.
Consiglio del Bianconiglio: servi a fette imburrate e spalmate con la Oxford Marmelade (presente nel libro).