24/10/2024
Frida Kahlo e il cibo: arte, cultura e passione
Gabriella Rizzo ci racconta Frida Kahlo, donna volitiva e passionale e artista iconica. Il suo rapporto con il cibo tra arte, cultura e passione.
Pubblicazione: 27/03/2017
Lista degli argomenti
L’attività della pesca in Emilia-Romagna, è un settore fondamentale per l’economia locale, soprattutto nelle aree costiere che si affacciano sul Mar Adriatico. Questa tradizione, che risale a secoli fa, si è evoluta nel tempo, mantenendo un forte legame con la cultura e l’identità della regione.
I principali porti di pesca della Romagna si trovano a Rimini, Cesenatico, Cervia, e Ravenna. Questi porti sono punti cruciali per l’attracco delle flotte pescherecce e per la commercializzazione del pescato. Nel Mar Adriatico vengono pescate numerose specie ittiche, tra cui spiccano sardine, alici, sgombri, triglie, seppie, calamari, vongole e cozze e particolarmente importanti sono anche i crostacei, come gamberi e scampi.
I mercati ittici di Cesenatico, Rimini e Goro sono tra i più attivi, dove ogni giorno viene venduto il pescato fresco sia per il mercato locale che per l’esportazione. Questi mercati sono luoghi vivaci e tradizionali, che rappresentano il cuore pulsante dell’attività peschereccia. Oltre alla vendita del pescato fresco, l’industria della pesca include anche la lavorazione e la conservazione dei prodotti ittici. Alcune cooperative locali si occupano di lavorare e confezionare il pesce per la vendita al dettaglio o per l’esportazione.
L’Emilia-Romagna vanta ben 130 km di costa, suddivisa a oggi in due compartimenti marittimi: Ravenna e Rimini. Nella parte settentrionale troviamo i porti pescherecci di Goro, Porto Garibaldi, Marina di Ravenna e Cervia; mentre nella parte meridionale si trovano quelli di Cesenatico, Bellaria, Rimini, Riccione e Cattolica. Le due attività principali riguardanti la maricoltura sono l’allevamento, sui fondali lagunari, di vongola verace e l’allevamento, in sospensione, in mare di mitili, di cui parleremo a breve. In particolare crescita è l’interesse commerciale e produttivo dell’ostrica piatta, che vanta un’importante tradizione non solo di pesca, ma anche di allevamento lagunare. Il pesce dell’Adriatico presenta una grande biodiversità in un ambiente biologicamente molto ricco. Per questo motivo la Regione dell’Emilia-Romagna (in collaborazione con le Province costiere di Forlì-Cesena, Ferrara, Ravenna e Rimini) si è fatta promotrice di un’iniziativa legata a un programma chiamato “Occhio al marchio-La strada del pesce”, che presenta il logo “Prodotto Certificato Alto Adriatico”, il cui scopo è rendere ancor più noti la qualità e il valore del pesce adriatico. Con l’impegno comune dei protagonisti dell’economia del mare, dai pescatori ai mercati ittici, dalle grandi distribuzioni ai ristoranti, tutti sono coinvolti nel medesimo obiettivo: il consumo consapevole da parte delle famiglie, l’abbattimento dell’importazione, al fine di valorizzare al meglio le caratteristiche dei pesci del nostro mare.
Lista degli argomenti
A largo delle coste ravennate, si pescano alcune varietà di pesci di piccola pezzatura, di varia forma e sfumature di colorazione argentea, tra i quali ricordiamo in particolare:
La Sardina, detta volgarmente Sarda o Sadella. Viene pescata nell’alto Adriatico da diversi decenni essenzialmente con reti volanti, mentre in altre zone vengono utilizzate le reti a circuizione con attrazione luminosa, dette lampare. Negli anni ’50 del Novecento era praticata la pesca con reti d’imbrocco, le “sardellare”, che negli ultimi anni è stata in parte “riscoperta”, soprattutto nelle zone del Delta del Po. La stagione in cui le carni sono migliori è quella estivo-autunnale, da luglio a ottobre. Se ne predilige il consumo conservata sott’olio.
L’Acciuga o Alice, detta anche Sardone, da consumare fresca, fritta o in salamoia. Anch’essa, come la sardina, viene pescata essenzialmente con reti volanti e talvolta, in altre zone, con le lampare. La stagione in cui le carni sono migliori è quella autunno-invernale, da novembre ad aprile.
La Papalina, detta anche Saraghina (Sprattus sprattus), è diffusa in tutti i mari italiani, ma è abbondante solo in alto-medio Adriatico. Le tecniche di pesca adottate per la cattura sono diverse, quelle abituali sono le reti da pesca pelagiche: sia lo strascico, sia le reti da circuizione, mentre da riva vengono impiegate le sciabiche, essendo lo Spratto una specie che vive anche in acque salmastre. La stagione in cui le carni sono migliori è tradizionalmente quella “quaresimale”, da marzo ad aprile. E’ venduta fresca o sotto sale, da gustare impanata e cotta in forno.
“I marinai dicono che, i crostacei e i ricci di mare, sono più pieni pescati durante il chiaro di luna.”
Pellegrino Artusi, 1891
La Canocchia (Squilla mantis) è un crostaceo di medie dimensioni, che può raggiungere una lunghezza di 20 centimetri, ma solitamente è compresa tra i 12 e 18 centimetri. Nella pesca italiana la canocchia è il crostaceo più importante, in termini quantitativi, soprattutto in Adriatico dove trova le condizioni ambientali più favorevoli. Viene pescata tutto l’anno, specialmente in autunno-inverno, con le reti a strascico. Con le reti da posta invece la si pesca soprattutto nel periodo estivo e autunnale. L’attività di pesca è particolarmente fruttuosa soprattutto nelle ore notturne o subito dopo una mareggiata. La stagione in cui le carni sono migliori è quella invernale, da dicembre a marzo.
La Grancella (Liocarcinus depurator) è un crostaceo decapode, ossia con dieci “zampe”. In Adriatico è specie di interesse commerciale, che si pesca quasi esclusivamente con reti a strascico. La stagione in cui le carni sono migliori è quella autunno-invernale, da novembre a marzo.
“Per conservare alcun poco i molluschi a conchiglia bivalve, vanno tenuti in luogo fresco, legati assai stretti in un sacchetto o in un canovaccio.” (ctz. Pellegrino Artusi, 1891)
Garagoli, Lumachino, Ostrica piatta, Scrigni di Venere e Seppia, sono i molluschi che arricchiscono le pescherie emiliano-romagnole, ma tra tutti questi elencati, di maggior spicco sono le Vongole di Goro e le Cozze di Marina di Ravenna.
“Panzini dice che poveraccia deriverebbe dal romagnolo pavaraza, figlia, a sua volta, del latino medievale pavaraccia … Marino Moretti ha scritto, di recente, “poverazza”. Chi la chiama vongola, dunque, sbaglia di grosso.” (ctz. Quondamatteo; Bellosi, 1977)
All’estremo lembo della provincia di Ferrara, si trova la Sacca di Goro, una delle lagune salmastre di maggiori dimensioni nell’Alto Adriatico (circa 2000 ettari). L’interno comprensorio lagunare, può essere suddiviso in tre ambienti differenti: la Sacca propriamente detta caratterizzata da acque aperte, la Valle di Gorino caratterizzata da fitti canneti, e lo Scannone di Goro, una barra di sabbia che si estende dalla foce del Po di Goro verso il Lido di Volano.
La laguna di Goro rappresenta l’habitat ideale di numerose specie ittiche, in particolare delle vongole, di cui il paese di Goro, antico borgo di pescatori, è diventato in poco tempo il punto di riferimento in Italia, per la produzione di questo magnifico mollusco. La poveraccia o vongola (Chamelea gallina) è un mollusco bivalve, con conchiglia tondeggiante schiacciata; esternamente di colore grigio sabbia, internamente bianca. Specie bentonica diffusa in tutto il Mediterraneo e nell’Atlantico nord-orientale, in Adriatico raggiunge 1,5 centimetri di lunghezza in 12 mesi; la taglia massima è di circa 5 centimetri. Vive infossato per qualche centimetro su fondi costieri sabbiosi o sabbioso-fangosi, dalla riva fi no a profondità di circa 15 metri. E’ un organismo filtratore, si nutre principalmente di fitoplancton e materiale organico. La maturità sessuale viene raggiunta al secondo anno di vita; si riproduce in primavera. La specie ha sessi separati, la fecondazione è esterna, uova e larve sono planctoniche. L’allevamento viene svolto come in un campo agricolo: il novellame viene seminato manualmente, in seguito l’area viene chiusa per 6 / 12 mesi fino alla raccolta, che si effettua con rasche a mano o da apposite imbarcazioni chiamate “vongolare”. Una volta raccolte, le vongole vengono setacciate e depurate in appositi stabulari, prima di essere messe in commercio.
Nel 1983 è avvenuta l’inaugurazione del nuovo mercato ittico all’ingrosso, struttura di proprietà del Comune di Goro, mentre la gestione è affidata al Consorzio Pescatori di Goro. La stagione in cui le carni sono migliori è quella autunno-invernale, da novembre a marzo, mentre nel mese di luglio possiamo deliziarci all’annuale Sagra delle vongole svolta in paese.
La cozza di Marina di Ravenna è tra le più pregiate d’Italia; considerata uno dei prodotti di eccellenza del territorio romagnolo, cresce in alto mare, alla base delle piattaforme estrattive, dove, un gioco di correnti fornisce ottimo cibo alle cozze, affinché possano diventare grosse e gustose.
Sono raccolte a mano dai pescatori, i “cozzari”, che s’immergono di norma fino a 10/12 metri di profondità. A giugno del 2016, nell’ambito della sagra “La Cozza di Marina di Ravenna in Festa”, la piattaforma Agostino B ha ospitato una visita dimostrativa nell’ambito della manifestazione, promossa dal Comune di Ravenna, che ha visto la partecipazione di circa 300 persone tra Istituzioni locali e nazionali, imprenditori e cittadini, a dimostrazione della possibile convivenza tra pesca e attività estrattiva. Sono partiti dal porto di Marina di Ravenna a bordo di tre imbarcazioni, per un mini tour verso la piattaforma al largo dell’Adriatico, nel corso del quale i partecipanti hanno potuto vedere da vicino l’impianto e apprezzare i sapori del mare. Durante l’evento infatti, si è tenuta, grazie alla collaborazione della Cooperativa dei Pescatori “La Romagnola”, una dimostrazione di raccolta di cozze dalle gambe della piattaforma. Da molti anni, infatti, esiste un accordo tra Eni ed i pescatori locali per questa attività, che ha portato alla creazione di cooperative che, ancora oggi, effettuano la raccolta e la commercializzazione dei molluschi prelevati dalle parti sommerse degli impianti marini. Si è sviluppato, così, un vero e proprio mercato di vendita che copre circa il 5% della produzione regionale di cozze, ovvero il 20-25% di quella della costa ravennate. I molluschi, prima dell’immissione al consumo, sono sottoposti a rigidi controlli da parte della ASL sulla componente biologica, metalli e idrocarburi. A partire dal 1991, sono realizzate ogni anno oltre 900 analisi per tutti gli impianti di allevamento mitili e piattaforme offshore presenti sul territorio regionale. Il tema delle cozze è stato sollevato durante la campagna elettorale per il referendum sulle trivelle e la difesa della qualità del prodotto è stata una battaglia molto sentita nel territorio.
Tra tutte le bellezze del territorio emiliano-romagnolo, degna di nota è Comacchio, in provincia di Ferrara, gioiello antico di duemila anni, conosciuta per essere uno dei centri maggiori del delta del Po. Oltre che per il suo bellissimo Duomo e lo storico museo del Carico della Nave Romana, l’antica cittadina è famosa per le Valli di Comacchio: una vasta zona umida situata tra le province di Ravenna e Ferrara.
La zona è classificata come sito di interesse comunitario e zona di protezione speciale all’interno del parco regionale del Delta del Po. Ospiti delle Valli sono: orate, branzini, cefali, passere (simbolo che compare nello stemma comunale) e anguille. L’anguilla, nelle Valli di Comacchio, trova il proprio habitat naturale, che le permette di vivere e riprodursi. Ancora oggi, come tecnica di pesca, viene utilizzato il “lavoriero”: un intricato sistema di cattura costituito da camere comunicanti. L’anguilla, nei secoli passati, è stata forse la più importante fonte di reddito per i comacchiesi, che, ancora oggi, le rendono omaggio attraverso l’allegra sagra annuale a Comacchio: tra una cornice d’acqua e i ponti monumentali in cotto e pietra d’Istria, ogni ottobre dal 1991, si festeggia la regina indiscussa delle Valli, in un tour gastronomico tra stand e ristoranti, in cui è possibile gustare l’anguilla tra antichi saperi e storie millenarie.
In primavera in Adriatico, come in altri luoghi mediterranei, i tonni s’aggregano per la riproduzione. In questo periodo alcuni pescherecci di Cesenatico armano le reti da circuizione e prendono il largo per la pesca dei tonni. L’Adriatico è un mare mutevole, che alterna annate favolose ad altre più misere, altalenanza che riguarda anche la pesca del tonno. La pesca del tonno lungo le coste adriatiche è un’usanza antica; in Istria e nelle isole del Quarnero erano attive fino alla metà del Novecento alcune tonnare fisse.
Oggi invece questo pesce, in Adriatico, si pesca con le tonnare volanti o con gli ami. Grossi motoscafi attrezzati per la pesca con i parangali fanno base per molti mesi nei porti marchigiani, abruzzesi e pugliesi, mentre altre barche lo catturano con grandi reti da circuizione, chiamate appunto tonnare volanti. Tipica del porto di Cesenatico fin dagli anni ’50 è un tipo di pesca che impegna i pescatori tra marzo e luglio di ogni anno; anche se negli ultimi anni tale attività sta scomparendo, mentre occupa una posizione di rilievo la Mitilicoltura: l’allevamento di molluschi quali le cozze, che nel nostro Paese ha assunto un’elevata importanza economica. Tale attività è stata identificata, e fortemente valorizzata, nel 2010, dalle Certificazioni di Prodotto e di Rintracciabilità. L’attuale flotta peschereccia di Cesenatico conta quasi un centinaio di imbarcazioni (inferiori per lo più ai 20 mt di lunghezza) a cui si sono aggiunte, in questi anni, alcune decine di imbarcazioni adibite per l’appunto alla militicoltura (della lunghezza di 10-15 m).
Nei primissimi anni ottanta furono installati i primi impianti “off shore” di mitili nelle zone di mare antistanti la costa emiliano-romagnola. Si trattava di impianti a titolo sperimentale, ma in brevissimo tempo evidenziarono le potenzialità economiche, occupazionali ed ambientali che potevano sviluppare. Oggi la mitilicoltura in Emilia-Romagna costituisce uno dei principali poli produttivi nazionali, riconosciuto a livello internazionale e ampiamente consolidato.
Fonti:
Pesci e stagioni in Emilia Romagna
La cozza di Marina di Ravenna
Vongola verace
Prodotti tipici
Tutte le foto dell’articolo sono state prese dal web.
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Carlo è scappato uno zero di troppo! Pensi però che meraviglia un tonno da 600 quintali!
L’articolo riporta un grosso errore. La vongola di Goro non è la Chamelea gallina che è la nostra vongola autoctona pescata in mare ma bensí la Tapes philippinarum conosciuta commercialmente come vongola verace che viene allevata